La perenzione del precetto comporta l’inesistenza dell’azione esecutiva?

La Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi in tema di perenzione di un precetto notificato da un condominio ad un avvocato.

Così la Cassazione con la pronuncia n. 26610/16 del 21 dicembre. Il caso. Il Tribunale condannava un avvocato al pagamento delle spese di lite in favore di un condominio, sulla cui scorta il condominio notificava all’avvocato un precetto che, però, non veniva tempestivamente posto in esecuzione, e, dunque, cadeva in perenzione. L’avvocato corrispondeva una somma di denaro al condominio, e quest’ultimo gli notificava un secondo precetto, avverso il quale l’avvocato proponeva opposizione, che veniva accolta dal Giudice di Pace. Il Tribunale riformava la sentenza del Giudice di Pace rigettando la domanda di annullamento del precetto. Avverso tale pronuncia l’avvocato propone ricorso per cassazione. Primo motivo di ricorso. L’avvocato denuncia l’errore in cui il Tribunale sarebbe incorso violando il principio per cui, a seguito dell’intervenuta perenzione del precetto, le relative spese non sono dovute dal debitore, dal che discenderebbe l’inesistenza dell’azione esecutiva e della successiva pretesa . Lamenta inoltre il difetto assoluto di motivazione sulla statuizione che ha ritenuto dovuto l’ammontare dell’IVA sul compenso dovuto al difensore del condominio nonostante la mancata prova dell’emissione del rinvio del documento fiscale corrispondente . Tale primo motivo va disatteso, in quanto il ricorrente ha travisato il contenuto della pronuncia, la quale ha ritenuto legittima l’emissione del secondo atto di precetto per il pagamento della parte dell’originario credito rimasta insoddisfatta nonostante il versamento effettuato dal debitore. Inoltre, il Tribunale ha motivato sulle ragioni che l’hanno indotto a ritenere l’avvocato tenuto a versare al condominio l’importo dell’IVA relativa alle prestazione del difensore del condominio stesso, nonostante non fosse stata provata l’emissione della fattura. Secondo motivo di ricorso. La seconda censura denuncia invece la violazione dell’art. 91 c.p.c. poiché il Tribunale ha posto a carico del ricorrente le spese di giudizio in appello ancorché egli fosse rimasto solo parzialmente soccombente, avendo la Corte pronunciato a suo carico condanna di pagamento per una somma inferiore a quella recata dal precetto opposto. Essendo però egli rimasto soccombente in secondo grado, anche questo motivo è disatteso. Il ricorso è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 ottobre – 21 dicembre 2016, n. 26610 Presidente Bianchini – Relatore Cosentino Svolgimento del processo Con ordinanza dell'8/3/2007 resa in esito ad un procedimento di accertamento tecnico preventivo / il tribunale di Torino, sezione distaccata di Susa, condannava l'avvocato M.C. al pagamento di spese di lite in favore dei Condominio N. per euro 1.000, oltre IVA e c.p.a. e successive occorrende. Sulla scorta di tale titolo esecutivo il Condominio, in data 26/3/07, notificava all'avvocato C. un precetto per euro 1.493,88 tale precetto non veniva tempestivamente posto in esecuzione e, pertanto, cadeva in perenzione. Il 19/3/08 l'avvocato C. corrispondeva al Condominio euro 1.000 a mezzo di bonifico alla bancario, a titolo di spese ATP liquidate . Il 7/4/08 il Condominio notificava all'avvocato C. un secondo precetto per euro 1.502,51, di cui euro 1.000 per capitale, euro 187 per spese successive, euro 23,37 per rimborso generale, euro 24,20 per c.p.a. ed euro 246,21 per IVA. L'avvocato C. proponeva opposizione al secondo precetto ai sensi dell'articolo 615, primo comma, c.p.c. e il giudice di pace di Susa accoglieva l'opposizione, dichiarava che il Condominio non aveva il diritto di procedere all'esecuzione forzata sulla base del precetto notificato il 7/4/08 e condannava il Condominio a rifondere all'avvocato C. le spese del giudizio di opposizione. Il tribunale di Torino, investito dell'appello dei Condominio, riformava la sentenza del giudice di pace, argomentando che - contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di pace, l'avvocato C. era tenuto a rifondere al Condominio anche l'ammontare dell'IVA