Il regolamento delle spese non presuppone una soccombenza nel merito

L’art. 89 l. n. 353/90, abrogando l’art. 357 c.p.c., ha disposto che ogni declaratoria di improcedibilità dell’appello ha natura di sentenza e dunque deve contenere la pronuncia sulle spese, stante il suo carattere consequenziale e accessorio rispetto alla definizione del giudizio.

Così la Cassazione con l’ordinanza n. 22151/16 del 2 novembre. Il caso. L’odierno ricorrente si rivolgeva in appello al Tribunale, avverso la sentenza del Giudice di Pace, nei confronti dell’appellata. Quest’ultima iscriveva a ruolo la causa, mentre l’appellante non si costituiva in giudizio. Pertanto, il Tribunale dichiarava improcedibile il gravame regolando le spese in ragione della soccombenza dell’appellante. Ricorre questi in Cassazione, con 5 motivi tutti basati sulla comune premessa della violazione dell’art. 91 c.p.c. per averlo il Tribunale condannato alle spese, benché non se ne configurasse la soccombenza. Il principio di bilateralità dell’azione. Tutti i motivi vanno disattesi. Infatti, il principio di bilateralità dell’azione previsto dagli artt. 181, cpv., 290 e 306 c.p.c. vale anche in appello e non è escluso dalla natura dichiarativa e processuale della pronuncia d’improcedibilità del gravame. Da ciò deriva l’interesse dell’appellato alla relativa declaratoria di cui all’art. 348, comma 1, c.p.c., che può essere emessa solamente se si è costituito il solo appellato. La soccombenza. Il regolamento delle spese, poi, non presuppone necessariamente una soccombenza nel merito della domanda. Ciò in virtù del fatto che l’art. 91 c.p.c. impone al giudice di provvedervi ogniqualvolta emetta sentenza anche di sola improcedibilità dell’appello. A conferma di ciò, l’art. 89 l. n. 353/90, abrogando l’art. 357 c.p.c., ha disposto che ogni declaratoria di improcedibilità dell’appello ha natura di sentenza e dunque deve contenere la pronuncia sulle spese, stante il suo carattere consequenziale e accessorio rispetto alla definizione del giudizio. Il deposito di copia della sentenza. Infine, nel costituirsi in giudizio l’appellato non è tenuto a depositare copia della sentenza impugnata, essendo previsto tale onere esclusivamente per la costituzione dell’appellante come previsto dall’art. 347, comma 2, c.p.c. . Per tali ragioni, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 13 luglio – 2 novembre 2016, n. 22151 Presidente/Relatore Manna Svolgimento del processo e motivi della decisione I. - Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell'art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380-bis e 375 c.p.c. 1. - Contro la sentenza n. 3038/12 del giudice di pace di Catania, V.D.B. proponeva appello innanzi al Tribunale del medesimo capoluogo nei confronti di M.C Tuttavia era quest'ultima ad iscrivere a ruolo la causa, mentre l'appellante non si costituiva in giudizio. Pertanto, con sentenza n. 87/14 il Tribunale di Catania dichiarava improcedibile il gravame ai sensi dell'art. 348 c.p.c. e regolava le spese in ragione della soccombenza del D.B 2. - Quest'ultimo propone ricorso per cassazione avverso detta sentenza, in base a cinque motivi. 2.1. - Resiste con controricorso M.C 3. - Sotto la comune premessa della violazione dell'art. 91 c.p.c., per aver il Tribunale condannato alle spese l'odierno ricorrente, benché non se ne configurasse la soccombenza, questi deduce a col primo motivo la violazione dell'art. 100 c.p.c., per difetto d'interesse alla declaratoria d'improcedibilità dell'appello, data l'automaticità del relativo effetto b col secondo motivo la nullità dell'iscrizione a ruolo, di cui non risulterebbe la data e con essa la tempestività della costituzione della parte appellata c col terzo motivo l'improcedibilità della causa iscritta a ruolo dall'appellata per mancato deposito della copia autentica della sentenza di primo grado d col quarto mezzo la violazione degli artt. 88, 91, 92 e 96 c.p.c. avendo la parie appellata proposto anche una domanda incidentale sic di risarcimento dei danni, benché consapevole dell'improcedibilità dell'appello e, quindi, del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado e col quinto motivo la violazione degli artt. 91, 92 e 292 c.p.c., perché contrariamente a quanto affermato nella sentenza d'appello, l'appellata non aveva chiesto l'improcedibilità dell'appello ma aveva formulato una nuova domanda di accertamento della rinuncia dell'appellante agli atti del giudizio. 