Il principio del doppio binario legittima l'applicazione congiunta della sanzione penale e amministrativa

Il sistema del doppio binario indica, in materia finanziaria, la possibilità, nell'ordinamento italiano, di applicare due sanzioni penale e amministrativa per la stessa fattispecie. Detta possibilità risulta contraria all'orientamento giurisprudenziale comunitario, facente capo all'art. 50 della CDFUE, secondo il quale nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell'Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20675/16, depositata il 13 ottobre. Il caso. La CONSOB attribuiva ad una società una serie di condotte illecite finalizzate ad incidere sul prezzo delle azioni di una differente società e, così facendo, alterare il funzionamento del mercato e ricavare un personale profitto. In ragione di ciò, la CONSOB erogava una sanzione amministrativa pecuniaria. Impugnato l'atto sanzionatorio, la sanzione veniva ridotta dalla Corte d'appello competente. Tutte le parti interessate attivavano giudizio di Cassazione. Il giudizio penale. Il legale rappresentante della società sanzionata, nel corso del giudizio di opposizione a sanzione, veniva sottoposto a procedimento penale che si concludeva con patteggiamento che, nell'ordinamento italiano, equivale a sentenza di condanna. La parte, dunque, veniva condannata alla reclusione annullata con indulto , alle sanzioni amministrative e all’applicazione delle pene accessorie quali l’interdizione dai pubblici uffici, varie forme di interdizione e alla pubblicazione della sentenza di condanna. Il d.lgs. n. 74/2000, prevede che in materia di reati, come quelli richiamati dalla fattispecie in commento, ove per lo stesso fatto si attivi un giudizio amministrativo ed un giudizio penale, i due processi proseguono autonomamente senza che uno si sospenda in attesa dell'altro. Alterazione del mercato. Chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, è punito con la reclusione. Inoltre, salve le sanzioni penali, quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria. Questo è quanto stabilito dal TUF normativa Italiana . Nel 2004, al TUF sono stati aggiunti gli artt. 187- bis e 187- ter , ricettivi di una Direttiva Comunitaria, che sanzionano la fattispecie dell' insider trading e quella di manipolazione del mercato. La formulazione normativa consente dunque il cumulo delle sanzioni. Con regolamento Europeo n. 596/2014, la UE ha affermato che gli Stati europei potevano decidere di non comminare sanzioni penali nel rispetto del diritto nazionale ed entro il 3 luglio 2016 data di entrata in vigore del regolamento n. 596/2014 che ha riordinato la materia . Sembrerebbe che detta possibilità non è stata attuata dall'Italia. Il sistema del doppio binario. Nella materia qui analizzata, come già scritto nelle righe che precedono, il sistema del doppio binario indica la possibilità, nell'ordinamento italiano, di applicare due sanzioni penale e amministrativa per la stessa fattispecie. Detta possibilità risulta contraria all'orientamento giurisprudenziale comunitario facente capo all'art. 50 della CDFUE, secondo il quale nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell'Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge . Per comprendere se la sanzione penale e quella amministrativa scaturiscono dallo stesso fatto, occorre risalire al fatto storico naturalistico e capire se esso è lo stesso posto a base del procedimento penale e del procedimento amministrativo. Nel nostro ordinamento infatti, il principio del ne bis in idem , ovvero dell’impossibilità di essere processato sanzionato due volte per uno stesso fatto, concorre - in materia finanziaria - con la possibilità di essere sanzionato due volte doppio binario , con una sanzione penale e con una sanzione amministrativa. In tale fattispecie ove le due differenti sanzioni originino dallo stesso fatto storico naturalistico, si applicherà il principio del doppio binario normativa italiana o il principio del ne bis in idem che nella giurisprudenza europea trova più ampia attuazione? Detto quesito è stato sottoposto alla Corte di Giustizia Europea, affinché chiarisca la questione.