Facebook è tenuto a rimuovere i commenti illeciti segnalati dagli utenti?

Il Tribunale di Napoli esamina il caso dei video a sfondo sessuale e commenti diffamatori ai danni di una ragazza postati su Facebook, approfondisce il ruolo e le responsabilità degli hosting Internet Service Provider e ordina al social network di rimuovere i link segnalati relativi a contenuti illeciti e commenti offensivi.

E’ quanto affrontano dal Tribunale di Napoli con l’ordinanza dello scorso 4 novembre. La vicenda. Una ragazza oggetto di video a carattere sessuale diffuso online senza autorizzazione e oggetto di insulti postati su Facebook presentava ricorso cautelare ex art. 700 c.pc. contro il social network. Il Tribunale di Napoli Nord, in composizione monocratica ha accolto la relativa domanda e ha ordinato a Facebook Ireland l’immediata cessazione e rimozione dalla piattaforma del social network di ogni post o pubblicazione contenente immagini foto e/o video o apprezzamenti riferiti specificatamente alla persona della ricorrente. Il Tribunale ha fissato in euro 100 la somma dovuta alla ricorrente ai sensi dell’art. 614- bis c.p.c. per ogni violazione o inosservanza dell’ordine nonché per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento e fino al limite massimo complessivo di euro 10.000, con condanna alla refusione delle spese e competenze di lite in favore della ricorrente. La ragazza si è suicidata per la vergogna a seguito della diffusione online non autorizzata dei video a carattere sessuale che la ritraevano nel compimento di atti sessuali e dai relativi apprezzamenti offensivi e denigratori postati sul social network. Facebook ha proposto reclamo contro la sopra citata ordinanza e ha chiesto in via preliminare la sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ordinanza in quanto l’esecuzione stessa causerebbe a Facebook gravissimi e irreparabili danni, nonché la riforma della stessa ordinanza, il rigetto delle domande della ricorrente nei confronti di Facebook e la compensazione delle rispettive spese, diritti e onorari. Il social network ha evidenziato che alla data in cui l’ordinanza è stata emessa il quarto link identificato nel ricorso ex 700 c.p.c. non era accessibile al servizio Facebook e pertanto rappresentava a riguardo la cessazione della materia del contendere. Secondo Facebook, l’ordinanza del Giudice si pone in contrasto con le disposizioni del l’art. 16 d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70 cd. Decreto e-commerce di attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa agli aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione . La madre della ragazza si costituiva in giudizio in qualità di erede e tramite i legali chiedeva il rigetto del reclamo presentato da Facebook o in via subordinata, per l’accoglimento solo parziale dello stesso ordinando a Facebook l’immediata cessazione e rimozione della piattaforma del social network di ogni post o pubblicazione contenente immagini foto e video della ragazza diffusi senza alcuna autorizzazione. Il Tribunale ha ritenuto sussistente l’interesse di Facebook alla proposizione del reclamo e ha esaminato il caso. La posizione dell’Internet Service Provider. Il Tribunale ha approfondito il ruolo, le funzioni e le responsabilità degli Internet Service provider , categoria che ricomprende anche le aziende di social network, fornitrici di un servizio di rete basato su una piattaforma software scritta in vari linguaggi di programmazione. Il Tribunale illustra l’evoluzione della giurisprudenza italiana in materia e le distinzioni tra i content , network , service , host provider Tribunale di Bologna sent. n. 331/2001 e la legislazione in materia direttiva 8 giugno 2000 sul commercio elettronico 2000/31/CE recepita dal d.lgs. n. 70/2003 che ha sancito l’assenza di un obbligo generale di sorveglianza per gli ISP . Il Tribunale sottolinea come in riferimento all’attività di memorizzazione durevole o hosting ” la responsabilità del provider è altresì, espressamente esclusa dall’art. 16 d.lgs. n. 70/2003, a condizione che a non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie non sia al corrente di fatti o circostanze che rendono manifesta l’illeicità dell’attività o dell’informazione b non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso. Il Tribunale osserva che l’art. 17 d.lgs. n. 70/2003 esclude che il provider sia assoggettato ad un generale obbligo di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza ovvero un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite. Il giudice ha evidenziato come, pur in assenza di un generale obbligo di sorveglianza ovvero di un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che la presenza di attività illecite difficoltoso se non impossibile dal punto di vista tecnico deve tuttavia ritenersi sussistente una responsabilità per le informazioni oggetto di memorizzazione durevole od hosting , come avvenuto nel caso in esame, il provider sia effettivamente venuto a conoscenza del fatto che l’informazione è illecita art. 16, comma 1, lett. b , d.lgs. n. 70 e non sia attivato per impedire l’ulteriore diffusione della stessa. A ciò si aggiunga che non vi è a carico degli ISP un obbligo di controllo preventivo dei contenuti presenti né una posizione di garanzia ma sussiste un obbligo successivo di attivazione di modo che la responsabilità a posteriori dell' hosting provider sorge per non avere ottemperato, come nel caso in esame a una richiesta diffida di rimozione dei contenuti illeciti proveniente dalla parte che assume essere titolare dei diritti, ovvero