Fornitura al Comune non deliberata: risponde in proprio chi ha consentito l'esecuzione del contratto, non l'ente

La Corte di Cassazione interviene sul delicato tema dell'azione di arricchimento esperita nei confronti dell'ente locale laddove i dipendenti dello stesso abbiano tenuto un comportamento che ha determinato l'insorgere dei presupposti di fatto e di diritto per il fondamento dell'azione esperita dall'attore in giudizio.

Il tema è stato affrontato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 80 depositata il 4 gennaio 2017. La vicenda. Nel caso di specie era accaduto che una società avesse inviato a un Comune materiale informatico sulla base di una delibera della Giunta comunale successivamente non ratificata, sebbene l'ente locale avesse pagato in parte la fornitura. Quel materiale, unitamente al software, era stato utilizzato dal Comune nell'ambito dell'informatizzazione dei servizi cimiteriali poi affidato ad una società. Sulla base di questi fatti la società fornitrice aveva convenuto in giudizio sia il Comune che la società affidataria del servizio così informatizzato per ottenerne la condanna per indebito arricchimento. L'azione era stata rigettata in primo grado per difetto di sussidiarietà avendo il Tribunale rilevato che la società fornitrice avrebbe potuto esercitare l'azione di rivendicazione. Il giudice di appello, invece, aveva accolto l'azione nei confronti del solo Comune affermando che l'ente locale aveva tratto vantaggio dall'utilizzazione dei materiali e programmi ricevuti traendo un arricchimento sa farsi valere con una domanda che non trovava corrispondenza in alcuna altra azione esperibile . Senonché, il Comune ricorre per cassazione avverso la sentenza di appello sostenendo, ancora una volta, l'inammissibilità e, comunque, l'infondatezza della domanda la Suprema Corte, come vedremo, accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta, ma per motivazioni diverse da quelle prospettate che meritano di essere attentamente esaminate per gli importanti riflessi sulla corretta impostazione della controversia in casi come quello in esame. L'art. 23 d.l. n. 66/1989. Ed infatti, per la Suprema Corte occorre fare applicazione dell'art. 23 d.l. n. 66/1989 allora vigente secondo cui tutte le amministrazioni provinciali, i comuni e le comunità montane non possono effettuare spese se non esclusivamente laddove sussistano la deliberazione autorizzativa nelle forme previste dalla legge e divenuta o dichiarata esecutiva, nonchè l'impegno contabile registrato dal ragioniere o dal segretario, ove non esista il ragioniere, sul competente capitolo del bilancio di previsione, da comunicare ai terzi interessati . Quid juirs nel caso in cui le prescrizioni di contabilità pubblica non vengano rispettate? Ebbene, il comma 4 dello stesso articolo prevede che nel caso in cui vi sia stata l'acquisizione di beni o servizi in violazione dell'obbligo indicato nel comma 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge tra il privato fornitore e l'amministratore o il funzionario che abbiano consentita la fornitura. Detto effetto si estende per le esecuzioni reiterate o continuative a tutti coloro che abbiano reso possibili le singole prestazioni . Si tratta, come precisa la Corte di legittimità, di un innovativo sistema di imputazione alla sfera giuridica diretta e personale dell'amministratore o funzionario degli effetti dell'attività contrattuale dallo stesso condotta in violazione delle regole contabili in merito alla gestione degli enti locali, comportante relativamente ai beni e ai servizi acquisiti, una vera e propria frattura o scissione ope legis del rapporto di immedesimazione organica tra i suddetti agenti e la Pubblica Amministrazione, con conseguente esclusione della riferibilità a quest'ultima delle iniziative adottare al di fuori dello schema procedimentale . Novazione soggettiva del rapporto ope legis. Ecco allora che per effetto di questa normativa si passa da un regime di nullità del contratto stipulato in violazione delle norme regolatrici della sua formazione ad un regime di validità del contratto, ma tra il fornitore e il soggetto che ha violato le norme procedimentali come una sorta di novazione soggettiva