Gestione degli affari di PA: è necessario l’espresso riconoscimento dell’utilità conseguita

Non è ammissibile un’applicazione indiscriminata dell’istituto giuridico della negotiorum gestio artt. 2028 – 2032 c.c. nella attività amministrativa, in quanto ciò si tradurrebbe nell’affidamento, alla libera iniziativa del privato dell’an, del quando e del quomodo , dell’esercizio di qualsivoglia attività della Pubblica Amministrazione, in palese contrasto con gli artt. 95 e 97 Cost L’istituto della gestione degli affari altrui trova spazio nel diritto pubblico solo ove sussista un incontrovertibile impedimento all’esercizio delle competenze assegnate agli uffici pubblici e vi sia un esplicito riconoscimento dell’effettivo vantaggio conseguito.

È quanto deliberato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 2944/17, depositata il 3 febbraio. Il caso. Viene proposto ricorso dalla ONLUS AIDS Foundation Immunology and Allergology avverso la sentenza n. 5532/14 pronunciata dalla Corte d’appello di Roma, con la quale veniva confermata la decisione di revoca, da parte del giudice di prime cure, del decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di € 468.000,00 richiesto dall’associazione al Ministero della Salute a titolo di rimborso delle spese sostenute per l’attività di prevenzione, ricerca ed informazione sul virus HIV, svolta in spontanea sostituzione dell’amministrazione pubblica. La decisione del Giudice d’appello si fondava sull’insussistenza della absentia domini e sul difetto dell’ utiliter coeptum , ritenendo, altresì, prodotte tardivamente, nonché prive del connotato della indispensabilità di cui all’art. 345 c.p.c. nella sua formulazione previgente applicabile al caso sub iudice , le lettere di congratulazioni ricevute dal Ministero della Salute e da due senatori del Parlamento della Repubblica. La Corte di Legittimità condivide le conclusioni del giudice di merito e rigetta il ricorso. I presupposti della gestione di affari altrui compatibilità con l’attività amministrativa. Con il primo motivo di ricorso, la ONLUS AIDS Foundation Immunology and Allergology lamentava la violazione degli artt. 2028 e 2031 c.c Secondo la ricorrente l’attività di ricerca da essa esercitata per la prevenzione e la lotta all’AIDS rientrava, da un lato, nel programma di intervento per la lotta contro il virus dell’HIV di cui alla l. n. 135/1990, non di competenza esclusiva della Pubblica Amministrazione e, dall’altro, che non sarebbe distinguibile un interesse proprio” dell’Amministrazione statale diverso dall’interesse della salute collettiva. La Corte di legittimità, rigettando il ricorso, conformemente al Giudice d’appello, non condivide la linea della ONLUS, in quanto verrebbe ad ammettere un’indiscriminata autorizzazione ai singoli componenti la comunità statale, di assumere libere iniziative volte a realizzare i fini pubblici, facendosi gestori delle Pubbliche Amministrazioni. La Corte ha verificato, in particolare, fino a che punto la figura giuridica della gestione degli affari altrui trovi spazio nel diritto pubblico. Come noto, infatti, l’istituto della negotiorum gestio , disciplinato dagli artt. 2028-2032 c.c., ricorre quando un soggetto gestor assume spontaneamente, cioè senza esservi obbligato e senza averne ricevuto l'incarico dall'interessato dominus , la gestione di uno o più affari di una persona assente ovvero impedita. Affinché si possa dire che si è in presenza di una gestione d'affari, l'azione deve essere intrapresa dal gestore con la consapevolezza della alienità dell’affare rispetto al proprio patrimonio animus aliena negoti gerendi che l'attività – necessariamente lecita – deve essere spontaneamente ed utilmente iniziata utiliter coeptum che il dominus non sia in grado di provvedere all’affare absentia domini e che non vi sia stato, da parte sua, alcun divieto circa lo svolgimento dell'azione prohibitio domini . Al gestore, una volta iniziata l'attività, è imposto il dovere di continuare l'azione intrapresa e di sostenere tutti gli obblighi del mandatario art. 2030 c.c. finché il dominus non sia in condizione di provvedere da sé alla gestione da questo momento il dominus deve adempiere agli obblighi che ha assunto il gestore nei confronti di terzi nonché rimborsare tutte le spese che questi ha sostenuto nella gestione dei suoi affari art. 2031 c.c. . In definitiva, la ratio giustificatrice dell’istituto de quo consiste sia nel sollevare colui che abbia utilmente avviato un altrui gestione dagli oneri e dalle obbligazioni ad essa conseguenti sia, specularmente, nel porre a suo carico i danni derivanti da una gestione maldestra sarebbe infatti