Inesistenza del credito tra opposizione all'esecuzione e improcedibilità dell'esecuzione

Se nell'esercizio del suo potere/dovere il giudice dell'esecuzione rilevi l'inesistenza del credito, deve emettere un provvedimento di improcedibilità o di estinzione atipica del processo, definendolo contro di esso è possibile esperire esclusivamente opposizione agli atti esecutivi. Se l'inesistenza del credito è rilevata dal debitore mediante opposizione all'esecuzione, il giudice può dichiarando di volersi pronunziare sull'opposizione, sospendere il procedimento e assegnare i termini per la fase di merito in tal caso il giudizio resterà pendente oppure, il giudice potrà, nell'esercizio dei suoi poteri officiosi, definire il giudizio in tal caso non vi sarà sospensione e le parti potranno comunque attivare la fase di merito della sospensione dell'esecuzione il cui esito però non inciderà sull'esecuzione, già definita e non pendente, in mancanza di opposizione agli atti esecutivi, ma solo sulle future azioni relative allo stesso titolo oppure allo stesso credito tra le parti.

Tale in sintesi, il contenuto dell'ordinanza n. 15605 della Corte di Cassazione depositata il 22 giugno 2017. Fatti di causa. Premettiamo un cenno ai fatti di causa. Una creditrice agiva per l'espropriazione forzata presso terzi di un credito vantato verso l'INPS. Il giudice dell'esecuzione, ritenendo il credito estinto in quanto pagato prima della notifica del precetto, dichiarava improcedibile il procedimento e disponeva la liberazione delle somme pignorate. Contro il provvedimento la creditrice esperiva opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. ed otteneva la declaratoria di nullità dello stesso e la condanna nei confronti dell'INPS al pagamento delle spese e competenze del processo esecutivo e dell'opposizione. Contro la sentenza l'Istituto agiva in Cassazione. Con il primo motivo quello di maggior interesse ai fini logico-giuridici , l'Ente rileva che il provvedimento d'improcedibilità del giudice dell'esecuzione, in quanto disposto all'esito della fase sommaria di un'opposizione all'esecuzione proposta dallo stesso Ente non è definitivo, e non è impugnabile mediante opposizione agli atti esecutivi. Il motivo è respinto dalla Corte a seguito di una lunga esposizione motivazionale. La Corte rileva che il giudice dell'esecuzione, ravvisato l'avvenuto integrale pagamento del credito prima della notifica dell'atto di precetto, dunque l'inesistenza del credito e l'assoluta inefficacia” del relativo titolo esecutivo ha dichiarato improcedibile l'esecuzione e disposto la liberazione delle somme pignorate. La Corte premette che appartiene ai compiti del giudice verificare d'ufficio che vi sia corrispondenza tra credito e titolo sul punto richiamando copiosa giurisprudenza , a prescindere dall'opposizione del debitore e, ove ravvisi l'inesistenza del credito, dichiarare l'improcedibilità dell'esecuzione. Improcedibilità e estinzione atipica del processo. Tale esito, rileva per inciso la Corte, è spesso definito come estinzione del processo. Ma, prosegue la Corte, non siamo nella fattispecie di cui agli artt. 629 e ss. c.p.c., dunque al più possiamo parlare di una forma di estinzione atipica” in realtà, spiega, si dovrebbe parlare di dichiarazione di improcedibilità dell'esecuzione, trattandosi di un provvedimento con cui il processo esecutivo viene chiuso in quanto definito, per l'avvenuta completa realizzazione del suo scopo o per la riconosciuta impossibilità di realizzare tale scopo e quindi per l'impossibilità della sua prosecuzione . Effettivamente, nella prassi è invalso l'utilizzo del termine estinzione” anche nel caso in cui il processo si concluda con la soddisfazione della richiesta del creditore o con la negazione della stessa. Al contrario il capo II del titolo VI del libro III, cioè gli artt. 629 e ss., dedicati all'estinzione del processo esecutivo, si occupano di esiti del processo che possiamo definire anomali, quali la rinuncia art. 629 , l'inattività delle parti art. 630 c.p.c. , la mancata comparizione all'udienza art. 631 c.p.c. e la mancata pubblicità sul portale delle vendite pubbliche art. 631- bis c.p.c. . Inesistenza del credito, opposizione all'esecuzione e sospensione dell'esecuzione. Contro il detto provvedimento di improcedibilità emesso dal giudice ex officio, prosegue la Corte, è possibile esperire opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c Ma cosa invece accade se tale provvedimento viene emesso dopo che il debitore ha avanzato la sua opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c.? In assenza di detta opposizione all'esecuzione, il creditore potrà opporsi al provvedimento d'improcedibilità