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria Civile, sentenza 20 settembre – 13 ottobre 2016, n. 20675 Presidente/Relatore Chindemi Fatto e diritto Ordinanza interlocutoria di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea 1. La Consob - Commissione Nazionale per le Società e la Borsa - emetteva nei confronti di R.S. e di due altre società Magiste International s.a. e Garlsson Real Estate quali obbligate in solido un provvedimento sanzionatorio con cui irrogava la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 10.200.000,00, ai sensi dell’articolo 187 ter in relazione alla condotta illecita di manipolazione del mercato. Le sanzioni erano state irrogate per l’anomalo andamento dei titoli RCS mediaGroup s.p.a., riconducibile a condotte manipolative poste in essere da R.S. nell’ambito di una strategia tesa a richiamare l’attenzione del pubblico sui titoli in questione e, per tale via, a sostenerne le quotazioni per il perseguimento di finalità personali, sia attraverso operazioni di mercato sia attraverso informazioni diffuse al pubblico, alimentando aspettative di scalata di RCS e influendo sulla formazione dei prezzi del titolo, compiendo direttamente o per interposta persona una serie di atti volti a celare alla Consob fatti e circostanze relativi alla attività posta in essere sul titolo RCS. La Corte di Appello di Roma riduceva la sanzione a Euro 5.000.000 e avverso tale provvedimento tutte le parti proponevano ricorso per Cassazione. Nelle more R.S. è stato sottoposto a procedimento penale per i medesimi fatti per i quali gli era stata comminata la sanzione amministrativa, conclusosi con sentenza di patteggiamento, divenuta definitiva, con cui veniva prevista la pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione, ridotta ad anni 3 per la scelta del rito e quindi, estinta per indulto ex l. 241/06. Sono state anche applicate al R. le pene accessorie della a interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per la durata di anni tre b incapacità di contrattare con la P.A. per anni 3, salvo che per ottenere la prestazione di un pubblico servizio, c interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per anni 3 d interdizione perpetua dall’ufficio di componente di commissione tributaria e pubblicazione della sentenza su due quotidiani di rilevanza nazionale f interdizione dai pubblici uffici per anni 3. L’imputazione di cui al capo g della sentenza di patteggiamento artt. 81,185 D.lgs 24.2.1998 n. 58 e successive modifiche prevede l’accusa, nei confronti del R. , quale Presidente del Consiglio di Amministrazione della Magiste International s.a. e quale dominus di fatto della Garlsson Real Estate s.a. di diffusione di notizie false concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo del titolo RCS Mediagroup , mediante condotte specificamente evidenziate che sono sostanzialmente le medesime contestate con la violazione amministrativa con coincidenza tra destinatario della sanzione amministrativa e soggetto sottoposto a sanzione penale. Nell’ordinamento giuridico italiano va assimilata la sentenza di patteggiamento a quella penale di condanna, rivestendone tale sostanziale natura. Con ordinanza interlocutoria n. 950/2015 in data 21 gennaio 2015 questa Corte dichiarava rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 187 ter punto 1 del decreto legislativo n. 58 del 1998 alla luce della sentenza della Corte EDU del 4 marzo 2014 e alla luce l’applicazione del principio del ne bis in idem di cui agli artt. 2 e 4 del Protocollo 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo CEDU , in ragione della definitività della sentenza del Tribunale penale di Roma n. 24796/08 del 10.12.2008, passata in giudicato, dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio. La Corte Costituzionale con sentenza n. 102 del 2016 in data 12 maggio 2016, dichiarava inammissibile la questione di legittimità costituzionale rilevando che la questione fosse stata formulata in maniera dubitativa e perplessa. In particolare, la Corte costituzionale ha affermato che questa Corte avrebbe dovuto sciogliere il nodo dei rapporti tra concetto di ne bis idem desumibile dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, come interpretata dalla Corte EDU, e concetto di ne bis in idem nel market abuse, come desumibile dal sistema UE. E se quest’ultima figura, come disciplinata dalla normativa UE sia direttamente applicabile nel sistema interno di uno Stato Membro nella specie, l’Italia . Questa Corte - giudice di ultima istanza che, in quanto tale, è tenuto a sottoporre alla Corte di giustizia UE le questioni d’interpretazione pregiudiziale della normativa Eurounitaria che dovessero essere necessarie ai fini della soluzione di una controversia - ritiene che, in considerazione della delicatezza dei temi ordinamentali coinvolti, debba essere formulato specifico quesito interpretativo alla Corte di Giustizia al fine dello scioglimento in maniera netta dei predetti nodi. 2. La normativa nazionale rilevante nella fattispecie è la seguente a artt. 19 e segg. D.Lvo 74/2000, Rapporti con il sistema sanzionatorio amministrativo e fra procedimenti prevedendosi che il procedimento penale e quello amministrativo procedano separati, cioè che nessuno dei due debba essere sospeso in attesa della definizione dell’altro l’articolo 21, II comma stesso DLGS, dispone che le sanzioni amministrative di cui al DLGS 471/97 non sono eseguibili nei confronti dei soggetti diversi da quelli indicali dall’articolo 