Romeo, Giulietta, il Duca di Modena e la famiglia Ardengo

Two households, both alike in dignity In fair Verona, where we lay our scene, From ancient grudge break to new mutiny. Where civil blood makes civil hands unclean – Due casati, pari entrambi in dignità, nella bella Verona dove si colloca la nostra scena, da una ruggine antica passano a un nuovo litigio in cui sangue fraterno macchia mani fraterne William Shakespeare, The Most Excellent and Lamentable Tragedy of Romeo and Juliet, Prologue .

Da Shakespeare a Moravia, passando per Muratori le vicende della mediazione si legano a luoghi, persone, provvedimenti. I dissidi tra i casati di Romeo e Giulietta Shakespeare si compongono idealmente nella giustizia del Duca di Modena Ludovico Antonio Muratori , per sfociare nel rifiuto dell’indifferenza celebrato nell’omonimo romanzo di Alberto Moravia, con la vitalità rectius la non vitalità della famiglia Ardengo, che evoca l’importanza delle scelte, e la responsabilità del proprio operato. Verona fert. Nella bella Verona si scrive sulla mediazione, parole forse non belle, ma sicuramente importanti, che trascendono l’ hic et nunc e attingono a nodi fondamentali della materia, per dipanare i quali si parte dall’ordinanza del Tribunale, sez. III civile, 11/05/2017, n. 1626 in allegato , perché è qui che si fanno cose con parole è il potere del Giudice secondo le categorie di un illustre giurista del passato John Langshaw Austin, How to Do Things with Words, 1962 . Il provvedimento affronta alcune questioni particolarmente discusse e rimescola le carte in materia di mediazione, muovendo dal difetto di rappresentanza di un avvocato intervenuto in un procedimento in sostituzione della parte invitata senza che la stessa avesse attribuito al proprio difensore [il potere di rappresentarla] e tantomeno quello di delegare a terzi . La partecipazione della parte e del difensore. La possibilità per chi sia parte di una mediazione di farsi sostituire dal proprio legale è questione dibattuta. Con il placet di giurisprudenza e commentatori, si è cristallizzato un indirizzo prevalente che esclude l’ammissibilità di detta sostituzione. Non posso non fare mie le parole di Luca Tantalo il principio per cui le parti debbono essere effettivamente presenti all’incontro di mediazione è ovvio così in La mediazione non si fa senza le parti! , in questo Quotidiano del 7 Giugno 2016 . Oggi, per vero, il tema è leggermente diverso, afferendo a un nodo esegetico molto specifico, che porta il Giudice veneto a scrivere che né questa norma [n.d.r. l’art. 8 d.lgs. n. 28/2010], né altre del d.lgs. n. 28/2010, prescrivono la presenza obbligatoria della parte alla procedura, cosicché ad essa deve riconoscersi natura semplicemente descrittiva di quello che il legislatore ha pensato poter essere lo sviluppo della procedura . A dirla tutta, per cominciare, non mi è familiare questo vezzo del legislatore di scrivere norme con natura descrittiva dei propri pensieri. un legislatore sognatore, pare di capire, o forse poeta. Eppure l’Ordinanza rincara la dose nessuna disposizione vieta alla parte di delegare alla partecipazione alla procedura il proprio difensore cosicché il fondamento normativo della possibilità di attribuire ad esso una procura a conciliare ben può essere rinvenuto del disposto dell’art. 83 c.p.c. quella facoltà viene solitamente inserita nella procura alle liti la valorizzazione della peculiare funzione del primo incontro non è da sola sufficiente a giustificare una deroga alla norma di carattere generale sopra citata . Chiacchiere e distintivo. Non possiamo fare a meno di dare lettura anche ad altri oscuri passaggi ex auctoritate Principis 1. l’opinione in esame [contraria alla partecipazione del legale per procura della parte] determina una disparità di trattamento tra la parte che ha interesse alla realizzazione della condizione di procedibilità generalmente si tratta della parte che intende agire in giudizio e le sue controparti, perché sola la prima è esposta alla grave sanzione processuale ipotizzata 2. la stessa opinione favorisce addirittura l’atteggiamento dilatorio della parte convenuta poiché questa potrebbe continuare, per un periodo di tempo indefinito, o non preventivamente definito, a farsi rappresentare in mediazione dal proprio difensore, impedendo la realizzazione del presupposto processuale e con essa l’accesso alla giustizia dell’attore 3. il legislatore infatti ha previsto per la parte che non partecipa in nessun modo, senza giustificato motivo, alla mediazione obbligatoria ex lege , e tiene quindi un comportamento più grave di quello della parte che ci partecipa tramite il proprio difensore, la sanzione della condanna al pagamento del contributo unificato e la possibilità per il giudice di desumere dal suo comportamento argomenti di prova tale impostazione viene però stravolta se si ricollega alla condotta meno grave una sanzione più severa della predetta quale l’improcedibilità della domanda Partendo da questi ultimi stralci è facile replicare che 1. la grave sanzione della improcedibilità tende evidentemente a scoraggiare la parte che non avvii la mediazione in sé non opera, dunque, comparativamente I. a una più attenta considerazione, l’asserita disparità peraltro contraddetta in premessa dal medesimo Giudice, di più infra avvantaggia la prima, muovendo in direzione opposta a quella congetturata dal Giudice veronese II. in concreto, si dà l’ipotesi che l’altra parte, non regolarmente costituita, veda utilizzato nei suoi confronti l’art. 116 c.p.c., con