mediante opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c Invece, in casi in cui l'assenza del credito sia rilevata dal debitore mediante opposizione all'esecuzione, il giudice può percorrere due strade. Con la prima, il giudice non esercita i propri poteri officiosi, e per conseguenza dell'opposizione dispone eventualmente la sospensione dell'esecuzione tale provvedimento è reclamabile ex art. 624 c.p.c. e assegna un termine per l'avvio del giudizio di merito mancando detto termine, le parti potranno chiedere l'integrazione del provvedimento ex art. 289 c.p.c. oppure attivarlo direttamente entro i termini dello stesso articolo - il principio è affermato dalla Corte sulla scorta di precedenti giurisprudenziali – , pena la dichiarazione di estinzione del processo ex art. 624, comma 3 c.p.c. contro il provvedimento che dichiara l'estinzione sarà possibile reclamare ai sensi dell'art. 630 c.p.c. . Se si tiene la fase del merito, e fino a che questa non si conclude, il processo esecutivo è pur sospeso pendente restano salvi gli effetti del pignoramento e, in particolare, se il pignoramento è presso terzi, le somme restano pignorate. In tale ipotesi non vi è spazio per l'opposizione agli atti esecutivi. Inesistenza del credito, opposizione all'esecuzione e definizione della procedura. Una seconda strada può percorrere il giudice in caso di opposizione all'esecuzione per inesistenza del credito. Il giudice può, cioè, esercitare ugualmente i propri poteri, a prescindere dall'opposizione del debitore , assegnando al creditore gli eventuali crediti oppure no, ove ritenga il titolo inefficace o il credito integralmente estinto, ed in entrambi i casi definendo il processo esecutivo . In tal caso, non vi sarà provvedimento di sospensione. Resta in essere comunque l'opposizione all'esecuzione già proposta dovrà essere comunque assegnato il termine per instaurare la fase del merito non esisterà provvedimento di sospensione cui opporsi e contro il provvedimento del giudice che assegna o non assegna i crediti dichiarando improcedibile l'esecuzione il creditore potrà solo esperire opposizione agli atti esecutivi. Entrambe le parti potranno dunque procedere salvo rinuncia del debitore attivando il merito dell'opposizione all'esecuzione. In tal caso, però, il processo è da ritenersi definito e non più pendente in mancanza l'opposizione agli atti esecutivi contro la decisione di definizione del processo, gli effetti del pignoramento cessano e nel pignoramento presso terzi le somme sono definitivamente svincolate. Se le parti coltivano il merito dell'opposizione all'esecuzione, tale procedimento varrà nei rapporti tra le parti per altri procedimenti eventuali nuove esecuzioni basate sullo stesso titolo o nuovi giudizi di cognizione vertenti il medesimo credito ma non potrà consentire di riaprire o riassumere la procedura chiusa. Inesistenza del credito, opposizione all'esecuzione, decisione del giudice e rimedi esperibili. Dunque, prosegue la Corte, per individuare il corretto rimedio esperibile contro la decisione del giudice, è necessario comprendere quale provvedimento, a prescindere dall'opposizione all'esecuzione, il giudice abbia emesso se cioè abbia disposto la sospensione dell'esecuzione, oppure se abbia definito il processo. Ciò che diciamo così, taglia la testa al toro, è la cessazione dell'efficacia del pignoramento e, dunque, lo svincolo dei beni pignorati, non possibile in caso di sospensione dell'esecuzione. I due provvedimenti non possono evidentemente coesistere non può sospendersi - sia sul piano logico che su quello giuridico - ciò che ha cessato di esistere. Se il processo è stato definito dal giudice non è immaginabile un'opposizione a provvedimento di sospensione ma solo opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 9 maggio – 22 giugno 2017, n. 15605 Presidente Amendola – Relatore Tatangelo Fatti di causa T.A. ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Foggia ha dichiarato improcedibile il procedimento esecutivo da essa promosso nelle forme dell’espropriazione di crediti presso terzi nei confronti dell’INPS, ritenendo estinto il credito fatto valere e disponendo la liberazione delle somme pignorate. L’opposizione è stata accolta dal Tribunale di Foggia, che ha dichiarato nulla l’ordinanza impugnata e ha condannato l’INPS al pagamento delle spese e competenze del processo esecutivo, per Euro 942,13, oltre accessori, nonché alle spese del giudizio di opposizione, liquidate in Euro 4.600,00 per onorario ed Euro 141,00 per esborsi, oltre accessori. Ricorre l’INPS, sulla base di tre motivi. Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimata che ha peraltro fatto pervenire una informale istanza di riunione dei procedimenti iscritti al n. 2733/2016 e 2738/2016 del R.G., in data 21 aprile 2017 . Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto ritenuto destinato ad essere accolto. L’istituto ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis, comma 2, c.p.c Ragioni della decisione 1. L’intimata T. , che non ha notificato alcun controricorso e non si è costituita in giudizio, ha fatto pervenire al Presidente Coordinatore della Sottosezione Terza della Sesta Sezione Civile, una istanza, da essa stessa definita meta-processuale , con la quale ha chiesto la riunione del presente procedimento ad altri a suo dire riguardanti analoghe questioni giuridiche. Ma la suddetta istanza non può neanche essere presa in considerazione, non provenendo da una parte regolarmente costituita. 2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia violazione degli artt. 616, 617 e 618 c. p. c. in relazione all’art. 289 c.p.c. art. 360, n. 4, c.p.c. . Il motivo è in parte inammissibile ed in parte manifestamente infondato. Emerge dagli atti che il giudice dell’esecuzione, avendo rilevato l’avvenuto integrale pagamento dell’importo di cui al titolo esecutivo in epoca anteriore alla notificazione dell’atto di precetto, la conseguente inesistenza del credito portato dal titolo esecutivo stesso e quindi l’assoluta inefficacia di quest’ultimo, ha dichiarato improcedibile l’esecuzione, disponendo lo svincolo dei crediti pignorati. Secondo l’istituto opponente, si tratterebbe di un provvedimento emesso nella fase sommaria di una opposizione all’esecuzione da esso proposta ai sensi dell’art. 615 c.p.c., come tale non definitivo e non impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi. In proposito si osserva quanto segue. Il giudice dell’esecuzione ha il potere/dovere di verificare di ufficio, e a prescindere da una opposizione del debitore, l’esistenza del titolo esecutivo e la corrispondenza degli importi pretesi dal creditore con quelli dovuti in base al titolo stesso cfr. ad es. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11021 del 19/05/2011, Rv. 617431 - 01 Sez. L, Sentenza n. 16610 del 28/07/2011, Rv. 618698 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 4491 del 26/03/2003, Rv. 561469 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 9293 del 09/07/2001, Rv. 548027 - 01 Sez. L, Sentenza n. 8559 del 23/06/2000, Rv. 537956 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 8215 del 10/09/1996, Rv. 499547 - 01 . In caso di mancanza o inefficacia, parziale o totale, del titolo ipotesi che comprende anche quella in cui risulti dagli atti il pagamento integrale o parziale del credito portato dal titolo e dei relativi accessori , il giudice dell’esecuzione ha dunque il potere/dovere di procedere all’assegnazione in favore del creditore solo degli importi effettivamente dovuti e, nel caso in cui risulti che il creditore è già stato integralmente soddisfatto, non deve ovviamente assegnare alcunché, ma dichiarare l’esecuzione non più proseguibile per difetto di valido titolo esecutivo talvolta in tali casi viene dichiarata, impropriamente, l’estinzione del processo esecutivo si tratta al più di una estinzione cd. atipica , e cioè di un provvedimento che nulla ha a che fare con l’istituto regolato dagli art. 629 e ss., e che più correttamente andrebbe qualificato come dichiarazione di improcedibilità dell’esecuzione, trattandosi di un provvedimento con cui il processo esecutivo viene chiuso in quanto definito, per l’avvenuta completa realizzazione del suo scopo o per la riconosciuta impossibilità di realizzare tale scopo e quindi per l’impossibilità della sua prosecuzione il termine estinzione andrebbe invece riservato alla sola estinzione cd. tipica, di cui agli artt. 629 e ss. c.p.c., e ciò anche per evitare i frequenti equivoci cui può dar luogo la confusione terminologica . È pacifico che il relativo potere del giudice dell’esecuzione, certamente esercitabile al di fuori di ogni contestazione del debitore anche laddove il debitore non si sia neanche costituito , è censurabile mediante l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c Può peraltro accadere che esso venga esercitato in ipotesi in cui il debitore si sia costituito nel processo esecutivo e abbia sollevato contestazioni, o abbia addirittura proposto opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e ciò tenuto conto che il debitore ha anche la facoltà di costituirsi nel processo esecutivo senza proporre opposizione all’esecuzione, eventualmente limitandosi a sollecitare l’esercizio dei poteri di ufficio del giudice . In mancanza di una vera e propria opposizione all’esecuzione non vi è dubbio che il creditore