Il mancato aggiornamento della notizia di cronaca giudiziaria superata da provvedimento di archiviazione o assoluzione è diffamazione aggravata

La notizia di cronaca giudiziaria inizialmente vera pubblicata online costituisce una condotta legittima. Tuttavia, quando tale notizia viene superata dall’archiviazione del processo o dall’assoluzione, essa cessa di essere lecita se non viene aggiornata immediatamente con lo stesso risalto conferito all’informazione originaria. La pubblicazione dell’aggiornamento in una sezione del sito web diversa da quella ospitante il primo articolo e/o difficilmente accessibile non esime da responsabilità.

Così si è espresso il Tribunale di Genova con la sentenza n. 3582 del 20 giugno 2016. La vicenda. Il caso tratta della guerra” mediatica tra due associazioni di consumatori che si contendono l’utenza criticando aspramente in modo pubblico sul relativo sito web l’operato del competitor . Giunge la notizia dell’apertura di un’inchiesta per appalti truccati a carico dei due vertici di una delle associazioni. Così l’altra pubblica subito la notizia dandone ampio risalto. Il procedimento penale si conclude poi con esito positivo per gli indagati ma l’associazione avversaria non pubblica l’aggiornamento della notizia originaria dell’inchiesta indicandone lo sviluppo favorevole. Così il Tribunale genovese appurato che la notizia storica inserita nel sito internet corrisponde a verità, è necessario chiedersi se l'omesso aggiornamento mediante inserimento dell'esito del procedimento penale costituisca un comportamento diffamatorio. La risposta è positiva. [] La notizia inizialmente inserita nel sito internet, tuttavia, era certamente vera e dunque la mera diffusione della richiesta di rinvio a giudizio di R. e di U., vertici del C., non è di per sé fonte di alcuna responsabilità. Tuttavia, nel momento in cui tale notizia cessa di essere reale poiché non più attuale e smentita dai fatti successivi ed i soggetti coinvolti vengono completamente scagionati da ogni accusa, incombe sul soggetto che ha pubblicato la notizia l'onere di aggiornarla ovvero se proprio non si vuole tratteggiare in modo positivo l'oggetto della critica quantomeno di eliminarla dal sito. [] Nel caso in esame invece M. non ha né aggiornato né eliminato la notizia chiunque ne avesse avuto interesse è stato per anni informato del rinvio a giudizio dei vertici del C. e di tutte le conseguenze che la M. ne traeva in punto di rispettabilità di tale associazione . I vertici –una volta scagionati - denunciano la presidente dell’associazione avversaria per diffamazione aggravata dal mezzo di pubblicità Internet . Durante il procedimento l’imputata viene costretta a dare conto online dell’esito positivo della vicenda giudiziaria ma tale operazione viene eseguita in modo del tutto inefficace. L’aggiornamento viene pubblicato in una sezione del sito diversa da quella in cui era stata resa la notizia primigenia e inoltre tale parte del sito era anche difficilmente accessibile. Questo dimostra che la presidente dell’associazione competitor nonché responsabile del relativo sito web scientemente e quindi con dolo ha omesso di aggiornare adeguatamente l’articolo contestato lasciando che la vecchia notizia dell’indagine continuasse a sovrapporsi alla verità storica attuale dell’archiviazione. Pertanto il giudice ha pronunziato a carico della donna sentenza di condanna per diffamazione aggravata dal mezzo di pubblicità ovvero a mezzo dell’etere digitale. Stampa digitale. La pronunzia in esame si dimostra interessante perché apre la mente dell’operatore giuridico ai nuovi scenari cui ci obbliga l’Internet. Quando