per non avere ottemperato a un ordine dell'autorità, sia essa giurisdizionale o amministrativa, cui si sia rivolto il titolare del diritto per ottenere il medesimo effetto. Il provvedimento in commento richiama in materia la giurisprudenza europea caso C-314/12, UPC Telekabel in materia di tutela della proprietà intellettuale e nazionale Tribunale Roma, IX sezione, sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale, ordinanza del 11 novembre 2011 Tribunale orinario di Torino, Tribunale delle imprese, ordinanza del 23 giugno 2014 che conferma l’esclusione di un dovere di controllo preventivo del provider rispetto ai contenuti immessi in rete e la possibilità dell’intervento del provider successivo alla segnalazione della violazione. La responsabilità dell’Internet Service Provider. Il Tribunale richiama l’attenzione degli operatori sul fatto che la responsabilità a posteriori dell’ hosting provider sorge per non avere ottemperato, come nel caso in esame a una richiesta diffida di rimozione dei contenuti illeciti proveniente dalla parte che assume essere titolare dei diritti, ovvero per non avere ottemperato a un ordine dell’autorità, sia essa giurisdizionale o amministrativa a cui sia rivolto il titolare del diritto per ottenere il medesimo effetto. A tal proposito viene richiamata la giurisprudenza in materia in particolare Tribunale di Milano, sezione prima civile, ordinanza del 3.10.2013 secondo la quale è ravvisabile una responsabilità del prestatore di hosting nei confronti del terzo danneggiato dai contenuti inseriti dal un destinatario del servizio e salva la responsabilità di quest'ultimo soltanto se il danneggiato dimostri in giudizio che il provider era comunque stato messo a conoscenza del contenuto illecito di un'attività o di un'informazione alla quale dava accesso e che, nonostante ciò, non si sia attivato per darne tempestiva comunicazione all'autorità, né abbia provveduto ad impedirne l'accesso a quel determinato contenuto, avvalendosi del potere di autotutela negoziale di cui avrebbe potuto avvalersi in base al contratto concluso con i destinatario del servizio. Il Tribunale osserva come la reclamante fosse tenuta ad attivarsi per impedire l'ulteriore diffusione dei link a seguito della specifica e dettagliata segnalazione effettuata dalla ricorrente e come la stessa reclamante, prima dell'instaurazione del procedimento cautelare e della notifica del ricorso introduttivo sia rimasta completamente inerte e non abbia provveduto, ai sensi dell'art. 17, comma 2, d.lgs. 70/2003 neanche alla luce del contenuto palesemente diffamatorio e denigratorio anche solo dei commenti e delle immagini presenti nei link, a denunciare prontamente il fatto alle autorità competenti. Il Tribunale ha rilevato che poiché su Facebook non ricade un obbligo di verifica in via anticipata del contenuto e dei commenti immessi dagli utenti, non sembra configurabile a suo carico il dovere di inibire, in via generale, un caricamento della sua piattaforma di ogni video, immagini, notizie o articoli riferiti alla persona della ricorrente. In conclusione. Il collegio partenopeo ha dunque accolto parzialmente il reclamo e ha ordinato a Facebook Ireland LDT l'immediata cessazione e rimozione della piattaforma del social network dei link specificatamente indicati. Ha inoltre ordinato di impedire l'ulteriore caricamento sulla piattaforma Facebook dei sopra citati link, fissando in euro 100 la somma dovuta alla reclamata ai sensi dell'art. 614- bis c.p.c. per ogni violazione o inosservanza dell'ordine che precede nonché per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento a decorrere dal decimo giorno successivo alla comunicazione dell'ordinanza e fino al limite massimo di euro 10.000. Il Tribunale ha compensato nella misura di 1/3 le spese della doppia fase di giudizio e ha condannato Facebook al pagamento nei confronti dell'erede dei residui 2/3 delle spese e competenze professionali. Internet, libertà di espressione e privacy. L'ordinanza in esame è di interesse in quanto, da un lato, conferma le garanzie previste dalla normativa per gli hosting Internet Service Provider e ribadisce l'assenza di un obbligo di sorveglianza profilo anche tecnicamente non realizzabile , dall'altro lato, l’ordinanza sottolinea che i contenuti illeciti segnalati devono essere rimossi dal social network. Per Facebook inizia una nuova complessa sfida come riuscire ad attivarsi in modo efficace nel caso di segnalazioni e diffide specifiche senza comprimere la libertà di espressione? Come prevenire possibili contenziosi relativi a contenuti illeciti? La sfida riguarda tutti noi nell’ottica di una maggiore consapevolezza delle opportunità e rischi nell’utilizzo delle tecnologie e di internet e dei nostri diritti e dei possibili strumenti di tutela.

