L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo

Qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, anche se la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie, l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c nuova formulazione.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1280/17 depositata il 19 gennaio. Il caso. Nell’ottobre del 2000, un lavoratore frontaliero nella Confederazione Elvetica, quale dipendente di una impresa di costruzioni di Lugano titolare di una assicurazione sociale presso la SUVA , mentre percorreva una strada statale, a bordo di un motoveicolo, a causa dello stato di degrado e di incuria della strada e delle condizioni dell’asfalto, veniva sbalzato nella corsia opposta, restando schiacciato da una Jeep Hyundai. L’uomo riportava gravissime lesioni politraumatiche, con invalidità al 100% e una incapacità irreversibile di attendere alle comuni occupazioni. La moglie dello sfortunato, in proprio e come coniuge tutrice dello stesso, nonché come genitore esercente la potestà sulla figlia minore della coppia, conveniva dinanzi al Tribunale di Como, Sez. dist. di Erba, l’ANAS S.p.a., per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti dal malcapitato, dalla moglie e dalla di loro figlia. La convenuta si sostituiva in giudizio sostenendo che il sinistro stradale fosse stato causato dalla perdita di controllo del motoveicolo da parte dell’uomo, in condizioni atmosferiche difficili. Anche l’Istituto Nazionale Svizzero di Assicurazione contro gli Infortuni SUVA INSAI e l’Assicurazione Vecchiaia e Superstiti AVS , separatamente, avevano convenuto in giudizio l’ANAS S.p.a Il giudice di prime cure, dunque, riuniva i due procedimenti e, nel 2010, accertava la responsabilità dell’ANAS S.p.a. nella causazione del sinistro e la condannava a pagamento di una ingente somma di denaro, sia in favore di SUVA e di Assicurazione Vecchiaia e Superstiti AVS , a titolo di surrogazione sulle somme da essi versate al danneggiato, sia in favore dell’uomo, a titolo di danno differenziale, sia della moglie e della figlia, a titolo di danno non patrimoniale. L’ANAS S.p.a. proponeva ricorso in appello avverso la sentenza di primo grado. La Corte d’appello di Milano si pronunciava, nel 2015, con una sentenza di accoglimento. Avverso la pronuncia del giudice di seconda istanza, la signora, in proprio e come tutrice del marito, la figlia della coppia, l’Istituto Nazionale Svizzero di Assicurazione contro gli Infortuni e l’Assicurazione Vecchiaia e Superstiti proponevano ricorso per Cassazione, basandosi su tre motivi. I motivi di impugnazione. Con il primo motivo, fondamentalmente, i ricorrenti si dolevano del fatto che la Corte del merito avesse ritenuto l’uomo, alla guida del motoveicolo al momento del sinistro, unico responsabile dello stesso, senza tuttavia indicare le circostanze gravi, precise e concordanti da cui desumere la condotta imprudente che a lui si attribuiva, dando rilievo a considerazioni generiche e apodittiche della Polizia Stradale e omettendo di esaminare rilevanti deposizioni testimoniali. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentavano che il giudice di seconda istanza, pur dando atto del fatto che la strada percorsa fosse sdrucciolevole, non si era posto comunque il problema di verificare se la caduta dell’uomo fosse da attribuire soltanto alla scivolosità della strada, ritenendo anche che la stessa non presentasse elementi di pericolosità per difetto di manutenzione, prendendo le distanze dalle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio ed omettendo la valutazione di una serie di prove. Con il terzo motivo, infine, le parti ricorrenti lamentavano che la Corte territoriale avesse omesso di esaminare rilevanti disposizioni testimoniali raccolte nel processo. Conclusione. I Giudici della legittimità, dopo aver trattato unitariamente i tre motivi di impugnazione in quanto strettamente connessi, affermano che con essi le parti pongono sostanzialmente questioni e apprezzamenti di fatto che sono invece rimessi alla valutazione del giudice del merito. Essi, pertanto, rigettano il ricorso, disponendo l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità tra le parti, tenuto conto dell’alterno esito della lite nei due gradi del merito. La Suprema Corte da, altresì, atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 ottobre 2016 – 19 gennaio 2017, n. 1280 Presidente Chiarini – Relatore Scrima Svolgimento del processo SUVA - INSAI Istituto Nazionale Svizzero di Assicurazione contro gli Infortuni e AVS Assicurazione Vecchiaia e Superstiti convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Como, Sezione distaccata di Erba, l’ANAS S.p.a. per sentirla condannare - previo accertamento della sua responsabilità in relazione alla causazione del sinistro avvenuto il omissis in omissis a P.P. , lavoratore frontaliero nella Confederazione Elvetica, quale dipendente della CSC Impresa costruzioni S.A. di , titolare di assicurazione sociale presso la SUVA - al pagamento, in favore degli Enti attori, della somma di Euro 1.219.449,49 dagli stessi corrisposta, a titolo di indennità di infortunio e rendita vitalizia in base alla legge previdenziale elvetica, al P. . Quest’ultimo, percorrendo la omissis a bordo di un motoveicolo, a