la stampa era unicamente cartacea la notizia dell’anno prima restava chiusa nelle emeroteche e inevitabilmente dimenticata dalla memoria collettiva. La stampa digitale offre invece una realtà assolutamente diversa dove – a volte - si verifica il paradosso secondo cui l’articolo più risalente può continuare a primeggiare e a sovrapporsi sul pezzo attuale. Gran parte di tale effetto è dovuta alla logica degli algoritmi dei motori di ricerca e alle opzioni di differente visibilità delle notizie all’interno del sito web fornite dalle strategie di marketing comunicativo online. In una parola il gestore dello spazio web ha il potere di ordinare i contenuti ospitati secondo i criteri che ritiene più opportuni evitando la dimensione temporale. Internet infatti è una realtà atemporale in cui presente e passato si presentano allineati e tendono quindi a confondersi in una dimensione acritica e automatica dovuta agli algoritmi . La pronunzia del Tribunale di Genova si annovera tra le sentenze che giustamente prendono in considerazione questi effetti deformanti della Rete e che applicano il diritto consapevoli della peculiarità dell’ambito applicativo. Il Giudice de quo infatti condanna non solo per omesso aggiornamento ma anche perché, una volta costretta ad aggiornare la notizia originaria, l’imputata lo ha fatto in modo del tutto inadeguato e inefficace consentendo comunque la sovrapposizione dell’informazione non più attuale e quindi non vera su quella attuale. La sentenza condanna anche per aver pubblicato l’esito positivo della vicenda penale in una differente sezione del sito difficilmente accessibile dall’utenza e di fatto in modo inconferente rispetto al risalto dato nel medesimo spazio web all’inchiesta giudiziaria. Così il Tribunale genovese sussiste certamente il dolo in capo alla M. che ha volontariamente lasciato immutate le notizie come inizialmente inserite solo in corso di processo - dopo l'emissione di un primo provvedimento di sequestro – M. ha pubblicato sul sito il testo dei provvedimenti che scagionavano le due persone offese, peraltro in un luogo” del tutto marginale del sito internet [] l'obbligo di informare correttamente e di non diffamare mediante inserimento di notizie superate” deve essere rigorosamente rispettato dunque è doveroso per chi inserisce notizie come quelle in esame seguire lo sviluppo della vicenda e, una volta appreso l'esito positivo per l'indagato o l'imputato, agire immediatamente o mediante l'eliminazione della notizia dal sito o mediante la pubblicazione della notizia afferente all'esito. Non pare invece corretta la semplice indicazione senza commento alcuno e soprattutto senza alcun riferimento alla notizia inizialmente pubblicata - dei provvedimenti giurisdizionali. Le modalità di pubblicità della notizia positiva” devono infatti essere le medesime rispetto a quelle utilizzate nell'inserimento della notizia negativa pare evidente che l'utilizzo di modalità differenti nel trattare le due notizie è di per sé insufficiente ed inidoneo a ristabilire l'onore, il decoro ed il prestigio in precedenza offuscati . In conclusione. La dimensione dell’Internet è atemporale, acritica e automatizzata. Solo la mente umana con diligenza e rispetto della legge può mettere ordine temporale e logico dove ordine non c’è. A tale scopo la tutela di valori fondamentali come l’identità e la reputazione online del soggetto devono essere presidiati da attente e avvertite applicazioni del diritto capaci di ripristinare l’equilibrio tra interessi di pari rango come il diritto all’informazione e quello ad essere informati con il diritto all’identità personale e alla reputazione.