l’esito finale di determinarne la soccombenza nel giudizio III. la contraddizione tra premessa e motivazione dell’ordinanza è palese nella prima si dice di improcedibilità anzitutto per mancata partecipazione della parte convenuta, a seguire si legge di questa sanzione come immotivatamente afflittiva solo per chi abbia interesse alla mediazione solitamente la parte istante IV. per concludere sul punto e sulle contraddizioni , la non procedibilità della domanda giudiziale per carenze nella partecipazione della parte invitata è in palese contrasto con la littera legis , che ne fa menzione con riguardo a chi intende promuovere un’azione, e dunque a chi, a meno di clamorose smentite processual-civilistiche, non è certo parte invitata in mediazione 2. se l’intento dilatorio dovesse assumere reale consistenza, non vi sarebbe in un mondo ideale, estraneo a giochi di potere mediatore disposto ad avallarlo, né giudice incline a misconoscerlo all’uopo, la corretta equiparazione tra mancata ed irrituale partecipazione di chi vuol perdere tempo – ne dà conto la giurisprudenza – implica il già menzionato possibile effetto della soccombenza nel giudizio, oltre alla condanna per comportamento scorretto ex art. 96, comma, 3 c.p.c. deterrenti più che efficaci, direi nonché elementi tutt’altro che scoraggianti per l’attore, che vedrebbe definito il giudizio con una speditezza assai maggiore di quella riveniente dallo svolgersi del processo con pedissequi problemi di esecutività del decisum 3. ancora una volta si ignora un dato primario, e cioè le conseguenze della mancata o irrituale partecipazione secondo la giurisprudenza più lineare, conseguenze ben più gravi del mero pagamento del contributo unificato e di un incolore valutazione del comportamento della parte quasi che Verona fossa una monade l’assenza può significare soccombenza nel giudizio. Cerchiamo di mettere ordine. Anche superando la singola défaillance , l’impalcatura esegetica del provvedimento appare davvero fragile. Lo è per certo l’idea che non vi sia supporto normativo a sostegno della presenza delle parti in mediazione. Al contrario, il vituperato art. 8 che non è una visione onirica del legislatore dice più di quello che vi ha letto l’estensore dell’ordinanza. Al di là dell’inciso le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato decisivo nell’argomentare del Giudice, molto meno in una lettura sistematica della normativa , poco dopo il medesimo comma precisa che durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione , il che sarebbe davvero incomprensibile se riferito agli stessi professionisti che assistono le parti qualora presenziassero da soli di più, a seguire, si menziona l’invito del mediatore ad esprimersi sulla possibilità della conciliazione, invito formulato alle parti e agli avvocati il costrutto linguistico per intenderci, la congiunzione copulativa non tollera interpretazione diversa dall’ et et , giammai un aut aut. Ancora, il successivo art. 12 d.lgs. n. 28/2010 dispone che l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata il costrutto logico-grammaticale è il medesimo, così come, evidentemente, il modello empirico di riferimento, pedissequamente quello giuridico. A conferma ritengo si possa menzionare anche l’art. 4 del decreto legislativo, segnatamente l’obbligo di informativa che non implica necessariamente lo ius postulandi senza che possa aver pregio l’argomento dell’inserimento nella procura alle liti, siccome non tutto quanto inserito in quel testo implica un conferimento di poteri al procuratore mi conforta Cassazione, sez. VI Civile, n. 13886/2016 Il documento contenente l'informativa sulla mediazione, ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. n. 28/2010, pur dovendo essere sottoscritto dall'assistito e allegato all'atto introduttivo del giudizio, non è equipollente alla procura ad litem ”, dalla quale si distingue per oggetto e funzione, restando estraneo al conferimento dello ius postulandi ” [ovvero al diritto di rappresentare la parte] questa la massima in Dejure . Appare dunque evidente che, alla stregua del tenore letterale della normativa di specie, il legislatore abbia voluto tener distinto il potere di rappresentanza da quello di difesa lett. assistenza ed abbia riferito al secondo un predicato di indefettibilità, che non ha nulla a che vedere con la rappresentanza in mediazione avrebbe potuto farvi cenno, ma non se ne trova traccia. In definitiva, ubi lex distinguit et nos distinguere debemus ubi lex voluit, dixit, ubi noluit, tacuit . Anche da un altro punto di vista il provvedimento in commento appare scazonte, segnatamente per una confusione concettuale in materia di ius postulandi , che, giusta l’indicazione recente della Suprema Corte, va conferito con procura speciale Cass., sez. VI civile, ord. n. 5577/2017 , adempimento non necessario per l’assistenza viepiù che il c.p.c. distingue all’art. 82 tra ministero/rappresentanza e assistenza, così come all’art. 182 tra rappresentanza, assistenza e autorizzazione . Non persuade nemmeno il richiamo del Tribunale di Verona all’art. 83 c.p.c., il quale fa riferimento espresso alla rappresentanza, e non all’assistenza, concetti diversi, dei quali solo il secondo viene in gioco per quel che concerne la mediazione. Aggiungiamo pure che l’art. 183 c.p.c., richiamato nell’Ordinanza, non menziona più il potere delle parti di farsi rappresentare la formula di cui al previgente comma 2 Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale è stata infatti espunta dalla L. n. 263/2005, e dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51, con decorrenza 1° luglio 2006 . Last but not least , il riferimento alla procura speciale – non sono persuaso del richiamo, ma la prospettazione non è solo teorica – evoca il problema del conferimento di delega con procura speciale notarile, configurando l’assurdo che il delegante per questo atto possa sostenere costi maggiori di quelli sostenuti e sostenendi per l’intera procedura di mediazione. Ragioni storiche e sistematiche. C’è dell’altro che induce a ritenere indefettibile la presenza delle parti in mediazione o di loro delegati che non siano i medesimi avvocati che le assistono . In primis, tra le correzioni apportate al d.lgs. n. 28/2010 nel 2013 a seguito della bocciatura della Corte Costituzionale, avvenuta per eccesso di delega ma presentata come emenda da un difetto del testo originario che aveva omesso avvocati spicca proprio l’introduzione dell’assistenza dell’avvocato orbene, nulla quaestio sulle scelte del legislatore, ma arrivare ad estromettere le parti appare una forzatura davvero eccessiva della ratio originaria coinvolgere le parti di una scongiuranda controversia. D’altronde, la conciliazione in materia di codice del consumo prevede e garantisce la possibilità per le parti di procedere alla mediazione senza alcun legale si tratta di un modello differente, ma un criterio elementare di sistematicità impone di non estromettere le parti per accordare un ruolo onnicomprensivo agli avvocati delle stesse. In breve, i contenuti del provvedimento veronese attestano che la giurisprudenza registra al proprio interno una pericolosa frattura. Dico dunque la lotta tra casati” messa in scena dal drammaturgo inglese in un primo senso. Di più, chiedere alle parti di mediare senza mediare” – ammettiamo che riescano a farlo per interposta persona – rinnova quella contesa tra casati che imponeva la lontananza tra i due amanti, la cui sorte fu decisa da altre persone è il secondo senso del richiamo alla tragedia di Shakespeare . Sed Modena dixit. Lo stesso tema della partecipazione delle parti alla mediazione era stato affrontato e risolto da un provvedimento tuttora recente del Tribunale di Modena, che in modo piano aveva rilevato la necessità delle parti in mediazione. L’esigenza di giustizia assunta a proprio baluardo a Verona si rivela fallace per i rilievi svolti, e superata dalle indicazioni di altra curia risalenti ad un anno prima Tribunale di Modena, sez. II civile, ord. 02/05/2016, nel Quotidiano del 7 giugno 2016 . In punto di metodo, infatti, Modena risponde che Non debbano i giudici col pretesto dell'equità assassinar la giustizia Ludovico Antonio Muratori, Dei difetti della giurisprudenza, Venezia, 1742, p. 102 . In queste parole del Muratori, storico modenese prestato al diritto su impulso del Duca di Modena, si compendia il richiamo a percorsi giurisprudenziali più che lineari, ben presenti in materia. In ogni caso, si è visto come le argomentazioni sostanziali del tribunale veneto non abbiano reale consistenza e appaiano piuttosto come malintese esigenze giustizia. Roma sequitur. Ultimo in ordine di tempo per quel che ci interessa un dictat giurisprudenziale romano involge la sanzionabilità delle condotte delle parti della mediazione, da tener in considerazione al punto da poter orientare il giudice nel decidere il merito della controversia. Non si tratta di una novità assoluta, ma sembra che qui l’obiettivo mediato”, in ogni caso marcato, sia stigmatizzare l’ostilità alla mediazione da parte di chi ne fa un inutile dispendio di tempo e di denaro. Accade infatti che taluno scelga di non dare alcun seguito all’istanza o che proponga la stessa per mero ossequio ad un adempimento procedurale quanto a dire che lui con un certo avvilente senso di superiorità e di compassionevole disprezzo restava indifferente Alberto Moravia, Gli indifferenti, 1929, cap. III . Il monito che giunge dalla Capitale assume le fattezze di un provvedimento concreto molto incoraggiante per i sostenitori della media-conciliazione. La penna è quella di Massimo Moriconi, ben noto agli esperti del settore, che ha punito la parte assente alla mediazione con la soccombenza nel giudizio Tribunale di Roma, sez. XIII civile, 29/05/2017, in allegato . Explicit. In chiusura, anche tralasciando l’indicazione preziosa di strumenti operativi utili allo scopo, la fiducia di alcuni magistrati nella mediazione infonde coraggio, e speranza, sicché noi tutti, mediatori, siamo spronati ad investire sulla nostra professione e sul nostro ufficio, anche quando operiamo in veste di avvocati che assistono le parti. Ma l’ultimo boccone è amaro in un ordinamento che inevitabilmente contempla pendolarismi giurisprudenziali l’ordinanza del Tribunale di Verona, nonostante le debolezze segnalate, è veicolo di pericolosa incertezza. A glooming peace this morning with it brings The sun, for sorrow, will not show his head Go hence, to have more talk of these sad things Some shall be pardon’d, and some punished For never was a story of more woe Than this of Juliet and her Romeo - Una ben triste pace è quella che ci reca questo giorno. Quest’oggi il sole, in segno di dolore, non mostrerà il suo volto, sulla terra. Ed ora andiamo via da questo luogo, per ragionare ancora tra di noi di tutti questi tristi accadimenti. Per essi, alcuni avranno il mio perdono, altri la loro giusta punizione ché mai vicenda fu più dolorosa di questa di Giulietta e di Romeo William Shakespeare, The Most Excellent and Lamentable Tragedy of Romeo and Juliet .

