Dopo un tentativo di mediazione irregolare segue l'improcedibilità e non l'assegnazione di un termine

Il Tribunale di Napoli Nord ha avuto modo di pronunciarsi su due importanti snodi del rapporto tra mediazione e processo civile le modalità di assolvimento della condizione di procedibilità e le conseguenze di un tentativo di mediazione non rispettoso delle condizioni di legge.

I temi sono stati affrontati dal Tribunale partenopeo con l'ordinanza del 30 gennaio 2017. Presenza personale delle parti. Nel caso si specie era accaduto che le parti pare avessero avviato un procedimento di mediazione ai sensi dell'art. 5, comma 1- bis , d.lgs. n. 28/2010. Senonché, all'incontro di mediazione la parte attivante non era comparsa personalmente avendo delegato il proprio difensore. Per il Tribunale di Napoli Nord - in linea con l'orientamento che appare essere maggioritario almeno stando ai provvedimenti editi seppure non esente da critiche – ha ritenuto che le disposizioni di cui all'art. 8 d.lgs. n. 28/2010 come modificato dalla legge n. 98/2013 lette alla luce del contesto europeo nel quale si collocano cfr. in particolare, direttiva comunitaria 2008/52/CE impongono di ritenere che l'ordine del giudice è da ritenersi osservato soltanto in caso di presenza personale della parte o di un delegato , accompagnata dal difensore e non anche in caso di comparsa del solo difensore, anche quale delegato dalla parte . Si tratta quindi dell'adesione all'orientamento secondo il quale la mediazione necessita sia della parte che dell'avvocato non potendo le due figure coincidere con il rischio che qualcuno, addirittura, possa chiedere alla parte che sia anche avvocato di nominare un avvocato che l'assista nel procedimento di mediazione . La parte potrà delegare – con ampi poteri sostanziali di conciliare la controversia – chiunque, ma non il suo legale salvo che, quest'ultimo sia poi assistito da un altro avvocato per garantire la duplicità di soggetti . E' certo che l'orientamento in questione che, forse, troverà spazio nella riforma della disciplina della mediazione ha una sua utilità dal momento che la presenza personale delle parti è, il più delle volte, condizione necessaria per poter svolgere un effettivo” incontro di mediazione. Ciò con il limite che – come ogni generalizzazione – talvolta non è detto che l'avvocato che rappresenti la parte debba essere sempre comunque ritenuto contrario” alla mediazione dovendo registrare casi in cui avvocati, magari fiduciari di società, possano tranquillamente cumulare le due qualità e ciò dovrebbe valere anche per le persone fisiche liberi tutti di gestire i propri affari sostanziali come meglio si crede . Escluso un termine per presentare nuova domanda. Ma l'aspetto più interessante dell'ordinanza del Tribunale di Napoli Nord è sicuramente quello che riguarda il dovere del giudice di assegnare alle parti un termine per l'espletamento del tentativo di mediazione. Ai sensi dell'art. 5, comma 1- bis il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita , assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione . Ebbene, per il Tribunale di Napoli Nord – in maniera del tutto condivisibile – la norma appena richiamata si applica soltanto al caso in cui essa non è stata affatto esperita, ma non anche alla diversa ipotesi come quella in esame in cui la mediazione è stata introdotta e definita, ma in violazione delle prescrizioni che regolano il suo corretto espletamento . In un caso in cui la mediazione non ha rispettato le regole previste nel caso di specie è lecito pensare la mancata partecipazione personale della parte attivante ovvero onerata della mediazione non vi è altra possibilità se non quella di dichiarare l'improcedibilità della domanda attorea, non essendo praticabile per converso, l'alternativa soluzione di assegnare alle parti un nuovo termine per la reiterazione della procedura di mediazione, essendo questa già definita . Contrasto in giurisprudenza. L'affermazione di principio è importante perchè altra parte della giurisprudenza – in un caso analogo e, cioè, tentativo di mediazione ante causam concluso con verbale di mancata partecipazione ha ritenuto che il secondo tentativo di mediazione seppure concluso negativamente rendesse integrata la condizione di procedibilità con conseguente possibilità per il giudice di decidere il merito della controversia. Così è stato per il Tribunale di Roma che, con sentenza n. 21293 del 15 novembre 2016 ha ritenuto che nessun effetto produce sul presente giudizio la circostanza che la prima mediazione non sia stata ulteriormente coltivata laddove la seconda sia stata portata avanti da parte attrice a norma di legge e si sia conclusa nel corso del giudizio . E ciò perché secondo il Tribunale di Roma, il legislatore non prevede un termine di decadenza con riguardo al tentativo di mediazione in particolare laddove questo sia stato introdotto prima del giudizio potendo il giudicante finanche concedere, in assenza di previo esperimento, termine ulteriore per introdurre, dopo l’inizio del giudizio, la mediazione ex d.lgs. n. 28/10 in un termine, peraltro non perentorio, di gg 15 . A mio avviso la soluzione preferibile è senz'altro la prima non potendo il legislatore consentire specialmente con riferimento ai giudizi soggetti a termine di decadenza come era quello deciso dal Tribunale di Roma la reiterazione della domanda di mediazione poiché o almeno tutte le volte in cui la parte diligente che si è presentata deve confidare nella produzione degli effetti previsti dalla legge nel caso di specie l'improcebilità e l'impossibilità di reintrodurre il giudizio per decorrenza del termine di decadenza .

