Diritto all’unità familiare e preminenza dell’interesse del minore: divieto di espulsione indiretto

Il temperamento del divieto di espulsione del minore con il quale si consente allo stesso di seguire i genitori o gli affidatari espulsi è puramente finalizzato alla realizzazione dell’interesse del minore. Ove si ritenesse che il grave disagio psico fisico possa essere escluso mediante l’allontanamento dei genitori e del minore l’efficacia del divieto espulsivo verrebbe meno e la deroga parziale produrrebbe un’eterogenesi non consentita dei fini rispetto al sistema costituzionale e convenzionale del diritto all’unità familiare e della preminenza dell’interesse del minore.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 1403/17 depositata il 19 gennaio. Il fatto. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della cittadina straniera avvero il diniego della Corte D’appello sez. minori, che confermava la decisione di primo grado del Tribunale di Minori, ad ottenere l’autorizzazione a rimanere in Italia nell’interesse della figlia entrata nel paese insieme alla madre con un visto turistico. La Corte di Cassazione, quindi, cassava il provvedimento impugnato della Corte d’Appello e rinviava a questa, in diversa composizione, affinchè disponesse un’autorizzazione temporanea ex art. 31 d.lgs n. 286/1998. In fatto, madre e figlia erano entrate in Italia con un visto turistico di tre mesi e la madre aveva fatto istanza al Tribunale dei minori per ottenere l’autorizzazione a rimanere nel Paese nell’interesse della minore. Il Tribunale negava detta autorizzazione ritenendo che, essendo giunta in Italia con un visto turistico di tre mesi, non si poteva parlare di radicamento della minore nel territorio, talchè non era verosimile l’ipotesi di un danno o grave pregiudizio alla piccola in caso di distacco dalla nuova realtà sociale. Avverso la decisione del Tribunale la madre proponeva ricorso in Corte D’Appello la quale confermava la decisione di primo grado ribadendo che non erano ravvisabili concreti pregiudizi o gravi motivi connessi allo sviluppo psico fisico della minore conseguenti all’abbandono della madre, e conseguentemente anche della figlia, dal territorio nazionale. Anche la Corte d’Appello riteneva infatti che il periodo intercorso sul territorio nazionale non poteva aver determinato un inserimento della minore nella realtà sociale tale da creare, in caso di distacco, apprezzabili conseguenze pregiudizievoli. La Corte, inoltre, poneva l’accento anche sulla possibilità riconosciuta alla figlia di seguire la madre e quindi, con ciò, evitare ogni qualsivoglia pregiudizio in merito anche al distacco con la figura materna. La madre proponeva ricorso in Cassazione affermando la violazione delle norme sul Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e sulla condizione dello straniero, nonché della Convenzione sui diritti del fanciullo. TU sull’immigrazione e convenzione dei diritti del fanciullo. In particolare la donna lamentava l’interpretazione in senso restrittivo del concetto gravi motivi fatta dai Giudici territoriali che non aveva tenuto in considerazione i danni che sarebbero stati causati alla minore dall’allontanamento della madre in conseguenza del diniego alla sua permanenza nel territorio italiano ovvero lamentava la mancata considerazione dei pericoli e dei gravi danni che la bambina avrebbe subito in relazione alle possibili conseguenze derivanti dalla negazione dell’autorizzazione a permanere alla madre. Nel caso di specie, infatti, la minore avrebbe ricevuto un forte trauma dall’abbandono dell’unico genitore costretto a lasciare il paese, mentre il Tribunale e la Corte d’appello si erano limitati a considerare i possibili danni al solo momento della domanda, negando il radicamento della bambina nel territorio, senza considerare gli effetti e i gravi danni / motivi conseguenti all’allontanamento della donna a causa della non autorizzazione a permanere nello Stato. La madre lamentava inoltre la violazione del diritto all’unità familiare e del TU sull’immigrazione nella parte in cui sancisce che nessun minore può essere espulso dal Territorio Nazionale, neanche indirettamente costringendolo a seguire la madre. La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso della donna ritenendo che il grave pregiudizio per il minore di cui all’art. 31 d.lgs. 286/98 si doveva cogliere nella perdita dell’unico genitore conseguentemente all’allontanamento e che l’argomentazione secondo la quale il minore potrebbe seguire la madre era priva di qualsivoglia fondamento perché contrastante con il divieto di espulsione dei minori stranieri derivante dalla normativa anzidetta. La Corte Suprema ha sottolineato che, ove infatti si consentisse detta espulsione del minore, anche indirettamente costringendolo a seguire la madre, verrebbe meno l’efficacia del divieto espulsivo e sarebbe violato il sistema costituzionale e convenzionale del diritto all’unità familiare e della preminenza dell’interesse del minore.