Tribunale di Verona, sez. III Civile, ordinanza 11 maggio 2017, n. 1626 Giudice Vaccari Rilevato che La condizione di procedibilità non può ritenersi realizzata poiché al procedimento di mediazione espletato ante causam, su iniziativa dell’attrice, la convenuta non ha partecipato e l’attrice ha partecipato tramite soggetto non legittimato a rappresentarla va innanzitutto ribadito che, ad avviso di questo giudice, la parte può conferire procura speciale ad altro soggetto, compreso il suo difensore, per farsi rappresentare nel procedimento di mediazione non è infatti condivisibile l’orientamento giurisprudenziale, invero prevalente, che, ai fini dell’assolvimento della condizione di procedibilità prevista dall’articolo 5 comma 1 bis, d.lgs. 28/2010, assume come indispensabile la partecipazione delle parti personalmente assistite dai difensori e non solo quella dei loro difensori sul punto in esame, ex multis, Trib. Firenze 19.3.2014 est. Breggia Trib. Pavia 9.3.2015 est Marzocchi Trib. Vasto 9.3.2015 est. Pasquale Trib. Roma sez. III 19.2.2015 Trib. Roma, 14.12.2015 tale indirizzo infatti si fonda principalmente su un dato normativo letterale, ovvero i riferimenti che l’articolo 8 comma 1, del d.lgs. 28/2010, nel descrivere le modalità di svolgimento della mediazione, fa alla parte e al difensore quali soggetti che vi partecipano in contrario deve però osservarsi che né questa norma, né altre del d.lgs. 28/2010, prescrivono la presenza obbligatoria della parte alla procedura, cosicché ad essa deve riconoscersi natura semplicemente descrittiva di quello che il legislatore ha pensato poter essere lo sviluppo della procedura al contempo nessuna disposizione vieta alla parte di delegare alla partecipazione alla procedura il proprio difensore cosicché il fondamento normativo della possibilità di attribuire ad esso una procura a conciliare ben può essere rinvenuto del disposto dell’articolo 83 c.p.c è proprio per questa ragione peraltro che quella facoltà viene solitamente inserita nelle procura alle liti la valorizzazione della peculiare funzione del primo incontro, quale momento non solo informativo ma anche facilitativo della conciliazione ulteriore argomento addotto a sostegno della tesi qui criticata , poi non è da sola sufficiente a giustificare una deroga alla norma di carattere generale sopra citata sono però le conseguenze alle quali conduce l’opinione in esame a palesarne più chiaramente la fragilità essa infatti determina una disparità di trattamento tra la parte che ha interesse alla realizzazione della condizione di procedibilità generalmente si tratta della parte che intende agire in giudizio e le sue controparti, perché sola la prima è esposta alla grave sanzione processuale ipotizzata. A ben vedere, l’orientamento qui divisato favorisce addirittura l’atteggiamento dilatorio della parte convenuta poiché questa potrebbe continuare, per un periodo di tempo indefinito, o non preventivamente definito, a farsi rappresentare in mediazione dal proprio difensore, impedendo la realizzazione del presupposto processuale e con essa l’accesso alla giustizia dell’attore proprio quest’ultima considerazione induce poi ad escludere che, anche a voler ritenere che il legislatore abbia previsto come obbligatoria la presenza personale della parte al procedimento di mediazione, l’inosservanza di tale prescrizione possa determinare l’improcedibilità della domanda giudiziale, anche qualora fosse l’attore a partecipare alla mediazione tramite il suo difensore del resto tale conseguenza non solo non è stata contemplata dal d.lgs. 28/2010 ma, a ben vedere, è stata da esso implicitamente ma chiaramente esclusa il legislatore infatti ha previsto per la parte che non partecipa in nessun modo, senza giustificato motivo, alla mediazione obbligatoria ex lege, e tiene quindi un comportamento più grave di quello della parte che ci partecipa tramite il proprio difensore, la sanzione della condanna al pagamento del contributo unificato e la possibilità per il giudice di desumere dal suo comportamento argomenti di prova tale impostazione viene però stravolta se si ricollega alla condotta meno grave una sanzione più severa della predetta quale l’improcedibilità della domanda. Orbene, tutto ciò chiarito deve evidenziarsi come nel caso di specie l’attrice sia stata rappresentata nel procedimento di mediazione non dal suo difensore ma da un avvocato da questi delegato richiesta di documentare la procura in virtù del quale tale soggetto era intervenuto alla procedura stragiudiziale l’attrice ha prodotto un mandato alle liti nel quale essa aveva conferito al proprio difensore il potere di rappresentarla davanti al giudice nell’udienza di cui all’articolo 183 c.p.c. e di conciliare e transigere la controversia è evidente quindi come nessuno specifico potere di partecipare al procedimento di mediazione essa avesse attribuito al proprio difensore e tantomeno quello di delegarlo a terzi P.Q.M. Assegna alle parti termine di quindi giorni dalla comunicazione del presente provvedimento per depositare l’istanza di mediazione e rinvia la causa all’udienza del 16 novembre 2017 h.09.30.