causa dello stato di incuria e di degrado della strada e delle condizioni dell’asfalto, era stato sbalzato nella corsia opposta, rimanendo schiacciato da una Jeep Hyundai, riportando così gravissime lesioni politraumatiche, con invalidità al 100% e irreversibile incapacità di attendere alle comuni occupazioni. Con separato atto di citazione E.S. , in proprio e quale coniuge tutrice di P.P. e quale genitore esercente la potestà sulla figlia minore P.T. , conveniva, dinanzi al predetto Tribunale, l’ANAS chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti dal P. , dalla moglie e dalla figlia di quest’ultimo, con deduzione, dalla massa dei risarcimenti del danno biologico, del danno da perdita di capacità lavorativa e del danno da necessità di accompagnamento della somma già in via di percepimento dagli Enti previdenziali della Confederazione Elvetica, pari ad Euro 832.294,19. Si costituiva in entrambi i giudizi la convenuta contestando quanto ex adverso dedotto ed affermando che il sinistro era stato causato dalla perdita di controllo del motoveicolo da parte del P. in condizioni atmosferiche difficili. Riunite le due cause, il Tribunale adito, con sentenza n. 141/B/10, accertava la responsabilità di ANAS S.p.a. nella causazione del sinistro de quo, condannava la convenuta al pagamento, in favore di SUVA e Assicurazione Vecchiaia e Superstiti, a titolo di surrogazione sulle somme da questi enti versate al danneggiato, di complessivi Euro 632.354,85, oltre rivalutazione monetaria e interessi, come precisato nel dispositivo di quella sentenza, condannava ANAS S.p.a. al pagamento, in favore di P.P. , a titolo di danno differenziale, di complessivi Euro 701.206,47, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, come specificato in quel dispositivo, al pagamento, in favore di E.S. , a titolo di danno non patrimoniale, di complessivi Euro 210.134,18, oltre rivalutazione monetaria e interessi, come specificato in quel dispositivo, al pagamento, in favore di P.T. , a titolo di danno non patrimoniale, di complessivi Euro 189.120,76, oltre rivalutazione monetaria e interessi, come specificato in quel dispositivo, nonché alle spese di lite, in esse comprese quelle di ATP e di c.t.u Avverso la decisione di primo grado ANAS S.p.a. proponeva appello, cui resistevano le controparti. La Corte di appello di Milano, con sentenza depositata il 27 aprile 2015, accoglieva l’appello proposto e, per l’effetto, rigettava le domande formulate dagli attori e condannava questi ultimi, in solido, alle spese del doppio grado del giudizio di merito. Avverso la sentenza della Corte di merito E.S. , in proprio e quale tutrice di P.P. , P.T. e SUVA AVS Istituto nazionale Svizzero di Assicurazione contro gli Infortuni e l’Assicurazione Vecchiaia e Superstiti hanno proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi e illustrato da memoria. Ha resistito con controricorso ANAS S.p.a Motivi della decisione 1. Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità della nomina del difensore, avv. Francesco M., congiuntamente all’avv. Riccardo Conte, già difensore delle parti ricorrenti, giusta procure in calce al ricorso, in quanto effettuata con atto denominato atto di costituzione di codifensore e non con atto pubblico o con scrittura privata autenticata ai sensi dell’art. 83, secondo comma, c.p.c., nella sua formulazione antecedente alle modifiche introdotte dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, giacché dette modifiche - che avrebbero consentito una nomina come quella anzidetta - non possono trovare applicazione nella presente controversia, iniziata nel 2005, in quanto operanti soltanto per i giudizi introdotti dopo l’entrata in vigore delle legge stessa, alla stregua di quanto disposto dalla medesima L. n. 69, art. 58 . Sicché, nella fattispecie, è ancora pienamente efficace la seguente regula iuris Nel giudizio di cassazione - diversamente rispetto a quanto avviene con riguardo ai giudizi di merito - la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poiché l’art. 83, terzo comma, c.p.c., nell’elencare gli atti a margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, individua, con riferimento al giudizio di cassazione, soltanto quelli suindicati. Pertanto, se la procura non viene rilasciata su detti atti, è necessario che il suo conferimento si realizzi nella forma prevista dal secondo comma del citato art. 83, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata v., ex multis, Cass., 5 giugno 2007, n. 13086 Cass. 13/02/2013, n. 3554, Cass. 6/06/2014, n. 12831 Cass. 30/06/2015, n. 13329 Cass. 10/05/2016, n. 9371 . 2. Con il primo motivo si lamenta Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 141 codice della strada decr. legisl. 