del rapporto che opera ex lege . Tutto questo in funzione di tutela del patrimonio dell'ente in quanto si tratta di un sistema volto evidentemente a dissuadere l'amministratore e/o il funzionario dal dar corso a cuor leggero” a contratti pur in difetto dei requisiti di legge e b a prevenire il formarsi di debiti fuori bilancio a carico delle amministrazioni . Tutti sapevano o dovevano sapere. Peraltro si è osservato come il privato contraente nell'accettare di eseguire l'incarico conferitogli contra legem non possa ignorare che il rapporto contrattuale deve intendersi intercorso con il funzionario e, quindi, il privato si è assunto il rischio che la sua controparte non è l'ente locale, ma il funzionario con ogni conseguenza anche in punto di responsabilità patrimoniale . Risponde chi ha consentito la fornitura. Ecco allora che risponderà con il proprio patrimonio , e senza possibilità che nessuno possa invocare l'art. 28 Cost. l'amministratore o il funzionario che abbia consentito” e cioè chi trovandosi privo del potere decisionale sul conferimento dell'incarico o l'acquisizione del bene, nell'esercizio delle sue funzioni permetta che avvenga l'acquisizione della prestazione o della fornitura senza opporvisi per quanto dovuto nei limiti delle sue attribuzioni . Sarà, quindi, necessario che l'azione volta a ottenere la tutela da parte del fornitore si rivolga nei confronti dell'amministratore e/o del funzionario che abbiano consentito all'esecuzione di un contratto che non si era perfezionato secondo quanto previsto dalle norme di contabilità pubblica, rimanendo, viceversa, infondata l'azione eventualmente proposta nei confronti dell'ente locale. L'art. 191 d.lgs. n. 267/2000. Da ultimo resta da dire che la norma richiamata nella sentenza è stata successivamente abrogata e poi confluita nell'art. 191 d.lgs. n. 267/2000 che rispetto alla versione precedente prevede che nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'art. 194, comma 1, lettera e , tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 giugno 2016 – 4 gennaio 2017, n. 80 Presidente Salvago – Relatore Campanile Svolgimento del processo 1. Con sentenza depositata in data 1° agosto 2002 il Tribunale di Venezia rigettava la domanda avanzata da G.R., contitolare dell'impresa FEP, già dichiarata fallita e poi tornata in bonis, con la quale, premesso di aver inviato al Comune di Venezia in forza di una delibera della Giunta comunale, successivamente non ratificata, del materiale informatico, che era stato utilizzato, unitamente al software, nell'ambito dell'informatizzazione dei servizi cimiteriali, la cui gestione era stata affidata, anche mediante consegna di detti beni, all'AMAV, aveva chiesto che il Comune e l'Amav fossero condannati al pagamento delle somme corrispondenti all'indebito arricchimento conseguito da detta utilizzazione. 1.1. II Tribunale fondava il rigetto della domanda sul rilievo della carenza del requisito della sussidiarietà, in quanto la Rizzo avrebbe potuto esercitare l'azione di rivendicazione dei materiali consegnati. 1.2. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Venezia, affermata l'estraneità al rapporto dell'Azienda Amav - Vesta, in parziale accoglimento dei gravame della R., ha condannato l'ente territoriale al pagamento della somma di euro 57.833,77, oltre interessi, rilevando che, pur in assenza di un valido contratto, l'amministrazione comunale - che aveva per altro pagato la fornitura di parte dei materiale inviato - aveva tratto un vantaggio dall'utilizzazione dei materiali e programmi ricevuti, traendo un arricchimento, da farsi valere con una domanda che non trovava corrispondenza in alcuna altra azione esperibile. 1.3. Per la cassazione di tale decisione il Comune di Venezia propone ricorso, affidato a tre motivi, cui la Rizzo resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ. Motivi della decisione 2. Con il primo motivo, si deduce violazione degli artt. 2041 e 2042 cod. civ. in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ Si sostiene che i beni inviati al Comune, e solo per errore dallo stesso trasmessi ad Amav, erano rimasti nella mera detenzione dell'ente ricorrente, ragion per cui, indipendentemente dall'inerzia della Fep e della curatela fallimentare, la possibilità di rivendicarli escludeva l'esperibilità dell'azione di indebito arricchimento. 