Tribunale di Roma, sez. XIII, sentenza 29 maggio 2017 Giudice Massimo Moriconi Osserva La motivazione che segue è stata redatta ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 9-octies aggiunto dall'articolo 19, comma 1, lett. a, numero 2-ter, D.L. 27 giugno 2015, numero 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, numero 132 decreto-legge 18 ottobre 2012, numero 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, numero 221 secondo cui gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalita' telematiche sono redatti in maniera sintetica. Poiché già la novella di cui alla l 18 giugno 2009, numero 69 era intervenuta sugli articolo 132 cpc e 118 att.cpc , prevedendo che la sentenza va motivata con una concisa e succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, occorre attribuire al nuovo intervento un qualche significato sostanziale, che tale non sarebbe se si ritenesse che l'innovazione ultima sia puramente ripetitiva mero sinonimo del concetto già precedentemente espresso. La necessità di smaltimento dei ruoli esorbitanti e le prescrizioni di legge e regolamentari cfr. Strasburgo 2 circa la necessità di contenere la durata della cause, impongono pertanto applicazione di uno stile motivazionale sintetico che è stile più stringente di previgente alla disposizione dell'articolo 19, comma 1, lett. a, numero 2-ter, d.l.83/2015. -1 I fatti posti a base della domanda dell'attrice La proposta del Giudice ex articolo 185 bis e la mediazione demandata ex articolo 5 co.II° decr.lgsl.28/2010 La domanda delle attrice risulta fondata nell'an, e nei limiti del quantum debeatur di seguito indicati. V.V. esponeva di essersi sottoposta il 15.6.2012 a trattamento estetico di tintura dei capelli e delle sopracciglia, shampoo e messa in piega dei capelli presso l'esercizio commerciale sito in Roma via Monte Santo numero 5, il tutto ad opera del titolare A.M., parrucchiere. Lamentava che erano state lasciate durante il trattamento dosi di tintura su parti del viso quali la fronte, la guancia destra e la parte inferiore dell'arcata sopraccigliare destra e sinistra Nonostante avesse chiesto che fossero prontamente rimosse venivano lasciate in sede per circa trenta minuti perché il M.la rassicurava circa il fatto che il prodotto sarebbe scomparso alla fine del trattamento senza conseguenze e lasciti Il prodotto per rimuovere le macchie della tintura veniva applicato da un inserviente alla fine del trattamento, e poiché le macchie non andavano via il M. lo sollecitava a strofinare con maggior energia. Con la conseguenza che si verificava una generale arrossamento delle parti del viso trattate. Nelle ore e giorni successivi 16 e 17 giugno la situazione peggiorava con vere e proprie escoriazioni. La V. si recava quindi presso il P.S. 18 giugno dove venivano accertate irritazioni ed escoriazioni. La successiva visita dermatologica accertava la presenza di lesioni erosive e ulcerative e vescicolatorie accompagnate da edema sottostante ed eritema diffuso a gran parte del volto doc.5 Si doveva quindi sottoporre a terapia antibiotica antistaminica con applicazione di pomate e divieto temporaneo di esporsi al sole, protratto prudenzialmente per i mesi successivi. Richiedeva i danni €.5.100,00 al M. che costituendosi ed opponendosi alle domande dell'attrice, precisava fra l'altro di avere effettuato solo la tintura dei capelli con shampoo e messa in piega e non anche la tintura delle sopracciglia. La compagnia di assicurazione si costituiva difendendosi nel merito del lamentato inadempimento dell'artigiano. Il Giudice con ordinanza del 12.2.2015 così provvedeva Riservato all'esito di quanto segue la decisione sulla ammissione di mezzi istruttori ulteriori a quelli documentali. Si ritiene quindi che in relazione a quanto emerso allo stato degli atti ed in particolare dalle dichiarazioni di A.M. in relazione ai fatti esposti da V.V. le parti ben potrebbero pervenire ad un accordo conciliativo. Infatti, considerati i gravosi ruoli dei giudici ed i tempi computati in anni per le decisioni delle cause, una tale soluzione, che va assunta in un ottica non di preconcetto antagonismo giudiziario, ma di reciproca rispettosa considerazione e valutazione dei reali interessi di ciascuna delle parti, non potrebbe che essere vantaggiosa per tutte. Invero la controversia non ha fatto emergere questioni di diritto complesse, e dubbi tali da richiedere approfondite analisi e difficili interpretazioni dei testi normativi. Lo si dice in quanto la condizione postulata dall’articolo 185 bis come introdotto dall’articolo 77 del d.l.21.6.2013 numero 69 conv.nella l.9.8.2013 numero 98 della esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto, trova il suo fondamento logico nell’evidente dato comune