contrario ai principi che informano l’ordinamento giuridico italiano permettere che taluno si arricchisca con il sacrificio altrui ovvero che si ingerisca indebitamente negli affari altrui senza dover rispondere dei danni che eventualmente discendono dalla sua condotta. Traslando tali principi nel caso di specie, i Giudici di legittimità hanno ritenuto che non possa automaticamente valere nell’ambito dell’azione amministrativa o comunque dei pubblici poteri l’interpretazione dell’ absentia domini quale materiale impossibilità del gerito di provvedere alla gestione del proprio affare ovvero quale assenza inequivoca della prohibitio domini . In considerazione, infatti, sia della riserva di legge dell’organizzazione dell’Amministrazione Pubblica, sia dei principi di buon andamento e di imparzialità di cui agli artt. 95 e 97 Cost. ai quali deve informarsi l’attività amministrativa ampiamente intesa, le funzioni pubbliche sono attribuite dalla legge a ciascun Dicastero per il perseguimento di specifici interessi pubblici e sono esercitate discrezionalmente dalla singola Amministrazione con riguardo alla scelta del materiali, delle risorse umane e degli impieghi finanziari in relazione alla programmazione degli scopi da raggiungere e alla priorità degli obiettivi da perseguire così come indicati nell’indirizzo politico governativo. Da ciò deriva che è astrattamente inconfigurabile una impossibilità dell’Amministrazione statale di provvedere direttamente alla cura dell’interesse pubblico. Ne consegue che un’applicazione indiscriminata della figura giuridica della negotiorum gestio nell’attività amministrativa si tradurrebbe nell’affidamento alla libera iniziativa del privato dell’esercizio di qualunque attività della Pubblica Amministrazione, trasmettendo, in tal modo, al privato, in spregio alle disposizioni costituzionali già richiamate, la scelta dell’ an , del quando, del quomodo , nonché dell’impegno finanziario connesso all’esercizio di singole funzioni della Pubblica Amministrazione. La Corte tuttavia precisa che quanto affermato non esclude interamente l’applicazione dell’istituto in parola nell’attività della Pubblica Amministrazione, ma che essa non può che essere limitata a casi eccezionali, ritenendo comunque necessario il riconoscimento dell’effettivo vantaggio conseguito che non coincide con l’interesse pubblico perseguito dal gestore, ma deve avere riguardo soprattutto alla relazione costi-benefici , in modo tale da recuperare il momento della discrezionalità amministrativa, non essendo sufficiente la mera tolleranza dello svolgimento dell’attività del gestore. L’indispensabilità delle nuove fonti di prova. Anche il secondo motivo di ricorso, attraverso il quale la ricorrente si doleva della mancata ammissione e valutazione da parte del Giudice di appello, in quanto non indispensabili, delle lettere di congratulazioni e di sostegno alla associazione trasmesse dal Ministero della Sanità e da due senatori del Parlamento della Repubblica nel 1992 e nel 1994, viene rigettato dalla Corte. L’art. 345 c.p.c. nella sua originaria formulazione applicabile al caso concreto in quanto giudizio pendente in primo grado alla data del 4/07/2009 dopo aver sancito il divieto assoluto di produrre nuove domande e nuovi mezzi di prova nel giudizio di appello, al terzo comma prevedeva la possibilità per il Collegio di ammettere la produzione di nuovi documenti laddove ritenuti indispensabili per la decisione della causa inciso soppresso dalla l. n. 143/2012 ovvero laddove la parte dimostri di non averli potuto produrli o proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. La Corte di legittimità, rigettando tale censura, ha sostenuto la correttezza della ratio decidendi del giudice di merito, in quanto la ONLUS in primo luogo, non aveva fornito prova dell’impedimento, ad essa non imputabile, alla tempestiva produzione dei documenti in primo grado in secondo luogo viene sostenuta che la possibilità riconosciuta dall’art. 345 c.p.c. non ha la funzione di rimediare alle decadenze ed alle preclusioni in cui sono incorse le parti, ed infine che i documenti non rivestivano il carattere della indispensabilità in quanto non idonei a risolvere una altrimenti insuperabile incertezza sui fatti controversi.