potrà proporre esclusivamente l’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione. Laddove invece sia stata proposta una vera e propria opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., con la quale il debitore abbia contestato, in tutto o in parte, il diritto di procedere ad esecuzione forzata per il credito fatto valere, il giudice dell’esecuzione ha due possibilità. Può prendere atto dell’opposizione e, senza esercitare i propri poteri officiosi, limitarsi a sospendere l’esecuzione in tutto o in parte nei limiti in cui ritenga probabilmente fondata l’opposizione del debitore, fissando il termine per l’inizio del giudizio di merito in tal caso il suo provvedimento sarà reclamabile dal creditore opposto ai sensi dell’art. 624 c.p.c., per ottenere la revoca della sospensione e secondo l’indirizzo seguito da questa Corte, a partire da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22033 del 24/10/2011, Rv. 620286 - 01, e poi sempre confermato , se manca la fissazione del termine per iniziare il giudizio di merito, le parti potranno chiedere l’integrazione ai sensi dell’art. 289 c.p.c. e/o comunque instaurare direttamente il merito dell’opposizione in mancanza, il processo esecutivo si estinguerà ai sensi dell’art. 624, comma 3, c.p.c., e il provvedimento che dichiari tale successiva estinzione sarà reclamabile ai sensi dell’art. 630 c.p.c In caso di instaurazione del merito dell’opposizione di cui all’art. 615 c.p.c., e comunque fino all’eventuale estinzione ai sensi dell’art. 624, comma 3, c.p.c., il processo esecutivo - pur sospeso - rimarrà pendente resteranno in particolare fermi gli effetti del pignoramento in caso di pignoramento presso terzi, le somme pignorate resteranno vincolate . In tale ipotesi non vi è spazio per alcuna opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c Il giudice dell’esecuzione, però, non perde i suoi poteri officiosi solo perché è stata proposta una opposizione all’esecuzione egli potrà quindi anche decidere di esercitarli ugualmente, a prescindere dall’opposizione del debitore, assegnando al creditore gli importi effettivamente dovuti, o nessun importo, laddove ritenga il titolo inefficace o il credito integralmente estinto, ed in entrambi i casi definendo il processo esecutivo. Ovviamente in tal caso non vi sarà luogo a provvedere, per evidente difetto di interesse, sull’istanza di sospensione dell’esecuzione, e il giudice dell’esecuzione potrebbe - come sarebbe opportuno - dichiararlo espressamente ma anche laddove non lo faccia, la situazione sostanziale rimane la medesima . Resta ferma peraltro l’opposizione già proposta, e quindi dovrebbe comunque ugualmente essere assegnato il termine per l’instaurazione del merito di essa, a meno che il debitore non vi rinunzi. In una siffatta ipotesi, non vi è un provvedimento di sospensione reclamabile il creditore potrà dunque proporre esclusivamente l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione che assegna gli importi ritenuti dovuti e/o non assegna alcunché e dichiara improcedibile l’esecuzione. Entrambe le parti se il debitore non ha rinunziato alla sua opposizione potranno instaurare il merito di essa previa eventuale istanza di integrazione ai sensi dell’art. 289 c.p.c. . In tal caso il processo esecutivo è da ritenersi definito e non più pendente. In mancanza di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che ha definito il processo esecutivo, cessano gli effetti del pignoramento in caso di pignoramento presso terzi, le somme pignorate sono definitivamente - e irreversibilmente - svincolate . L’esito stesso dell’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c. eventualmente coltivata dalle parti in mancanza di opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento di improcedibilità, o che ha comunque definito il processo esecutivo liberando i beni pignorati non consentirà di riaprirlo, e avrà effetti solo per future eventuali nuove esecuzioni promosse sulla base del medesimo titolo o nei nuovi giudizi di cognizione relativi al medesimo credito. Al fine di individuare i rimedi, dunque, ciò che è decisivo non è tanto la circostanza che il debitore abbia o meno proposto una opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., ma la natura del provvedimento emesso dal giudice dell’esecuzione. Onde individuare il rimedio esperibile occorre cioè stabilire se il giudice dell’esecuzione ha semplicemente sospeso o se ha al contrario definito il processo esecutivo. Si tratta evidentemente di due provvedimenti di natura incompatibile, che si escludono a vicenda la sospensione comporta la perdurante pendenza del processo esecutivo e quindi la conservazione degli effetti del pignoramento