Tribunale di Roma, sez. V Civile, sentenza 14 novembre – 15 novembre 2016, n. 21293 Giudice Ghiron Fatto e diritto Con citazione notificata gli attori esponevano quanto segue. Di essere proprietari di unità facenti parte del Condominio convenuto costituito da due palazzine. Che in data 26-1-2015 l’assemblea aveva, al primo punto all’ordine del giorno, deliberato lavori di consolidamento delle fondazioni della palazzina B stabilendo il riparto delle spese solo fra i condomini della detta palazzina. Che la delibera era viziata in quanto i lavori avevano avuto ad oggetto beni comuni, le fondazioni, onde il riparto avrebbe dovuto essere effettuato fra tutti i partecipanti al condominio in base alla tabella A. Che la delibera aveva di fatto costituito ‘nuove tabelle millesimali’ inefficaci nei confronti dei condomini dissenzienti. Ciò premesso chiedevano che la delibera impugnata fosse dichiarata nulla/annullata. Si costituiva il convenuto eccependo l’improcedibilità dell’avversa domanda per non essere stata preceduta da valido e tempestivo procedimento di mediazione e chiedendo il rigetto dell’avversa domanda nel merito, con vittoria di spese. All’esito del giudizio le parti concludevano come in atti e, all’udienza del 12-7-2016, la causa veniva trattenuta in decisone con i termini di cui all’art. 190 cpc. La preliminare eccezione sollevata dal convenuto non coglie nel segno. Invero risulta dagli atti che un secondo tentativo di mediazione, conclusosi in corso di causa, si è svolto secondo le formalità di legge. Ed il legislatore non prevede un termine di decadenza con riguardo al tentativo di mediazione in particolare laddove questo sia stato introdotto prima del giudizio potendo il giudicante finanche concedere, in assenza di previo esperimento, termine ulteriore per introdurre, dopo l’inizio del giudizio, la mediazione ex dlvo 28/10 in un termine, peraltro non perentorio, di gg 15. All’evidenza, quindi, nessun effetto produce sul presente giudizio la circostanza che la prima mediazione non sia stata ulteriormente coltivata laddove la seconda sia stata portata avanti da parte attrice a norma di legge e si sia conclusa nel corso del giudizio. La domanda avanzata dagli attori è infondata e non merita accoglimento. Invero, nella fattispecie in esame, le caratteristiche degli edifici presenza di corpi di fabbrica separati fra loro che danno origine al Condominio convenuto inducono a ritenere che si configuri il c.d. condominio parziale come disciplinato dalla norma di cui all’art. 1123 cc comma 3. Invero i presupposti per l’attribuzione della proprietà comune a tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i servizi o gli impianti, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessari per l’esistenza e l’uso non di tutto l’edificio o degli edifici ma di una sola parte o di alcune parti di esso o di essi ricavandosi dall’art. 1123 comma 3 cc che le cose ed i servizi non appartengono ‘necessariamente’ a tutti i partecipanti. Così laddove, come nel caso in esame, il condomino sia costituito da un complesso residenziale formato da una pluralità di edifici separati circostanza pacifica e le parti comuni relative ai singoli fabbricati quali le fondazioni di ciascun edificio appartengano oggettivamente ai soli proprietari delle singole palazzine che sulle stesse si reggono, deve farsi applicazione della citata norma Cass. 8066/05 e Cass. 23851/10 salvo che i partecipanti al condominio abbiano diversamente convenuto in un regolamento contrattuale. Ma, nel caso in esame, la norma regolamentare invocata che peraltro non ha natura contrattuale non essendovi prova della trascrizione del regolamento né della sua accettazione da parte di tutti i condomini si limita a ribadire quanto