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 17 novembre 2016 – 3 febbraio 2017, n. 2944 Presidente Amendola – Relatore Oliviero Fatto e diritto Premesso - La Corte d’appello di Roma con sentenza 11.9.2014 n. 5532 ha rigettato l’appello proposto dalla ONLUS AIDS Foundation Immunology and Allergology e confermato la decisione di prime cure che aveva revocato il decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento della somma di Euro 468.000,00 richiesto dalla associazione al Ministero della Salute a titolo di rimborso delle spese sostenute per l’attività di prevenzione, ricerca ed informazione sul virus HIV svolta in spontanea sostituzione negotiorum gestio dell’Amministrazione pubblica. - la decisione del Giudice di appello è affidata alle seguenti rationes decidendi 1 - insussistenza della absentia domini , trattandosi di attività istituzionale della PA per la quale era -anche astrattamente - inconfigurabile una impossibilità della Amministrazione statale di provvedere direttamente alla cura dell’interesse pubblico, secondo proprie scelte discrezionali concernenti tempi, obiettivi, modalità e mezzi finanziari 2 - difetto di utiliter coeptum , inteso come vantaggio economico conseguito dal gerito, essendo stata esercitata l’attività della ONLUS nell’interesse esclusivo della collettività ovvero dei singoli unici titolari del bene-salute, e comunque non essendo intervenuto alcun provvedimento della PA ricognitivo ed approvativo degli effetti conseguiti dalla predetta attività, non essendo all’uopo sufficiente la mera tolleranza dello svolgimento di detta attività, e non assumendo rilevanza le lettere in data 22.12.1992 di congratulazioni del Ministro della Sanità pro tempore e di due senatori del Parlamento della Repubblica, sia in quanto prodotte tardivamente, sia in quanto prive del connotato della indispensabilità ex art. 345 c.p.c. nel testo anteriore alla modifica dell’art. 46, comma 18, della legge n. 69/2009, applicabile ai giudizi pendenti in primo grado alla data del 4.7.2009 di entrata in vigore della legge art. 58, comma 2 legge n. 69/2009 . - la sentenza è stata impugnata per cassazione dalla ONLUS con due mezzi per violazione degli artt. 2028 e 2031 c.c. primo motivo e per violazione dell’art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 116 c.p.c. secondo motivo . - ha resistito con controricorso il Ministero della Salute. si osserva quanto segue Il primo motivo è manifestamente infondato. Se il requisito della absentia domini deve intendersi in senso lato, non implicando nei rapporti tra privati necessariamente la materiale impossibilità del gerito di provvedere alla gestione del proprio affare, essendo sufficiente una condotta inequivoca volta a dimostrare la insussistenza di una prohibitio domini ex art. 2031, comma 2 c.c. ipotesi che si verifica quando il dominus non rifiuti, espressamente o tacitamente, tale ingerenza da parte del negotiorum gestor cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12280 del 25/05/2007 id. Sez. 2, Sentenza n. 9269 del 09/04/2008 id. Sez. 2, Sentenza n. 12304 del 07/06/2011 , analoga conclusione non può automaticamente trasporsi nell’ambito dell’azione amministrativa o dei pubblici poteri in genere, in considerazione sia della collocazione costituzionale della Amministrazione pubblica, la cui organizzazione è coperta da riserva di legge art. 95 comma 3 Cost. , e trova vertice nei titolari dei Dicasteri individualmente responsabili degli atti delle rispettive amministrazioni art. 95, comma 2 Cost. , sia del principio di evidenza pubblica - anch’esso avente fondamento costituzionale art. 97 comma 2 Cost. - cui deve conformarsi l’attività amministrativa - tanto se estrinsecazione di potestà autoritativa, quanto se esercizio di attività regolate nelle forme del diritto privato - e che si articola nei principi di buon andamento e di imparzialità della condotta dei pubblici uffici. Tali elementi caratterizzanti le Amministrazioni statali implicano, per un verso, che le funzioni pubbliche istituzionalmente attribuite ex lege a ciascun Dicastero per il perseguimento di specifici interessi pubblici, vengano esercitate in relazione alla programmazione degli scopi da raggiungere indicati nell’indirizzo politico governativo o il che è a dire in relazione alla priorità degli obiettivi da perseguire, ed alla diversa allocazione delle risorse finanziarie stanziate nel bilancio di previsione dello Stato , e per altro verso, la piena discrezionalità della singola Amministrazione pubblica nella scelta dei mezzi materiali e risorse umane e degli impieghi finanziari ritenuti più opportuni per la realizzazione dei diversi interessi affidati alle cure della stessa. Ne segue che una applicazione indiscriminata della figura giuridica della negotiorum gestio nella attività amministrativa, si tradurrebbe nell’affidamento alla libera iniziativa del privato dell’esercizio di qualsiasi attività della PA comunque connessa alle attribuzioni del Ministero salvo non ipotizzare una impensabile