La conoscenza del provvedimento impugnato è sempre idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione?

In tema di sanzioni amministrative, laddove sia stata emessa ordinanza di convalida ex art. 23, comma 5, l. n. 689/1981, la proposizione da parte dell’intimato di un’istanza di revoca dell’ordinanza e di prosecuzione del giudizio non è comunque idonea a far decorrere per l’intimato stesso il termine breve di impugnazione

Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 14201/17 depositata il 7 giugno. Il caso. Il rappresentante legale di una s.r.l. ricorreva avverso alcune ordinanze del Ministero della Salute, ma il Tribunale rigettava la domanda mentre la Corte d’appello dichiarava inammissibile il gravame per decorso del termine breve per impugnare. La sentenza di seconde cure viene dunque impugnata in Cassazione. Per quanto qui d’interesse, il ricorrente lamenta il fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto che il termine breve per impugnare iniziasse a decorrere dalla conoscenza della sentenza impugnata, e non dalla sua notificazione. Orientamenti passati La doglianza trova accoglimento da parte dei Supremi Giudici che, alla luce dei più recenti arresti giurisprudenziali, ritengono di dover disattendere il consolidato orientamento sul tema. Secondo quest’ultimo infatti il termine breve di impugnazione decorre, oltre che dalla notifica della sentenza,anche in forza di una conoscenza legale” del provvedimento e cioè di una conoscenza conseguita per effetto di un’attività svolta nel processo, della quale la parte sia destinataria o che essa stessa ponga in essere, e che sia normativamente idonea a determinare ex se detta conoscenza o tale, comunque, da farla considerare acquisita con effetti esterni rilevanti sul piano del rapporto processuale . Tuttavia, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 12084/16 hanno affermato il principio secondo cui la notifica dell’atto di appello dimostra la conoscenza legale della sentenza da parte dell’appellante, sicchè la notifica da parte sua di un nuovo appello anteriore alla declaratoria di inammissibilità o improcedibilità del primo deve risultare tempestiva in relazione al termine breve decorrente dalla data del primo appello . e presenti. Tornando al caso di specie, la Corte conclude affermando che, in tema di sanzioni amministrative, laddove sia stata emessa ordinanza di convalida ex art. 23, comma 5, l. n. 689/1981, la proposizione da parte dell’intimato di un’istanza di revoca dell’ordinanza e di prosecuzione del giudizio, ancorché possa costituire dimostrazione della conoscenza del provvedimento da parte del medesimo, non è comunque idonea a far decorrere per l’intimato stesso il termine breve di impugnazione. Per questi motivi, la Corte accoglie il motivo di ricorso summenzionato e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 4 aprile – 7 giugno 2017, n. 14201 Presidente Manna – Relatore Criscuolo Motivi in fatto ed in diritto della decisione Ritenuto che - C.F. , in proprio e quale legale rappresentante della Poltrans s.r.l., propose opposizione avverso plurime ordinanze-ingiunzione emesse dal Ministero della Salute, chiedendone l’annullamento - l’opposto resistette alla domanda - il Tribunale di Civitavecchia convalidò le ordinanze - sul gravame proposto dal C. , la Corte di Appello di Roma dichiarò inammissibile il gravame per essere decorso il termine breve per impugnare - per la cassazione della sentenza di appello ricorre C.F. , nella duplice veste, sulla base di tre motivi - resiste con controricorso il Ministero della Salute U.V.A.C. Lazio Atteso che - con il primo motivo di ricorso si deduce la Nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 113 e 116 c.p.comma in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 e 5 c.p.c., per non aver la Corte di Appello ritenuto che l’istanza di revoca per errore materiale del provvedimento di convalida delle ordinanze impugnate non aveva prodotto effetti esterni sul piano del rapporto processuale e, come tale, non poteva essere considerata idonea a condizionare la decorrenza dei termini di impugnazione - con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 