Tribunale di Napoli Nord, sez. II Civile, ordinanza 3 – 4 novembre 2016 Presidente Sinisi – Relatore Buffardo Letti gli atti ed i documenti di causa, Sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 5 ottobre 2016 premessa che con ricorso depositato in data 20.9.2016 Facebook Ireland Ltd. di seguito anche Facebook Ireland , in persona del legale rappresentante pro tempore, ha proposto reclamo avverso l'ordinanza, resa in data 10.08.2016, con la quale il Tribunale di Napoli Nord, in composizione monocratica dott.ssa M.M. a definizione del procedimento iscritto al n. R.G. 6312/2015, ha, tra l'altro, accolto la domanda proposta ex articolo 700 c.p.c., da T.A.C. nei confronti di Facebook, ordinando a Facebook l'immediata cessazione e rimozione dalla piattaforma del social network di ogni post o pubblicazione contenente immagini foto e/o video o apprezzamenti riferiti i specificamente alla persona della ricorrente , contestualmente fissando in € 100,00 la somma dovuta alla ricorrente ai sensi dell’articolo 614 bis c.p.comma per ogni violazione o inosservanza dell'ordine che precede nonché per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento, a partire dal ventunesimo giorno dalla comunicazione del presente provvedimento e fino al limite massimo complessivo di euro 10.000,00, con condanna alla refusione delle spese e competenze di lite in favore della ricorrente che la reclamante ha censurato il provvedimento di accoglimento sotto un triplice profilo 1 intervenuta cessazione della materia del contendere alla data dell'emissione dell'ordinanza impugnata si legge testualmente, alla pag. 3 del ricorso, Nel momento in cui il primo Giudice ha emesso l'ordinanza, nessuno del contenuti pubblicati sul servizio Facebook come identificati dalla ricorrente con il proprio ricorso d'urgenza era illecito o Comunque accessibile sul servizio Facebook. In altri termini, alla data dell'emissione dell'ordinanza, era cessata la materia del contendere tra la ricorrente e Facebook Ireland, . 2 inesistenza dell'obbligo di rimozione dei contenuti individuati nel ricorso introduttivo in difetto di preventivo ordine emesso dalle autorità competenti ex articolo 16 dlgs, 9 aprile 2003, n. 70 c.d. decreto e-commerce di attuazione della direttiva 2000J311CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno 3 l'omessa indicazione degli URL idonei ad identificare le pagine del servizio Facebook in relazione all'ordine con il quale il Giudice di prima istanza ha disposto l'immediata cessazione e rimozione dalla piattaforma del social network di ogni post o pubblicazione contenente immagini foto e/o video o apprezzamenti riferiti specificamente alla persona della ricorrente invero, a parere della reclamante, l'ampiezza dell'ordine così emanato dal primo Giudice si pone in netto contrasto con il disposto di cui all'articolo 17 del decreto e-commerce laddove impone a Facebook Ireland un obbligo generale di monitoraggio e rimozione di ogni post o pubblicazione contenente immagini foto e/o video o apprezzamenti riferiti specificamente alla persona della ricorrente che, con il predetto reclamo, la ricorrente ha chiesto, in via preliminare, la sospensione dell'efficacia esecutiva dell'ordinanza in quanto l'esecuzione della stessa causerebbe a Facebook Ireland gravissimi e irreparabili danni e, nel merito, in via principale, accertare che il quarto link identificato nel ricorso ex articolo 700 c.p.comma dalla ricorrente www.Facebook,com/pagesfT.C. ne-sei.-tutti-noi TORNA1472583122695984 non era accessibile sul servizio Facebock alla data in cui l'ordinanza è stata emessa e, per l'effetto, dichiarare cessata la materia del contendere e di conseguenza riformare l'ordinanza rigettando le domande della ricorrente nei confronti di Facebock Ireland in via subordinata, accertare che l'ordinanza emessa si pone in contrasto le disposizioni del decreto e-commerce e della Direttiva e-commerce e, per l'effetto, riformare l'ordinanza rigettando le domande della ricorrente nei confronti di Facebook Ireland, in ogni caso, con compensazione delle rispettive spese, diritti e onorari del presente giudizio che, ritenuti insussistenti i presupposti per la sospensione dell'esecuzione ex articolo 669 terdecies ultimo comma c.p.comma e disposta la comparizione delle parti, con memoria depositata in data 4.10.2016 si costituiva la Sig.ra T.G. nella qualità di erede di T.A.C. concludendo per il rigetto del reclamo ovvero, in via subordinata, per l'accoglimento solo parziale dello stesso ordinando a Facebook Ireland Ltd la immediata cessazione e rimozione dalla piattaforma del social network di ogni post o pubblicazione contenente 1 immagini foto e/o video la cui diffusione non sia stata autorizzata dalla Sig.na T.C. e/o la ritraggano comunque nel compimento di atti sessuali o 2 apprezzamenti offensivi, denigratori, derisori, e/o comunque riferiti alle preferenze sessuali della ricorrente e/o comunque a immagini foto e/o video la cui diffusione non sia stata autorizzata dalla sig.na T.C. e/o la ritraggano comunque nel compimento di atti sessuali , il tutto con vittoria di spese e competenze di lite da attribuirsi ai procuratori antistatari discussa la causa ed acquisito il fascicolo della fase cautelare ritenuto sussistente l'interesse alla proposizione del presente reclamo manifestazione del generale principio dell'interesse ad agire sancito, con riferimento alla proposizione della domanda ed alla relativa contraddizione alla stessa, dall'articolo 100 c.p.c. con riferimento alla adottata statuizione di condanna contenuta nell'ordinanza del 10,08.2016 resa dal Tribunale di Napoli Nord, in composizione monocratica, a definizione del procedimento iscritto al n. R.G. 6312/2015 dalla col inosservanza potrebbero insorgere pretese risarcitorie, non limitate all'applicazione della misura di coercizione indiretta articolo 614 bis c.p.c. , pure contenuta nel provvedimento gravato che, invero, l'interesse all'impugnazione cui va sostanzialmente assimilato il reclamo cautelare va apprezzato in relazione all'utilità concreta derivabile alla parte dall'accoglimento del gravame, e si collega alla soccombenza, anche parziale, nel precedente giudizio, mancando la quale l'impugnazione è inammissibile Cass. Sez. Un., 19 maggio 2008, n. 12637 conforme Cass. sez. lav., 10 novembre 2008, n. 26921 Cass. 28 aprile 2006, n. 