che è meno arduo pervenire ad un accordo conciliativo o transattivo se il quadro normativo dentro il quale si muovono le richieste, le pretese e le articolazioni argomentative delle parti sia fin dall’inizio sufficientemente stabile, chiaro e in quanto tale prevedibile nell’esito applicativo che il giudice ne dovrà fare. Anche la natura ed il valore della controversia in un accezione rapportata ai soggetti in causa, sono idonei a propiziare la formulazione di una proposta da parte del giudice ai sensi della norma citata. In particolare si formula la proposta in calce sviluppata, che è parte integrante di questa ordinanza. Benchè la legge non preveda che la proposta formulata dal giudice ai sensi dell’articolo 185 bis cpc debba essere motivata le motivazioni dei provvedimenti sono funzionali alla loro impugnazione, e la proposta ovviamente non lo è, non avendo natura decisionale tuttavia si indicano alcune fondamentali direttrici che potrebbero orientare le parti nella riflessione sul contenuto della proposta e nella opportunità e convenienza di farla propria, ovvero di svilupparla autonomamente. Sotto tale ultimo profilo, vale a dire la possibilità che le parti, assistite dai rispettivi difensori, possano trarre utilità dall’ausilio, nella ricerca di un accordo, ed anche alla luce della proposta del giudice, di un mediatore professionale di un organismo che dia garanzie di professionalità e di serietà, è possibile prevedere, anche all’interno dello stesso provvedimento che contiene la proposta del giudice, un successivo percorso di mediazione demandata dal magistrato. Alle parti si assegna termine fino alla data del 30.3.2015 per il raggiungimento di un accordo amichevole sulla base di tale proposta. Dalla eventuale infruttuosa scadenza del suddetto termine, decorrerà quello ulteriore di gg.15 per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di cui al secondo comma dell’articolo 5 del decr.legisl.4.3.2010 numero 28 con il vantaggio di poter pervenire rapidamente ad una conclusione, per tutte le parti vantaggiosa, anche da punto di vista economico e fiscale cfr. articolo 17 e 20 del decr.legisl.4.3.2010 numero 28 , della controversia in atto. Si sottolinea ulteriormente che la proposta del giudice è permeata in questa fase da un contenuto di equità. Ritenuto di avvertire che ai sensi e per l'effetto del secondo comma dell'articolo 5 decr.lgsl.28/'10 come modificato dal D.L.69/'13 è richiesta l'effettiva partecipazione al procedimento di mediazione demandata, laddove per effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e che oltre agli avvocati difensori siano presenti le parti personalmente e che la mancata partecipazione ovvero l'irrituale partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione demandata dal giudice oltre a poter attingere, secondo una sempre più diffusa interpretazione giurisprudenziale, alla stessa procedibilità della domanda, è in ogni caso comportamento valutabile nel merito della causa. Viene infine fissata un’udienza alla quale in caso di accordo le parti potranno anche non comparire viceversa, in caso di mancato accordo, potranno, volendo, in quella sede fissare a verbale quali siano state le loro posizioni al riguardo relativamente alla sola proposta del giudice , anche al fine di consentire l’eventuale valutazione giudiziale della condotta processuale delle parti ai sensi degli articolo 91 e 96 III° cpc Con tale premessa, il Giudice formulava la seguente proposta PROPOSTA FORMULATA DAL GIUDICE AI SENSI DELL’articolo 185 BIS CPC Il Giudice, letti gli atti del procedimento, ritenutolo opportuno, considerato che in materia di responsabilità contrattuale è pacifico e notorio il quadro probatorio in ordine al quale, una volta che siano state provate anche a mezzo di confessione del debitore l'esistenza del contratto da parte del creditore, è il debitore che deve provare l'esatto adempimento ovvero provare, in caso di inadempimento a sé non imputabile, il caso fortuito visti ed esaminati i certificati PS, medico specialista prodotti dall'attrice considerata ogni altra circostanza del caso PROPONE il pagamento a favore di V.V. ed a carico di S.A. H. Assicurazioni Compagnia Svizzera d'Assicurazioni della complessiva somma di €.2.500,00 oltre ad €.3.000,00 più accessori per compensi oltre IVA CAP e spese generali. La proposta non veniva accolta e nel procedimento di mediazione ex articolo 5 co. II° decr. lgs 28/2010 disposto dal Giudice, la compagnia di assicurazione, pur costituita in giudizio senza negare la vigenza ed efficacia della polizza contratta con il M., a differenza di quest'ultimo presente non si presentava decretando il fallimento del procedimento di mediazione attivato dalla V. [1] -2 L'inadempimento del prestatore d'opera