Non è valido l’accertamento firmato da un funzionario delle Entrate: si riapre la questione

Non è valido l’atto firmato da un impiegato di carriera direttiva se l’Agenzia delle Entrate all’atto della contestazione non è in grado di dimostrare l’autorizzazione del titolare o l’esercizio del potere sostitutivo

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 26295 del 20 dicembre 2016 riapre” la questione della validità di un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate che reca la firma di un funzionario per i Giudici di legittimità è illegittimo l’avviso emesso ai fini Irpef, Irap e addizionale perché proveniente dall’Agenzia delle Entrate con la firma di un semplice impiegato della carriera direttiva e le Entrate non sono in grado di dimostrare l’esistenza della delega. Il contenzioso. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di un contribuente, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, con la quale in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, per IRPEF, IRAP, addizionali, relative all’anno d’imposta 2007, è stata parzialmente riformata la decisione di primo grado, di parziale accoglimento del ricorso del contribuente. In particolare, i Giudici d’appello, accogliendo il gravame del contribuente e respingendo quello dell’Agenzia delle Entrate, hanno dichiarato nullo l’atto impositivo, perché recante la firma di impiegato della carriera direttiva e non del Direttore dell’Agenzia delle Entrate , Capo dell’Ufficio, non avendo l’Agenzia delle Entrate dimostrato l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’Ufficio. Una questione molto dibattuta. Con la sentenza n. 14942 del 14 giugno 2013 la Corte di Cassazione aveva stabilito che è nullo l’avviso di accertamento privo della sottoscrizione del capo dell’ufficio se il fisco non dimostra che esiste una delega in favore del funzionario che ha siglato l’atto. I Giudici di legittimità avevano accolto il ricorso di una contribuente annullando l’avviso di accertamento sottoscritto da un funzionario e non dal capo dell’ufficio. Per la Cassazione l'avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell'art. 42, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell'ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all'Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell'ufficio, poiché il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio. In altri termini, nell’individuazione del soggetto legittimato a sottoscrivere l'avviso di accertamento, in forza dell'art. 42, d.P.R. n. 600/73, incombe all'Agenzia delle Entrate l'onere di dimostrare il corretto esercizio del potere e la presenza di eventuale delega. La sentenza contraria”. La questione oggetto del presente commento sembrava” definitivamente risolta con la sentenza della Cassazione n. 22800, del 9 novembre 2015 in quell’occasione i Giudici di legittimità avevano affermato che sono da ritenersi validi gli accertamenti quando i funzionari deleganti e delegati alla sottoscrizione degli avvisi appartengono alla terza area delle Entrate perché essi, in seguito all’evoluzione della legislazione e dell’ordinamento dell’Agenzia, rientrano negli impiegati della carriera direttiva” ai meri fini dell’efficacia dell’atto, dunque, non risulta necessario possedere la qualifica di dirigente, benché richiesta da altre disposizioni. E ciò perché le cause di nullità degli atti tributari sono tassative e conta solo l’interpretazione dell’art. 42, comma 1, d.P.R. n. 600/73, applicabile anche agli accertamenti Iva, per individuare chi sono gli impiegati della carriera direttiva”. Per la Cassazione non assume dunque rilievo la questione dell’illegittimo conferimento al capo dell’ufficio delegante della qualifica di dirigente temporaneo sulla base di una norma dichiarata incostituzionale, come nel caso della sentenza n. 37/15 emessa dalla Consulta tuttavia, quando il contribuente contesta la legittimazione di chi ha sottoscritto l’accertamento a suo carico sta all’amministrazione provare che il soggetto avesse le carte in regola. L’analisi della Cassazione. Nel ricorso in Cassazione l’Agenzia delle Entrate lamenta, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42, d.P.R. n. 600/1973, assumendo di avere prodotto, sin dalle controdeduzioni in primo grado, stralci degli atti dispositivi sulla delega di firma. I Giudici di legittimità richiamano il contenuto della citata sentenza n. 22800/15. Per il Collegio si tratta di un principio da tempo consolidato. Solo in diversi contesti fiscali , quali ad esempio la cartella esattoriale Cass. n. 13461/12 , il diniego di condono Cass. nn. 11458/12 e 220/14 , l'avviso di mora Cass. n. 4283/10 , l'attribuzione di rendita Cass. n. 8248/06 , e in mancanza di una sanzione espressa, opera la presunzione generale di riferibilità dell'atto all'organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato mentre, per i tributi locali, è stata ritenuta valida anche la mera firma stampata, ex l. n. 549/1995, art. 3, comma 87 Cass. n. 9627/12 . Nella specie, la C.T.R. ha fatto applicazione dei suddetti principi di diritto ed ha affermato espressamente che, alla luce degli atti di causa”, l’Agenzia delle Entrate non ha dimostrato l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore dell’avviso di accertamento o la presenza della delega del titolare dell’Ufficio”. L’Agenzia delle Entrate ricorrente, pur allegando di avere prodotto, in una con le controdeduzioni di primo grado, stralci del provvedimento contenente la delega al menzionato funzionario, non denuncia, nel presente ricorso, l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c, quanto l’erronea valutazione del materiale probatorio prodotto ed esaminato dal giudice, sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto, ex art. 360, n. 3, c.p.c., profilo infondato per quanto sopra esposto. La ricorrente avrebbe dovuto, semmai, dedurre un errore revocatorio del giudice, laddove sussistenti i presupposti di legge. Per i Giudici di legittimità, pertanto, il ricorso principale va rigettato e quello incidentale condizionato dichiarato assorbito.