111 Cost. e 133 c.p.c., per apparire la decisione impugnata illogica e contra legem alla luce dei principi contenuti negli articoli menzionati - con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e la erronea applicazione degli artt. 325, 326, 327 e 434 c.p.c., per non aver la Corte di Appello considerato che la decorrenza del termine breve per impugnare è prevista solo a partire dalla notificazione del provvedimento, e non dalla conoscenza dello stesso Il primo motivo non appare meritevole di accoglimento, in quanto sebbene sia denunciata violazione degli artt. 112, 113 e 116 c.p.c., il vizio viene poi contraddittoriamente, oltre che cumulativamente, inquadrato nell’ambito dei nn. 4 e 5 dell’art. 360 c.p.comma Inoltre, non è dato comprendere, in assenza di ulteriori esplicitazioni, in quali termini sarebbero state violate le disposizioni menzionate, se solo si considera che l’eccezione di inammissibilità dell’appello è stata sollevata dal Ministero della Salute cfr. pag. 1 della sentenza impugnata , che non è revocabile in dubbio che la corte territoriale abbia pronunciato secondo diritto e che non è in gioco una erronea valutazione delle risultanze istruttorie, avendo la corte di merito deciso solo una questione giuridica. Il secondo motivo è del pari infondato atteso che la dedotta violazione degli artt. 111 Cost e 133 c.p.c., peraltro accompagnata dall’apodittica affermazione secondo cui la decisione impugnata apparirebbe illogica e contra legem , non è in alcun modo pertinente rispetto alla fattispecie in esame, nel cui contesto non assumono alcuna rilevanza né il principio di ragionevole durata del processo né la pubblicazione o comunicazione della sentenza. Appare invece al Collegio che meriti accoglimento il terzo motivo di gravame. Costituisce orientamento spesso ribadito nella giurisprudenza quello per il quale il termine breve di impugnazione decorra, oltre che a seguito della notifica della sentenza, anche e soltanto in forza di una conoscenza legale del provvedimento da impugnare, e cioè di una conoscenza conseguita per effetto di un’attività svolta nel processo, della quale la parte sia destinataria o che essa stessa ponga in essere, e che sia normativamente idonea a determinare ex se detta conoscenza o tale, comunque, da farla considerare acquisita con effetti esterni rilevanti sul piano del rapporto processuale Sez. 1, Sentenza n. 7962 del 01/04/2009 Sez. 2, Ordinanza n. 15359 del 10/06/2008 . In tal senso, e con riferimento alle deduzioni di parte ricorrente si è ritenuto che al cospetto di una mera istanza di correzione di errore materiale, la stessa non possa essere ritenuta equipollente, sempre ai fini della decorrenza del termine breve per la proposizione del ricorso per cassazione, alla notificazione della sentenza, cui fa riferimento l’art. 326 cod. procomma civ., trattandosi di un’attività compiuta per un fine specifico, incompatibile con l’impugnazione Sez. 2, Sentenza n. 17122 del 09/08/2011 . Con specifico riferimento al caso in esame, questa Corte già in passato, ha avuto occasione di affermare, in tema di impugnazione di un’ordinanza del giudice di pace di convalida di un verbale di contestazione della polizia stradale, ai sensi dell’art. 23, quinto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, che la proposizione, da parte dell’intimato, di un’istanza di revoca dell’ordinanza e di prosecuzione del giudizio costituisce adeguata dimostrazione della legale conoscenza del provvedimento da parte del medesimo ne deriva che da quel momento decorre per l’intimato il termine breve di impugnazione, mentre resta esclusa l’applicabilità del cosiddetto termine lungo Sez. 2, Ordinanza n. 11446 del 18/05/2009 . Ritiene tuttavia il Collegio che debba dissentirsi da tale orientamento, e che militino in maniera non controvertibile in tal senso le importanti precisazioni compiute da questa Corte, nella sua più autorevole composizione nella recente sentenza delle Sezioni Unite n. 12084/2016. In tal caso, sebbene riferito alla rilevanza della notifica di un primo atto di impugnazione, cui abbia fatto seguito la notifica di una seconda