costante vigilanza della Amministrazione su qualsiasi singola iniziativa di appartenenti alla collettività al fine di esternare tempestivamente la prohibitio , demandandosi in tal modo al privato -in evidente violazione delle indicate norme costituzionali - la scelta dell’an, del quando, del modus nonché dell’impegno finanziario connesso all’esercizio di singole funzioni della PA. Pertanto se in assoluto non può escludersi l’applicazione della negotiorum gestio anche alla attività delle PP.AA., tuttavia la stessa -comportando una evidente alterazione dei poteri organizzativi e discrezionali riservati alla Amministrazione - non può che essere limitata a casi del tutto eccezionali tali da configurare un cogente impedimento all’esercizio delle competenze assegnate agli uffici pubblici o comunque un esplicito riconoscimento che recuperi ora per allora il momento della discrezionalità amministrativa dell’effettivo vantaggio conseguito con particolare riguardo anche alla valutazione economica concernente la relazione costi-benefici , come da tempo riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte cfr. Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 416 del 23/02/1950 , dovendo ritenersi esclusa la gestione di affari ex art. 2028 c.c. finanche nel caso in cui il privato venga a sostituirsi alla PA nella esecuzione di una attività doverosa non potendosi considerare inerzia, né impedimento a provvedere cosiddetto absentia domini ” , il particolare modo di deliberare e di operare delle persone giuridiche pubbliche, pur se suscettibile di causare ritardi contrastanti con le aspettative del beneficiario cfr. Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11061 del 09/11/1993 . L’argomento della ricorrente secondo cui - l’attività di ricerca rientrava nel programma di intervento per la prevenzione e la lotta all’AIDS di cui alla legge 5.6.1990 n. 135, ma non era attività di competenza esclusiva della PA - non sarebbe distinguibile un interesse proprio della Amministrazione statale diverso dall’interesse della salute della collettività - la stessa legge n. 135/1990 all’art. 1, comma 1, lett. a prevede l’obbligo dello Stato di provvedere ai compiti indicati anche mediante il sostegno dell’attività di volontariato non è condivisibile in quanto verrebbe ad ipotizzare, alla stregua delle leggi attributive di competenze alla Amministrazione pubblica, una indiscriminata autorizzazione ai singoli componenti la comunità statale o nel caso di specie a qualsiasi altra ONLUS di settore di assumere libere iniziative scegliendo i mezzi più appropriati, i tempi opportuni, assumendo le spese ed impegnando le risorse finanziarie ritenute necessarie volte a realizzare i fini pubblici, facendosi gestori delle PP.AA. in ogni caso in cui si ravvisi una inerzia o un ritardo nell’esercizio delle pubbliche funzioni. Non è chi non veda la palese assurdità logica prima ancora che giuridica di un sistema che porterebbe alla totale disorganizzazione ogni privato agendo, senza alcun coordinamento con gli altri, come gestore dell’affare ritenuto a sua discrezione più urgente o prioritario rispetto a quelli geriti da altri ed al collasso finanziario dello Stato. È appena il caso di osservare come la legge invocata dalla ricorrente non preveda un obbligo giuridico immediatamente esigibile, ma come tutte le leggi di programmazione, la indicazione degli interventi la cui attuazione viene rimessa alla Amministrazione statale competente, con lo specifico vincolo dei limiti delle risorse finanziarie assegnate cfr. art. 1 della legge n. 135/1990 1. Allo scopo di contrastare la diffusione delle infezioni da HIV mediante le attività di prevenzione e di assicurare idonea assistenza alle persone affette da tali patologie, in particolare quando necessitano di ricovero ospedaliero, è autorizzata l’attuazione dei seguenti interventi nell’ambito dell’apposito piano ministeriale predisposto dalla Commissione nazionale per la lotta contro l’AIDS a interventi di carattere poliennale riguardanti la prevenzione, l’informazione, la ricerca, la sorveglianza epidemiologica ed il sostegno dell’attività del volontariato, attuati con le modalità previste dall’azione programmata del Piano sanitari nazionale riguardante la lotta all’AIDS, e nei limiti degli stanziamenti ivi previsti anche a carico del bilancio del Ministero della sanità b costruzione e ristrutturazione dei reparti di ricovero per malattie infettive, comprese le attrezzature e gli arredi c assunzione di personale medico e infermieristico a completamento degli organici delle strutture di ricovero di malattie infettive e dei laboratorie 5. Al finanziamento