L’avvocato assicurato è contumace e non chiede la manleva: l’assicuratore può essere condannato?

In tema di assicurazione per responsabilità civile, un avvocato viene convenuto in giudizio per il risarcimento del danno causato dall’inadempimento al mandato professionale e ottiene la manleva della società di assicurazione con cui aveva sottoscritto una polizza. In secondo grado egli rimane contumace, non riproponendo domanda nei confronti dell’assicuratore. Questo rende complesso al danneggiato l’ottenimento del risarcimento.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 925/17 depositata il 17 gennaio. Il caso. Un cliente conveniva in giudizio l’avvocato di fiducia, dopo avergli affidato il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, al fine di ottenere il risarcimento dei danni causati dall’inadempimento al mandato professionale. L’avvocato, costituendosi in giudizio, otteneva la chiamata in causa della Vittoria Assicurazioni s.p.a., per ottenere manleva, avendo sottoscritto con quest’ultima polizza assicurativa per la responsabilità civile. In primo grado le richieste del cliente venivano rigettate. Ma in secondo esse venivano accolte, con la condanna al risarcimento dei danni dell’ammontare di quasi 45mila € e con l’ulteriore statuizione di tenere indenne il predetto avvocato dal pagamento sopra indicato , nonostante questo fosse rimasto contumace. La società assicurativa proponeva quindi ricorso in Cassazione. Resisteva con controricorso l’attore originario. Le ragioni dell’assicuratore. La compagnia assicurativa lamenta violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in quanto l’avvocato, essendo rimasto contumace in appello, non aveva riproposto la domanda subordinata di manleva. Neppure il danneggiato aveva espressamente riproposto alcuna domanda volta a conseguire il risarcimento dalla società. Secondo la Corte di Cassazione, tale motivo è fondato, in quanto, secondo un orientamento affermatosi precedentemente, soltanto l’assicurato è legittimato ad agire nei confronti dell’assicuratore, e non anche il terzo, nei confronti del quale l’assicuratore non è tenuto per vincolo contrattuale, né a titolo di responsabilità aquiliana . In tali casi deve trovare applicazione il disposto dell’art. 346 c.p.c., che dispone la rinuncia e la non riesaminabilità delle domande ed eccezioni che non siano state accolte dalla sentenza di primo grado e che non siano state riproposte in secondo. Questo principio va esteso anche al caso dell’ appellato rimasto contumace in sede di gravame, in coerenza con il carattere devolutivo dell’appello, così ponendo appellato e appellante su un piano di parità . L’avvocato danneggiante, però, non aveva riproposto la domanda di manleva nei confronti dell’assicuratore, la quale, alla luce di quanto appena detto, doveva intendersi come rinunciata, dunque non più esaminabile dalla Corte territoriale, la quale statuendo su di essa, ha pertanto violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c. . Le ragioni del danneggiato. Il cliente danneggiato lamentava la violazione dell’art. 91 c.p.c. per aver il giudice d’appello non condannato anche la compagnia di assicurazioni al pagamento delle spese processuali , avendo essa assunto il ruolo di controparte prima e appellante poi. Se l’assicurato era stato dichiarato responsabile e se si era disposto che l’assicuratore lo tenesse indenne per il risarcimento, se ne deve dedurre che la statuizione va estesa anche alle spese processuali. Secondo la Corte di Cassazione la posizione dell’assicuratore della responsabilità civile nel giudizio in cui viene chiamato in causa è quella dell’ interventore adesivo autonomo come precisato nella sentenza n. 24707/15 . Dato che la Vittoria Assicurazioni s.p.a. ha contestato la fondatezza della proposta dell’attore, essa resta soggetto al principio di soccombenza, al fine della regolamentazione delle spese, a prescindere da ogni questione sulla natura e sul titolo dell’intervento [] e può essere anche condannata in solido con la parte della quale condivide il medesimo interesse . Per questi motivi, la sentenza deve essere cassata e la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 ottobre 2016 – 17 gennaio 2017, n. 925 Presidente Spirito – Relatore Vincenti Fatti di causa 1. - M.U. convenne in giudizio l’avvocato S.R. per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti a causa dell’inadempimento al mandato professionale affidatogli in relazione a procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, avente ad oggetto il pagamento, da parte del medesimo M. , di canoni locatizi ed oneri accessori. Nel costituirsi in giudizio l’avvocato S. contestò la fondatezza della domanda e, in ogni caso, chiese ed ottenne di chiamare in causa la Vittoria Assicurazioni S.p.A., per essere manlevato in forza di polizza per la responsabilità civile stipulata con essa compagnia. La Vittoria Assicurazioni S.p.A. si costituì in giudizio, chiedendo la reiezione della domanda attorea. L’adito Tribunale di Bologna, con sentenza del dicembre 2004, rigettò la domanda. 