Fuga per ragioni private dal Paese d’origine: possibile la protezione in Italia

Un uomo è scappato dalla Nigeria a seguito delle minacce subite dalla ragazza da lui frequentata. Ciò nonostante, è necessario un approfondimento sulla situazione socio-politica dello Stato per valutare i potenziali pericolo per lo straniero in caso di ritorno in patria.

Straniero in fuga per le minacce subite dai familiari della sua ragazza. Pur essendo evidenti le ragioni personali dell’approdo in Italia, vanno comunque valutate le condizioni socio-politiche del Paese d’origine. Solo questo approfondimento può condurre a una decisione sulla richiesta di protezione presentata dall’immigrato Cassazione, ordinanza n. 16356/17, sez. VI Civile, depositata oggi . Ragioni. Punto di svolta, almeno in apparenza, in Appello. Lì viene ribaltata completamente la decisione presa dal Tribunale i giudici ritengono corrette le obiezioni proposte dal Ministero dell’Interno e, di conseguenza, rigettano la domanda di protezione sussidiaria presentata da un cittadino nigeriano. Decisiva la constatazione che lo straniero era scappato dal proprio Paese per una necessità meramente privata e familiare , ossia le minacce subite dai parenti della ragazza da lui frequentata . Questa certezza viene ora messa in discussione dai magistrati della Cassazione. A loro parere, difatti, non ci si può fermare alla valutazione delle sole ragioni che spinsero l’uomo a lasciare la Nigeria , essendo invece necessario esaminare la vicenda anche alla luce delle condizioni socio-politiche generali del Paese di origine. E in questa ottica viene aggiunto che, comunque, debbono essere presi in esame anche i pericoli gravi provenienti da soggetti privati , laddove è assente un’autorità statale che impedisce determinati comportamenti dannosi . Per questi motivi è necessaria in Appello una lettura più dettagliata della vicenda per poter valutare la sussistenza di rischi per lo straniero in caso di rientro in patria.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 13 marzo – 3 luglio 2017, n. 16356 Presidente Dogliotti – Relatore Acierno Ragioni della decisione Con sentenza del 4 aprile 2013 la Corte d'appello di Bologna accoglieva l'impugnazione proposta dal Ministero dell'interno e, in totale riforma della decisione resa dal Tribunale, rigettava la domanda di protezione sussidiaria riconosciuta in primo grado a Op. Se. Ad., di nazionalità nigeriana. Rigettata innanzitutto l'eccezione di inammissibilità dell'atto d'appello ex art. 342 c.p.comma per genericità dei motivi, riteneva il Collegio che difettassero i presupposti sanciti dagli artt. 2, lett. g., e 14, D.Lgs. 251/2007 per il riconoscimento della protezione sussidiaria. Da un lato, infatti, mancava il danno grave costituito dalla minaccia grave e individuale , perché l'allontanamento dalla Nigeria era stato determinato da una necessità meramente privata e familiare dall'altro lato, l'area di provenienza dello straniero Lagos non risultava essere interessata da una condizione di violenza indiscriminata bensì da una situazione di criminalità comune che non assurgeva al rango di conflitto armato interno . Tali fattori, giustificanti la protezione sussidiaria, erano peraltro estranei a quanto allegato da Ad. e l'onere dell'allegazione, a differenza dell'onere della prova, non può trovare alcuna attenuazione nemmeno nel procedimento di cui si tratta . Ricorre per cassazione Ad., affidandosi a due motivi. Si costituisce con controricorso l'Amministrazione intimata. Deduce la ricorrente 1 violazione ex art. 360 nr. 3 e 4 in relazione agli artt. 112, 132, 342 c.p.comma e 118 disp. att. c.p.c. la Corte d'appello ha dato una motivazione del tutto apparente quanto all'eccezione di inammissibilità, formulata nella comparsa di costituzione e risposta, dell'atto dell'appello del Ministero dell'Interno, e pertanto è affetta da nullità. L'appello dell'avvocatura dello Stato, infatti, manca del tutto di riferirsi alla vicenda personale del ricorrente e di indicare specificatamente le parti della sentenza di primo grado ritenute errate 2 violazione ex art. 360 nr. 3 in relazione agli artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 14, D.Lgs. 251/2007, artt. 8 e 27, D.Lgs. 25/2008, artt., 2 e 3 CLOU, nonché difetto di motivazione, travisamento dei fatti e omesso esame di fatti decisivi. Il rischio di subire un danno grave come definito dalla legge può derivare anche soggetti privati, in assenza di un'autorità statale che