2.1. Con il secondo si denuncia motivazione insufficiente e contraddittoria in relazione agli aspetti sopra evidenziati. 2.2. La terza censura attiene alla violazione dell'art. 2041, comma 2, cod. civ., in quanto, avendo l'arricchimento ad oggetto cose determinate, il Comune era eventualmente tenuto soltanto alla restituzione dei beni mai ordinati, e consegnati soltanto a titolo di visione e prova . 3. Il ricorso è fondato, per le ragioni, non del tutto coincidenti con quelle addotte dal Comune di Venezia, di seguito esposte. 3.1. Vale bene ribadire, in proposito, il principio secondo cui, in ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l'osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, nonché per omologia con quanto prevede la norma di cui ai secondo comma dell'art. 384 cod. proc. civ., deve ritenersi che, nell'esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, la Corte di cassazione può ritenere fondata la questione, sollevata dal ricorso, per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d'ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, senza cioè che sia necessario l'esperimento di ulteriori indagini di fatto, fermo restando, peraltro, che l'esercizio del potere di qualificazione non deve inoltre confliggere con il principio del monopolio della parte nell'esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto, con la conseguenza che resta escluso che la Corte possa rilevare l'efficacia giuridica di un fatto se ciò comporta la modifica della domanda per come definita nelle fasi di merito o l'integrazione di una eccezione in senso stretto Cass., 14 febbraio 2014, n. 3437 Cass., 17 maggio 2011, n. 10841 Cass., 22 marzo 2007, n. 6935 . 3.2. Il tema della sussidiarietà dell'azione di indebito arricchimento, proposto dell'ente ricorrente sotto il profilo della possibilità di rivendicare i beni mobili a suo tempo consegnati - non priva di aspetti problematici, in relazione, a tacer d'altro, alla già avvenuta assegnazione degli stessi da parte del Comune all'Amav - deve essere esaminato alla stregua della normativa, applicabile ratione temporis, di cui all'art. 23 del D.L. n. 66 del 1989, convertito nella I. n. 144 del 1989 ed oggi rifluito nell'art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000. 3.3. Come risulta pacificamente, i beni posti a fondamento della pretesa della R. vennero consegnati in assenza di un valido rapporto contratto e al di fuori della previsione della delibera della Giunta in data 30 aprile 1990, con la quale, venne stanziata la spesa di lire 71.400.000, e che, benché inidonea, di per sé, alla costituzione di un rapporto obbligatorio, comportò, previa ratifica da parte del Consiglio comunale, il successivo pagamento di tale somma da parte dell'ente territoriale nell'anno 2000. Come si dà atto nell'impugnata decisione, il materiale in questione tra cui mobili di ufficio e stampanti, mai ordinato e inviato solo a titolo di visione e prova , venne consegnato tra il 26 novem-bre 1990 ed il 26 giugno 1991. 4. Deve quindi ribadirsi il contenuto e la finalità della normativa sopra richiamata, la quale, secondo la giurisprudenza di questa Corte Cass., 21 settembre 2015, n. 18567, Cass., 30 gennaio 2013, n. 24478 Cass., 27 marzo 2008, n. 7966 , ha previsto un innovativo sistema di imputazione alla sfera giuridica diretta e personale dell'amministratore o funzionario degli effetti dell'attività contrattuale dallo stesso condotta in violazione delle regole contabili in merito alla gestione degli enti locali, comportante relativamente ai beni ed ai servizi acquisiti, una vera e propria frattura o scissione ope legis del rapporto di immedesimazione organica tra i suddetti agenti e la Pubblica Amministrazione, con conseguente esclusione della riferibilità a quest'ultima delle iniziative adottate al di fuori dello schema procedimentale previsto dalla norme c.d. ad evidenza pubblica. 