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, sentenza 13 ottobre - 20 dicembre 2016, numero 26295 Presidente Schirò – Relatore Crucitti Ritenuto in fatto L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di R. I., avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, indicata in epigrafe, con la quale - in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, per IRPEF, IRAP, addizionali, relative all’anno d’imposta 2007 - è stata parzialmente riformata la decisione di primo grado di parziale accoglimento del ricorso del contribuente. In particolare, i giudici d’appello, accogliendo il gravame del contribuente e respingendo quello dell’Agenzia delle Entrate, hanno dichiarato nullo l’atto impositivo, perché recante la firma di impiegato della carriera direttiva e non del Direttore dell’Agenzia delle Entrate di Milano II, Capo dell’Ufficio, non avendo l’Agenzia delle Entrate dimostrato l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’Ufficio. Il contribuente resiste con controricorso e propone, a sua volta, ricorso incidentale condizionato. A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Considerato in diritto 1. L’Agenzia delle Entrate lamenta, con unico motivo ex art. 360 numero 3 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 DPR numero 600/1973, assumendo di avere prodotto, sin dalle controdeduzioni in primo grado, stralci degli atti dispositivi sulla delega di firma all. 3, il cui contenuto è ritrascritto in ricorso , anche al Dr. B., sottoscrittore dell’avviso di accertamento oggetto di impugnazione. 2. La censura è infondata. Di recente questa Corte Cass. numero 22800/2015 ha affermato il seguente principio di diritto In tema d'imposte sui redditi e sul valore aggiunto, l'avviso di accertamento, a norma dell'art. 42 del d.P.R. numero 600 del 1973 e dell'art. 56 del d.P.R. numero 633 del 1972, che, nel rinviare alla disciplina sulle imposte dei redditi, richiama implicitamente il citato art. 42 , deve essere sottoscritto, a pena di nullità, dal capo dell'ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, cioè, secondo la classificazione prevista dall'art. 17 del c.c.numero l. comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, applicabile ratione temporis , da un funzionario di terza area, di cui non è richiesta la qualifica di dirigente ove, peraltro, il contribuente contesti, anche genericamente, la legittimazione del funzionario che ha sottoscritto l'avviso di accertamento, l'Amministrazione finanziaria, in ragione dell'immediato e facile accesso ai propri dati, ha l'onere di dimostrare il possesso dei requisiti soggettivi, nonché l'esistenza della delega . Trattasi di principio, in punto di onere della prova, da tempo consolidato cfr. Cass. numero 14626/2000 . Solo in diversi contesti fiscali - quali ad esempio la cartella esattoriale Cass. numero 13461/12 , il diniego di condono Cass. numero ri 11458/12 e 220/14 , l'avviso di mora Cass. numero 4283/10 , l'attribuzione di rendita Cass. numero 8248/06 - e in mancanza di una sanzione espressa, opera la presunzione generale di riferibilità dell'atto all'organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato mentre, per i tributi locali, è stata ritenuta valida anche la mera firma stampata, ex L. numero 549 del 1995, art. 3, comma 87 Cass. numero 9627/12 . Nella specie, la C.T.R. ha fatto applicazione dei suddetti principi di diritto ed ha affermato espressamente che, alla luce degli atti di causa l’Agenzia delle Entrate non ha dimostrato l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore dell’avviso di accertamento o la presenza della delega del titolare dell'Ufficio . La ricorrente - pur allegando di avere prodotto, in una con le controdeduzioni di primo grado, stralci del provvedimento contenente la delega al menzionato funzionario - non denuncia, nel presente ricorso, l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 numero 5 c.p.c., quanto l’erronea valutazione del materiale probatorio prodotto ed esaminato dal giudice, sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto, ex art. 360 numero 3 c.p.c., profilo infondato per quanto sopra esposto. La ricorrente avrebbe dovuto, semmai, dedurre un errore revocatorio del giudice, laddove sussistenti i presupposti di legge. 3. Il ricorso incidentale condizionato sulle questioni rimaste assorbite in appello è, di conseguenza, assorbito. 4. Conclusivamente il ricorso principale va rigettato e quello incidentale condizionato dichiarato assorbito. 5. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna la ricorrente alla refusione in favore del controricorrente - ricorrente incidentale delle spese processuali che liquida in complessivi euro 2.000,00 oltre rimborso forfetario nella misura del 15% ed accessori di legge.