l’improcedibilità o comunque la chiusura dell’esecuzione a seguito dell’assegnazione dei soli importi dovuti invece esclude tale perdurante pendenza, e soprattutto determina la cessazione degli effetti del pignoramento. Se il giudice dell’esecuzione definisce il processo esecutivo, dichiarandone l’improcedibilità o se, con definizione impropria, ne dichiara la cd. estinzione atipica, o comunque lo chiude di fatto a seguito dell’avvenuta assegnazione degli importi dovuti al creditore e ciò soprattutto laddove, ad es. nel pignoramento presso terzi, dichiari espressamente lo svincolo delle somme pignorate e quindi liberi il terzo dai suoi obblighi di custodia , questo provvedimento è sul piano logico del tutto incompatibile con un provvedimento implicito di sospensione dell’esecuzione. Al tempo stesso è evidente che un provvedimento di sospensione dell’esecuzione è logicamente incompatibile con la dichiarazione di estinzione o di improcedibilità del processo esecutivo, e a fortiori con la liberazione dei beni pignorati. Laddove il processo esecutivo sia stato definito dal giudice dell’esecuzione, quindi, non potrà esservi alcuno spazio per ravvisare un provvedimento neanche implicito di sospensione reclamabile. Il creditore potrà proporre esclusivamente l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione che ha definito il processo sia esso espresso come dichiarazione di improcedibilità, di estinzione cd. atipica o di assegnazione degli importi dovuti al creditore e di chiusura della procedura , ma non certo il reclamo ai sensi dell’art. 624 c.p.c., che è riservato al provvedimento cautelare di sospensione emesso in un processo esecutivo che resta pendente. Ciò non toglie che, se era stata proposta una opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e non vi era stata rinunzia ad essa , le parti possano coltivarla secondo le modalità illustrate nella già citata Cass. n. 22033/2011, i cui principi restano validi anche in tale ipotesi . Il suo esito, però almeno in mancanza di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento che ha definito l’esecuzione , non potrà consentire la riapertura o la riassunzione del processo esecutivo ormai definito anche perché i beni pignorati sono stati ormai irreversibilmente liberati dagli effetti conservativi del pignoramento , e avrà efficacia solo per ulteriori e futuri rapporti tra le parti ad. es. un nuovo pignoramento sulla base del medesimo titolo, o un nuovo giudizio di cognizione con riguardo al medesimo rapporto obbligatorio . Vanno dunque affermati i seguenti principi di diritto. Nei casi in cui il giudice dell’esecuzione dichiari l’improcedibilità o l’estinzione cd. atipica, o comunque adotti altro provvedimento di definizione della procedura esecutiva in base al rilievo della mancanza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo o della sua inefficacia, il provvedimento adottato in via né sommaria né provvisoria, a definitiva chiusura della procedura esecutiva, è impugnabile esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. diversamente, se adottato in seguito a contestazioni del debitore prospettate mediante una formale opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., in relazione alla quale il giudice abbia dichiarato di volersi pronunziare, il provvedimento sommario di provvisorio arresto del corso del processo esecutivo, che resta perciò pendente, è impugnabile con il reclamo ai sensi dell’art. 624 c.p.c Al fine di distinguere tra le due ipotesi deve ritenersi decisivo indice della natura definitiva del provvedimento la circostanza che con esso sia disposta espressamente, o quanto meno implicitamente, ma inequivocabilmente la liberazione dei beni pignorati. In entrambi i casi, quando è stata proposta una opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento che sospende o chiude il processo, deve contestualmente fissare il termine per l’instaurazione della fase di merito del giudizio di opposizione salvo che l’opponente stesso vi rinunzi e, in mancanza, sarà possibile per la parte interessata chiedere l’integrazione del provvedimento ai sensi dell’art. 289 c.p.c., ovvero procedere direttamente alla instaurazione del suddetto giudizio di merito Cass. n. 22033/2011 e successive conformi . Peraltro, solo se il processo esecutivo non è stato definito, ma resta pendente, è eventualmente possibile, all’esito dell’opposizione, la riassunzione dell’esecuzione. Se, invece, il processo esecutivo è stato definito con liberazione dei beni pignorati e non vi è stata opposizione accolta agli atti esecutivi, il giudicato sull’opposizione all’esecuzione potrà fare stato tra le parti solo ai fini di futuri eventuali nuovi processi, ma