30 aprile 1992, n. 285 con riferimento all’art. 1 della L. 689/81 modifiche al sistema penale , degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. e dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c Violazione degli artt. 111, 6 comma, Cost. e 132 n. 4 c.p.c. in riferimento all’art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. . I ricorrenti si dolgono che la Corte di merito, pur dando atto che il verbale della Polizia stradale, sulla base del quale era stata elevata una contravvenzione, ai sensi dell’art. 141, primo comma, del CdS, a carico del P. e di E.S. , proprietaria del motoveicolo condotto dal predetto al momento del sinistro, era stato annullato dal Prefetto di Como, abbia poi, sulla base di una sorta di obiter dictum del provvedimento prefettizio, ritenuto sussistente la violazione, da parte del P. , della disposizione di cui al secondo comma della norma indicata senza precisare in cosa si sarebbe concretizzata nella fattispecie la violazione . Inoltre, ad avviso dei ricorrenti, la Corte di merito, incorrendo in gravi contraddizioni logiche , avrebbe asserito nella sentenza impugnata che il compiuto esame delle risultanze processuali - con particolare riferimento all’espletata consulenza d’ufficio e alle prove testimoniali - porta ad affermare che gli attori in primo grado non hanno fornito adeguata prova né della condizione potenzialmente lesiva posseduta dalla cosa né del nesso eziologico tra lo stato della pavimentazione e le lesioni subite e che le condizioni meteorologiche in atto e lo stato sdrucciolevole del manto stradale, in quel tratto di discesa, imponevano una condotta di guida adeguata ed idonea a consentire al P. di porre in essere, come fatto dalla macchina che lo precedeva, manovre di rallentamento della marcia, in condizioni di sicurezza, per la presenza di veicoli danneggiati coinvolti poco più avanti in un incidente segnalato da fiaccole collocate sulla sede stradale dai Vigili del Fuoco, intervenuti sul posto , senza che fosse stato rilevato che il P. non marciasse in condizioni di sicurezza. Sempre secondo i ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe ritenuto il P. unico responsabile del sinistro, facendo ricorso ad una sorta di presumptio hominis a carico del predetto senza indicare, se non apparentemente, quali sarebbero state le circostanze gravi, precise e concordanti da cui desumere la condotta imprudente del P. , dando risalto a considerazioni generiche e apodittiche della Polizia Stradale e omettendo di esaminare rilevanti deposizioni testimoniali. 3. Con il secondo motivo si deduce Violazione degli artt. 2051 e 2697 e 2727 e 2729 cod. civ. in relazione all’art. all’art. 360, n. 3 c.p.c. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nell’esame critico della consulenza tecnica d’ufficio in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. . Lamentano i ricorrenti che la Corte territoriale, pur dando atto che la strada percorsa dal P. era sdrucciolevole, non si è posta nemmeno il problema di verificare se la caduta fosse da attribuire solo al fatto di questa scivolosità della strada, con ciò superando illegittimamente la presunzione di cui all’art. 2051 cc., senza aver detto nulla sul caso fortuito che avrebbe impedito nella fattispecie l’operatività della responsabilità oggettiva di cui alla norma indicata ed avrebbe, altresì, ritenuto che la strada non presentasse elementi di pericolosità per difetto di manutenzione prendendo le distanze dalle conclusioni del C.T.U. e omettendo di valutare una serie di prove . 4. Con il terzo motivo si lamenta Omesso esame di rilevanti prove acquisite nel processo, esaminate dal giudice di primo grado violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. Omessa considerazione di fatti rilevanti ed oggetto di discussione tra le parti violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3 e 5 c.p.c. Violazione dell’art. 14 del decr. lgs. N. 285 del 1992 codice della strada in riferimento all’art. 360, n. 3 c.p.c. . Sostengono i ricorrenti che la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare rilevanti deposizioni testimoniali raccolte nel processo ed in particolare, tra le altre, quella dell’ex sindaco di OMISSIS , non avrebbe, diversamente dal Tribunale, ritenuto sussistente la violazione, da parte dell’ANAS, dell’art. 14 del CdS ed avrebbe erroneamente ritenuto che gli attori non avessero assolto l’onere di dimostrare che, all’origine della rovinosa caduta, vi sia stata un’intrinseca potenzialità lesiva del manto stradale . 4. Con i tre motivi proposti, che ben possono essere trattati unitariamente, essendo strettamente connessi, i ricorrenti, al di là dei richiami nelle rispettive rubriche a violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, pongono sostanzialmente in questa sede questioni di fatto che sono invece rimesse alla valutazione del giudice di merito, evidenziandosi che involgono apprezzamenti di fatto, pure riservati al giudice del merito, l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, che nella specie c’è né può ritenersi meramente apparente. A quanto precede va aggiunto che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., nella sua nuova formulazione, applicabile ratione temporis , al caso di specie, qualora il fatto storico stato della strada in cui si è verificato il sinistro in questione , rilevante in causa, sia stato - come nella fattispecie all’esame - comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie Cass., sez. un., 7/04/2014, n. 8053 Cass., ord., 10/02/2015, n. 2498 . 5. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. 6. Tenuto conto dell’alterno esito della lite nei due gradi di merito, va disposta l’integrale compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra le parti. 7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.