4.1. La normativa in esame ha poi comportato la sostituzione del pregresso regime di nullità del contratto per effetto delle norme regolataci della sua formazione con quello della sua piena validità ed efficacia tra agente in proprio e fornitore del quale sotto questo profilo viene incrementata la tutela per via di una sorta di novazione soggettiva di fonte normativa dell'originario rapporto obbligatorio che avrebbe dovuto intercorrere con l'ente pubblico di cui l'agente è organo, con l'introduzione di una nuova disciplina del rapporto tra gli enti medesimi e i soggetti agenti, nonché tra questi ultimi e i privati contraenti improntata a schemi privatistici. E' stata quindi valorizzato, sia ai fini della controprestazione, che per ogni altro effetto di legge, il reale incontro di volontà tra il privato contraente che nell'accettare di eseguire l'incarico conferitogli contra legem non possa ignorare che il rapporto contrattuale deve intendersi intercorso con il funzionario o l'amministratore ed assumere, quindi, volontariamente il rischio conseguente alla definitiva individuazione della parte contraente e patrimonialmente responsabile e quest'ultimo, che, nell'attribuirlo o nel consentirlo, accetta, per converso, la propria responsabilità personale diretta verso il terzo contraente per gli impegni assunti al di fuori od in violazione del procedimento contabile previsto dalla legge. 4.2. A entrambi i contraenti, infine, non è consentito invocare la disposizione contenuta nell'art. 28 Cost., che, nel contemplare la responsabilità dell'amministrazione accanto a quella degli agenti pubblici presuppone, in via di principio, che si tratti di attività riferibile all'ente stesso Cass., 31 maggio 2005, n. 11597 . 4.3. Il comma 4 dell'art. 23 del citato D.L. n. 66 del 1989, poi riprodotto nell'art. 35 del d.lgs. n. 77 del 1995, così dispone Nel caso in cui vi sia stata l'acquisizione di beni o servizi in violazione dell'obbligo indicato nel comma 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge tra il privato fornitore e l'amministratore o il funzionario che abbiano consentita la fornitura. Detto effetto si estende per le esecuzioni reiterate o continuative a tutti coloro che abbiano reso possibili le singole prestazioni . L'interpretazione di tale disposizione, in relazione al senso fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse art. 12 preleggi e alla finalità della normativa, indiscuti-bilmente volta a prevenire il formarsi di debiti fuori bilancio a carico delle amministrazioni, esclude la necessità di un ruolo attivo in capo al funzionario. Infatti, l'uso dei verbo consentire descrive il comportamento di chi, trovandosi privo del potere decisionale sul conferimento dell'incarico o l'acquisizione del bene, nell'esercizio delle sue funzioni permetta che avvenga l'acquisizione della prestazione o della fornitura, senza opporvisi per quanto dovuto nei limiti delle sue attribuzioni. Il disposto normativo è volto a far sì che un contratto non perfezionatosi secondo legge non pervenga alla fase esecutiva. A questo fine viene responsabilizzato l'amministratore o il funzionario che, chiamato ad operare, a cagione del suo ufficio, per la conclusione e l'attuazione del contratto, cooperi, lasci che la pre-stazione venga eseguita così Cass., 9 ottobre 2014, n. 21340 . 5. L'assenza di qualsiasi vincolo contrattuale e di una previsione di spesa rende la prestazione comunque resa dalla FEP assolutamente avulsa dal paradigma sopra evidenziato, e non può in alcun modo, essendo prevista la responsabilità del funzionario o dell'amministratore che la consentì, rendere predicabile l'esperimento dell'azione di indebito arricchimento nei confronti del Comune. 6. L'impugnata decisione, pertanto, deve essere cassata, ricorrendo, per altro, i presupposti, non essendo necessarie ulteriori acquisizioni, per la decisione nel merito, nel senso del rigetto della pretesa attorea. 7. L'alternanza delle decisioni e il rilievo, indipendentemente dalle ragioni sostenute nel ricorso, dell'infondatezza della domanda, consigliano la compensazione delle spese processuali relative all'intero procedimento. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da R.G., nella qualità di titolare della ditta FEP, nei confronti del Comune di Venezia e di VESTA S.p.a., ora Veritas. Compensa interamente fra le parti le spese dell'intero giudizio.