Appartenenza al gruppo indipendentista smentita dalla presenza in Italia: niente protezione

Respinta la richiesta presentata da un cittadino nigeriano. Generico il richiamo a un suo legame col ‘Massob’. Non dimostrato, quindi, il pericolo di una persecuzione in caso di ritorno in patria.

Niente protezione per il nigeriano presente in Italia. Poco plausibile il suo legame col movimento secessionista del ‘Massob’. Impossibile, quindi, pensare che per lui sia pericoloso il ritorno in patria Cassazione, ordinanza n. 26640/2016, Sezione Sesta Civile, depositata il 21 dicembre 2016 . Patria. Riconosciuta in Corte d’appello la legittimità della posizione assunta dal Ministero dell’Interno. Nessuna possibilità di riconoscimento della protezione per il cittadino nigeriano . Per i giudici non è dimostrato un reale pericolo per lui in caso di ritorno in patria. E questa visione è ritenuta corretta anche dai magistrati della Cassazione, che respingono definitivamente la richiesta presentata dallo straniero. Ciò alla luce, innanzitutto, di un dato è generico il richiamo fatto dall’uomo alla sua appartenenza al ‘Massob’ , movimento operativo in Nigeria per l’indipendenza del Biafra, e quindi è non dimostrato, spiegano i giudici, che egli possa subire persecuzioni da parte del governo e dell’esercito una volta ritornato nel Paese. Sul legame col ‘Massob’ sono puntati i riflettori, quindi. E a questo proposito i giudici evidenziano che lo straniero si è trasferito in Italia da oltre un ventennio e in passato ha già compiuto viaggi in Nigeria, non giustificabili col presunto legame col movimento indipendentista del Biafra , come testimoniato anche dal fatto che in occasione di uno dei rientri in Italia egli è stato arrestato e condannato per traffico di cocaina .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 1 luglio - 21 dicembre 2016, n. 26640 Presidente Ragonesi – Relatore De Chiara Premesso La Corte d'appello di Bologna, in accoglimento dell'appello principale del Ministero dell'interno e rigettando l'appello incidentale del sig. O.L.N., cittadino nigeriano, ha respinto la domanda di quest'ultimo di riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi dell'art. 14 d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ovvero, in subordine, umanitaria. Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, cui non ha resistito l'amministrazione intimata. Il Consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. proponendo l'accoglimento del ricorso. Considerato 1. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto e omesso esame di un fatto decisivo, si lamenta che la Corte d'appello a abbia negato la protezione sussidiaria sull'assunto della mancanza di prova della dedotta appartenenza dell'appellante incidentale al M., senza considerare che sul richiedente asilo grava soltante un onere attenuato della prova, ai sensi degli artt. 3, comma 5, d.lgs. n. 251 del 2007 e 8, comma 3, d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25 b abbia del tutto trascurato di esaminare la domanda di protezione sussidiaria sotto il profilo, pure dedotto con l'appello incidentale, della minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del ricorrente derivante dalla violenza indiscriminata in una situazione di conflitto armato interno, ai sensi della lett. c dell'art. 14 d.lgs. n. 251, cit., in relazione alla quale, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, il requisito della individualità della minaccia è fortemente attenuato. 1.1. - La censura sub a è inammissibile, poiché la Corte d'appello non si è limitata a prendere atto dell'inottemperanza ad un onere probatorio, ma ha ritenuto provata la non appartenenza del ricorrente al M., argomentando dal trasferimento del medesimo in Italia da oltre un ventennio il che costituisce accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimità. La censura sub b è inammissibile sia per genericità, in difetto di specificazione della regione di provenienza del ricorrente tra quelle che compongono il vastissimo territorio nigeriano, sia perché la Corte d'appello ha in realtà accertato in fatto la non pericolosità del rientro in patria del ricorrente, desumendola dalla circostanza che egli aveva già compiuto numerosi viaggi in Nigeria, non giustificabili con il dedotto legame con il M., dato che in occasione di uno dei rientri in Italia era stato arrestato e condannato per traffico di cocaina. 2. - Il secondo e il terzo motivo, con cui, denunciando violazione di norme di diritto, si censura il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, sono infondati per l'assorbente ragione che presupposto di tale protezione è il pericolo di gravi violazioni dei diritti umani per il richiedente in caso di rimpatrio presupposto nella specie insussistente alla luce degli accertamenti in fatto dei giudici di merito. 3. - Il ricorso va pertanto rigettato In mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, 1. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la insussistenza dei presupposti dell'obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.