2. - Avverso tale decisione proponeva impugnazione M.U. , la quale - nel contraddittorio con la Vittoria Assicurazioni S.p.A. che chiedeva la reiezione del gravame e la conferma della sentenza impugnata e nella contumacia di S.R. - veniva accolta dalla Corte di appello di Bologna con sentenza resa pubblica il 29 marzo 2011, che condannava lo S. al pagamento, a titolo di risarcimento danni per responsabilità professionale in favore dell’appellante, della somma di Euro 44.894,29, oltre accessori e spese del doppio grado del giudizio, dichiarando altresì la Vittoria Assicurazioni tenuta a tenere indenne il predetto avvocato dal pagamento sopra indicato . 3. - Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Vittoria Assicurazione S.p.A. sulla base di tre motivi. Ha resistito con controricorso M.U. , altresì proponendo ricorso incidentale affidato ad un solo motivo. Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimato S.R. . La causa è pervenuta all’udienza odierna a seguito di rinvio, disposto con ordinanza interlocutoria n. 18004 dell’11 settembre 2015, in attesa della decisione delle Sezioni Unite in ordine al contrasto giurisprudenziale sulla questione del rapporto processuale, in sede di impugnazione, tra assicurato ed assicuratore della responsabilità civile, fuori dell’ambito dell’assicurazione obbligatoria. Ragioni della decisione 1. - Con il primo mezzo del ricorso principale della Vittoria Assicurazioni S.p.A. è denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., vizio di ultra od extra petizione in violazione dell’art. 112 c.p.c La Corte territoriale avrebbe condannato la compagnia Vittoria Assicurazioni a tenere indenne l’assicurato avvocato S. in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, posto che quest’ultimo, essendo rimasto contumace in appello, non aveva riproposto in sede di gravame la domanda subordinata di manleva, né, peraltro, alcuna domanda nei confronti della stessa compagnia assicurativa era stata avanzata dall’appellante M. . 2. - Con il secondo mezzo del medesimo ricorso principale è dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., vizio di ultra petizione in violazione dell’art. 112 c.p.c In subordine al mancato accoglimento del motivo che precede, la società ricorrente assume che il giudice di appello avrebbe, comunque, errato a condannare la Vittoria Assicurazioni a tenere indenne il professionista da quanto lo stesso era tenuto a pagare in favore del cliente, senza però detrarre la franchigia prevista nella polizza, come dall’assicurato S. richiesto con la domanda subordinata di manleva proposta in primo grado. 2.1. - Il primo motivo è fondato e ciò comporta l’assorbimento del secondo mezzo. 2.1.1. - Nell’assicurazione per la responsabilità civile e al di fuori delle ipotesi legali di assicurazione obbligatoria, l’assicuratore è obbligato solo nei confronti dell’assicurato a tenerlo indenne da quanto questi debba pagare ad un terzo cui ha provocato un danno, sicché, al di fuori delle eccezioni sopra indicate, soltanto l’assicurato è legittimato ad agire nei confronti dell’assicuratore, e non anche il terzo, nel confronti del quale l’assicuratore non è tenuto per vincolo contrattuale, né a titolo di responsabilità aquiliana Cass., 20 aprile 2007, n. 9516 . Invero, un rapporto diretto tra assicuratore e danneggiato sorge quando l’assicuratore assuma l’iniziativa di adempiere direttamente nelle mani del danneggiato, oppure quando l’assicurato richieda all’assicuratore il pagamento diretto al danneggiato, ai sensi dell’art. 1917, terzo comma, cod. civ. Cass., 12 aprile 2006, n. 8622 ipotesi, queste, che non ricorrono nel caso di specie. Né, peraltro, può nella fattispecie invocarsi il principio dell’estensione automatica della domanda dell’attore nei confronti del terzo chiamato in causa dal convenuto, che rileva solo quando tale chiamata sia effettuata dal convenuto per ottenere la sua liberazione dalla pretesa attorea, individuandosi il terzo come l’unico obbligato nei confronti dell’attore, in posizione alternativa con il convenuto ed in relazione ad un unico rapporto, mentre non opera in caso di chiamata in garanzia che come nel caso in esame è fondata sull’autonomia dei rapporti. 2.1.2. - Ciò premesso, lo S. ha chiamato in causa il proprio assicuratore della responsabilità civile ed ha proposto domanda, subordinata all’accoglimento di quella principale di risarcimento danni per responsabilità professionale, di condanna della Vittoria Assicurazione S.p.A. a tenerlo indenne e manievato . da ogni richiesta avanzata da parte attrice, detratta la franchigia prevista in polizza . La domanda del M. è stata respinta in primo grado ed il Tribunale adito non si è pronunciato sulla domanda di garanzia dello S. . Lo stesso M. ha, quindi, proposto appello avverso la sentenza sfavorevole, insistendo correttamente in iure per la sola condanna dello S. . Quest’ultimo non si è costituito in giudizio, mentre si è costituito il suo assicuratore la società Vittoria Assicurazioni , che ha insistito per la conferma della sentenza impugnata. 