9877 conforme Cass. 27 gennaio 2006, n. 1755 secondo cui alla radice di ogni impugnazione deve essere individuato un interesse giuridicamente tutelato, identificabile nella possibilità di conseguire una concreta utilità o un risultato giuridicamente apprezzabile, attraverso la rimozione della statuizione censurata, e non già un mero interesse astratto a una più corretta soluzione di una questione giuridica non avente riflessi pratici sulla soluzione adottata. È dunque, inammissibile, per difetto d'interesse, un'impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte e che sia diretta quindi all'emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico. considerato che, contrariamente a quanto asserito dalla reclamante, alla data dell'emissione dell'ordinanza gravata non poteva ritenersi cessata la materia del contendere fattispecie, quest'ultima, presupponente il sopravvenire di una situazione che elimini la ragione del contendere delle parti, facendo venir meno l'interesse ad agire e a contraddire, e cioè l'interesse ad ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice, da accertare avendo riguardo all'azione proposta e alle difese svolte dal convenuto che, invero, avuto riguardo ai links n. 4 presenti nella pagina Facebook, dettagliatamente indicati nell'atto introduttivo e nelle note autorizzate, siccome contenenti fotografie e filmati riferiti alla persona della ricorrente 1.www.facebook.com/t.c.bravo 2.www.facebook.com/pages/T.C.-sei-tutti-noi TORNA/472583122895984 3. www.facebook.com/pages/T.-C.-che -fa cose/1504523263139513 4.www.facebook.com/pages/t.c./l596244927292551 , alla data del deposito dell'ordinanza risultava ancora attivo il link n. 2.www.facebook.com/pages/T. C.-sei-tutti-noi TORNA/472583122895984, nonostante l'istante avesse inviato, a mezzo dei propri difensori e, quindi, ben prima del deposito del ricorso cautelare, diffide e segnalazioni al fine di ottenere la rimozione dl tutti i video e le immagini ritenuti lesivi della propria reputazione cfr. doc, allegati all'atto introduttivo e alle note depositate in data 20.5.2016 nell'ambito del procedimento iscritto al n. R.G. 6312/2015 detta circostanza, peraltro, trova conferma nella stessa produzione di parte resistente-odierna reclamante cfr. docomma 4,5,6,7 della produzione depositata da Facebook innanzi al giudice di . Prima istanza da cui si evince che, mentre i links 1. www.facebook.com/t.comma bravo 2.www.facebook.com/pages/T.-C.-che-fa-cose/1504523263139513 3. www.facebook.com/pages/T.-c./1596244927292651 risultano non disponibili e, quindi, non accessibili, il quarto link www. facebook.com/pages/T.-C.-sei-tutti-noi TORNA/472583122895964, risulta ancora liberamente accessibile, non avendo peraltro l'originaria parte resistente fornito prova contraria in tal senso che, in ogni caso, avuto riguardo all'azione proposta dalla ricorrente e alle pretese avanzate in sede cautelare rimozione immediata dai server e conseguente disabilitazione all'accesso di tutti contenuti riproducenti in tutto o in parte sequenze di immagini fisse o in movimento, nonché frasi diffamatorie, denigratorie ed offensive relative alla persona della ricorrente , nonché 'ordine per il futuro di vietare la pubblicazione di video, immagini, notizie o articoli circa la sig.ra T.C., ed altresì ordinare la cancellazione delle pubblicazioni già effettuate, inibendo per il futuro dall'utilizzo delle stesse immagini e del video , cfr, conclusioni del ricorso ex art, 700 c.p.c. , quand'anche fosse già avvenuta la rimozione dei contenuti analiticamente censurati, in ogni caso doveva ritenersi persistente l'interesse alla pronuncia cautelare quantomeno al fine di ottenere l'inibitoria con riferimento all'ulteriore caricamento dei medesimi dati, rilevato che l'odierna reclamante, fornitrice di un servizio di rete sociale basato su una piattaforma software scritta in vari linguaggi di programmazione, va qualificata come provider' termine anglosassone con la quale viene indicata quella società ed organizzazione che offre al propri utenti accesso alla rete Internet e/o servizi in qualche modo connessi all'utilizzo della stessa più precisamente i provider sono chiamati ISP, Internet service provider tra i Provider sì distinguono i content provider, fornitori di contenuti, autori quindi anche dei contenuti pubblicati sui propri server i network provider, fornitori di accesso alla rete attraverso la dorsale internet gli access provider che offrono alla clientela l'accesso ad internet attraverso modem o connessioni dedicate gli host provider che forniscono ospitalità a siti internet e i service provider che forniscono servizi per internet, come accessi o telefonia mobile, i cache provider che immagazzinano dati provenienti dall'esterno in un'area di allocazione temporanea, la cache, al fine di accelerare la navigazione in rete una definizione giurisprudenziale delle varie tipologie è contenuta nella sentenza n. 331/2001 del Tribunale di Bologna, secondo cui il termine Access Provider, o taluni casi anche Mere Conduit n.d.r., individua il soggetto che consente all'utente l'allacciamento alla rete telematica il compito dell'Access Provider è per lo più quello di accertare l'identità dell'utente che richiede il servizio, di acquisirne i dati anagrafici, e, quindi, di trasmettere la richiesta all'Autority italiana affinché provveda all'apertura del relativo sito web. L'Access Provider può anche limitarsi a concedere al cliente uno spazio, da gestire autonomamente sul disco fisso del proprio elaboratore. [] Il Content Provider è l'operatore che mette