Matrimonio osteggiato in patria, coppia si rifugia in Italia: protezione per il futuro sposo

L’uomo, di origini nigeriane, è stato costretto a scappare. Egli difatti era oggetto delle minacce e delle aggressioni messe in atto dai familiari della compagna, contrari alle loro nozze.

Protezione per lo straniero approdato in Italia per fuggire dai parenti della sua compagna. Decisive le minacce nei suoi confronti da parte della famiglia della donna, minacce finalizzate a impedire il loro matrimonio Cassazione, sez. VI Civile ordinanza n. 17193, depositata oggi . Rischio. Respinte in Cassazione le obiezioni proposte dal Ministero dell’Interno. Confermata la protezione sussidiaria concessa allo straniero, di nazionalità nigeriana , rifugiatosi in Italia per un problema di carattere familiare . Secondo quanto raccontato dall’uomo, egli è stato costretto ad allontanarsi insieme alla compagna dal proprio Paese a causa delle minacce di morte e delle aggressioni arrecate dai familiari di lei, contrati al loro matrimonio per motivi religiosi . E questa vicenda, ritenuta credibile, è sicuramente sufficiente, ad avviso dei Giudici, per ritenere che se l’uomo ritornasse nel Paese di origine correrebbe un rischio concreto di subire un grave danno , anche tenendo presente l’impossibilità per lui di avvalersi della protezione delle autorità dello Stato . Legittima, quindi, concludono i Magistrati della Cassazione, la protezione concessa al cittadino nigeriano.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 maggio – 12 luglio 2017, n. 17193 Presidente Nappi – Relatore Lamorgese Fatti di causa La Corte d'appello di Campobasso, con sentenza 16 luglio 2016, ha rigettato il gravame del Ministero dell'interno avverso l'impugnata sentenza che aveva riconosciuto ad At. Br., di nazionalità nigeriana, la protezione sussidiaria. Il Ministero ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi At. Br. si è difeso con controricorso. Ragioni della decisione Con il primo motivo il Ministero ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione dell'art. 2, lett. g , e 14, lett. c , D.Lgs. n. 251/2007, per avere riconosciuto la protezione sussidiaria in una vicenda di carattere esclusivamente personale e familiare, legata ai rapporti tra il richiedente la protezione e i parenti della sua compagna, slegata da conflitti armati interni e da situazioni di conflitto generalizzato o di indiscriminata violenza, la cui esistenza non era provata nella zona sud di residenza dell'interessato Edo State . Con il secondo motivo il Ministero dell'interno ha denunciato violazione e falsa applicazione dei medesimi parametri normativi suindicati e omesso esame di un fatto decisivo, per non avere accertato la non pericolosità della zona di provenienza dell'interessato, registrandosi attacchi terroristici solo nel nord-est del paese. Entrambi i motivi sono manifestamente infondati. Non è contestato dal Ministero il fatto, narrato da At. Br. nella domanda di protezione e ritenuto credibile dai giudici di merito, di essersi allontanato insieme alla compagna dal proprio paese, a causa delle minacce di morte e delle aggressioni arrecate dai familiari di lei, contrari al loro matrimonio per motivi religiosi, al punto di tentare di provocarle l'aborto. In questa situazione i giudici di merito hanno ravvisato fondati motivi per ritenere che se egli ritornasse nel Paese di origine correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno , a norma dell'art. 2, comma 1, lett., g , D.Lgs. n. 251/2007, inteso come minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale , ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma dell'art. 14, lett. c , D.Lgs. n. 251/2007. E ciò in considerazione dell'impossibilità di avvalersi della protezione delle autorità del proprio Paese art. 2, lett. g , D.Lgs. n. 251/2007 , avendo i giudici di merito plausibilmente evidenziato l'esistenza di conflitti interni e di attacchi terroristici anche contro i civili, con conseguente rischio per l'incolumità personale, non contrastato dalle forze di polizia, nel caso di rientro nel Paese d'origine. Si tratta di una plausibile valutazione del materiale probatorio acquisito agli atti di causa e posto dai giudici di merito a fondamento della decisione, risolvendosi il ricorso in una critica della sufficienza del ragionamento logico svolto nella sentenza impugnata e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli elementi probatori, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. apportata dall'art. 54 D.L. n. 83/2012, convertito con legge n. 134/2012 v. Cass., sez. un., n. 8053/2014 . Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2800,00, di cui Euro 100,00 per esborsi.