il danno e la sua quantificazione Trattandosi di inadempimento di una obbligazione contrattuale ed essendo pacifica l'esistenza del rapporto e l'esecuzione della prestazione, incombeva all'artigiano cioé al M. che al contrario ha ammesso circostanze decisive a suo carico dimostrare di avere adempiuto esattamente. Con tale premessa l'accoglimento delle domande della V. deriva dalle seguenti concorrenti circostanze e conclusioni la difesa del M. è irrilevante ai fini della radicazione della sua responsabilità per colpa, consistita nella inadeguata esecuzione della prestazione richiesta e concordata il convenuto non nega di averla eseguita la tintura [2] , non nega la compartecipazione di una sua inserviente e collaboratrice, non nega la permanenza sul viso dell'attrice di tracce di tintura, e l'utilizzo di un prodotto chimico per smacchiarne il viso le circostanze dirimenti predisposizione, utilizzo del casco addotte dal M., sono illazioni del tutto fantasiose e prive di pertinenza e concretezza la consulenza tecnica disposta dal Giudice ha confermato, con adeguata e condivisibile motivazione, il nesso causale fra la condotta del M. che risponde anche di quella della sua collaboratrice improntata a incompetenza, l'evento, e le successive conseguenze dannose ampiamente comprovate anche dalla documentazione versata in atti dall'attrice, in particolare le fotografie, il referto del Pronto Soccorso ed il referto specialistico l'evidenza della incongrua manipolazione troppo energica da parte della collaboratrice del M. che ha strofinato con irragionevole veemenza la pelle della cliente, danno dimostrazione di incompetenza la mancata partecipazione dell'Assicurazione, che ha svolto una difesa improntata alla contestazione del merito della controversia, alla mediazione demandata dal Giudice articolo 116 cpc in relazione all'articolo 8 decr. lgsl.28/2010 [3] Al fine di quantificare il danno, preso atto delle risultanze della consulenza di ufficio, immune da errori o vizi tecnico-logico-giuridici e condivisbile, il Giudice, peritus peritorum, ritiene sussistente un danno permanente nella misura dell'1% e temporaneo assoluto di gg.10, da risarcire secondo le tabelle per il calcolo del danno biologico in uso presso il Tribunale di Roma ristoro, viste le circostanze tutte, allogato nel range medio, e incrementato per lo stress e la sofferenza danno morale, si è trattato di lesioni, quindi di reato colposo , per la giusta personalizzazione del ristoro dei danni subiti dalla V Va considerato infatti che la dislocazione dei danni è particolarmente importante in questo caso perché è sul viso come rammostrano le foto e sul viso di una donna, che è naturalmente più attenta rispetto ad un uomo alla bella e curata presenza conservazione e presentazione dello stesso. E subisce, per il correlativo danno, uno stress ed una preoccupazione ben maggiore. Nel caso di specie inoltre le conseguenze dell'azione imperita del M. e della sua collaboratrice si sono protratte, sia pure con disagi non poter prendere il sole , decrescenti, per molti mesi, ed anche di ciò occorre tenere conto. Il tutto, considerata devalutazione, rivalutazione ed interessi secondo i noti principi enunciati dalla S.C. del 17.2.1995 numero 1712 , per la somma totale di €. 3.500,00. Al pagamento di tale somma va condannata la srl G. alla quale vanno ricondotte le complessive attività organizzative fra le quali l'apprestamento dei prodotti fra i quali lo smacchiatore chimico , l'attività del M. e l'incongrua attività della di lui collaboratrice che contribuiva in rilevante misura a causare il danno al viso della V. L'assicurazione H. Assicurazioni Compagnia S. di Assicurazioni S.A. è tenuta a manlevare integralmente la srl G. di quanto questa onerata in seguito alla condanna. Le spese che vengono regolate secondo le previsioni – orientative per il giudice che tiene conto di ogni utile circostanza per adeguare nel modo migliore la liquidazione al caso concreto della l.24.3.2012 numero 27 e del D.M. Ministero Giustizia 10.3.2014 numero 55 seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo a favore dell'attrice mentre ovvie ragioni il M. con la sua personale condotta ha causato danni alla V. impongono la compensazione delle spese fra l'attrice e A.M. -3 La condanna per responsabilità aggravata. L'articolo 96 dispone che I° se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza. II° Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziaria, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente. E per quel che qui interessa III° In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata La norma del terzo comma introdotta dalla l.18.6.2009 numero 69 ed entrata in vigore dal 4.7.2009 ha cambiato completamente il quadro previgente