a disposizione del pubblico informazioni ed opere riviste, fotografie, libri, banche dati, versioni telematiche di quotidiani e periodici – caricandole sulle memorie dei computers server e collegando tali computers alla rete. Content provider è anche chi si obbliga a gestire e ad organizzare una pagina web immessa in rete dal proprio cliente. la stessa permette una agevole condivisione dei dati tra i propri utenti, potendo immagazzinare tali informazioni in via permanente nelle proprie piattaforme informatiche che, con riferimento alla responsabilità degli ISP per gli illeciti commessi attraverso l'utilizzazione dei servizi di rete offerti, in difetto di una normativa di settore poi adottata con il D.lgs. 2000/31 , si riteneva in passato applicabile il regime generale della responsabilità civile previsto dall'art 2043 c.c., oltre che della responsabilità penale questa era del resto la soluzione avallata anche dalla autoregolamentazione dell'Aiip Associazione Italiana Internet Provider che prevedeva la responsabilità unica del fornitore per tutte le informazioni che metteva a disposizione del pubblico ex 2050 c.comma in quanto attività pericolosa che, se la responsabilità del Provider è indiscussa nell'ipotesi in cui è il provider medesimo a porre in essere un illecito come avviene per i r .d. content Providers , ben più complessa è la questione che si pone quando dei soggetti terzi, sfruttando servizi quali l'hosting, commettono degli illeciti, come avvenuto nel caso di specie che la materia è stata disciplinata dalla Direttiva dell' 8 giugno del 2000 'Direttiva sul commercio elettronico’, 2000/31/CE, recepita dal D. Lgs. n. 70 del 2003 , che ha sancito l'assenza di un obbligo generale di sorveglianza per gli ISP articolo 15, 2000/31/CE che, più nel dettaglio, i Provider, in linea di massima, non sono responsabili quando svolgono servizi di c.d. mere conduit articolo 12 , caching art, 13 e hosting articolo 14 che, con specifico riferimento all'attività di memorizzazione durevole o hosting qual è l'attività che ha assunto rilievo nella fattispecie sottoposta al vaglio di questo Tribunale , la responsabilità del provider è, altresì, espressamente esclusa dall'articolo 16, a condizione che' a non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l'attività o l'informazione é illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l'illiceità dell'attività o dell'informazione b non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso che, infine, l'articolo 17 esclude che il provider sia assoggettato ad un generale obbligo di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza ovvero ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite considerato che la limitazione di responsabilità introdotta a beneficio degli ISP è principalmente volta ad evitare l'introduzione di una nuova ipotesi di responsabilità oggettiva non legislativamente tipizzata o quantomeno l'ipotesi di una compartecipazione dei providers ai contenuti illeciti veicolati da terzi utilizzando il servizio di connettività da essi fornito l'affermazione si rinviene nella relazione sui risultati dell'indagine conoscitiva disposta dall'Autorità Garante delle Comunicazioni su 'Il diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica , pubblicato sul sito www.agicom.it il 12.2.2010, pg. 18 che, pur in assenza di un generale obbligo di sorveglianza ovvero di un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite articolo 17 cit. il cui adempimento, oltre ad apparire notevolmente difficoltoso se non addirittura impossibile sul piano tecnico tanto che si discute della stessa esistenza di una tecnologia in grado di effettuare precisamente e in un contesto globale ed in continuo aggiornamento la verifica di tutti i dati e/o attività svolte nel web, comporterebbe un eccessivo dispendio di risorse oltre che una forte limitazione della libertà degli utenti deve tuttavia ritenersi sussistente una responsabilità per le informazioni oggetto di memorizzazione durevole ad hosting laddove, come avvenuto nel caso di specie, il provider sia effettivamente venuto a conoscenza del fatto che l'informazione è illecita articolo 16, comma 1, lettera b citata e non si sia attivato per impedire l'ulteriore diffusione della stessa che, invero, non appare condivisibile l'opinione sostenuta da parte reclamante secondo cui sussisterebbe un obbligo di rimozione solo laddove intervenga un ordine dell'autorità piuttosto che per effetto di una conoscenza acquisita aliunde, magari in modo specifico e qualificato, come nel caso di denuncia de! soggetto cui l'attività o l'informazione si riferisce che la non indispensabilità di un ordine specifico dell'autorità per la rimozione dell'attività e/o dell'informazione illecita deriva dalle seguenti argomentazioni 1. dall'articolazione del regime di esonero dalla responsabilità in due fattispecie distinte lettere a e b del camma 1 dell'articolo 16 laddove, se si fosse valuto ritenere nascente l'obbligo di rimozione dal sola ordine delle autorità competenti, non avrebbe avuto senso alcuno prevedere un'ipotesi autonoma di irresponsabilità connessa, semplicemente, alla non effettiva conoscenza del fatto che l'attività o l'informazione è illecita 2. dalla stessa previsione di cui al successivo articolo 17 nel senso che, so l'obbligo di rimozione può derivare solo da un precedente ordine dell'autorità, non ci sarebbe motivo di sancire l'assenza di un generale obbligo di sorveglianza giacché, in ogni caso, il provider non potrebbe o, comunque, non dovrebbe attivarsi spontaneamente o volontariamente per impedire