4. - Tutti i motivi, da esaminare insieme perché interagenti tra loro, sono infondati. Ed infatti 1 il principio di bilateralità dell'azione positivizzato dagli artt. 181, cpv., 290 e 306 c.p.c. per cui il convenuto può chiedere l'accertamento negativo della pretesa azionata dall'attore, allorché questi tenta di sottrarsi al giudizio che ha instaurato vale anche in appello e non è escluso dalla natura dichiarativa e processuale della pronuncia d'improcedibilità del gravame di qui l'interesse dell'appellato alla relativa declaratoria ex art. 348, 1° comma c.p.c., che in tanto può essere emessa in quanto si sia costituito il solo appellato 2 contrariamente a quanto opina il ricorrente, il regolamento delle spese non suppone necessariamente una soccombenza, effettiva o virtuale che sia, nel merito della domanda, poiché l'art. 91 c.p.c. impone al giudice di provvedervi in ogni caso allorché emette sentenza, anche se di sola improcedibilità dell'appello infatti, come questa Corte ha avuto modo di osservare, a seguito dell'entrata a regime dell'art. 89 della Legge 26 novembre 1990 n. 353 confermativa della disciplina già applicabile alle controversie di lavoro alla stregua della Legge n. 533 del 1973 , che ha abrogato il disposto dell'art. 357 c.p.c. in base al quale l'ordinanza ex art. 348, 2 comma, c.p.c. era suscettibile di reclamo al collegio , ogni declaratoria di improcedibilità o inammissibilità dell'appello per il suo carattere definitivo e decisorio, pur se assunta in forma di ordinanza, ha natura di sentenza, e, pertanto, deve contenere la pronunzia sulle spese, stante il suo carattere consequenziale e accessorio rispetto alla definizione del giudizio Cass. nn. 12636/04 e 2851/04 3 la deduzione di tardiva costituzione dell'appellato è infondata dall'esame degli atti consentito dalla natura processuale della questione in oggetto emerge che l'appellata M.C. si è costituita nel giudizio d'appello il 10.6.2013, come da timbro di deposito apposto dalla cancelleria in calce alla comparsa di risposta, e dunque tempestivamente rispetto all'udienza di prima comparizione del 30.6.2013 indicata nell'atto di citazione in appello e a nulla rileva il dedotto difetto di certificazione della data di deposito in calce alla nota di iscrizione, ben potendosi quest'ultima ricavare da altri elementi desumibili dagli atti cfr. per una fattispecie analoga, Cass. n. 1446/78 4 non ha alcun rilievo che l'appellato abbia formulato le proprie conclusioni in maniera diversa da quanto emerge dalla sentenza impugnata, né che abbia proposto domande nuove la qual cosa sarebbe rilevante solo se il giudice d'appello le avesse accolte, e non è questo il caso di specie , atteso che l'improcedibilità è pronunciata anche d'ufficio art. 348, cpv. c.p.c. 5 nel costituirsi in giudizio l'appellato non è tenuto a depositare copia della sentenza impugnata, tale onere essendo previsto solo per la costituzione dell'appellante art. 347, 2° comma c.p.c. . 5. - Pertanto, si propone la decisione del ricorso con le forme camerali, nei sensi di cui sopra, in base all'art. 375, n. 5 c.p.c. . II. - La Corte condivide la relazione, rispetto alla quale la memoria depositata dal ricorrente non ha apportato elementi di novità, idonei a indurre una valutazione di segno diverso. III. - Il ricorso, pertanto, va respinto. IV. - Seguono le spese, liquidate come in dispositivo, a carico del ricorrente. V. - Non ricorrono le condizioni per la condanna di lui anche per responsabilità aggravata, ex art. 96 c.p.c., come invece chiesto dalla parte contro ricorrente, trattandosi di ricorso infondato ma non di puro azzardo. V.1. - Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo a carico del ricorrente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in € 800,00, di cui 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall'art. l, comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.