Padre straniero, figlio minore in Italia… la Cassazione dà una speranza

A fronte dell’istanza di autorizzazione ex art. 31, comma 3, d.lgs. n. 286/1998 da parte di un cittadino straniero, il giudice di merito deve accertare la sussistenza di gravi motivi, basati su una situazione oggettiva attuale oppure su una situazione futura dedotta tramite un giudizio prognostico, quale conseguenza dell’allontanamento improvviso del genitore del minore.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 17861/17 depositata il 19 luglio. Il caso. Il padre, in qualità di cittadino straniero, chiedeva l’autorizzazione a permanere in Italia ex art. 31, comma 3, d.lgs. n 286/1998, in ragione del grave disagio psico-fisico patito dal figlio a causa del suo allontanamento. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano tale richiesta e il padre del minore decide di proporre ricorso in Cassazione. In particolare, il ricorrente deduce che la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione dell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui, per l’autorizzazione di cui sopra, non è richiesta la presenza di situazioni contingenti ed eccezionali, bensì la sussistenza di gravi motivi idonei a pregiudicare lo sviluppo equilibrato del minore. Gravi motivi. Gli Ermellini ritengono che tale motivo di doglianza sia effettivamente fondato. Infatti, afferma il Collegio, il giudice di merito, a fronte dell’istanza di autorizzazione ex art. 31, comma 3, d.lgs. n. 286/1998 da parte del cittadino straniero, deve accertare la sussistenza di gravi motivi basati su una situazione oggettiva attuale oppure su una situazione futura dedotta, tramite un giudizio prognostico, quale conseguenza dell’allontanamento improvviso del genitore del minore. In ogni caso, prosegue la Corte, l’autorizzazione a rimanere in Italia è concessa a tempo determinato ed è revocabile a fronte del venir meno delle ragioni che la giustificano. Nella fattispecie, secondo la Cassazione, manca un esame effettivo delle condizioni previste dalla norma, pertanto, cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 13 marzo – 19 luglio 2017, n. 17861 Presidente Dogliotti – Relatore Acierno Ragioni della decisione La Corte d’appello dell’Aquila, confermando la pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda ex art. 31, 3 comma, d.lgs. n. 286 del 1998, proposta dal cittadino straniero H.M. avente ad oggetto l’autorizzazione a permanere in Italia per il grave disagio psicofisico che il figlio minore patirebbe a causa del suo allontanamento. A sostegno del rigetto la Corte ha rilevato che non sono state indicate ragioni specifiche a sostegno della domanda che la norma non si applica a situazioni di durata indeterminabile e caratterizzate da tendenziale stabilità, non trattandosi di uno strumento volto nei fatti a superare con provvedimenti reiterati una situazione di perdurante irregolarità del soggiorno che nella specie la necessità della permanenza del reclamante H.M. non viene indicata come transeunte e limitata ad un certo lasso temporale, venendo al contrario rappresentata come perdurante sino al raggiungimento dell’indipendenza economica da parte del figlio infine, che il suo allontanamento non pregiudicherebbe in maniera irreparabile la serenità del bambino, che potrebbe rimanere in Italia con la madre e le sorelle maggiorenni. Per la cassazione di suddetta pronuncia ricorre H.M. , affidandosi a tre motivi. Non svolge attività difensiva la Procura generale. Deduce il ricorrente 1 violazione e falsa applicazione dell’art. 31, 3 comma, d.lgs. 286/98 in relazione all’art. 360, nr. 3, c.p.c., perché il decreto impugnato nega l’autorizzazione ex art. 31 cit. sulla base della mancata indicazione da parte dell’istante del lasso temporale durante il quale si intendeva beneficiare del permesso di soggiorno, malgrado la norma non lo richieda affatto, essendo demandata all’autorità giurisdizionale l’eventuale predetetrninazione temporale dell’autorizzazione la Corte d’appello non ha fatto corretta applicazione dell’indirizzo espresso dalla sentenza Cass. 21799/2010, che non richiede la presenza di situazioni contingenti ed eccezionali, ma la sussistenza di gravi motivi idonei a pregiudicare lo sviluppo equilibrato e sereno del minore, anche in considerazione della sua tenera età 2 violazione e falsa applicazione dell’art. 31, 3 comma, d.lgs. 286/98 in relazione all’art. 360, nr. 3, c.p.c. perché la Corte territoriale ha escluso la riproponibilità del ricorso ex art. 31 cit. perché l’istante aveva già ottenuto in precedenza l’autorizzazione a permanere in Italia per prendersi cura del figlio minore 3 omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360, nr. 5, c.p.c., perché la Corte d’appello non ha accertato la sussistenza dei gravi motivi come previsto dalla norma in questione, con particolare riferimento alla relazione dei Servizi sociali che descrive il grave pregiudizio che il minore subirebbe ove H.M. fosse allontanato. È stata inoltre illegittimamente disattesa, sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello, la richiesta di una nuova perizia sul minore. Il Collegio non condivide la proposta di decisione del Consigliere relatore designato ex art. 380bis c.p.c., così formulata manifesta infondatezza del ricorso il provvedimento impugnato è conforme alla giurisprudenza consolidata della Suprema Corte, e non sussistono situazioni idonee al rilascio dell’autorizzazione alla permanenza per assistenza al figlio minore . Il primo motivo è fondato, non avendo la Corte d’appello fatto corretta applicazione dei principi sanciti da questa Corte con la pronuncia a sezioni unite n. 21799/2010. L’esame che il giudice di merito è chiamato a compiere a fronte dell’istanza di autorizzazione ex art. 31, 3 comma, d.lgs. 286/1998, è diretto all’accertamento della sussistenza di gravi motivi basati su una situazione oggettiva attuale oppure su una situazione futura dedotta, attraverso un giudizio prognostico, quale conseguenza dell’allontanamento improvviso del familiare del minore. Tale autorizzazione è concessa a tempo determinato ed è revocabile a fronte del venir meno delle sue ragioni giustificative, giacché la condizione psico-fisica del minore è una situazione suscettibile di mutare ed evolversi nel tempo. Nella specie la Corte d’appello riporta che l’odierno ricorrente aveva già ottenuto l’autorizzazione a rimanere in Italia ai sensi della norma in questione, ma svolge una valutazione del tutto sommaria circa il possibile permanere di quelle circostanze che a suo tempo giustificarono l’accoglimento dell’istanza, malgrado la puntuale relazione dei Servizi sociali e la richiesta disattesa di svolgere una consulenza tecnica d’ufficio. Al contrario, il reclamo è stato respinto perché è stato ritenuto che l’allontanamento di H.M. non avrebbe pregiudicato in maniera irreparabile la serenità del minore, irreparabilità che tuttavia è un parametro affatto estraneo sia alla norma de qua sia all’interpretazione datane da questa Corte, che al contrario riconduce nell’alveo applicativo dell’art. 31, 3 comma, qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile e obbiettivamente grave Cass., ss. uu., 21799/2010 . Manca nel decreto impugnato un esame effettivo delle condizioni previste dalla norma, ragion per cui il provvedimento deve essere cassato con rinvio alla Corte d’appello dell’Aquila, in diversa composizione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d’appello dell’Aquila, in diversa composizione.