Tribunale di Genova, sez. I Penale, sentenza 6 – 20 giugno 2016, n. 3582 Giudice monocratico Riccardo Crucioli Svolgimento del processo e motivi della decisione Con decreto regolarmente notificato, MA.AN. veniva citata in giudizio per rispondere del reato indicato in epigrafe. Il 19.10.2015 all'udienza fissata per il dibattimento era assente la prevenuta si costituivano parti civili le persone offese dal reato, Co., Ca.Ri. e Gi.Ur. Dopo la risoluzione di alcune questioni preliminari, erano ammesse le prove documentali ed orali richieste. All'udienza del 17.12.2015 i difensori dichiaravano di aderire all'astensione indetta dalle camere penali. All'udienza del 4.4.2016 era prodotta ulteriore documentazione ed erano escussi i testi Ur. e Ri. parti civili oltre a Tr., Ba., Pi. e Pe. Le parti rinunciavano alla escussione degli ulteriori testi, comunque palesemente sovrabbondanti al fine di decidere. Nel corso del dibattimento venivano emessi, inaudita altera parte, due provvedimenti di sequestro mediante oscuramento aventi ad oggetto due distinte pagine del sito internet della Ma., la quale non ha mai volontariamente eliminato le notizie di cui infra ma si è limitata - dopo alcune udienze - ad inserire in una pagina difficilmente raggiungibile i provvedimenti di non luogo a procedere e di archiviazione, senza peraltro dare loro il medesimo risalto conferito alla notizia della richiesta di rinvio a giudizio. All'udienza odierna l'imputata si sottoponeva ad esame. Dopo una discussione assai ampia, soprattutto da parte delle difese delle parti civili, il processo veniva deciso. Nonostante la notevole massa di prove assunte in dibattimento per volontà della parte civile i fatti per i quali si procede sono davvero semplici e, oltretutto, pacificamente ammessi dalla stessa imputata. È infatti ampiamente provato che - la prevenuta, presidente dell'associazione , gestisce un sito internet - sono intercorsi ed intercorrono aspri dissidi tra la Ma. ed i rappresentanti del Co., sia a livello nazionale che locale e tra essi tale Fu.Tr., avverso il quale la Ma. ha presentato querela proprio per diffamazione, vertenza chiusa con sentenza di assoluzione - gran parte del contenuto del sito internet gestito dalla Ma. è volto alla critica dell'operato del Co. ed, in particolare, di Ri. e di Ur. - nella propria foga accusatoria non importa davvero se fondata o meno , Ma. inseriva e commentava alcuni provvedimenti giudiziari con i quali le persone offese venivano pesantemente coinvolte in vicende penali di notevole gravità in particolare la prevenuta conferiva particolare risalto vertici codacons a giudizio alla richiesta di rinvio a giudizio del solo Ri. per il reato di tentata concussione nonché di Ri. e Ur. per calunnia e diffamazione - Ma. lasciava poi la notizia nelle pagine del proprio sito internet omettendo di aggiornarla con gli sviluppi successivi, che erano completamente favorevoli a Ri. ed Ur., scagionati da ogni accusa con provvedimenti divenuti definitivi non luogo a procedere dal GUP presso il Tribunale di Campobasso per entrambi dal GUP Tribunale di Sulmona per Ri. archiviazione per Ri. . I fatti, come detto, sono scarni, semplici e non contestati. Tutte le ulteriori prove richieste dalle difese delle parti civili sono parse davvero ultronee ed insignificanti per la decisione, tanto che le stesse difese alla fine hanno rinunziato alla escussione di molti dei testi indicati in lista. In sostanza l'intenzione delle parti civili era dimostrare la pervicacia della Ma. nel criticare il Co. e nel porre in essere attività di concorrenza sleale. Tutti elementi che non sono neppure di contorno, essendo di certo possibile per un privato cittadino esercitare il proprio diritto di critica proprio con quelle modalità alle volte davvero aggressive utilizzate dalla stessa associazione oggi costituita parte civile. Peraltro si tenga presente che l'ambiente di riferimento è quello delle associazioni di consumatori oltre a Co. ed all'associazione della Ma. è stata coinvolta anche As. della quale è presidente Tr. che spesso svolgono meritorie attività di tutela dei diritti dei cittadini, utilizzando però strumenti anche mediatici di impatto e facendosi un'aspra concorrenza proprio per attirare l'attenzione e conseguentemente avere un gran numero di