impugnazione, la Corte ha ribadito il prevalente orientamento affermatosi in passato, secondo cui la notifica dell’appello dimostra la conoscenza legale della sentenza da parte dell’appellante, sicché la notifica da parte sua di un nuovo appello anteriore alla declaratoria di inammissibilità o improcedibilità del primo deve risultare tempestiva in relazione al termine breve decorrente dalla data del primo appello. Tuttavia, nella motivazione, al fine di giustificare la soluzione prescelta, e legittimare per l’ipotesi esaminata la decorrenza del termine breve, ancorché non espressamente previsto dal codice di rito, le Sezioni Unite hanno fatto essenzialmente leva sull’impulso acceleratorio, impresso al processo con la proposizione del gravame, che costituisce appunto il fattore che giustifica la decorrenza del termine breve per impugnare in capo a chi propone l’impugnazione. Questo atto infatti innesca una dinamica processuale che fa trascendere il processo in un’orbita impugnatoria, dalla quale non può regredire per rientrare in una fase di stasi meditativa. In tal senso, se la posizione di chi notifica la sentenza ex art. 285 c.p.c., ha una dimensione dinamica, a maggior ragione lo è quella di chi non solo conosce la sentenza che deposita in cancelleria nel costituirsi dopo la notifica del gravame , ma la impugna. Ebbene se questo è il discrimen che giustifica la decorrenza del termine breve per una condotta diversa dalla notificazione della sentenza, senza che possa apparire di per sé risolutiva la sola circostanza della conoscenza piena del provvedimento che ad esempio ben può ricorrere anche nel caso di richiesta di correzione di errore materiale - che denota nella parte la perfetta consapevolezza del contenuto del provvedimento di cui segnala le inesattezze non idonee a legittimare la proposizione del gravame ma suscettibili di essere emendate dallo stesso giudice autore del provvedimento, ovvero di chi notifica la sentenza a fini esecutivi , appare al Collegio che ciò imponga a maggior ragione di dover escludere che la richiesta di revoca dell’ordinanza di convalida possa reputarsi evento idoneo a far decorrere il termine breve. Supporta tale conclusione, oltre alle suddette considerazioni, anche la tradizionale opinione di questa Corte secondo cui, proprio in relazione all’ordinanza di convalida di cui all’art. 23 della legge n. 689/81, l’istanza diretta a provocare la revoca del provvedimento da parte dello stesso giudice che lo ha emanato, dopo che lo stesso con la pronuncia si è spogliato della potestas iudicandi , è estranea ad ogni schema processuale e quindi non determina neanche il potere - dovere di pronunciare così ex multis Cass. n. 272/2007 Cass. n. 12874/2006 Cass. n. 69/2007 . Una volta quindi esclusa la riconducibilità della richiesta di revoca alla logica ed al sistema delle impugnazioni, e ponendosi la richiesta stessa con evidente carattere di antiteticità rispetto all’intento della parte di voler trasferire il processo in un’orbita impugnatoria, come appunto evidenziato dalla citata sentenza delle Sezioni Unite, palesandosi piuttosto l’aspirazione peraltro non conseguibile ad una regressione del processo ad una fase ormai definita in primo grado, secondo il Collegio deve quindi escludersi che la presentazione dell’istanza de qua, sebbene connotata da una conoscenza in capo alla parte del contenuto del provvedimento, possa reputarsi idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione. Deve pertanto essere affermato il principio secondo cui, laddove sia stata emessa ordinanza di convalida ai sensi dell’art. 23, comma 5, l. 24 novembre 1981 n. 689, la proposizione, da parte dell’intimato, di un’istanza di revoca dell’ordinanza e di prosecuzione del giudizio, ancorché possa costituire dimostrazione della conoscenza del provvedimento da parte del medesimo, non è comunque idonea a far decorrere per l’intimato stesso il termine breve di impugnazione. Il ricorso deve pertanto essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. Rigetta i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo e per l’effetto cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.