E’ configurabile una “presunzione di conoscenza” della lingua italiana per gli stranieri

Nel caso in oggetto, relativo ad un decreto di espulsione di uno straniero dal territorio italiano e alla lingua dell’atto del Prefetto, la Corte di Cassazione sembra dimostrare in maniera evidente che, in alcuni casi, le deduzioni che derivano dai dati di fatto possono incidere in maniera determinante sul contenuto delle decisioni dei giudici.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24150/16 depositata il 28 novembre. Il caso. Sottoposto a provvedimento di espulsione, un cittadino senegalese proponeva ricorso nei confronti del Prefetto. Vedendoselo rigettato, decideva di ricorrere per Cassazione, lamentando la violazione dei suoi diritti, specialmente quelli attinenti alla sfera della difesa. La lingua del decreto di espulsione Data la provenienza del soggetto vittima del decreto di allontanamento, sarebbe stata idonea la redazione dell’atto in lingua francese, ma, invece, quest’ultimo era in inglese, e da ciò derivava la principale doglianza del ricorrente. Egli riteneva che tale scelta linguistica non fosse accompagnata da nessun tipo di motivazione, essendo insufficiente quella contenuta nell’atto, che ripeteva semplicemente il contenuto del decreto di espulsione originario, il quale statuiva la indisponibilità di un interprete . e la relativa importanza che riveste. La Corte di Cassazione, richiamando la motivazione del provvedimento oggetto di impugnazione, ritiene che da essa emerga un quadro abbastanza chiaro il ricorrente è in possesso di una effettiva conoscenza dell’italiano. E ciò sarebbe riscontrabile nelle dichiarazioni rilasciate in udienza, dalla scelta effettuata in sede di redazione dell’intervista e, soprattutto, dalla permanenza continuativa e ininterrotta del soggetto nel territorio italiano, il che rende molto dubbia la ricorrenza di una lesione del suo diritto di difesa, nonostante l’atto non fosse stato tradotto nella sua lingua natia. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, sentenza 21 ottobre – 28 novembre 2016, numero 24150 Presidente / Relatore Ragonesi La Corte, rilevato che sul ricorso numero 97351201 proposto da D.M. nei confronti del Prefetto di Rieti / Ministero dell'interno il cons.relatore ha depositato ex art 380 bis cpc la relazione che segue. Il relatore Cons. R letti gli atti depositati, ai sensi dell'ars. 380-bis c.p.c. osserva guanto segue. D.M. ha presentato ricorso per cassazione avverso il decreto del GDP di Rieti 3.2.2013. che nel rigettare il ricorso proposto dallo stesso, ha ritenuto infondata la difesa relativa alla non corretta contestazione della normativa di riferimento nel provvedimento di espulsione impugnato. nonché alla violazione dei diritti dello stesso alla piena comprensione del provvedimento di espulsione e conseguentemente dei suoi diritti, anche dì difesa persona di nazionalità senegalese, provvedimento tradotto in lingua inglese, lingua uffie1ale,francese . Con il ricorso D.M. articola due censure alla motivazione del provvedimento del GDP di Rieti, la prima in relazione alla violazione di legge derivante dall'aver ritenuto valido il decreto di espulsione, nonostante la evidente nullità dello stesso per essere stata contestata e ritenuto presupposto legittimante la normativa di cui all'art. 13 lettera b d. lgs. numero 286/1998, mentre nel caso concreto ricorreva l'ipotesi di cui alla lettera a , come ammesso esplicitamente dal GDP nel proprio provvedimento. Evidenzia in particolare il ricorrente come il GDP avendo ritenuto la mera ricorrenza di un refuso abbia articolato una motivazione del tutto apparente. Con la seconda censura il ricorrente rileva come il decreto risulti tradotto esclusivamente in lingua inglese, nonostante la nazionalità senegalese del ricorrente, senza alcuna valida motivazione ed adottando una mera formula di stile, ripetitiva del contenuto del decreto di espulsione. in ordine alla indisponibilità di interprete di lingua conosciuta da identificare quanto meno nella lingua francese. Questa Corte si è già pronunciata in materia affermando che Nel giudizio ai sensi dell'art. l3 commi 8, 9 e 10, d.lgs. 25 luglio 19.98, numero 286, avente ad oggetto la verifica della pretesa espulsiva pubblica, a fronte della quale può recedere il diritto soggettivo dello straniero extracomunitario a permanere nello Stato, oggetto di indagine è la sola ricorrenza della specifica ipotesi contestata all'espellendo ed assunta a dichiarato presupposto dell'espulsione, essendo le ipotesi di violazione descritte dalla vigente normativa, quali cause giustificatrici della espulsione prefettizia, rigorosamente contenute nelle distinte lettere a , b e e dell'art. 13, secondo comma, D.Lgs. cit., sì da indurre ci ritenere che l'atta espulsivo sia a carattere vincolato Cass. Sez. 1 numero 9499/2002, Macioce, Rv. 555462 , ed ancora si è evidenziato che Una volta emesso il decreta di espulsione dello straniero, da parte del prefetto, per annullamento o revoca del permesso soggiorno. il giudice, adito in sede di opposizione, ove accerti l'insussistenza dell'ipotesi contestala, deve annullare il provvedimento, non potendo convalidarlo sulla base dell'accertata sussistenza di una diversa ragione di espulsione non contestata dal prefètto nella specie, rigetto dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno . Cass. Sez. 1 numero 24271/2008, Giusti. Rv. 604639 , Nel caso in esame tuttavia, il provvedimento oggetto di impugnazione ha oggettivamente contestalo, con descrizione della condotta e delle sue caratteristiche l'ipotesi di cui alla lettera a della normativa citata e la circostanza risulta materialmente richiamata ed analizzata dallo stesso GDP nel proprio provvedimento. con la conseguenza che non si possa afflitto ritenere la contestazione di una ragione di espulsione con accertamento della sussistenza di una diversa ragione di espulsione, mentre appare evidente e condivisibile la motivazione del GDP, puntualmente articolata, in ordine alla ricorrenza di un mero refuso nella semplice indicazione della lettera oggetto di contestazione b, anziché a . Quanto al secondo motivo oggetto di contestazione occorre considerare come dalla motivazione del provvedimento impugnato emerga una considerazione analitica e puntuale in ordine alla effettiva conoscenza della lingua italiana da parte del ricorrente, emergente dalle dichiarazioni acquisite in udienza dal personale della pubblica amministrazione, dalla scelta effettuata in sede di redazione dell'intervista da parte del D., dalla permanenza dello stesso nel territorio dello Stato Italiano per oltre nove anni senza soluzione di continuità, con la conseguenza che correttamente non è stata ritenuta la ricorrenza di lesione del diritto di difesa in ordine ad una piena comprensione per lo stesso. pur in presenza di traduzione del decreto di espulsione in lingua veicolare non coerente con il paese di provenienza del D Ricorrono i requisiti di cui all'art 37 c.p.c. per la trattazione in camera di consiglio. P.Q.M. Rimette il processo al Presidente della sezione per la trattazione in Camera di Consiglio.