iscritti. Non può dunque stupire l'esistenza di un aperto ed aspro dissidio tra i vari esponenti di tali enti. Ciò che, però, rileva per il presente processo è unicamente la presenza di diffamazione nell'operato della Ma. In particolare, appurato che la notizia storica inserita nel sito internet corrisponde a verità, è necessario chiedersi se l'omesso aggiornamento mediante inserimento dell'esito del procedimento penale costituisca un comportamento diffamatorio. La risposta è positiva. Innanzi tutto è opportuno precisare che la qualifica di un soggetto come indagato, o peggio ancora come imputato, è certamente idonea a qualificare negativamente l'immagine, il decoro e la reputazione di una persona, soprattutto quando si tratta di soggetto noto al pubblico. La reputazione, infatti, consiste nell'opinione o stima di cui l'individuo gode in seno alla società in ragione delle proprie qualità e capacità, ed è indubbio che fra queste l'onestà di vita e di costumi assuma peso decisivo la notizia che taluno è soggetto ad indagine penale induce un dato oggettivo avvertito negativamente da chiunque e credibilmente scalfisce l'originario giudizio estimatorio, essendo assolutamente impossibile al medio lettore di percepire immediatamente l'ipotetica falsità o infondatezza dell'accusa. La notizia inizialmente inserita nel sito internet, tuttavia, era certamente vera e dunque la mera diffusione della richiesta di rinvio a giudizio di Ri. e di Ur., vertici del Co., non è di per sé fonte di alcuna responsabilità. Tuttavia, nel momento in cui tale notizia cessa di essere reale poiché non più attuale e smentita dai fatti successivi ed i soggetti coinvolti vengono completamente scagionati da ogni accusa, incombe sul soggetto che ha pubblicato la notizia l'onere di aggiornarla ovvero se proprio non si vuole tratteggiare in modo positivo l'oggetto della critica quantomeno di eliminarla dal sito. Nel caso in esame invece Ma. non ha né aggiornato né eliminato la notizia chiunque ne avesse avuto interesse è stato per anni informato del rinvio a giudizio dei vertici del Co. e di tutte le conseguenze che la Ma. ne traeva in punto di rispettabilità di tale associazione. Giova ricordare cfr. ad es. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 36244 del 08/07/2004 che in tema di diffamazione a mezzo stampa, nell'ambito della cronaca giudiziaria la verità della notizia deve essere riferita agli sviluppi di indagine quali risultano al momento della pubblicazione dell'articolo, mentre la verifica di fondatezza della notizia, effettuata all'epoca dell'acquisizione di essa, deve essere aggiornata nel momento diffusivo, in ragione del naturale e non affatto prevedibile percorso processuale della vicenda. Tale statuizione è certamente riferibile al caso in esame sia perché i principi relativi alla stampa possono essere applicati a quelli della diffusione delle notizie a mezzo internet, sia perché con tale strumento le notizie permangono in rete a tempo indefinito e possono essere agevolmente consultate mediante una semplice indagine con qualunque motore di ricerca. È stato anche precisato cfr. ad es. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5356 del 1999 che sussiste un vero e proprio dovere di controllo tutte le volte in cui ad una corretta verifica iniziale succeda nel tempo un evento che privi la notizia stessa del carattere dell'attualità e la renda, quindi, oggettivamente priva di fondamento e dunque falsa . Posto che si verte pur sempre in ipotesi di notizie lesive dell'altrui reputazione, l'esenzione dal dovere di controllo finirebbe per giustificare proprio la pubblicazione di notizie che si siano rivelate, per sviluppi ulteriori o, se del caso, addirittura per intervento giudiziale, destituite di fondamento, ed in ordine alle quali, quindi, il soggetto coinvolto risulti esserlo stato se non del tutto estraneo In particolare, a chi intenda dar conto di una vicenda che implichi risvolti giudiziari a distanza di tempo dall'epoca di acquisizione della notizia, corre un obbligo ancor più stringente, in ragione del naturale niente affatto prevedibile del percorso processuale della vicenda, di completare e quindi aggiornare la verifica di fondatezza della notizia nel momento diffusivo, utilizzando le pregresse fonti informative, o di ancor più