Edilizia residenziale pubblica: il giudizio di rilascio è pregiudiziale a quello di riscatto

Lo svolgimento e la conclusione del procedimento amministrativo per il trasferimento in proprietà agli assegnatari di alloggi di edilizia economica e popolare già assegnati in locazione semplice, non determinano l’acquisizione della proprietà dell’alloggio fino alla formale stipulazione del contratto di compravendita.

In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23218/16 del 15 novembre. Il caso. L’attore davanti al Tribunale proponeva opposizione all’ordine di rilascio dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica convenendo il Comune di Bologna. Chiedeva che fosse affermato il proprio diritto a subentrare alla madre, deceduta il 14 novembre 2007, nella titolarità del contratto di locazione, in quanto componente del nucleo familiare all’atto dell’originaria assegnazione dell’alloggio in cui era tornato ad abitare il 31 maggio 2007 quando la madre era ancora in vita. Vistosi respinto il ricorso dal Tribunale, si rivolgeva alla Corte d’appello che escludeva la sussistenza in capo all’appellante del requisito della stabile convivenza con il nucleo originario formato con i propri genitori, avendo ripreso la convivenza con la madre solo qualche mese prima del decesso di quest’ultima, mentre la normativa richiedeva la maturazione di un quadriennio per la qualificazione della stabilità e per il perseguimento della modifica della composizione del nucleo avente diritto. Proponeva dunque il soccombente gravame in Cassazione. Pregiudizialità. Con il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata ha ravvisato la pregiudizialità del processo sulla liberazione dell’alloggio rispetto al processo sul riscatto dell’alloggio stesso, anziché viceversa . Il motivo è infondato. Le argomentazioni svolte dal ricorrente non tengono conto del fatto che lo svolgimento e la conclusione del procedimento amministrativo per il trasferimento in proprietà agli assegnatari di alloggi di edilizia economica e popolare già assegnati in locazione semplice, non determinano l’acquisizione della proprietà dell’alloggio fino alla formale stipulazione del contratto di compravendita così già Cass. n. 11334/07 . Ne consegue il principio di diritto secondo cui in caso di simultanea pendenza del giudizio relativo al rilascio di un immobile di edilizia economica e popolare già assegnato in locazione e di altro relativo riscatto dello stesso bene in capo al conduttore assegnatario, non ricorrono i presupposti per la sospensione necessaria del primo di essi, poiché la disciplina dell’assegnazione in locazione opera fino alla produzione dell’effetto traslativo della proprietà dell’alloggio in capo al conduttore, che si determina soltanto al momento del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il secondo giudizio . Considerando gli ulteriori motivi non meritevoli di accoglimento, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 19 ottobre – 15 novembre 2016, n. 23218 Presidente Ambrosio – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1.- G.A. proponeva opposizione all’ordine di rilascio dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica notificatogli dal Comune di Bologna il 26 febbraio 2010, convenendo quest’ultimo davanti al Tribunale di Bologna. L’attore chiedeva che fosse affermato il proprio diritto a subentrare alla madre, deceduta il 14 novembre 2007, nella titolarità del contratto di locazione, in quanto componente del nucleo familiare all’atto dell’originaria assegnazione dell’alloggio, nel quale era tornato ad abitare il 31 maggio 2007, quando la madre era ancora in vita. Si costituiva il Comune di Bologna, resistendo alla domanda dell’attore l’A.C.E.R. restava contumace. Il Tribunale respingeva il ricorso. 2.- Con la sentenza qui impugnata, pubblicata il 24 giugno 2013 , la Corte d’appello di Bologna, rigettata la richiesta di sospensione del giudizio fino all’esito di quello promosso dallo stesso G. avverso il provvedimento di rigetto della domanda di riscatto dell’alloggio, ha escluso la sussistenza in capo all’appellante del requisito della stabile convivenza con il nucleo originario formato con i propri genitori, in quanto il G. si era trasferito altrove dopo il matrimonio ed aveva ripreso la convivenza con la madre soltanto qualche mese prima del decesso di quest’ultima senza peraltro che l’Ente avesse autorizzato la nuova convivenza , mentre la normativa richiedeva la maturazione di un quadriennio per la qualificazione della stabilità e per il perseguimento della modifica della composizione del nucleo avente diritto. Ha quindi rigettato il gravame, compensando le spese di lite tra l’appellante e l’appellato Comune di Bologna. 3.