L’attesa della questione di legittimità costituzionale e l’ingiusta protrazione del giudizio presupposto

Ai fini della determinazione della ragionevole durata del processo presupposto, la pendenza di una questione di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa, sollevata da altro giudice, non comporta l’automatica esclusione del tempo maturato.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 12855/17 depositata il 22 maggio. Il caso. I ricorrenti chiedevano la condanna del Ministero della Giustizia all’equa riparazione per l’irragionevole durata del giudizio promosso dinanzi la Corte d’appello di Caltanissetta. La Corte d’appello catanese rigettava, però, la domanda ritenendo che il termine di ragionevole durata non fosse stato violato. I ricorrenti adiscono la Cassazione deducendo l’ingiustificata protrazione del giudizio presupposto in attesa della decisione della Corte Costituzionale su una questione di legittimità sollevata in diversa causa ma avente oggetto rilevante per quello. Pendenza di una questione di legittimità costituzionale. Gli Ermellini affermano che ai fini della determinazione della ragionevole durata del processo presupposto, la pendenza di una questione di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa, sollevata da altro giudice, non comporta l’automatica esclusione del tempo maturato nell’attesa della risoluzione dell’incidente di costituzionalità, né giustifica altrimenti un’implicita affermazione di complessità della fattispecie . Tale assunto trova applicazione soprattutto quando, come nel caso di specie, non sia dimostrata alcuna immediata e concreta incidenza del giudizio di legittimità costituzionale sul comportamento delle parti e del giudice di quel processo . La Corte, pertanto, ritenendo fondato il motivo di ricorso, cassa il decreto impugnato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 28 aprile – 22 maggio 2017, n. 12855 Presidente Petitti – Relatore Scarpa Fatto e diritto Con ricorso depositato il 18 dicembre 2014 presso la Corte d’appello di Catania i ricorrenti chiedevano la condanna del Ministero della Giustizia all’equa riparazione per la irragionevole durata di un giudizio ex legge n. 89/2001 promosso davanti alla Corte d’Appello di Caltanissetta. Con decreto del 23 maggio 2015 il consigliere delegato della Corte d’Appello di Catania rigettava la domanda, ritenendo che non fosse stato violato il termine di ragionevole durata. All’esito della proposta opposizione, la Corte d’Appello di Catania, con decreto del 3 novembre 2015, ribadiva l’infondatezza della domanda, rilevando come il ricorso nel giudizio presupposto fosse stato depositato il 5 maggio 2011 e fosse stato deciso il 7 novembre 2013, dovendosi però da tale periodo detrarre quello iniziale fino al 10 maggio 2012, allorché era stata decisa una questione di costituzionalità sollevata dalla stessa Corte di Caltanissetta in procedimento analogo. Per la cassazione di questo decreto i ricorrenti hanno proposto ricorso sulla base di un unico motivo, mentre il Ministero della Giustizia si difende con controricorso. Il motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 6, paragrafo 1, C.E.D.U., e degli artt. 2 e 4, legge n. 89/2001, nonché l’omesso esame di fatto decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella parte in cui il provvedimento impugnato ha ritenuto giustificata la protrazione del giudizio presupposto in attesa della decisione da parte della Corte Costituzionale di questione di legittimità sollevata in diversa causa ma avente oggetto rilevante per quello. I ricorrenti assumono che quel termine non andasse detratto e che il giudice doveva valutare la necessità di sollevare la questione. Il motivo di ricorso è fondato. Ai fini della determinazione della ragionevole durata del processo presupposto, la pendenza di una questione di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa, sollevata da altro giudice, non comporta l’automatica esclusione del tempo maturato nell’attesa della risoluzione dell’incidente di costituzionalità, né giustifica altrimenti un’implicita affermazione di complessità della fattispecie, soprattutto ove, come nel caso in esame, non sia dimostrata alcuna immediata e concreta incidenza del giudizio di legittimità costituzionale sul comportamento delle parti e del giudice di quel processo arg. da Cass. Sez. 2, 11/02/2014, n. 3096 di recente, Cass. Sez. 6-2, 02/02/2017, n. 2847 Cass. Sez. 6-2, 27/01/2017, n. 2199 . Il ricorso va dunque accolto e il decreto impugnato va cassato. Dovendosi determinare la durata complessiva ragionevole dell’unico grado di giudizio ex legge n. 89/2001 nel termine di un anno Corte Costituzionale 19 febbraio 2016, n. 36 Cass. Sez. 6 - 2, Sentenza n. 16857 del 09/08/2016 , può procedersi alla decisione nel merito del ricorso, ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c., non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di fatto. Va quindi considerato il complessivo periodo di durata del giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta pari a due anni dal 5 maggio 2011 al 7 novembre 2013 , ed individuato, in applicazione dello standard CEDU, nella somma di Euro 500,00 per l’anno di ritardo il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale riportato nel processo presupposto, sicché in favore di ciascuno dei ricorrenti deve riconoscersi l’indennizzo di Euro 500,00, oltre agli interessi legali con decorrenza dalla domanda. I ricorrenti hanno altresì diritto alla rifusione delle spese del giudizio di merito e del giudizio legittimità, liquidate come da dispositivo, con distrazione in favore dell’avvocato Isabella Casales Mangano, che ha dichiarato di averle anticipate. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma, di Euro 500,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo condanna inoltre il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese del giudizio di merito, che liquida in complessivi Euro 800,00 oltre spese generali e accessori di legge, e, quanto al giudizio di legittimità, in complessivi Euro 800,00, oltre spese generali ed accessori di legge. Dispone la distrazione delle spese del giudizio, come liquidate, in favore dell’avvocato Isabella Casales Mangano, che ha dichiarato di averle anticipate.