Ordine di allontanamento dall’Italia non rispettato: illegittima l’espulsione automatica

Vittoria per una straniera. La donna, destinataria di un decreto di espulsione nel 2013, è stata trovata in Italia nuovamente nel 2014. Ciò però non è sufficiente per far subito scattare un nuovo provvedimento espulsivo.

Non rispettato l’ordine di abbandonare il territorio italiano. Inevitabili gli ulteriori guai giudiziari per una straniera. Tuttavia, non va considerato legittimo a priori il nuovo decreto di espulsione firmato dal Prefetto Cassazione, ordinanza 23112/2016, Sezione Sesta Civile, depositata l’11 novembre . Il caso. Fissate le tappe principali della vicenda. Nel 2013 il Prefetto ufficializza il provvedimento di espulsione nei confronti di una straniera, destinataria, peraltro, anche dell’ ordine del Questore ad abbandonare il territorio italiano . A distanza di 12 mesi, però, la donna viene fermata e controllata emerge, ovviamente, la sua illegittima presenza in Italia. Consequenziale è il nuovo decreto di espulsione da parte del Prefetto. Ma quest’ultimo atto viene ora messo in discussione dalla Cassazione. Secondo il Giudice di pace non vi è prova che la donna si fosse resa inottemperante per giustificato motivo all’ordine di allontanamento dal territorio italiano , e ciò permette di valutare la sua condotta come sintomatica della volontà di sottrarsi alla esecuzione del provvedimento emesso nel 2013. Valutazione concreta. Di parere diverso, invece, i magistrati del ‘Palazzaccio’. A loro avviso, difatti, bisogna tener presente che le misure espulsive degli stranieri, alla luce del nuovo sistema normativo , ufficializzato nel 2008, non possono essere conseguenza automatica dell’inottemperanza ad un pregresso ordine di allontanamento disposto sotto il previgente regime giuridico . Di conseguenza, qualsiasi provvedimento di allontanamento deve essere valutato caso per caso . In questa vicenda, la visione tracciata dai giudici della Cassazione conduce a ritenere dotata di valore l’obiezione mossa dalla donna nei confronti del decreto di espulsione datato 2014 e da ritenere quindi illegittimo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 luglio – 11 novembre 2016, n. 23112 Presidente Dogliotti – Relatore Acierno Fatto e diritto Rilevato che è stato depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 24405/2014 Nel 2014 il Prefetto di Reggio Emilia emetteva nei confronti della sig.ra S.E. un decreto di espulsione perché inottemperante al precedente provvedimento di espulsione del Prefetto di Reggio Emilia dell'anno precedente e all'ordine del Questore di Reggio Emilia ad abbandonare il territorio italiano. La ricorrente si rivolgeva al Giudice di Pace di Ancona, opponendosi al decreto di espulsione, chiedendone l'annullamento. Veniva istaurato il giudizio sulla base della violazione di legge, lamentata dalla ricorrente, in relazione agli artt. 13 e 14 D. Lgs. 286/1998 T.U. immigrazione e successive modifiche, nonché agli artt. 17 e 18 T.U. Il Giudice di Pace, rigettando il ricorso proposto dalla sig.ra S., confermava il provvedimento impugnato. A sostegno della decisione impugnata veniva affermato che non vi era prova che la ricorrente si fosse resa inottemperante per giustificato motivo all'ordine di allontanamento dal territorio italiano né che avesse contestato la veridicità e fondatezza del provvedimento prefettizio in questione l'inottemperanza dimostrata doveva ritenersi sintomatica della volontà della stessa di sottrarsi alla volontaria esecuzione del provvedimento la ricorrente non aveva dato prova di avere provveduto a presentare richiesta di rilascio di autorizzazione a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l'esercizio del diritto di difesa ex art. 17 T.U. né per ottenere uno speciale permesso di soggiorno al fine di sottrarsi alla violenza di un'organizzazione criminale e di partecipare a un programma di assistenza sociale ex art .18 T. U. Avverso tale pronuncia veniva proposto ricorso per Cassazione dalla sig.ra S. affidato ai seguenti motivi 1 Violazione e falsa applicazione della Direttiva del Parlamento Europeo 16/12/2008/115/CE per non avere il giudice di apce considerata l'illegittimità di un provvedimento di espulsione che sia dovuto esclusivamente ed in via automatica all'inottemperanza di un precedente ordine di allontanamento. Il Giudice di Pace di Reggio Emilia ha invece ritenuta gravata la ricorrente dell'onere di fornire un giustificato motivo a fondamento dell'inottemperanza all'ordine di allontanamento Nessun onere probatorio incombe in tal senso a suo carico. 2 Violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 18 D. Lgs. 286/1998 per non essere la ricorrente sta messa in condizione di esercitare il proprio diritto di difesa in un procedimento penale per sfruttamento della prostituzione nel quale è parte offesa. peraltro l'imputato, condannato in primo grado alla pena di anni 3 di reclusione. ha chiesto la rinnovazione della audizione della sig.ra S. in appello. La permanenza nel territorio italiano può essere giustificata anche in virtù dell'art. 17 dovendosi il diritto all'ingresso essere equiparato al diritto di non allontanarsi. Il primo motivo è fondato. Le misure espulsive degli stranieri, alla luce del nuovo sistema normativo contenuto negli artt. 13 e 14 del D. Lgs. n. 286/1998 e successive modificazioni, non possono essere la conseguenza automatica dell'inottemperanza ad un pregresso ordine di allontanamento disposto sotto il previgente regime giuridico dell'art. 14, comma 5 bis e ter, trattandosi di disposizione dichiarata in contrasto con i principi contenuti nella citata Direttiva 115/2008/CF, dovendosi qualsiasi provvedimento di allontanamento essere valutato caso per caso. cfr. Cass. Civ. n. 18481 del 2011 e 437/ 2014 . Il secondo motivo è assorbito. In conclusione si propone l'accoglimento del primo motivo assorbito il secondo. Il collegio condivide senza rilievi la relazione, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ai sensi dell'art. 384 secondo comma cod. proc. civ., applica il principio della soccombenza in ordine alle spese processuali relative al procedimento davanti al Giudice di Pace e al presente procedimento P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e, ex art. 384 secondo comma cod. proc. civ., condanna la parte resistente al pagamento delle spese processuali da liquidarsi per il procedimento davanti al giudice di pace in E 500 per compensi E 200 per esborsi oltre accessori di legge per il presente giudizio in E 1100 per compensi E 100 per esborsi oltre accessori di legge. Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica l'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.