Revisione prezzi d’appalto, la giurisdizione è amministrativa

In tema di revisione prezzi d’appalto di opere pubbliche, quando la pretesa dell’appaltatore si fondi su una delibera dell’Ente, che riconosca il diritto alla revisione, la cui efficacia non sia venuta meno per effetto di un atto successivo di esercizio del potere di ritiro, la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, mentre, quando manchi tale riconoscimento, è devoluta al giudice amministrativo.

Così ha deciso la Suprema Corte con l’ordinanza numero 17979/17, depositata il 20 luglio. Il caso. La Corte d’Appello accoglieva il gravame presentato dal Comune avverso la pronuncia del Tribunale di primo grado con la quale era stato riconosciuto alla controparte il diritto ad un compenso revisionale nell’ambito di un contratto di appalto. La Corte d’Appello, infatti, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e fissava un termine per la riassunzione della causa dinnanzi al giudice amministrativo. Avverso tale decisione la parte soccombente ricorre in Cassazione chiedendo l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario. La giurisdizione. La Cassazione nel pronunciarsi sul caso di specie richiama il consolidato principio delle Sezioni Unite della stessa Corte con il quale si chiarisce che in tema di revisione prezzi d’appalto di opere pubbliche, quando la pretesa dell’appaltatore si fondi su una delibera dell’Ente, che riconosca il diritto alla revisione, la cui efficacia non sia venuta meno per effetto di un atto successivo di esercizio del potere di ritiro, la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, mentre, quando manchi tale riconoscimento, è devoluta al giudice amministrativo . L’affermazione della ricorrente secondo cui ove la pretesa dell’appaltatore alla revisione si fondi su una specifica clausola contrattuale, la domanda, avente ad oggetto la mera richiesta di adempimento di un obbligo già assunto dall’amministrazione appaltante è inerente alla tutela di un diritto soggettivo e come tale rientra nella giurisdizione del giudice ordinario secondo la Corte, non contraddice quanto affermato dalla Corte d’Appello circa la necessità di un riconoscimento al diritto alla revisione Per questo motivo, la Cassazione ribadisce la giurisdizione del giudice amministrativo e rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 7 giugno – 20 luglio, n. 17979 Presidente Nappi – Relatore Campanile Fatto e diritto Rilevato che con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli, accogliendo il gravame proposto dal Comune di San Sebastiano al Vesuvio nei confronti della S.r.l. Comi avverso la sentenza del Tribunale di Nola n. n. 979 del 2010, con la quale era stato riconosciuto i diritto a un compenso revisionale nell’ambito di un contratto di appalto, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, fissando un termine per la riassunzione della causa davanti al giudice amministrativo è stato richiamato il principio secondo cui, allorché - come nella specie - non vi sia il riconoscimento del diritto alla revisione da parte della pubblica amministrazione, la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo per l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario la società Comi propone ricorso, affidato ad unico motivo, cui resiste con controricorso illustrato da memoria il Comune di San Sebastiano al Vesuvio Il Collegio ha disposto, in conformità al decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata. il ricorso è manifestamente infondato essendo la decisione impugnata conforme - come si dirà - all’indirizzo già espresso sul tema dalle Sezioni unite di questa Corte, deve escludersi, ai sensi dell’art. 374, primo comma, cod. proc. civ., la rimessione alle stesse la sentenza impugnata ha posto in rilievo che nella specie la domanda del compenso revisionale non si fondava sul riconoscimento di tale diritto da parte della pubblica amministrazione essendo portatrice di un interesse legittimo, la società appaltatrice avrebbe dovuto proporre la domanda davanti al giudice amministrativo la corte partenopea ha correttamente applicato i principi affermati da questa Corte, secondo cui, in tema di revisione prezzi di appalto di opere pubbliche, e ove il rapporto oggetto di controversia risalga ad epoca precedente ossia anteriore all’art. 6, comma 19, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 all’intera devoluzione delle questioni inerenti l’adeguamento o le modifiche del prezzo degli appalti pubblici alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, quando la pretesa dell’appaltatore si fondi su una delibera dell’Ente, che riconosca il diritto alla revisione, la cui efficacia non sia venuta meno per effetto di un atto successivo di esercizio del potere di ritiro, la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, mentre, quando manchi tale riconoscimento, è devoluta al giudice amministrativo Cass., Sez. U, 26 marzo 2014, n. 7176 Cass., Sez. U, 12 luglio 2010, n. 16285 . la ricorrente ha richiamato il principio secondo cui ove la pretesa dell’appaltatore alla revisione si fondi su una specifica clausola contrattuale, la domanda, avente ad oggetto la mera richiesta di adempimento di un obbligo già assunto dall’amministrazione appaltante, attiene alla tutela di un diritto soggettivo e ricade nella giurisdizione del giudice ordinario tale rilievo non contraddice l’affermazione della Corte di appello circa la necessità di un riconoscimento del diritto alla revisione, in quanto l’art. 3 del contratto di appalto richiama i patti e le condizioni del capitolato, il quale, all’art. 16, si limita a prevedere che ai fini di una eventuale revisione dei prezzi, la quota di incidenza da tenere presente per l’appalto dei lavori di che trattasi, sono quelle di cui alla tabella unita al D.M. 11 dicembre 1978, n. 18 è del tutto evidente come l’indicazione delle modalità di calcolo di una eventuale revisione dei prezzi non attribuisca il relativo diritto, condizionato, come previsto in via generale, dal riconoscimento da parte della P.A. deve, quindi, ribadirsi il difetto di giurisdizione del giudice ordinario le spese del presente giudizio di legittimità seguono al soccombenza, e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e condanna la ricorrente al pagamento delle spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002.