2.1.3. - Va precisato, anzitutto, che nella specie è da ravvisare - in ragione della richiesta di condanna dell’assicuratore condizionata all’accoglimento di quella principale risarcitoria a tenere indenne l’assicurato di quanto tenuto verso il danneggiato - una chiamata in garanzia non circoscritta alla sola estensione soggettiva al garante dell’accertamento sul rapporto principale, ma concernente anche il riconoscimento della prestazione di garanzia condizionatamente alla soccombenza sul rapporto principale dunque, anche comportante una estensione oggettiva del giudizio in tale prospettiva, Cass., sez. un., 4 dicembre 2015, n. 24707 . In tale ipotesi, posto che l’impugnazione dell’attore soccombente, in forza del litisconsorzio necessario processuale all’uopo esistente, è da rivolgersi necessariamente nei confronti sia del danneggiante/garantito, che del garante, il garantito che ha proposto domanda di condanna del garante alla relativa prestazione di garanzia , non essendovi stata decisione su di essa, la può riproporre ai sensi dell’art. 346 c.p.c 2.1.4. - Nel caso di specie, il M. ha correttamente proposto appello nei confronti dello S. danneggiante/garantito e della Vittoria Assicurazione S.p.A. garante , ma il garantito, essendo rimasto contumace in appello, non ha riproposto la domanda di condanna del garante. Trova, quindi, applicazione il principio cfr., tra le altre, Cass., 19 dicembre 2013, n. 28454 secondo cui l’art. 346 c.p.c., in forza del quale si intendono rinunciate e non più riesaminabili le domande ed eccezioni non accolte dalla sentenza di primo grado che non siano state espressamente riproposte in appello, è operante anche nei riguardi dell’appellato rimasto contumace in sede di gravame, in coerenza con il carattere devolutivo dell’appello, così ponendo appellato e appellante su un piano di parità - senza attribuire alla parte, rimasta inattiva ed estranea alla fase di appello, una posizione sostanzialmente di maggior favore - sì da far gravare su entrambi, e non solo sull’appellante, l’onere di prospettare al giudice del gravame le questioni domande ed eccezioni risolte in senso ad essi sfavorevole. Con la precisazione che, proprio in caso di rigetto della domanda principale e conseguente omessa pronuncia sulla domanda di garanzia condizionata all’accoglimento, la devoluzione di quest’ultima al giudice investito dell’appello sulla domanda principale non richiede la proposizione di appello incidentale, essendo sufficiente la riproposizione della domanda ai sensi dell’art. 346 c.p.c. Cass., sez. un., 19 aprile 2016, n. 7700 . 2.1.5. - Posto, dunque, che lo S. , se intendeva ottenere la condanna alla manleva del proprio assicuratore, era tenuto a reiterare in appello detta domanda, non esaminata dal primo giudice perché, in quanto subordinata all’accoglimento di quella principale, rimasta assorbita dal rigetto di quest’ultima , la mancata riproposizione della domanda stessa era da intendersi come rinunciata ai sensi dell’art. 346 c.p.c. e, dunque, non più esaminabile dalla Corte territoriale, la quale, statuendo su di essa, ha pertanto violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c Peraltro, quanto messo complessivamente in rilievo dà altresì evidente contezza dell’interesse ad impugnare in capo alla soccombente Vittoria Assicurazioni interesse contestato dalla parte controricorrente , giacché, al di là del profilo della estensione soggettiva del giudizio e del relativo giudicato, su cui verte l’ulteriore motivo di ricorso principale , quanto ai rapporti tra garantito e garante, l’accoglimento dell’impugnazione consentirà di porre ancora in discussione la sussistenza stessa del rapporto di garanzia, la debenza della garanzia in base ad esso e tutte le questioni ad essa relative. 3. - Con il terzo mezzo è prospettato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., vizio di contraddittoria ed illogica motivazione circa un punto decisivo della controversia . inerente la ritenuta responsabilità professionale - artt. 1176, 2236, 2697 c.c. . La Corte territoriale, pur richiamando le risultanze dell’interrogatorio formale reso dall’avvocato S. all’udienza dell’8 aprile 2003, avrebbe fondato la decisione su un errato presupposto fattuale, ossia che il professionista non avesse informato il cliente sui modi e tempi dell’azione da intraprendere per il recupero delle somme illegittimamente corrisposte a titolo di canoni di locazione, là dove, invece, era incontestabile che l’avvocato S. , in detto interrogatorio, aveva affermato di aver dato al M. la predetta informazione. 