con alcune importanti novità in primo luogo non è più necessario allegare e dimostrare l’esistenza di un danno che abbia tutti i connotati giuridici per essere ammesso a risarcimento essendo semplicemente previsto che il giudice condanna la parte soccombente al pagamento di un somma di denaro non si tratta di un risarcimento ma di un indennizzo se si pensa alla parte a cui favore viene concesso e di una punizione per aver appesantito inutilmente il corso della Giustizia, se si ha riguardo allo Stato , di cui viene gravata la parte che ha agito con imprudenza, colpa o dolo l’ammontare della somma è lasciata alla discrezionalità del giudice che ha come unico parametro di legge l’equità per il che non si potrà che avere riguardo, da parte del giudice, a tutte le circostanze del caso per determinare in modo adeguato la somma attribuita alla parte vittoriosa a differenza delle ipotesi classiche primo e secondo comma il giudice provvede ad applicare quella che si presenta né più né meno che come una sanzione d’ufficio a carico della parte soccombente e non necessariamente su richiesta di parte infine, la possibilità di attivazione della norma non è necessariamente correlata alla sussistenza delle fattispecie del primo e secondo comma. Come rivela in modo inequivoco la locuzione in ogni caso la condanna di cui al terzo comma può essere emessa sia nelle situazioni di cui ai primi due commi dell’articolo 96 e sia in ogni altro caso. E quindi in tutti i casi in cui tale condanna, anche al di fuori dei primi due commi, appaia ragionevole. Benché non sia richiesto espressamente dalla norma, si ritiene dalla giurisprudenza necessario anche il requisito della gravità della colpa. Nel caso di specie è indubbia la sussistenza della gravità della colpa se non del dolo, inteso come volontaria e consapevole volontà di disattendere l'ordine del Giudice della H. Assicurazioni che non ha aderito alla convocazione in mediazione senza fornire, per quanto risulta, alcuna spiegazione o ragione senza nulla comunicare neanche a mero livello di usuale bon ton al mediatore dell'Organismo compulsato dall'attrice, cfr. verbale del 8.6.2015 dell'Organismo Arturo Carlo Iemolo di Roma né a verbale dell'udienza di verifica del 3.12.2015 La giurisprudenza richiede la sussistenza del dolo o della colpa grave poiché non è ragionevole che possa essere sanzionata la semplice soccombenza, che è un fatto fisiologico alla contesa giudiziale, ed è necessario che esista qualcosa di più rispetto ad essa, esattamente come nel caso di specie. Che il mancato rispetto dell'ordine impartito dal Giudice ai sensi dell'articolo 5 co.II° della legge integri colpa grave se non dolo è ampiamente motivato e confermato dalla giurisprudenza, che si richiama in nota [4] L’ammontare della somma deve essere rapportato a. allo stato soggettivo del responsabile, perché il dolo e la cosciente volontarietà della condotta censurabile ex articolo 96 co.III° come in questo caso è più grave della colpa alla necessità che in relazione al soggetto responsabile, ed in particolare alla sua elevata in questo caso forza e capacità patrimoniale, la condanna ex articolo 96 co III° cpc costituisca un efficace deterrente ed una sanzione significativa ed avvertibile Nel caso di specie, pertanto, si reputa giusto ed equo condannare l'assicurazione al pagamento della somma di €.10.000,00. La sentenza è per legge esecutiva. P.Q.M. definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede DICHIARA l'inadempimento e la responsabilità della srl G. Unipersonale, rigettando le domande nei confronti di A.M. in proprio CONDANNA la srl G.U.al risarcimento dei danni liquidati in favore di V.V. nella somma di €. 3.500,00 oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo CONDANNA la srl G.U.al pagamento delle spese di causa che liquida in favore dell'attrice per compensi in complessivi €.4.000,00 oltre IVA, CAP e spese generali oltre alle spese della consulenza di ufficio in solido con la H. CONDANNA la H. Assicurazioni Compagnia S. di Assicurazioni S.A al pagamento delle spese di causa che liquida in favore dell'attrice per compensi in complessivi €.4.000,00 oltre IVA, CAP e spese generali oltre alle spese della consulenza di ufficio in solido con la srl G. CONDANNA la H. Assicurazioni Compagnia S. di Assicurazioni S.A. a manlevare la srl G. da ogni esborso conseguente alla sentenza CONDANNA la H. Assicurazioni Compagnia S. di Assicurazioni S.A. ai sensi dell'articolo 96 co.III cpc, al pagamento della somma di €.10.000,00 a favore dell' attrice CONDANNA ex articolo 8 co.4 bis decr.lgsl 28/10, la H. Assicurazioni Compagnia S. di Assicurazioni S.A. al pagamento in favore dell'Erario di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio SENTENZA esecutiva.