Ognuno per la “propria” strada, a meno che non sia gravata da servitù di uso pubblico

Cosa distingue una strada pubblica da una privata? Quali sono i requisiti per la configurazione di una servitù di uso pubblico gravante sulla strada privata?

A queste domande risponde la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7242/17, depositata il 22 marzo. Il caso. La Corte d’appello di Salerno aveva riscontrato la sussistenza di lesione delle distanze legali tra la proprietà degli attori ed il fabbricato della società controparte. Quest’ultima era stata condannata ad abbattere le opere eseguite ad una certa distanza dal confine della piccola strada di proprietà degli attori. Secondo il giudice doveva escludersi la natura pubblica della strada, non inclusa nell’elenco delle strade pubbliche. Per questo motivo si riteneva non applicabile al caso di specie la disciplina ex art. 879 c.c. edifici non soggetti all'obbligo delle distanze o a comunione forzosa” . La natura pubblica della strada. La società proponeva ricorso in Cassazione, lamentando l’esclusione della natura pubblica della strada in questione e la mancata applicazione dell’articolo succitato. La Corte di Cassazione ribadisce il principio espresso nella sentenza n. 8876/11, secondo la quale non è sufficiente che si tratti di un’area continua e/o comunicante con la strada pubblica, ma è necessario che tale area per l’immediata accessibilità appaia integrante della funzione viaria della rete stradale, così da costituire una pertinenza della strada stessa . Si aggiunge, per altro, che per la configurazione di una servitù di uso pubblico gravante sulla strada privata , non basta l’utilizzazione di fatto da parte di soggetti diversi dal proprietario, ma è necessario l’asservimento della strada all’utilizzo della generalità dei cittadini e che la collettività ne faccia autonomamente uso per la circolazione . Per questi motivi il ricorso deve essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, sentenza 27 gennaio – 22 marzo 2017, n. 7242 Presidente Manna – Relatore Criscuolo Motivi in fatto ed in diritto della decisione La Corte d’Appello di Salerno con la sentenza n. 706 del 18/12/2014, dopo avere dichiarato la nullità della sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore n. 209/2009, oggetto di gravame, in quanto emessa nella contumacia della società appellante, ed all’esito della notifica di un atto di riassunzione, scaturente dal precedente annullamento di altra sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore con la quale era stato dichiarato il difetto di giurisdizione sulla domanda dei controricorrenti , avvenuta senza il rispetto dei termini a comparire, decidendo nel merito, ha riscontrato la sussistenza della dedotta lesione delle distanze legali tra la proprietà degli attori ed il fabbricato della odierna ricorrente, condannandola ad abbattere le opere eseguite ad una distanza inferiore ai cinque metri dal confine della stradetta di proprietà degli attori. Infatti, riteneva che dalla relazione del CTU espletata già nel corso del precedente giudizio di primo grado, all’esito del quale era stata adottata la sentenza poi annullata dalla Corte d’Appello, e che aveva dato vita alla riassunzione del giudizio ex art. 354 c.p.c., si evinceva chiaramente la lamentata violazione delle distanze legali, e che, per quanto ancora rileva in questa sede, non poteva avere alcuna efficacia esimente dall’obbligo del rispetto delle distanze di legge la presenza di una stradina tra la costruzione della cooperativa e la proprietà degli attori. Infatti, doveva escludersi la natura pubblica della strada ai fini dell’applicazione del secondo comma dell’art. 879 c.c., trattandosi di strada non inclusa nell’elenco delle strade pubbliche. Inoltre, sebbene ai fini dell’applicazione della previsione de qua debba farsi riferimento anche alle costruzioni a confine con strade private gravate da servitù pubbliche di passaggio, essendo a tal fine rilevante l’uso concreto che della strada possa farne la collettività, la sentenza gravata ha evidenziato che la strada non era classificata tra le strade pubbliche e che l’appellante non aveva fornito adeguata prova degli elementi idonei a far ritenere la strada come pubblica nel senso richiesto dall’art. 879 c.c La Cooperativa Orchidea S.r.l. ha proposto ricorso avverso tale sentenza sulla base di due motivi. Gli intimati hanno resistito con controricorso. I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati attesa la connessione delle questioni coinvolte, ad avviso del relatore sono infondati. Con il primo motivo, infatti, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 879 e 2697 c.c. e dell’art. 22 co. 3 della legge n. 2248 del 1865, in quanto la decisione gravata avrebbe escluso l’applicabilità dell’art. 879 c.c., sebbene la strada in questione risulti suscettibile di rientrare nell’ambito delle strade per le quali si presume la natura pubblica ai sensi del citato art. 22. La decisione avrebbe poi invertito l’onere della prova, ritenendo che fosse la cooperativa onerata di dimostrare, nonostante la situazione oggettiva dei luoghi, la natura pubblica della strada. Inoltre avrebbe trascurato di considerare una serie di elementi probatori, che deponevano per la natura pubblica, o comunque per l’utilizzazione pubblica del bene. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’omesso esame della natura della strada de qua, assumendosi che si tratti di circostanza decisiva per il giudizio, ai fini dell’applicabilità dell’art. 879 co. 2 c.c., in quanto la decisione impugnata, nonostante la questione in esame avesse costituito oggetto di discussione tra le parti, aveva omesso di motivare sulla natura della strada, omettendo di esaminare gli elementi che deponevano per la natura pubblica. Ad avviso del Collegio deve escludersi che sussistano le denunziate violazioni di legge. Ed, invero, affinché possa ritenersi operante la presunzione di demanialità di cui al menzionato art. 22, secondo la giurisprudenza di questa Corte cfr. Cass. n. 8876/2011 non è sufficiente che si tratti di un’area contigua e/o comunicante con la strada pubblica, ma è necessario che tale area per l’immediata accessibilità appaia integrante della funzione viaria della rete stradale, così da costituire una pertinenza della strada stessa conf. Cass. n. 4975/2007, che ha cassato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la natura pubblica di uno slargo adiacente una via comunale, benché fosse privo di sbocchi di transito e potesse essere utilizzato dai soli frontisti, oltre a risultare in parte catastalmente intestato ai suddetti privati Cass. 5262/2006 . In tal senso l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui la parte appellante non aveva fornito la prova di elementi idonei a far ritenere la strada come pubblica ai sensi dell’art. 879 c.c., lungi dall’avere posto in essere un’indebita inversione dell’onere della prova, ben può essere intesa come volta a rimarcare che nella fattispecie, attesa la natura privata della strada dal punto di vista dominicale, e la mancata inclusione della stessa nell’elenco delle strade comunali, era comunque onere della parte interessata dimostrare che ricorrevano le condizioni di fatto alle quali il legislatore correla la presunzione di cui all’art. 22 della legge n. 2248/1865 all. F. Peraltro, in motivazione si è altresì aggiunto che per la configurazione di una servitù di uso pubblico gravante sulla strada privata, non è sufficiente l’utilizzazione di fatto da parte di soggetti diversi dal proprietario per raggiungere i terreni limitrofi, ma è necessario l’asservimento della strada all’utilizzo della generalità dei cittadini e che la collettività ne faccia autonomamente uso per la circolazione. Trattasi di affermazioni condivise dalla stessa giurisprudenza di questa Corte e che permettono quindi di escludere la denunziata violazione di legge. Quanto poi alla valutazione circa la sussistenza degli elementi per fondare la invocata presunzione, si è anche ribadito che cfr. Cass. n. 238/2004 trattasi di tipica indagine di fatto istituzionalmente attribuita dalla legge al giudice del merito e sindacabile in sede di legittimità, solo per carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione. In termini si veda anche ex multis, Cass. n. 7708/2002 nonché Cass. S.U. n. 5522/1996, che dispone che la presunzione di demanialità stabilita dall’art. 22 della legge n. 2248 del 1865, all. F - la quale non si riferisce ad ogni area comunicante con la strada pubblica, ma solo a quelle aree che, per l’immediata accessibilità, appaiono integranti della funzione viaria della rete stradale, in guisa da costituire pertinenza della strada - ha carattere relativo e, come tale, è destinata a cadere di fronte all’esistenza di elementi probatori che, secondo il prudente ed incensurabile apprezzamento del giudice di merito, siano idonei a dimostrare il carattere privato degli spazi medesimi. La limitata sindacabilità della motivazione ai sensi dell’abrogato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., esce vieppiù rafforzata dalla modifica alla norma di cui alla novella del 2012, dovendosi nella fattispecie escludere che possa ricondursi la censura nell’ambito applicativo della previsione come modificata dal legislatore, e ciò sia in ragione del fatto che la questione della natura privata o meno della strada è stata esaminata dal giudice di merito, il quale ha attribuito rilevanza risolutiva alla circostanza che la strada aveva natura privata, dal punto di vista dominicale, ed alla mancata inclusione della stessa nel novero delle strade pubbliche, sia in considerazione del fatto che gli elementi addotti da parte ricorrente non appaiono connotarsi di per sé del carattere della decisività, trattandosi appunto di elementi che possono concorrere a fondare il giudizio circa la natura pubblica o meno della strada, ma senza assumere carattere dirimente, essendo comunque rimesso al giudice di merito il loro apprezzamento in maniera comparata. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo nei confronti dei controricorrenti. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore dei controricorrenti che liquida in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori come per legge Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, l. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.