idonee, se ne possa lecitamente disporre. La sentenza afferma anche che qualunque individuo coinvolto in indagini di natura penale, è titolare di un interesse primario a che, caduta ogni ragione di sospetto , la propria immagine non resti offesa da notizie di stampa che riferiscano dell'iniziale coinvolgimento ed ignorino, invece, l'esito positivo delle indagini stesse È, infine, doveroso osservare che - l'inserimento della notizia risale agli anni tra il 2007 ed il 2008 la notizia - con i commenti della Ma. - è rimasta pubblicata fino al momento in cui è stata oscurata con provvedimento di sequestro - sussiste certamente il dolo in capo alla Ma. che ha volontariamente lasciato immutate le notizie come inizialmente inserite solo in corso di processo - dopo l'emissione di un primo provvedimento di sequestro - Ma. ha pubblicato sul sito il testo dei provvedimenti che scagionavano le due persone offese, peraltro in un luogo del tutto marginale del sito internet - l'utilizzo di un sito internet per la diffusione di immagini o scritti atti ad offendere un soggetto è azione idonea a ledere il bene giuridico dell'onore nonché potenzialmente diretta erga omnes e come tale integra il reato di diffamazione aggravata cfr. tra le tante Cassazione penale, sez. V, 17 novembre 2000, n. 4741 - l'obbligo di informare correttamente e di non diffamare mediante inserimento di notizie superate deve essere rigorosamente rispettato dunque è doveroso per chi inserisce notizie come quelle in esame seguire lo sviluppo della vicenda e, una volta appreso l'esito positivo per l'indagato o l'imputato, agire immediatamente o mediante l'eliminazione della notizia dal sito o mediante la pubblicazione della notizia afferente all'esito. Non pare invece corretta la semplice indicazione senza commento alcuno e soprattutto senza alcun riferimento alla notizia inizialmente pubblicata - dei provvedimenti giurisdizionali. Le modalità di pubblicità della notizia positiva devono infatti essere le medesime rispetto a quelle utilizzate nell'inserimento della notizia negativa pare evidente che l'utilizzo di modalità differenti nel trattare le due notizie è di per sé insufficiente ed inidoneo a ristabilire l'onore, il decoro ed il prestigio in precedenza offuscati. Ma. deve dunque essere dichiarata responsabile del reato di cui all'art. 595 c.p. con la precisazione che, per quanto attiene alla misura della pena da infliggere, la complessiva vicenda non può che condurre ad una valutazione della sanzione in modo assolutamente ridotto. Deve infatti essere osservato che - la notizia della richiesta di rinvio a giudizio era senz'altro vera - le persone interessate alle sorti processuali delle odierne parti civili avevano senz'altro la possibilità di apprendere l'esito dei processi - non è stata in alcun modo dimostrata l'esistenza di un grave danno all'immagine delle parti civili di certo il solo fatto di essere persona nota ad alcuni cittadini non è di per sé ragione a per ritenere grave il reato - l'ambito di riferimento - come detto - è caratterizzato per l'esistenza di toni accesi e critiche anche aspre ne è esempio la sentenza con la quale Tr. è stato assolto per l'uso di espressioni forti nei confronti della Ma. - l'imputata è incensurata, ha reso esame, ha inserito nel proprio sito internet - sebbene con modalità non del tutto soddisfacenti - i provvedimenti favorevoli a Ri. e Ur. In base a tali elementi è certamente possibile concedere le attenuanti generiche, da ritenere prevalenti sulla contestata aggravante. Valutate poi tutte le circostanze di cui all'art. 133 c.p. - come sopra indicate - si stima equa la pena di Euro 600,00 di multa Euro 900 con riduzione di un terzo per le generiche . All'affermazione della penale responsabilità segue la condanna al pagamento delle spese processuali. Le pagine web in sequestro devono essere confiscate e i dati elettronici forniti dalla Polizia postale devono essere distrutti. Ai sensi degli articolo 36 cp e 9 l. 47/48 come conseguenza obbligata nonché ai sensi dell'art. 186 c.p. come mezzo per la riparazione del danno morale, fatto di cui si dovrà tenere conto anche in sede di giudizio civile per la quantificazione del danno con particolare riferimento all'art. 120 c.p.c. si ordina la pubblicazione della presente sentenza, per