30 giorni per impugnare… anche per il provvedimento di correzione di errore materiale

L’ordinanza di correzione di errore materiale può essere impugnata in appello entro il termine ordinario di 30 giorni. Il termine decorre dalla data di notifica, in quanto quest’ultima produce in capo alle parti l’effetto legale di conoscenza dell’atto.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con sentenza n. 18743/17 depositata il 28 luglio. Il caso. Gli appellanti impugnavano il provvedimento di correzione di errore materiale pronunciato dal giudice di primo grado con riguardo alla liquidazione delle spese di lite e, contestandone la legittimità, affermavano che l’errore non doveva considerarsi materiale ma piuttosto di valutazione del giudice e, dunque, pur impugnabile in sede di gravame, non poteva ritenersi modificabile attraverso la procedura di correzione. La Corte d’appello, in accoglimento dell’impugnazione, riteneva illegittimo il ricorso alla procedura di correzione di errore materiale adottata dal Tribunale. I resistenti contro l’impugnazione proposta in sede di appello ricorrono ora in Cassazione deducendo l’inammissibilità del gravame in quanto tardivamente introdotto. Termini. Secondo gli Ermellini il ricorso è fondato. L’ordinanza di correzione di errore materiale, affermano i Giudici, deve essere notificata alle parti ai sensi dell’art. 288 c.p.c. recante Procedimento di correzione in combinazione a quanto previsto all’art. 121 disp. att. c.p.c. recante Ordinanza di correzione delle sentenze . In tal senso, il termine ordinario per poter impugnare la sentenza decorre dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione. Nella specie, il termine di 30 giorni per l’impugnazione in appello del provvedimento non è stato dalle parti rispettato, pertanto, il Collegio accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza in esame.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 novembre – 28 luglio 2017, n. 18743 Presidente Di Amato – Relatore Travaglino Fatto e diritto All’esito della pronuncia del Tribunale di Bologna del 7.1.2013 e del successivo provvedimento di correzione di errore materiale, l’oggetto del giudizio di appello veniva circoscritto dalla Corte felsinea adita dagli odierni resistenti all’impugnazione proposta da R.A.L. e V.D. avverso il suddetto il provvedimento di correzione pronunciato dal giudice di primo grado con riguardo alla liquidazione delle spese di lite contenuta in dispositivo - pari ad E. 7217,82 e corretta in E. 2100 -, provvedimento con il quale il Tribunale avrebbe affermato che per mero errore di calcolo l’importo delle spese di giudizio era stato determinato nella maggior somma dianzi indicata. Gli appellanti, nel censurare tale decisione, ne contestarono la legittimità, trattandosi, a loro dire, non di errore materiale, ma di una valutazione del giudice, peraltro conforme alla nota spese depositata in primo grado una statuizione, dunque, impugnabile in sede di gravame, ma non modificabile con la procedura di correzione, dopo il passaggio in giudicato della sentenza. La Corte di appello di Bologna accolse l’impugnazione, ritenendo illegittimo il ricorso alla procedura di correzione di errore materiale adottata dal Tribunale, previo rigetto di un’eccezione preliminare di tardività del gravame. Avverso la sentenza della Corte bolognese Pa.Ad. e P.M. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di 4 motivi di censura. R.A.L. e V.D. resistono con controricorso. Le ragioni della decisione Il ricorso è fondato quanto al suo primo motivo. Con il primo motivo, si denuncia violazione ovvero erronea e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 288 u.c., 325, 170 c.p.c., 121 disp. att. c.p.c. in punto di inammissibilità dell’appello ín quanto tardivamente introdotto. Il motivo merita accoglimento. L’ordinanza di correzione di errore materiale, difatti, deve essere notificata alle parti a cura del cancelliere e annotata sull’originale del provvedimento, ai sensi del combinato disposto degli artt. 288 c.p.c. e 121 dis. att. c.p.c., e la sentenza può essere impugnata, relativamente alle parti corrette, nel termine ordinario, decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione art. 288 u.c. c.p.c. . Nella specie, l’ordinanza di correzione della sentenza risulta notificata alle parti, in persona dei loro difensori, in data 4.3.2014 a cura della cancelleria da tale data, pertanto, iniziava a decorrere il termine di 30 giorni per l’impugnazione in appello. L’atto di appello risulta notificato il 26.6.2014. Non risulta conforme a diritto la decisione della Corte territoriale nella parte in cui ha giudicato non idonea ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione la comunicazione a cura della cancelleria, ritenuta erroneamente non equiparabile alla notifica su impulso di parte , risultando in tal guisa erroneamente applicata la diversa disciplina di cui agli artt. 285, 170 c.p.c La notifica del provvedimento de quo a cura della cancelleria, difatti, alla luce del chiaro tenore letterale delle norme applicabili alla fattispecie, produce ipso facto l’effetto legale di conoscenza dell’atto, e la conseguente decorrenza del termine breve per l’impugnazione. Tale termine era inutilmente decorso alla data del 3 aprile 2014, con conseguente inammissibilità dell’appello. I restanti motivi restano assorbiti dall’accoglimento della censura dianzi esaminata. La sentenza d’appello deve essere cassata senza rinvio. Le spese del giudizio di Cassazione seguono il principio della soccombenza. Liquidazione come da dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e condanna i controricorrenti al pagamento in solido, in favore dei ricorrenti, delle spese del giudizio di Cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 2000. Contributo esente.