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile 1, sentenza 11 novembre 2016 19 gennaio 2017, n. 1403 Presidente Ragonesi Relatore Acierno Fatto e diritto In ordine al procedimento recante il n. di R.G. 27032 del 2015 è stata depositata la seguente relazione Con decreto del Tribunale per i Minorenni delle Marche è stata respinta l’istanza proposta da S.D. , ai sensi dell’art. 31 del d.lgs n. 286/98, per ottenere l’autorizzazione a rimanere in Italia nell’interesse del minore S.K., figlia della ricorrente, nata in omissis . A sostegno del decisum , il primo Giudice ha osservato che l’istante era giunta in Italia insieme al figlio minore nel settembre 2014 con un visto turistico di tre mesi e che, pertanto, non si poteva parlare di radicamento del minore stesso nel territorio nazionale. Avverso tale decreto S.D. propone reclamo in Appello, chiedendo la revoca del provvedimento impugnato e l’accoglimento della sua istanza. Con provvedimento n. 316/2015, la Corte di Appello di Ancona, Sezione Minori, ha respinto il reclamo e ha confermato l’impugnato decreto, rilevando come non appare ravvisabile un concreto pregiudizio per il minore, non sussistendo gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, conseguente all’allontanamento della madre dal territorio nazionale, tenendo in considerazione che la stessa può sempre portare con sé il minore, evitando così qualsivoglia distacco inoltre, considerando che il minore è entrato in Italia nel settembre 2014 unitamente alla madre, e, pertanto, non appare ravvisabile, in ragione del tempo decorso dal suo ingresso nel territorio nazionale, un inserimento nella realtà sociale tale da determinare, in caso di distacco, apprezzabili conseguenze pregiudizievoli. S.D. ricorre per Cassazione avverso il provvedimento n. 316/2015, sulla base delle seguenti motivazioni 1 Violazione dell’art. 31, comma 3, d.lgs 286/98, in particolare sull’interpretazione del concetto di gravi motivi in senso restrittivo, contrastante con la giurisprudenza della Cassazione, in particolare con la pronuncia a Sezioni Unite n. 21779 del 2010. Il provvedimento impugnato viola la ratio dell’istituto in esame, il quale pone al centro dell’attenzione la tutela dello sviluppo psicofisico del minore non solo in relazione ai pericoli ed ai gravi motivi sussistenti al momento della richiesta, ma anche in relazione alle possibili conseguenze derivanti dalla negazione della stessa. Nella specie la minore subirebbe un trauma irreversibile perdendo l’unico genitore che ha, essendo già stata abbandonata dal padre. 2 Violazione del Diritto all’Unità Familiare, secondo cui il provvedimento impugnato viola palesemente il fondamentale diritto all’unità familiare e, dunque, illegittimo sia sotto il profilo sostanziale in quanto viola direttamente il richiamato diritto, sia sotto il profilo motivazionale, in quanto nulla viene detto nel provvedimento impugnato circa il perché possa essere diviso il nucleo familiare in questione. 3 Violazione dell’art. 19 del TU sull’Immigrazione in relazione all’art. 9 e ss. della Convenzione sui Diritti del Fanciullo, ratificata con l. n. 176/1991, sulla base del quale si evince chiaramente dalle norme richiamate che un minore non può essere espulso dal Territorio Nazionale, in nessun caso, neanche indirettamente costringendolo a seguire la madre. 4 Violazione dell’art. 31 del TU sull’immigrazione per carenza ed illogicità della motivazione, sulla base del quale manca, nel provvedimento impugnato, qualsivoglia motivazione circa la sussistenza, in prospettiva, di un danno grave ed irreparabile allo sviluppo psico-fisico del minore in questione. Il primo motivo appare fondato dal momento che nella specie il grave pregiudizio per lo sviluppo psicofisico del minore si deve cogliere nella perdita dell’unico genitore, conseguente all’allontanamento, così come già sottolineato in Cass. 24476 del 2015, preceduta da Cass. 25508 del 2014. Al riguardo la Code d’Appello non ha fatto buon governo di questi principi non avendo svolto alcuna indagine in ordine alla condizione della minore una volta privata dell’unico genitore. L’argomentazione secondo la quale la minore potrebbe seguire la madre in Albania è radicalmente priva di fondamento perché contrastante con il divieto di espulsione dei minori stranieri derivante in particolare dall’art. 19 lettera a del d.lgs n. 286 del 1998. Secondo tale norma, infatti, il minore ha il diritto di seguire il genitore e l’affidatario espulsi. Tale temperamento del divieto di espulsione è finalizzato alla realizzazione dell’interesse del minore. Ove si ritenesse che il grave disagio psicofisico possa essere escluso mediante l’allontanamento dei genitori e del minore l’efficacia del divieto espulsivo verrebbe meno e la deroga parziale produrrebbe un’eterogenesi non consentita dei fini rispetto al sistema costituzionale e convenzionale del diritto all’unità familiare e della preminenza dell’interesse del minore. Gli altri motivi sono assorbiti dall’accoglimento del primo. Ove si condividano i predetti rilievi il primo motivo di ricorso deve essere accolto . Il Collegio condivide integralmente la relazione depositata e per l’effetto cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Ancona sez. minori, perché tenuto conto del grave disagio psicofisico del minore derivante dall’allontanamento coattivo dell’unico genitore che ha, disponga l’autorizzazione temporanea ex art. 31 d.lgs n. 286 del 1998 per la frazione temporale che riterrà necessaria. P.Q.M. Accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Ancona, in diversa composizione.