- La sentenza è impugnata da G.A. con cinque motivi. Il Comune di Bologna si difende con controricorso. L’Azienda Casa Emilia-Romagna Provincia di Bologna ACER Bologna non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1.- Col primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 10, n. 4, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ravvisato la pregiudizialità del processo sulla liberazione dell’alloggio rispetto al processo sul riscatto dell’alloggio stesso, anziché viceversa . Il ricorrente sostiene che se due controversie investono l’una il godimento di un alloggio e l’altra la proprietà dello stesso alloggio, la pregiudizialità risulta della seconda rispetto alla prima che questa conclusione varrebbe viepiù nel caso di specie in quanto nella causa di riscatto dell’alloggio è stata proposta in principalità una domanda ex art. 2932 cod. civ., il cui accoglimento produrrebbe effetti con decorrenza dall’avvio del procedimento amministrativo o - al più tardi - dalla notifica della citazione, quindi da data anteriore rispetto alla notificazione dell’ordine di liberazione. 1.1. - Il motivo è infondato. Le argomentazioni svolte dal ricorrente per sostenere la pregiudizialità della causa concernente il riscatto dell’alloggio non tengono conto del fatto che lo svolgimento ed anche la conclusione del procedimento amministrativo per il trasferimento in proprietà agli assegnatari di alloggi di edilizia economica e popolare già assegnati in locazione semplice, non determinano l’acquisizione della proprietà dell’alloggio fino alla formale stipulazione del contratto di compravendita così già Cass. S.U. n. 11334/07, citata dal resistente, nonché Cass. n. 6852/11 e n. 5689/15 . Né rileva che nella causa che il ricorrente assume come pregiudicante sia stata avanzata domanda ai sensi dell’art. 2932 cod. civ Infatti, a prescindere dalla fondatezza o meno di tale domanda, va comunque considerato che - così come evidenziato anche dal Comune resistente - la sentenza che produce gli effetti del contratto non concluso è costitutiva e determina l’effetto traslativo del bene ex nunc , al momento del suo passaggio in giudicato, e non ex tunc , dal momento della domanda, come sostenuto dal ricorrente cfr. Cass. S.U. n. 4059/10, nonché, da ultimo, Cass. n. 8693/16 . Ne consegue che, in caso di simultanea pendenza del giudizio relativo al rilascio di un immobile di edilizia economica e popolare già assegnato in locazione e di altro relativo al riscatto dello stesso bene in capo al conduttore assegnatario, non ricorrono i presupposti per la sospensione necessaria del primo di essi, poiché la disciplina dell’assegnazione in locazione opera fino alla produzione dell’effetto traslativo della proprietà dell’alloggio in capo al conduttore, che si determina soltanto al momento del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il secondo giudizio. Il primo motivo va perciò rigettato. 2.- Col secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 10, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di due questioni reciprocamente collegate a trasmissibilità all’erede della pretesa al riscatto dell’alloggio b abnormità della durata di circa 15 anni del procedimento per la cessione dell’alloggio ”. 2.1.- Col terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 10, n. 4, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dei principi sulle successioni mortis causa e dei principi sull’attività della p.a 3.- I motivi, che vanno trattati congiuntamente perché attengono entrambi all’accertamento incidenter tantum del diritto al riscatto dell’alloggio, sono inammissibili. Essi riguardano una questione che non è suscettibile di accertamento incidentale, per quanto detto sopra sul momento di produzione dell’effetto traslativo della proprietà dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica, del quale sia stato chiesto il riscatto, e sulla natura costitutiva della sentenza ex art. 2932 cod. civ Nessun effetto avrebbe potuto provocare nel presente giudizio l’accertamento invocato dal ricorrente, sia pure in via incidentale, sicché non è viziata la sentenza d’appello che non si è occupata delle questioni qui riproposte con i motivi secondo e terzo di ricorso. 4.- Col quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 e n. 5, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 ss. L.R. n. 24/2001, in merito alla sussistenza dei requisiti per l’assegnazione dell’alloggio. Il ricorrente sostiene che sarebbe errata la sentenza laddove ha interpretato gli artt. 24 e 27 della legge regionale n. 24/2001, senza distinguere, ai fini della seconda disposizione, tra persone che compongono il nucleo originario e persone che beneficiano di un ampliamento del nucleo . Secondo il ricorrente, per gli appartenenti alla prima categoria tra cui vi sarebbe il ricorrente medesimo, convivente con i genitori all’epoca dell’assegnazione dell’alloggio , non sarebbe necessario, al momento del subentro, il requisito della stabile convivenza da almeno quattro anni, richiesto invece per gli appartenenti alla seconda categoria. 