estratto ed in formato PDF non modificabile, nella pagina di apertura del sito internet . Segue infine la condanna al risarcimento del danno cagionato dal reato alla parte civile. Al proposito si deve - ancora una volta - osservare che le pretese delle tre parti civili sono davvero esorbitanti e rendono palese come si sia in presenza di una notevole animosità, peraltro solo in parte giustificata. Si pensi, ad esempio, che viene avanzata la richiesta, a solo titolo di provvisionale, di Euro 30.000 per ciascuna parte civile. Nel contempo, però, nessuno ha provato e nemmeno offerto di provare quale sia il danno concretamente subito dal Co., da Ri. e da Ur. Viene dato per scontato, in modo del tutto tautologico, che dalla pubblicazione della notizia siano derivati danni gravissimi alle tre persone offese. Tale prova verrà offerta al Giudice Civile al quale le parti vengono rimesse per la valutazione del danno. Certamente nella presente sede le presunzioni non hanno alcun valore la richiesta di provvisionale deve pertanto essere respinta. Sempre in ordine alle questioni economiche, le Difese hanno avanzato una richiesta di rifusione che pare doveroso definire eccessiva. Per le parti civili Ri. e Co. sono state chieste Euro 10.674 per compensi Euro 1.601 per spese generali 2.809 per spese vive ed Euro 594 per spese di trasferta. Il processo si è tenuto sostanzialmente in due udienze ed avrebbe in realtà dovuto concludersi in una sola, se non fossero state avanzate proprio dalla difesa di parte civile prove del tutto ininfluenti al fine di decidere. Procedere a liquidare importi come quelli sopra indicati è davvero eccessivo, tenuto conto della semplicità di fatto e di diritto delle questioni sottese al processo. Si deve peraltro notare che le udienze sono state fissate sull'accordo delle parti tenendo conto della provenienza geografica degli avvocati di parte civile e non è in alcun modo possibile porre a carico della Ma. le spese di vitto ed alloggio chieste da coloro che ben avrebbero potuto raggiungere Genova in giornata. Si tenga presente che il protocollo di intesa raggiunto dal Tribunale di Genova con l'ordine degli Avvocati prevede che per il dibattimento l'importo da liquidare ammonta ad Euro 1.300 oltre accessori. Devono comunque essere applicati i valori di cui al DM 55/2014 che prevede nei medi, anche a non voler considerare i minimi la liquidazione di Euro 450 per lo studio, Euro 540 per la fase introduttiva, Euro 1.080 per la fase istruttoria e dibattimentale ed Euro 1.350 per la decisione per un totale di Euro 3.420,00. A tale somma deve poi essere aggiunto il compenso per le due istanze cautelari, che si sono sostanziate in realtà in due brevi scritti. Per ciascuna di esse è possibile liquidare la somma di Euro 1.100, per un totale di Euro 2.200,00. Alla somma di Euro 5.620,00 possono essere poi aggiunte le spese vive e di trasferta che si limitano in Euro 380,00 per un totale complessivo di Euro 6.000,00. Tale somma non può però essere posta per intero a carico della prevenuta, tenuto conto del fatto che le pretese civilistiche avanzate sono manifestamente ed ingiustificatamente esorbitanti. Pare dunque equo e corretto compensare, ex art. 541 comma 2 c.p.p., le predette spese per la metà, ponendo a carico della Ma. unicamente Euro 3.000 oltre accessori per ciascuna parte civile, con l'ovvia considerazione che gli onorari per l'Avv. Le. che difende due parti civili dovranno essere calcolate ex art. 12 comma 2 con l'aumento del 20% sulla somma base di Euro 3.000. P.Q.M. Visti gli articoli 533 - 535 c.p.p. dichiara l'imputata responsabile del reato a lei ascritto e, concesse le attenuanti generiche ritenute prevalenti sull'aggravante contestata, la condanna alla pena di Euro 600,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali. Ordina la pubblicazione della sentenza, in formato PDF, sul sito . Dispone la confisca e la distruzione dei dati elettronici sottoposti a sequestro. Condanna l'imputata a risarcire alle parti civili i danni provocati dal reato, rimettendole davanti al competente Giudice Civile per la quantificazione. Visto l'art. 541 c.p.p. condanna l'imputata a rifondere alle PC le spese di lite che liquida - compensandole per la metà - in Euro 3.000,00 oltre 12,5%, IVA e CPA per ciascuna delle parti civili.