Sì alla protezione sussidiaria per lo straniero a rischio

La Cassazione si esprime in tema di protezione sussidiaria del cittadino straniero

La Cassazione si esprime in tema di protezione sussidiaria del cittadino straniero con l’ordinanza n. 17891/17, depositata il 19 luglio. Il caso. La Corte d’Appello respingeva l’impugnazione del Ministero dell’interno avverso la decisione del Tribunale che concedeva la protezione sussidiaria ex art. 14, d.lgs. n. 251/07 ad una cittadina nigeriana. La decisione del Tribunale si basava sulla circostanza secondo la quale, la donna corresse un rischio effettivo di subire una minaccia grave alla vita o alla persona a causa del suo credo religioso. Il giudice d’Appello rigetta il gravame, avverso tale pronuncia il Ministero dell’interno ricorreva in Cassazione lamentando come violazione l’omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360, n. 5, c.p.c. e violazione ex art. 360, n. 3, c.p.c. dell’art. 2, lett. g. e art. 14, lett.c, d.lgs. 251/07. La protezione sussidiaria. La Cassazione esamina congiuntamente i due motivi di doglianza sollevati dal Ministero rilevandone la manifesta infondatezza. Nel caso di specie, infatti, i Giudici del Palazzaccio, ritengono che l’allegazione fatta dalla donna circa il pericolo che avrebbe corso, qualora fosse tornata in Nigeria, rivesta quel grado di individualizzazione necessario a integrare i presupposti della protezione sussidiaria. In merito al profilo della credibilità soggettiva dell’istante, poi, la Corte afferma che tali doglianze non possano essere oggetto del giudizio di legittimità, potendosi, in tale sede, procedere solo ad un riesame degli elementi istruttori posti a fondamento dell’accertamento di fatto del giudice di merito. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI – 1 Civile, ordinanza 7 aprile – 19 luglio 2017, n. 17891 Presidente Dogliotti – Relatore Acierno Ragioni della decisione Con sentenza del 29/12/2015 la Corte d’appello di Bologna ha respinto l’impugnazione proposta dal Ministero dell’interno avverso la decisione con cui il Tribunale di Bologna ha concesso a I.R. , cittadina nigeriana, la protezione sussidiaria di cui all’art. 14, d.lgs. 251/2007. Il Tribunale motivava la propria pronuncia sulla base della circostanza che la richiedente, di religione cristiana, era stata costretta a fuggire dalla in conseguenza dell’uccisione, ad opera dei musulmani seguaci di B.H. , del padre, pastore in una chiesa cristiana apostolica di , e di uno dei due fratelli. Riteneva pertanto accertato il rischio effettivo di subire una minaccia grave alla vita o alla persona in considerazione delle numerose uccisioni commesse da B.H. a danno dei cristiani e della situazione di violenza di indiscriminata e generalizzato conflitto interno che pervade tutto il territorio nigeriano. La Corte d’appello, nel rigettare il gravame del Ministero dell’interno, rilevava che le incertezze manifestate dall’istante nel descrivere i luoghi di origine non apparivano idonee a far ritenere inattendibile il suo racconto, in particolare laddove descriveva i rischi cui era stata esposta a causa del suo credo religioso e dell’attività persecutoria svolta dagli , gruppo etnico di religione islamica realmente presente in . La richiedente allegava di aver dovuto modificare le proprie abitudini di vita, nel Paese di origine, per limitare i rischi. Evidenziava la Corte territoriale, inoltre, che effettivamente la zona di origine della richiedente risulta contrassegnata anche attualmente da violenti e cruenti scontri tra opposte fazioni religiose. Avverso suddetta decisione propone ricorso per cassazione il Ministero dell’interno sulla base di due motivi. Non svolge difese l’intimata. Col primo motivo viene dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360, n. 5, c.p.c., perché la Corte territoriale avrebbe basato il proprio convincimento su informazioni del Paese d’origine della richiedente risalenti a due prima del tempo della decisione, e non avrebbe considerato, comunque, che soltanto le zone nord-orientali della sono pericolose. Il concreto rischio di subire una minaccia grave alla vita o alla persona è stato ritenuto sussistente, con un inammissibile automatismo, soltanto sulla base dell’asserita provenienza di I.R. dalla . Col secondo motivo viene dedotta la violazione ex art. 360, n. 3, c.p.c., dell’art. 2, lett. g, e art. 14, lett. c, d.lgs. 251/2007, perché il mero richiamo alla condizione generale del Paese di origine non è sufficiente ai fini della concessione della protezione internazionale, e in ogni caso la richiedente non sarebbe sottoposta ad alcuna minaccia grave individuale ove tornasse nello stato del , che è la sua area di origine. Anche ai fini della protezione sussidiaria è pur sempre necessario un giudizio individualizzante sul concreto pericolo che l’interessato correrebbe in caso di rimpatrio. Entrambi i motivi di ricorso, che possono trattarsi congiuntamente in quanto basati nella loro sostanza sulle medesime argomentazioni, sono manifestamente infondati. Pienamente condivisibile la sentenza impugnata nel punto in cui, disattendendo le deduzioni dell’appellante, esclude che la protezione sussidiaria sia stata concessa, con un inammissibile automatismo , desumendo il rischio per l’incolumità della richiedente esclusivamente dalla situazione socio-politica generale della Nigeria I.R. ha infatti narrato episodi specifici riguardanti la propria storia personale in particolare l’omicidio del padre e del fratello compiuti dai seguaci di B.H. per motivi religiosi tali da far presumere che, ove tornasse nel Paese d’origine, sarebbe esposta al rischio effettivo di subire un danno grave, come definito dall’art. 14, d.lgs. 251/2007, in ragione del proprio credo religioso. Pertanto l’allegata esposizione al pericolo in caso di rientro in riveste, per quanto consta dalla decisione impugnata, quel grado di individualizzazione necessario a integrare i presupposti della protezione sussidiaria. Quanto al profilo concernente il giudizio di credibilità soggettiva dell’istante e l’esame della condizione socio-politica della , le censure proposte sono sotto tale profilo inammissibili, non essendo consentito in questa sede procedere a un riesame degli elementi istruttori posti a fondamento dell’accertamento di fatto del giudice di merito. La memoria depositata, reiterando le argomentazioni svolte nel ricorso, non offre elementi per superare tali rilievi. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese in considerazione della mancata attività difensiva della parte intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.