non sarà possibile la riassunzione dell’esecuzione, definitivamente chiusa . Alla luce dei principi sopra esposti, nel caso di specie per un verso va rilevata l’inammissibilità del motivo di ricorso in esame, per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., nella parte in cui esso non richiama espressamente il contenuto dell’atto di opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., che a dire dell’istituto ricorrente esso avrebbe avanzato nel corso del processo esecutivo, nonché quello del provvedimento del giudice dell’esecuzione, nella parte in cui abbia eventualmente manifestato l’intenzione di provvedere esclusivamente in ordine a tale ricorso, senza esercitare i propri poteri officiosi di rilievo del difetto del titolo esecutivo. Per altro verso, il motivo di ricorso è comunque manifestamente infondato, in quanto l’avvenuta liberazione del beni pignorati espressamente disposta dal giudice dell’esecuzione, secondo quanto dichiarato dallo stesso istituto ricorrente cfr. pag. 5 del ricorso , è indice inequivocabile ed incontrastabile della definitività del provvedimento impugnato, della cui assoggettabilità all’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., non può quindi dubitarsi. 3. Con il secondo motivo del ricorso si denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 480 c.p.c. art. 360, n. 3, c.p.c. . Il motivo è inammissibile, per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c Risulta dagli atti che, prima della notificazione dell’atto di precetto, l’INPS aveva provveduto al pagamento delle somme portate dal titolo esecutivo nella specie costituito da sentenza di condanna al pagamento delle spese di un precedente giudizio, distratte in favore del procuratore costituito della parte ai sensi dell’art. 93 c.p.c. , oltre a spese successive per Euro 63,62, e che la T. ha intimato precetto per ottenere il pagamento del residuo importo di Euro 124,25 a titolo di spese successive, non coperto dalla cifra a tal fine corrisposta dall’istituto. Il Tribunale - contrariamente a quanto statuito dal giudice dell’esecuzione - ha ritenuto legittima l’intimazione del pagamento di tali ulteriori spese. Nel ricorso, peraltro, l’istituto ricorrente non specifica né quali siano le spese successive alla formazione del titolo riconosciute e pagate prima dell’intimazione, né quali siano le spese di cui la creditrice ha intimato il pagamento. La trascrizione dell’atto di precetto risulta sul punto incompleta il ricorrente omette di trascriverne in ricorso i decisivi passaggi nei quali la creditrice, dopo avere dato atto dei pagamenti parziali ricevuti, doveva verosimilmente avere indicato i motivi per i quali non li riteneva satisfattivi e si era indotta ad intimare il pagamento di ulteriori somme. Di conseguenza, la tecnica o modalità di redazione del ricorso priva questa Corte della stessa possibilità di esaminare la fondatezza della doglianza in rapporto alla ratio decidendi della sentenza impugnata, che si incentra sostanzialmente sul carattere non esaustivo dei pagamenti effettuati dall’istituto intimato e riconosciuti dalla precettante ratio decidendi che fonda la reiezione dell’analoga censura avanzata dall’istituto ricorrente in sede esecutiva e riconosciuta fondata in quella stessa sede dal giudice dell’esecuzione col provvedimento oggetto dell’opposizione agli atti esecutivi definita con la sentenza oggi gravata . Poiché il ricorso sul punto difetto di specificità, non è consentito alla Corte di pervenire all’esame nel merito del secondo motivo. 4. Con il terzo motivo del ricorso si denunzia violazione o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 4 del D.M. n. 55/2014 art. 360, n. 3, c.p.c. . Il motivo è manifestamente fondato. La liquidazione dell’importo di Euro 4.600,00 a titolo di onorario di avvocato, per una causa il cui valore era inferiore ad Euro 1.100,00 considerato che l’importo precettato ammontava ad Euro 327,59 risulta certamente violare i valori massimi previsti dal D.M. n. 55/2014. La pronuncia impugnata va pertanto cassata con riguardo al capo relativo alla liquidazione delle spese di lite, la cui regolazione andrà nuovamente effettuata in sede di rinvio, e in ogni caso mantenuta nell’ambito dei valori previsti dal suddetto decreto ministeriale. 5. Il primo motivo del ricorso è rigettato, il secondo è dichiarato inammissibile, mentre è accolto il terzo motivo. La sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Foggia, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo del ricorso dichiara inammissibile il secondo accoglie il terzo e cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Foggia, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.