impedisca tali comportamenti dannosi. Facendo riferimento alla possibilità che l'odierno ricorrente ha di rientrare a Lagos, la Corte d'appello applica un criterio non previsto dalla normativa vigente, perché l'art. 8 della direttiva 2004/83, che consente agli Stati membri di indicare delle zone interne sicure in cui lo straniero può essere rinviato, non è stato accolto nel nostro ordinamento. La Corte ha comunque omesso di considerare che, secondo le molte fonti di informazioni prodotte in giudizio, anche Lagos è una città ad elevatissimo rischio. Parimenti errata è l'affermazione in base a cui il ricorrente non avrebbe allegato i fatti giustificativi della propria domanda, anche alla luce dell'obbligo di cooperazione cui l'autorità pubblica amministrativa e giudiziaria è tenuta nei confronti del richiedente rispetto a tutti gli elementi significativi della domanda di protezione e segnatamente i fatti pertinenti che riguardano il Paese d'origine. Infine, la Corte bolognese non si è attenuta ai principi espressi dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea nella sentenza 465/2009, in base a cui l'esistenza della minaccia grave e individuale può in via eccezionale essere considerata provata quando il grado di violenza indiscriminata è di carattere tale che lo straniero, rientrato nel proprio Paese, sarebbe esposto a un rischio effettivo. Veste preliminare assume l'esame del primo motivo di ricorso, ove si censura la nullità della sentenza impugnata per avere dato una motivazione apparente sul rigetto dell'eccezione di inammissibilità dell'atto d'appello. Il motivo è infondato. La Corte d'appello, ancorché con motivazione molto sintetica, ha ritenuto non sussistente il denunciato vizio di genericità in rapporto al provvedimento oggetto di gravame, perché esso stesso si riferiva alla condizione generale della Nigeria e non poteva conseguentemente pretendersi dall'appellante un onere di specificità maggiore di quello seguito dal giudice di prime cure ciò vale ad escludere che la sentenza impugnata sia viziata ex art. 112 c.p.comma o ex art. 132 c.p.c Merita accoglimento, invece, il secondo motivo, articolato su diversi profili. Secondo il giudice di seconde cure difettava qualsiasi relazione tra la situazione generalizzata di violenza in Nigeria e il danno alla vita o alla sicurezza prospettato dal ricorrente, che invece avrebbe abbandonato il proprio Paese per ragioni strettamente personali, ovvero, in primo luogo, la minaccia subita dai parenti della ragazza ivi frequentata. Deve però rilevarsi che il Giudice della protezione internazionale non può fermarsi alla valutazione delle sole ragioni che spinsero lo straniero a lasciare il Paese di provenienza, dovendo, al contrario, effettuare un esame dei fatti prospettati anche alla luce delle condizioni socio-politiche generali di suddetto Paese, in ossequio al disposto dell'art. 3, comma 3, lett. a, D.Lgs. 251/2007 Cass. 15192/2015 . Peraltro, ai sensi dell'art. 5, d.lgs. cit., agenti del danno grave possono anche essere soggetti privati, in assenza di un'autorità statale che impedisca tali comportamenti dannosi, come risulta nel caso di specie. Viziata, sotto il profilo dell'omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360, nr. 5, c.p.c., è la pronuncia impugnata nel punto in cui ritiene non assolto dal ricorrente l'onere di allegazione su di lui gravante in relazione ai presupposti integranti un danno grave costituito da una situazione di violenza indiscriminata . 11 ricorrente, invero, ha dato atto di aver interamente adempiuto nei gradi di merito all'onere su di esso incombente di presentare, unitamente alla domanda di protezione internazionale, tutti gli elementi necessari a motivare la domanda stessa. L'autorità amministrativa e giudiziaria erano a quel punto tenute a rispettare l'obbligo di cooperazione ad esse imposto dall'art. 3, D.Lgs. 251/2007, e segnatamente a valutare tutti i fatti pertinenti riguardanti il Paese d'origine. Per poter legittimamente escludere la sussistenza di rischi in caso di rientro, la Corte avrebbe quindi dovuto procedere ad ulteriori accertamenti relativamente ai motivi di pericolo dedotti e alla situazione della città di Lagos, rispetto a cui, invece, non vengono in alcun modo menzionati i numerosi rapporti informativi prodotti nella comparsa di costituzione in appello. Di conseguenza, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto sopra richiamati e si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.