A rischio arruolamento coatto tra i ribelli in patria: niente protezione

Respinta definitivamente la richiesta avanzata da un uomo proveniente dal Senegal. Troppo generici i suoi riferimenti ai presunti pericoli legati a un ritorno nel Paese d’origine.

Arruolamento forzato nelle bande di ribelli che imperversano nel Paese d’origine. Questo riferimento è generico e, comunque, non sufficiente a rendere la posizione dello straniero, approdato in Italia, meritevole di protezione. Via libera, quindi, al ritorno in patria Cassazione, ordinanza n. 5462/2017, Sezione Sesta Civile, depositata il 3 marzo 2017 . Pericolo. Protagonista della vicenda è un uomo originario del Senegal. Appena arrivato in Italia, egli ha presentato domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del permesso di soggiorno per motivi umanitari . A sostegno di queste richieste, lo straniera spiega di essere scappato dal proprio Paese per timore della vendetta dei secessionisti della regione di Casamance, in cui viveva, nel sud del Senegal , timore legato anche al fatto che il padre è stato ucciso dopo avere collaborato con le autorità governative . Ritornare in patria, quindi, spiega anche in Cassazione, lo esporrebbe al rischio di gravi atti di persecuzione , come il possibile arruolamento coattivo nelle bande dei ribelli . Tutti questi elementi non sono però ritenuti sufficienti per concedere protezione al cittadino di origini senegalesi. Per i giudici della Cassazione, come già per quelli della Corte d’appello, è innanzitutto generico il riferimento al reclutamento forzato da parte dei ribelli presenti nella regione di Casamance. Allo stesso tempo viene ritenuto poco concreto il pericolo di persecuzioni per lo straniero in caso di rientro in patria, nonostante il riferimento alla situazione sociale e politica della sua zona di provenienza.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 9 dicembre 2016 – 3 marzo 2017, n. 5462 Presidente Ragonesi – Relatore Lamorgese Ragioni della decisione Il Relatore ha depositato la seguente proposta di definizione del giudizio, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. La Corte d'appello di Torino, con sentenza 5 febbraio 2016, ha rigettato il gravame di D. M. avverso l'impugnata sentenza che aveva rigettato le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del permesso di soggiorno per motivi umanitari. A sostegno delle domande era dedotto il timore della vendetta dei secessionisti della regione senegalese di Casamance, in cui viveva, a seguito dell'uccisione del padre che aveva collaborato con le autorità governative. Avverso questa sentenza D. M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi il Ministero dell'interno non ha presentato controricorso. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 2, lett. e , 7 e 8 D.Lgs. n. 251/2007, per avere ritenuto inattuale il pericolo di persecuzione che, invece, era attuale e concreto e per non avere considerato il rischio di essere esposto a gravi atti di persecuzione in caso di rientro in patria quello di arruolamento coattivo nelle bande dei ribelli . Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 2, lett. g , e 14 D.Lgs. n. 251/2007, per avere negato la protezione sussidiaria, omettendo di considerare la minaccia grave e individuale cui egli sarebbe esposto in caso di rimpatrio, ove vi era una situazione di conflitto armato interno. Il terzo motivo denuncia violazione dell'art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 286/1998, per avere negato la concessione del permesso per motivi umanitari, omettendo di valutare le condizioni di vulnerabilità cui egli sarebbe esposto in caso di rientro in Senegal. I motivi sono inammissibili. Il rigetto delle domande proposte di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del permesso per motivi umanitari si basa su una duplice ratio decidendi a la genericità e mancanza di riscontri nella narrazione dell'interessato, con riguardo alle modalità del reclutamento forzato dei ribelli, senza alcuna contestualizzazione del racconto b in generale, con riguardo alla situazione sociale e politica nella regione di Casamance, la corte ha evidenziato la inattualità del pericolo di persecuzione la insussistenza del rischio di subire danni gravi, ai fini della protezione sussidiaria la mancanza dei presupposti per la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. I motivi di ricorso contengono censure rivolte solo alla seconda ratio decidendi sub b , rimanendo la prima ratio sub a incensurata e, quindi, da sola idonea a sorreggere la decisione impugnata. Né potrebbe ritenersi che le censure relative al merito delle tre diverse domande di protezione sub b siano riferibili anche alla prima ratio sub a un'inidonea censura di quest'ultima richiedeva, infatti, che il ricorrente per cassazione spiegasse perché le sue dichiarazioni nel giudizio di merito fossero invece sufficientemente specifiche e, quindi, idonee a stimolare il potere-dovere del giudice di valutarle nel merito, anche a norma dell'art. 3, comma 5, lett. a-b , D.Lgs. n. 251/2007. La memoria presentata dal ricorrente non scalfisce le conclusioni di tale proposta, che il Collegio condivide. Il ricorso è inammissibile. P.Q.M. La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Sussistono i presupposti per porre a carico del ricorrente l'ulteriore contributo dovuto per legge.