previsto dall’art. 1117 cc e cioè che in via generale le fondazioni chiaramente per la loro funzione rientrano fra i beni comuni in quanto servono per sorreggere l’edificio senza, tuttavia, specificare se le fondazioni dei singoli edifici, nel caso in esame, siano invece beni comuni ad entrambe le palazzine costituendo così eccezione ai principi generali. A detta conclusione è dato pervenire tenuto anche conto del fatto che l’art. 6 prevede che il riparto delle spese affrontate per la manutenzione delle cose comuni debba essere effettuato ‘in base all’uso’. Così come parimenti l’inserimento delle scale fra i beni comuni v. art. 2 let. e non deve essere inteso nel senso che i condomini debbano partecipare alla manutenzione delle scale delle quali non si servono. Ma anche a voler diversamente opinare si osserva che, non avendo natura contrattuale, il regolamento non può derogare alla disciplina legale in tema di riparto delle spese v. artt. 1123 e 1138 cc . Dall’applicazione della norma di cui all’art. 1123 comma 3 cc derivano implicazioni inerenti la gestione e l’imputazione delle spese. In particolare non sussiste l’onere di contribuire alla manutenzione delle cose comuni da parte di coloro che non ne hanno l’uso all’evidenza le fondazioni oggetto di causa servono per sorreggere la sola palazzina B e la titolarità Cass. 7885/94 con la conseguenza che correttamente l’assemblea, lungi peraltro dall’avere approvato alcuna nuova tabella, ha semplicemente ripartito, a norma dell’art. 1123 comma 3 cc, la spesa fra i soli partecipanti che sono proprietari di unità esclusive facenti parte della palazzina oggetto di intervento. Alla soccombenza segue la condanna di parte attrice a rifondere, in favore di controparte, le spese di questo giudizio che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Definitivamente decidendo, ogni ulteriore istanza disattesa, rigetta la domanda avanzata dagli attori. Condanna questi ultimi a rifondere, in favore del convenuto, le spese di lite che si liquidano in complessivi €5100,00 per compensi, oltre iva, cpa e spese generali.

Tribunale di Napoli nord, ordinanza interlocutoria 30 gennaio 2017 Giudice Marrazzo Il Giudice, sciogliendo la riserva di cui all’odierna udienza, letti gli atti e verbali di causa, ritenuto le disposizioni di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 28/2010 come modificato dalla legge n. 98/2013 , lette alla luce del contesto europeo nel quale si collocano cfr. in particolare, direttiva comunitaria 2008/52/CE impongono di ritenere che l’ordine del giudice è da ritenersi osservato soltanto in caso di presenza della parte o di un di lei delegato , accompagnata dal difensore e non anche in caso di comparsa del solo difensore, anche quale delegato della parte rilevato che la norma dell’art. 5, comma 1- bis , d.lgs. n. 28/10, che impone al giudice l’obbligo di assegnare alle parti il termine per la presentazione della domanda di mediazione e fissare la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’art. 6, si applica soltanto al caso in cui la mediazione è già iniziata ma non si è ancora conclusa e al caso in cui essa non è stata affatto esperita, ma non anche alla diversa ipotesi come quella in esame in cui la mediazione è stata introdotta e definita, ma in violazione delle prescrizioni che regolano il suo corretto espletamento ritenuto, dunque, che non vi è altra possibilità se non quella di dichiarare l’improcedibilità della domanda attorea, non essendo praticabile, per converso, l’alternativa soluzione di assegnare alle parti un nuovo termine per la reiterazione della procedura di mediazione, essendo questa già stata definita. P.Q.M. Rinvia per la discussione all’udienza del 17 febbraio 2017, ore 10,00.