4.1. - Il motivo è infondato. L’art. 24 della L.R. Emilia Romagna n. 24 del 2001 - nel testo applicabile ratione temporis , che è quello precedente le modifiche apportate con la legge regionale n. 24 del 2013 - individua il nucleo familiare avente diritto ai fini dell’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Nel caso di specie, il G. , in quanto figlio legittimo dell’assegnatario, Gu.An. , e del coniuge, B.E. in G. , con questi all’epoca convivente, faceva parte del nucleo avente diritto all’assegnazione conseguita con contratto del 1975 . È tuttavia incontestato che G.A. abbandonò l’alloggio dove viveva con la famiglia d’origine quando contrasse matrimonio e si trasferì presso altra abitazione. Questo dato di fatto comporta che il G. , attuale ricorrente, abbia perso la qualità di componente del nucleo originariamente avente diritto all’assegnazione, perché ne perse lo status qualificante costituito dalla convivenza stabile con gli altri componenti dello stesso nucleo familiare. Il diritto al subentro nel contratto di locazione è disciplinato dall’art. 27 della stessa legge, che, nel testo applicabile ratione temporis vale a dire quello sostituito dall’art. 5 della L.R. n. 10 del 2003 , così dispone Art. 27 Subentro, ospitalità temporanea e coabitazione . 1. I componenti del nucleo avente diritto, purché stabilmente conviventi, subentrano di diritto nella titolarità del contratto di locazione in caso di decesso dell’assegnatario ovvero di abbandono dell’alloggio. Hanno diritto al subentro in particolare i componenti del nucleo avente diritto originario nonché coloro che siano venuti a far parte del nucleo per ampliamento dello stesso, a seguito di sopravvenienza di figli, matrimonio o stabile convivenza nei casi previsti dal comma 2, ovvero per accoglienza nell’abitazione degli ascendenti o degli affini in linea ascendente, ovvero per affidamento stabilito con provvedimento giudiziario, secondo quanto previsto dalla delibera del consiglio regionale di cui all’art. 15, comma 2. 2. La stabile convivenza comporta la modifica della composizione del nucleo originario quando ricorrono le seguenti condizioni a la convivenza è instaurata per le finalità di cui all’art. 24, comma 4 b l’avvio della convivenza è comunicato al Comune, il quale verifica la continuità e stabilità della convivenza, per un periodo di almeno quattro anni c la modifica della composizione del nucleo avente diritto è autorizzata dal Comune a seguito delle verifiche di cui alla lettera b del presente comma. 3. Nel caso di decesso dell’assegnatario prima della decorrenza del termine di cui al comma 2, lettera b , il Comune può concedere al convivente il subentro, in presenza di particolari condizioni di bisogno oggettivamente accertate. 4. omissis . 5. Fuori dai casi previsti dal comma 2, l’ospitalità temporanea e la coabitazione di soggetti esterni al nucleo dell’assegnatario, tra cui le persone che prestano assistenza a componenti del nucleo acquisendo la residenza anagrafica, si attuano secondo quanto disposto dal regolamento comunale d’uso degli alloggi. In nessun caso l’ospitalità temporanea e la coabitazione comportano modifica della composizione del nucleo avente diritto né costituiscono titolo al subentro . La lettera del primo comma, primo inciso, della norma è chiara nel differenziare i componenti del nucleo avente diritto originario, ma solo qualora siano stabilmente conviventi al momento del decesso dell’originario assegnatario. Avendo il G. perso il requisito della stabile convivenza con gli altri componenti dell’originario nucleo assegnatario, avrebbe avuto diritto al subentro solo qualora la convivenza fosse stata nuovamente instaurata con le modalità e con le caratteristiche di cui al secondo comma della stessa norma. Ed invero, contrariamente a quanto si assume in ricorso, i componenti del nucleo originario, la cui situazione di convivenza sia venuta meno per abbandono dell’alloggio, possono ricostituirla ma soltanto alle condizioni previste dal comma secondo, poiché soltanto a queste condizioni essa qualificabile come stabile ai sensi del primo inciso del primo comma. Dal momento che, in punto di fatto, non è contestato che questa nuova situazione di stabile convivenza, per almeno quattro anni prima dal decesso della seconda assegnataria, non si sia realizzata, il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma l quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma l bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte resistente, nell’importo complessivo di Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma l bis dello stesso articolo 13.