l'attività e la diffusione dell'informazione illecita 3. dallo stesso tenore letterale dell'articolo 17 il quale nel sancire l'assenza di un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite consente di ritenere che un obbligo di tal fatta sussista a fronte di una conoscenza acquisita ‘passivamente’ ossia a seguito di specifica denuncia o segnalazione proveniente da terzi soggetti ed in modo specifico ovvero con indicazione delle attività e/o delle informazioni illecite 4. dal tenore letterale dei 'considerando nn. 42 e ss. della stessa dir. 2000/31/CE e, in particolare, del n. 46 secondo cui per godere di una limitazione della responsabilità, il prestatore di un servizio della società dell'informazione consistente nella memorizzazione di informazioni deve agire immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitare l'accesso alle medesime non appena sia informato o si renda conto delle attività illecite. La rimozione delle informazioni o la disabilitazione dell'accesso alle medesime devono essere effettuate nel rispetto del principio della libertà di espressione e delle procedure all'uopo previste a livello nazionale. La presente direttiva non pregiudica la possibilità per gli Stati membri di stabilire obblighi specifici da soddisfare sollecitamente prima della rimozione delle informazioni e della disabilitazione dell'accesso alle medesime. 5. dalla valutazione degli interessi coinvolti giacché, venendo in rilievo diritti della personalità quali l'immagine, il decoro, la reputazione, la riservatezza , appare irrazionale dover attendere un ordine dell'autorità il quale potrebbe intervenire quando ormai i diritti in questione sano irrimediabilmente pregiudicati e non più suscettibili di reintegrazione 6. dall'esigenza di bilanciare gli interessi in conflitto garantire la diffusività e la capillarità delle comunicazioni e tutelare la sfera personale degli interessati sicché il punto di equilibrio può ragionevolmente essere rinvenuto in un sistema di controllo successivo ed attivazione precipua da parte del soggetto titolare dei diritti della personalità ritenuti violati che in tal senso si è espressa la stessa Corte di Giustizia secondo la quale il contemperamento tra l'esigenza di garantire una libera comunicazione e informazione, e di tutelare insopprimibili diritti altrui, avviene allorché si costruisce una figura di hosting provider che deve rimanere tutt'altro che inerte o passivo non appena ricevuta la notizia dell'illecito commesso dai fruitori del suo servizio, al fine di consentire la pronta rimozione delle informazioni illecite confluite nel sito o per impedire l'accesso ad esse, in quanto tenuto a quella diligenza che è ragionevole attendersi per individuare e prevenire le attività illecite specificamente denunciate da quanto sopra, si deduce pertanto che il divieto imposto agli Stati membri di imporre un obbligo di sorveglianza preventivo e generale non riguarda gli obblighi di sorveglianza di tipo special-preventivo, relativi a casi di violazione di diritti specifici, ove il generale regime di limitazione della responsabilità non esclude la possibilità per i singoli di intentare azioni inibitorie a tutela dei propri singoli diritti' v. caso C-314112, UPC Telekabel in una fattispecie di tutela della proprietà intellettuale che, in definitiva, pur non essendovi un obbligo di controllo preventivo dei contenuti presenti né una posizione di garanzia, sussiste tuttavia un obbligo successivo di attivazione di modo che la responsabilità a posteriori dell'hosting provider sorge per non aver ottemperato come per l'appunto verificatosi nella fattispecie in esame a una richiesta diffida di rimozione dei contenuti illeciti proveniente dalla parte che assume essere titolare dei diritti, ovvero per non aver ottemperato a un ordine dell'autorità, sia essa giurisdizionale o amministrativa, cui si sia rivolto il titolare del diritto per ottenere il medesimo effetto che d'altra parte costituisce ormai un principio consolidato, sia in dottrina che in giurisprudenza, quello secondo il quale è esclusa un dovere di controllo preventivo del prourder rispetto ai contenuti immessi in rete, essendo viceversa prevista la possibilità di un intervento dello stesso provider successivo alla segnalazione della violazione, in primo luogo, da parte del titolare del diritto che si afferma leso cfr. ordinanza dell'11.7.2011, Tribunale dì Roma, IX sezione civile, sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale Tribunale ordinario di Torino, I sezione civile, sezione specializzata in materia di imprese, ordinanza del 5.5.2014 cfr. ordinanza del 23.6.2014 Tribunale ordinario di Torino Tribunale delle Imprese, secondo cui il contemperamento fra le esigenze della comunicazione e quelle di tutela dei diritti altrui avviene delineando una figura di hosting provider tutt'altro che 'inerte o passiva' si tratta, al contrario, di un soggetto che deve attivarsi, appena avuta notizia dell’illecito, per rimuovere le informazioni o per impedire l'accesso ad esse, e che è tenuto a quella diligenza che è ragionevole attendersi da lui per `individuare e prevenire alcuni tipi di attività illecite il divieto di obbligo di sorveglianza preventive e generale 'non riguarda gli obblighi di sorveglianza in casi specifici che, quindi, come affermato in riferimento ad analoghe fattispecie dalla giurisprudenza di merito, qualora come nel casa di specie non venga in rilievo un illecito del service provider per un'omissione conseguente ad un provvedimento dell'autorità, una responsabilità del prestatore di hosting