Avvocato vs consumatore: qual è il foro competente?

L’espressione attività professionale”, ai fini della qualificazione del soggetto, persona fisica, come professionista, deve essere intesa come attività consistente nella prestazione autonoma d’opera professionale intellettuale. Ogni qual volta ci si trovi dinanzi ad un contratto d’opera tra avvocato e consumatore, il foro esclusivo competente è quello del consumatore.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 6634/17 depositata il 14 marzo. Il caso. Il Tribunale di Benevento dichiarava la sua incompetenza per territorio relativamente alla domanda di risarcimento danni proposta dall’attrice nei confronti dell’avvocato convenuto, a causa dell’inadempimento relativo alla sua attività professionale. In particolare, il Giudice di merito riteneva non applicabile alla fattispecie il foro del consumatore, sul rilievo che l’attrice non rivestiva la qualità di consumatore ma quella di professionista esercente attività imprenditoriale o professionale. L’attrice propone regolamento di competenza. Il foro esclusivo del consumatore. Il Collegio di legittimità ha qui l’occasione di ribadire il principio giurisprudenziale secondo cui quando si tratta di lavoro subordinato, l’attività lavorativa non è qualificabile come attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale . Solo qualora il soggetto persona fisica agisca per uno scopo relativo ad una delle quattro attività sopra citate, la qualità di consumatore è esclusa, subentrando invece la qualità di professionista. Pertanto, con l’espressione attività professionale”, ai fini della qualificazione del soggetto, persona fisica, come professionista, deve intendersi solo l’attività consistente nella prestazione autonoma d’opera professionale intellettuale, con esclusione dell’attività di lavoro dipendente. Nella fattispecie, trattandosi di contratto d’opera professionale intellettuale tra avvocato e consumatore, il foro esclusivo che trova applicazione è proprio quello di quest’ultimo. Per tutti questi motivi, la Cassazione afferma la competenza territoriale del Tribunale di Benevento e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 3 novembre 2016 – 14 marzo 2017, numero 6634 Presidente Amendola – Relatore Armano Fatti di causa Con sentenza numero 2821/15, pubblicata il 28-12-15, il Tribunale di Benevento ha dichiarato la propria incompetenza per territorio, essendo competente il tribunale di Nola, a conoscere della domanda proposta da R.G. nei confronti dell’avv. G.P. di risarcimento del danno subito a seguito dell’inesatto adempimento dell’attività professionale da parte del convenuto. Il Tribunale di Benevento ha ritenuto non applicabile alla fattispecie il foro del consumatore,invocato dalla R. , sul rilievo che costei non rivestiva la qualità di consumatore,ma quella del professionista esercente attività imprenditoriale o professionale. Propone regolamento di competenza R.G. denunziando l’erronea decisione del Tribunale che non aveva considerato che ella agiva per recuperare un credito nei confronti della ditta fallita omissis , di cui era stata dipendente dal 1994 al 2000. Pertanto operava nella fattispecie il foro del consumatore e la competenza spettava al Tribunale di Benevento, avendo ella la residenza in omissis . Resisteva l’avv.G.P. chiedendo la conferma della competenza del Tribunale di Nola. Il procuratore generale ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Ragioni della decisione Dalla sentenza impugnata risulta che la ricorrente R. si era rivolta all’avvocato G. per insinuare nel fallimento della ditta omissis , di cui ella era stata dipendente, crediti di lavoro. Il Tribunale ha ritenuto che la circostanza che la R. vantasse crediti di lavoro costituiva prova che ella aveva fatto valere in giudizio, con il patrocinio dell’avv.G. , una situazione subiettiva si come correlata a un credito di lavoro o ad esso strettamente ancillare,dunque nel flagrante esercizio di una attività imprenditoriale o professionale o per uno scopo a questo connesso . Questa Corte ritiene che, contrariamente a quanto affermato dal tribunale, la circostanza che la ricorrente fosse ex dipendente della ditta fallita nei cui confronti vantava crediti da lavoro giustifica l’applicazione alla presente fattispecie del foro del consumatore. Questa Corte ha già affermato Cass. ordinanza 12685/2011 che l’attività lavorativa quando si tratta di lavoro subordinato, non è qualificabile come attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale . Solo se il soggetto persona fisica agisce per uno scopo relativo ad una di queste quattro attività , è esclusa la qualità di consumatore, subentrando invece la qualità di professionista. Ritiene questa Corte che il rapporto di lavoro subordinato non integri attività professionale , idonea ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2005, numero 206, art. 3 a far ritenere sussistente la qualità di professionista e, per converso, escludere quella di consumatore. Infatti anzitutto la disciplina relativa alla tutela del consumatore individua nel professionista un soggetto che opera direttamente sul mercato per un’attività imprenditoriale artigianale, commerciale o professionale. Nel rapporto di lavoro subordinato, invece, il lavoratore non svolge sul mercato la propria attività economica, ma effettua la sua prestazione lavorativa esclusivamente con l’inserimento nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa del datore di lavoro Cass. civ., Sez. lavoro, 14/09/2009, numero 19770 , e solo l’attività di quest’ ultimo è un’attività imprenditoriale, commerciale o artigianale o professionale. In definitiva con il sintagma attività professionale , di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005, numero 206, art. 3, come modificato dal D.Lgs. 23 ottobre 2007, numero 221, ai fini della qualificazione del soggetto - persona fisica - come professionista, deve intendersi solo l’attività consistente nella prestazione autonoma d’opera professionale intellettuale oltre all’attività imprenditoriale, commerciale ed artigianale, espressamente previste dalla norma , con esclusione quindi dell’attività di lavoro dipendente, sia pubblico che privato. Nella fattispecie, poiché si versa in ipotesi di un contratto d’opera professionale intellettuale tra l’avvocato ed il consumatore, trova applicazione il foro esclusivo di quest’ultimo, a norma del D.Lgs. 6 settembre 2005, numero 206, art. 33, comma 2, lett. u Quindi va affermata la competenza territoriale del Tribunale di Benevento. Spese alla soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Benevento. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi,oltre accessori e spese generali come per legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.