sulle competenze del difensore del Condominio, come giudizialmente liquidate, indipendentemente da qualunque prova in ordine alla concreta erogazione del suddetto ammontare il Condominio non poteva pretendere le spese relative al primo precetto, avendolo lasciato cadere in perenzione, ma, poiché il pagamento di euro 1.000 effettuato dall'avvocato C. non soddisfaceva integralmente il credito del Condominio coprendo soltanto gli importi liquidati per diritti ed onorari, ma non quelli dovuti per IVA, c.p.a. e rimborso generale , il medesimo Condominio aveva legittimamente emesso il secondo precetto e, pertanto, aveva il diritto di ripetere le relative spese. Il tribunale quindi, in definitiva, rigettava la domanda di annullamento del precetto e, dato atto dell'intervenuto parziale pagamento di € 1.000, condannava l'avvocato C. al pagamento della residua somma di euro 502 e alla restituzione dell'importo di euro 937 corrisposto alla controparte in esecuzione della condanna alle spese contenuta nella sentenza di primo grado. Poneva altresì a carico dell' avvocato C. le spese del giudizio di appello. Avverso la sentenza di secondo grado l'avvocato C. propone ricorso per cassazione su due motivi. Il Condominio N. resiste con controricorso. La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 11.10.16, per la quale solo il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe. Motivi della decisione Con il primo motivo, promiscuamente riferito al vizio di violazione di legge articolo 481 c.p.c. ed al vizio di omessa o insufficiente motivazione il ricorrente svolge una duplice censura 1 sotto un primo profilo, si denuncia l'errore in cui il tribunale sarebbe incorso violando il principio per il quale, a seguito dell'intervenuta perenzione del precetto, le relative spese non sono dovute dal debitore dal che, secondo la prospettazione del ricorrente, discenderebbe l'inesistenza dell'azione esecutiva e della successiva pretesa pagina 6 del ricorso 2 sotto un secondo profilo si lamenta il difetto assoluto di motivazione sulla statuizione che ha ritenuto dovuto l'ammontare dell'IVA sul compenso dovuto al difensore del Condominio nonostante la mancata prova dell'emissione del rinvio del documento fiscale corrispondente . Il motivo va disatteso. La prima censura travisa il contenuto della sentenza gravata, la quale ha ritenuto legittima l'emissione del secondo atto di precetto non per il pagamento delle spese del primo precetto, ma per il pagamento della parte dell'originario credito rimasta insoddisfatta IVA, c.p.a. e rimborso generale nonostante il versamento effettuato dal debitore il 19/3/08. La seconda censura va disattesa perché il tribunale ha puntualmente motivato sulle ragioni che l'hanno indotto a ritenere l'avvocato C. tenuto a versare al Condominio l'importo dell'IVA relativa alle prestazioni del difensore del Condominio medesimo, nonostante che non fosse stata provata l'emissione della fattura da parte di tale professionista, indicando tali ragioni in una argomentazione di diritto le spese processuali che soccombente deve al vincitore sono quelle dovute, non quelle già pagate non specificamente censurata e, comunque, giuridicamente corretta, dovendo il professionista addebitare l'IVA al committente per legge art. 18 d.p.r. 633/72 . Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'articolo 91 c.p.c. in cui il tribunale sarebbe incorso ponendo a suo carico le spese del giudizio di appello ancorché egli fosse rimasto solo parzialmente soccombente, avendo la Corte pronunciato a suo carico condanna di pagamento per una somma inferiore a quella e ` recata dal precetto opposto. Il motivo è infondato, perché l'avvocato C. è rimasto soccombente in secondo grado, avendo la corte torinese accolto l'appello del Condominio, e la sua soccombenza non viene esclusa dalla circostanza che l'importo al cui pagamento detta corte lo ha condannato sia inferiore all'importo recato dall'impugnato precetto. Il ricorso va dunque, in definitiva, rigettato. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente a rifondere al contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 1.000, oltre € 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.