nei confronti del terzo danneggiato dai contenuti inseriti da un destinatario del servizio e salva la responsabilità di quest'ultimo è ravvisabile solo allorché il danneggiato dimostri in giudizio che il provider era comunque stato messo a conoscenza del contenuto illecito di un'attività o di un'informazione alla quale dava accesso e che, nonostante ciò, non si sia attivato per darne tempestiva comunicazione all'autorità, né abbia provveduto ad impedire prontamente l'accesso e quel determinato contenuto, avvalendosi del potere di autotutela negoziale di cui avrebbe potuto avvalersi in base al contratto concluso con il destinatario del servizio Cfr., in tal senso, ordinanza del 3.10.2013, Tribunale di Milano, sezione prima civile. che, con riferimento alla fattispecie in esame, parte resistente-odierna reclamante era tenuta ad attivarsi per impedire l'ulteriore diffusione dei links n. 4 a seguito della specifica e dettagliata segnalazione effettuata dalla ricorrente cfr. ricorso introduttivo, note autorizzate, ricevuta di cancellazione e diffida inviata a Facebook Ireland Ltd, allegati al ricorso introduttivo e non oggetto di contestazione che, a fronte di detto obbligo, la reclamante, prima dell'instaurazione del procedimento cautelare e della notifica del ricorso introduttivo, è rimasta totalmente inerte non provvedendo neanche, come pure avrebbe dovuto in base alla specifica previsione di cui all'articolo 17 comma 2 dalla stessa più volte richiamata per andare esente da responsabilità a denunciare prontamente il fatto alle autorità competenti, stante il contenuto palesemente diffamatorio e denigratorio anche solo dei commenti e delle immagini presenti nei links oggetto di segnalazione ritenuto che, viceversa, il ricorso cautelare non poteva trovare accoglimento quanto alle ulteriori domande formulate, volte ad ottenere un'inibitoria rispetto a futuri comportamenti di memorizzazione dei contenuti lesivi, ed in particolare ad impedire, in generale, ogni futura pubblicazione di video, immagini notizie o articoli riferiti alla persona della ricorrente, con contestuale emissione della misura di cui all'articolo 614 bis c.p.c, per ogni violazione o inosservanza successiva per ciascun ordine di divieti cfr. conclusioni, punto 3, del ricorso introduttivo che, parimenti, non possa ritenersi suscettibile di tutela la ridotta pretesa, formulata in via subordinata dalla resistente in sede di reclamo, con la quale si chiede di ordinare a Facebook Ireland Ltd la immediata cessazione e rimozione dalla piattaforma del social network di ogni post e pubblicazione contenente 1 immagini foto e/o video la cui diffusione non sia stata autorizzata dalla Sig.na T.C. e/o la ritraggano comunque nel compimento di atti sessuali o 2 apprezzamenti offensivi, denigratori, derisori, e/o comunque riferiti alle preferenze sessuali della ricorrente e/o comunque a immagini foto e/o video la cui diffusione non sia stata autorizzata dalla sig.na T.C. e/o la ritraggano comunque nel compimento di atti sessuali cfr. memoria di costituzione in atti che, invero, come ampiamente illustrato in precedenza, l'articolo 17 D.lgs., n. 7012003 espressamente esclude un obbligo generale di sorveglianza, né tale obbligo è rinvenibile nella direttiva 2000131/CE ovvero nella disciplina generale sulla responsabilità civile che, pertanto, non ritenendosi sussistente un dovere di Facebook di verificare in via anticipata il contenuto dei post e dei commenti immessi dagli utenti, non appare di conseguenza configurabile a suo carico il dovere di inibire, in via generale, un caricamento sulla sua piattaforma di ogni video, immagini, notizie o articoli riferiti alla persona della ricorrente essendo, invece, possibile impedire, nell'ottica del dovere di controllo successivo” perché preceduto da una denuncia in cui sono stati individuati gli URL o i LINK dal contenuto lesivo e mirato {perché diretto a impedire nuovi caricamenti degli URL o dei LINK già segnalati , il solo nuovo caricamento degli stessi specifici links comunicati, ovvero, dei links 1.www.facebook.com/t.c bravo 2.www.facebook.com/pages/T.C.-sei-tutti-noi TORNA/472583122895984 3.www.facebook.com/pages/T.C.-che-fa-cose/1504523263139513 4. www.facebook.com/pages/T.-c-/1596244927292651 piuttosto che del contenuto degli stessi per le ragioni ampiamente esposte che, in relazione alla sola eventuale violazione di detto ultimo obbligo impedire il solo nuovo caricamento degli stessi quatto links comunicati e non del relativo contenuto può altresì ritenersi applicabile lo strumento di coercizione di cui ali'articolo 614 bis c,p.comma nella misura indicata dal Giudice della cautela, ritenuta congrua, anche nel quantum, dal Collegio in considerazione degli interessi coinvolti che, in definitiva, il reclamo va parzialmente accolto con conseguente modifica dell'ordinanza resa in data 10.08.2016 dal Tribunale di Napoli Nord, in composizione monocratica dott.ssa M.M. a definizione del procedimento iscritto ai n. R.G. 6312/2015, nel senso che vada ordinata a Facebook l'immediata cessazione e rimozione dalla piattaforma del social network dei links specificamente indicati, ovvero 1.www.facebook.com/t.c.bravo 2.www.facebook,com/pages/T.-C.-sei-tutti-noiTORNA/472583122895984 3.www.facebook.com/pages/T.C.-che-fa-cose/l504523263139513 4.www.facebook.com/pages/T.