3.1. - Il motivo è inammissibile. Con esso, oltre a non fornirsi sia pure per sintesi il contenuto del verbale di interrogatorio formale, né della memoria in cui lo stesso si assume articolato con ulteriore difetto di localizzazione ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c. , non si coglie affatto la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale dà atto, in base alle risultanze dell’interrogatorio formale, dell’informazione del professionista al cliente circa le possibili scelte difensive da attuare , ma evidenzia il mancato riscontro probatorio gravante sullo stesso avvocato sul fatto che al M. sia stato anche prospettato quali conseguenze si sarebbero potute realizzare nell’un caso e nell’altro, eventualmente ostative al raggiungimento del risultato o comunque produttive di effetti dannosi . Là dove, poi, la doglianza intendesse proprio postulare un errore di fatto del giudice del merito sulla lettura stessa di detto interrogatorio ossia di un travisamento del relativo contenuto , essa, come tale, integrerebbe il presupposto della revocazione ai sensi dell’art. 395, primo comma, n. 4, c.p.c., e, dunque, non quello di un vizio denunciabile con l’impugnazione in questa sede. 4. - Con l’unico mezzo del ricorso incidentale di M.U. è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione dell’art. 91 c.p.c Il giudice di appello, nel condannare lo S. al pagamento delle spese processuali dei due gradi di giudizio e nel dichiarare che la Vittoria Assicurazioni S.p.A. doveva tenerlo indenne anche per dette spese, avrebbe errato a non condannare anche la compagnia di assicurazioni al pagamento delle spese processuali, per aver quest’ultima, con la contestazione della domanda di esso M. e la richiesta di relativo rigetto, assunto la veste di controparte dell’attore e, poi, appellante. 4.1. - Il motivo è fondato. La posizione dell’assicuratore della responsabilità civile nel giudizio nel quale viene chiamato in causa - e nel cui ambito si determina, anche a prescindere da una domanda del garantito sull’accertamento del rapporto di garanzia e/o sulla relativa prestazione, l’estensione soggettiva dello stesso giudizio nei confronti del garante, con conseguente litisconsorzio necessario processuale - è quella di un interventore adesivo autonomo cfr. la citata Cass., sez. un., n. 24707 del 2015 . Sicché, avendo la Vittoria Assicurazioni S.p.A. contestato la fondatezza della domanda attorea al fine di evitare una pronuncia favorevole al danneggiato che, sul punto della responsabilità, estendesse il giudicato anche nei suoi confronti, quale garante del danneggiante , essa resta soggetto al principio della soccombenza, al fine della regolamentazione delle spese, a prescindere da ogni questione sulla natura e sul titolo dell’intervento tra le altre, Cass., 21 dicembre 1982, n. 7057 Cass., 15 marzo 2006, n. 5684 e può essere anche condannata in solido con la parte della quale condivide il medesimo interesse Cass., 23 luglio 1997, n. 6880 . 5. - Va, dunque, accolto il primo motivo del ricorso principale, dichiarato assorbito il secondo e rigettato il terzo motivo del medesimo ricorso va, altresì, accolto il ricorso incidentale, basato su un unico motivo. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c A tal fine, va dichiarata la rinuncia, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., della domanda di garanzia e manleva di S.R. nei confronti della Vittoria Assicurazioni S.p.A., restando confermata la sentenza di appello in punto di condanna dello S. nei confronti di M.U. , sia titolo di responsabilità professionale, sia per le spese processuali. La Vittoria Assicurazioni S.p.A., nella sua posizione di interventore soccombente nei confronti dell’appellante quanto alla domanda di responsabilità professionale, va condannata, in solido con lo S. , a rifondere le spese processuali del doppio grado in favore dello stesso M. , da liquidarsi nella stessa misura indicata dalla sentenza di appello. 6. - S.R. , soccombente nei confronti della Vittoria Assicurazioni S.p.A., va condannato a rifondere a quest’ultima società le spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, in conformità ai parametri di cui al d.m. 10 marzo 2014, n. 55. La Vittoria Assicurazioni S.p.A., soccombente nei confronti del M. , va condannata a rifondere a quest’ultimo le predette spese, come liquidate in dispositivo, in conformità ai predetti parametri. P.Q.M. LA CORTE accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il secondo motivo e rigetta il terzo motivo dello stesso ricorso accoglie l’unico motivo del ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e decidendo nel merito 1 dichiara rinunciata la domanda di garanzia e manleva originariamente proposta da S.R. nei confronti della Vittoria Assicurazioni S.p.A. 2 condanna la Vittoria Assicurazione S.p.A., in solido con S.R. , al pagamento, in favore di M.U. , delle spese di entrambi i giudizi di merito, nella stessa misura liquidata dalla sentenza di appello condanna S.R. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della Vittoria Assicurazioni S.p.A., che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge condanna la Vittoria Assicurazioni S.p.A. al pagamento delle predette spese in favore di M.U. , che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.