degli interventi di cui al comma 1, lettera b , si provvede con operazioni di mutuo con la Bei, con la Cassa depositi e prestiti e con gli istituti e aziende di credito all’uopo abilitati i limiti di assegnazione delle risorse finanziarie, previsti dalla stessa legge, implicano una necessaria programmazione degli obiettivi, ed una scelta nella priorità degli interventi, ciò che esclude alla radice la equazione, ipotizzata dalla ricorrente, che intenderebbe fare coincidere l’ utiliter coeptum con l’interesse pubblico perseguito dal gestore, mentre del tutto inconferente è il richiamo a sostegno della tesi della ricorrente - al precedente di questa Corte Sez. 3, Sentenza n. 18378 del 06/08/2010, del tutto estraneo a fattispecie di negotiorum gestio , vertendo sul riconoscimento del diritto assoluto ed inalienabile del disabile, alla assistenza sociosanitaria che insorge già alla data del verificato accertamento della condizione di grave handicap che ha determinato l’attivazione dei servizi pubblici di sostegno, senza dover attendere l’esito del procedimento volto al formale riconoscimento dello status di disabile nella specie, pertanto, alcun privato estraneo alla PA si era ingerito nell’esercizio di funzioni attribuite ad un ufficio pubblico . La Corte territoriale, richiedendo l’espresso riconoscimento della utilità della gestione da parte della Amministrazione statale, si è conformata ai principi sopra indicati e dunque va esente dalla censura mossa con il motivo in esame. Con il secondo motivo la ONLUS ricorrente si duole della mancata ammissione e valutazione da parte del Giudice di appello delle lettere di congratulazioni e di sostegno alla associazione, trasmesse in data 22.12.1992 a firma del Ministro della Sanità e nelle date 21 ottobre e 1 novembre 1994 a firma di due senatori del Parlamento della Repubblica, documenti prodotti per la prima volta dalla associazione in grado di appello. La censura investe la pronuncia che dichiara non indispensabili tali documenti, e dunque inammissibili atteso il divieto di nuove prove in grado di appello ai sensi dell’art. 345 comma 3 c.p.c Sostiene la ONLUS che il Giudice di merito, ritenendo che il potere ex officio di ammettere le prove ritenute indispensabili ai fini della decisione non potesse comunque sanare le omissioni probatorie delle parti, aveva violato la norma processuale che imponeva invece comunque di effettuare tale valutazione richiama Corte Cass. SU 20.4.2005 n. 8203 . Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi . Il Giudice di appello ha dichiarato inammissibile la prova documentale rilevando a che la ONLUS non aveva fornito prova dell’impedimento, ad essa non imputabile, alla tempestiva produzione dei documenti in primo grado b che il potere officioso di ammettere le prove indispensabili non poteva supplire le decadenze e preclusioni in cui fossero incorse le parti c che in ogni caso i documenti non rivestivano il carattere di indispensabilità, intesa come particolare attitudine probatoria idonea a risolvere una altrimenti insuperabile incertezza sui fatti controversi come emersa dalle risultanze istruttorie né peraltro potrebbe affermarsi che essi rivestano quella particolare incisività caratterizzante le prove indispensabili sentenza appello, pag. 7-8 . La Corte territoriale, diversamente da quanto opinato dalla ricorrente, non si è astenuta dalla valutazione delle nuove prove ai sensi dell’art. 345 c.p.c., ma ha invece pronunciato espressamente sulla questione, valutando la insussistenza in concreto del carattere indispensabile dei documenti in questione. La Corte, riunita in camera di consiglio, ha condiviso i motivi di diritto esposti nella relazione - non inficiati dal contenuto della memoria presentata ai sensi dell’art. 380- bis comma 2 c.p.c. - e la soluzione proposta. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo. Sussistono i presupposti per l’applicazione l’art. 13, comma 1- quater , del Dpr 30.5.2002 n. 115, inserito dall’art. 1 comma 17 della legge 24.12.2012 n. 228, che dispone l’obbligo del versamento per il ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nel caso in cui la sua impugnazione sia stata integralmente rigettata, essendo iniziato il procedimento in data successiva al 30 gennaio 2013 cfr. Corte Cass. SU 18.2.2014 n. 3774 . P.Q.M. La Corte - rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore dell’Amministrazione statale resistente in Euro 18.000,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito - dichiara che sussistono i presupposti per il versamento della somma prevista dall’art. 13, comma 1- quater , del Dpr 30 maggio 2002 n. 115.