-c./1596244927292651, nonché impedito l'ulteriore caricamento sulla piattaforma Facebook dei medesimi sopra citati links e non dei relativi contenuti, fissando in €100,00 la somma dovuta alla reclamata ai sensi dell'articolo 614 bis c.p.comma per ogni violazione o inosservanza dell'ordine che precede, nonché per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento, a decorrere dal 10° giorno successivo alla comunicazione della presente ordinanza e fino al limite massimo complessivo di euro 10.000,00 ritenuto che a seguito della riforma sia pure parziale dell'ordinanza reclamata, occorra procedere ad un nuovo regolamento delle spese processuali quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, dato che l'onere di esse va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite cfr., in materia di appello, Sez. t, Sentenza n. 18837 del 3010812010 nel senso che la valutazione della soccombenza, ai fini della regolazione del carico delle spese, debba essere complessiva e globale si veda, tra le tante, anche Cass. civ. Sez. III, 01/10/2013, n. 22808 Cass, 23 agosto 2011, n. 17523 Cass, 11 giugno 2008, n. 15483 Cass. 7 luglio 2006, n. 15557 Cass. 7 gennaio 2004, n. 58 che le spese di lite della doppia fase debbano essere regolate in applicazione del principio della prevalente soccombenza dell’originaria resistente Facebook Ireland LTD venendo peraltro in rilievo anche un'ipotesi di parziale soccombenza reciproca cfr., tra le tante, Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 3438/16 depositata il 22 febbraio, per la quale la reciproca soccombenza che giustifica la possibile applicazione della regola della totale o parziale compensazione delle spese di giudizio, ai sensi dell'articolo 92, comma 2, c.p.c., va ravvisata sia in ipotesi di pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell'unica domanda proposta, tanto allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, quanto laddove la parzialità dell'accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo ravvisabile, a seguito dell'accoglimento di uno dei tre motivi di reclamo, nell'accoglimento solo parziale della pretesa azionata in sede cautelare nei termini sopra evidenziati che, pertanto, debba ritenersi giustificata, ex articolo 92, comma 2, c.p.c., una parziale compensazione delle spese di lite per entrambe le fasi di giudizio nella misura di 113 mentre, per i restanti 213, le stesse debbano essere poste a carico della reclamante, nella misura indicata in dispositivo sul potere-dovere del giudice dell'impugnazione di rinnovare totalmente, anche d'ufficio, il regolamento delle spese alla stregua dell'esito finale delta causa ex articolo 336 c.p.comma – L’effetto espansivo della pronuncia resa in sede di impugnazione si veda Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 4887 del 14/03/2016 Sez. 1, Sentenza n. 20289 del 09/10/2015 Sez. 6 3, Ordinanza n. 23226 del 14/10/2013 Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 8919 del 04/06/2012 Cassazione civile, Sezione seconda 02 Aprile 2012 n° 5249 Cassazione Civile, sez. II, sentenza 25/09/2012 n° 1630 Cass. n. 19880 del 2011 Cass. n. 18837 del 2010 Cass. n. 7486 del 2006 Cass. n. 4778 del 2004 Sez. 2, Sentenza n. 5497 del 17/04/2002 secondo cui in tema di spese processuali, quando il giudizio si articola in più fasi o gradi, se la sentenza conclusiva del giudice d'appello o del rinvio riforma anche parzialmente quella pronunziata in primo grado, l'effetto si estende alla statuizione relativa alle spese processuali, con la conseguenza che dette giudice ha il potere di rinnovare totalmente la regolamentazione delle spese considerando l'esito complessivo della lite e in applicazione dei parametri medi di cui al DM 5512014 per le controversie di valore indeterminabile di media complessità, con distrazione, avuto riguardo alla sola fase del reclamo in favore degli Avv. A.O., M.M. e A.I., dichiaratisi procuratori anticipatati ex articolo 93 c.p.c. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli Nord, in composizione collegiale, così provvede accoglie parzialmente il reclamo e, per l'effetto, a modifica dell'ordinanza resa in data 10.48.2016 dal Tribunale di Napoli Nord, in composizione monocratica dott.ssa M.M. a definizione del procedimento iscritto al n. R.G. 6312/2015. ordina a Facebook Ireland Ltd, in persona del I.r.p.t. l'immediata cessazione e rimozione dalla piattaforma del social network dei links di seguito specificamente indicati, ovvero 1.www.facebook.com/t.c.bravo 2.www.facebook,com/pages/T.-C.-sei-tutti-noiTORNA/472583122895984 3.www.facebook.com/pages/T.C.-che-fa-cose/l504523263139513 4.www.facebook.com/pages/T.-c./1596244927292651, nonché di impedire l'ulteriore caricamento sulla piattaforma Facebook dei medesimi links, fissando in € 100,00 la somma dovuta alla reclamata ai sensi dell'articolo 614 bis c.p.comma per ogni violazione o inosservanza dell'ordine che precede nonché per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento a decorrere dal 10° giorno successivo alla comunicazione della presente ordinanza e fino al limite massimo complessivo di euro 10.000,00 compensa nella misura di 113 le spese della doppia fase di giudizio, condannando Facebook Ireland Ltd, in persona del I,r.p.t1 al pagamento, nei confronti di T.G., nella spiegata qualità, dei residui 213 delle dette spese e competenze professionali che si liquidano, per il giudizio di prima istanza in €. 220,00 per esborsi ed in € 4.500,00 per compensi professionali e, per il presente grado, in € 3,000,00 per compensi professionali, con distrazione di questi ultimi in favore degli Avv.ti A.O., M.M. e A.I., dichiaratisi procuratori anticipataci ex art, 93 c.p.c,, il tutto oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge. Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di competenza.