19, comma 2, salvo che il procedimento penale sia definito con provvedimento di archiviazione o sentenza irrevocabile di assoluzione o di proscioglimento con formula che esclude la rilevanza penale del fatto. La Corte di Cassazione italiana ha affermato che il principio di specialità non trova applicazione per le sanzioni amministrative e penali previste, rispettivamente, dall’articolo 13 primo comma del DLGS 471/97 e 10 bis omesso versamento di ritenute certificate e 10 ter omesso versamento IVA del Dlgs 74/2000, dovendosi, in tali ipotesi ritenere, piuttosto, la sussistenza di una progressione criminosa così Cass. SS.UU. 37425/2013 e 40526/2014 . b Art. 185 TUF Manipolazione del mercato , prevede che venga punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da Euro ventimila a Euro cinque milioni - .Chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari . prevedendo anche il raddoppio di dette pene ai sensi dall’articolo 39, comma 1, della l. n. 262/2005 . Sotto il profilo amministrativo la legge n. 62/2005 ha rafforzato le competenze della Consob, cui è stata attribuita un’autonoma potestà sanzionatoria in via amministrativa, tra l’altro, delle condotte di manipolazione del mercato. L’articolo 187 ter, comma 1, TUF Manipolazione del mercato , prevede .Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da Euro ventimila a Euro cinque milioni chiunque, tramite mezzi di informazione, compreso Internet o ogni altro mezzo, diffonde informazioni, voci o notizie false o fuorvianti che forniscano o siano suscettibili di fornire indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari . Il comma 3, lett. e , dell’articolo 187-ter TUE, fa salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato , prevedendo che le stesse sanzioni amministrative pecuniarie si applicano a chiunque pone in essere operazioni od ordini di compravendita che utilizzano artifizi od ogni altro tipo di inganno o di espediente . Dall’esame comparato delle predette norme si evince la sussistenza del sistema del c.d. doppio binario tra il reato di manipolazione del mercato articolo 185 TUF e la analoga fattispecie amministrativa articolo 187-ter TUF essendo prevista, nei rispettivi giudizi, una duplice sanzione penale ed amministrativa, in antitesi col principio espresso dalla sentenza CEDU Grande Stevens , cit. sub.3, che ha, invece, affermato l’opposto ed antitetico principio del ne bis in idem . Fino al 2005, le figure dell’abuso di informazioni privilegiate e della manipolazione del mercato erano sanzionate esclusivamente in sede penale come delitti dagli artt. 184 e 185 del Testo unico della finanza - TUF d.lgs. n. 58 del 1998 . Successivamente, con la legge 18 aprile 2005, n. 62 Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee. Legge comunitaria 2004 , attuativa della direttiva n. 2003/6/CE cosiddetta Market Abuse Directive, MAD , ai delitti di cui sopra sono stati affiancati due paralleli illeciti amministrativi previsti, rispettivamente, dagli artt. 187-bis insider trading e 187-ter manipolazione di mercato del novellato TUF. Gli illeciti amministrativi sono descritti in modo sovrapponibile ai corrispondenti delitti, ovvero con una formulazione tale da ricomprendere, di fatto, anche l’omologa fattispecie penale. La sovrapposizione dell’ambito applicativo di ciascun delitto con il corrispondente illecito amministrativo è contemplata dallo stesso legislatore, come risulta dalla clausola di apertura degli artt. 187-bis e 187-ter salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato , che, in tal modo, stabilisce, da un punto di vista sostanziale, il cumulo dei due tipi di sanzioni. Il diritto dell’Unione Europea in materia di abusi di mercato è stato profondamente innovato attraverso il regolamento 16 aprile 2014, n. 596/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo agli abusi di mercato e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE, il quale, oltre a prevedere l’abrogazione della direttiva n. 2003/6/CE con effetto dal 3 luglio 2016, ha stabilito, all’articolo 30, comma 1, che gli Stati membri possono decidere di non comminare sanzioni amministrative per abusi che siano già soggetti a sanzioni penali nel rispettivo diritto nazionale entro il 3 luglio 2016, data entro la quale dovrà essere recepita la nuova direttiva 16 aprile 2014, n. 2014/57/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alla sanzioni penali in caso di abusi di mercato. Quest’ultima direttiva capovolge i rapporti tra sanzioni penali e amministrative per gli abusi di mercato, privilegiando le prime rispetto alle seconde. L’abrogata direttiva 2003/6/CE c.d. Market Abuse Directive - MAD in materia di abusi di mercato imponeva agli Stati membri l’obbligo di adottare sanzioni amministrative - effective, proportionate and dissuasive - lasciando loro la facoltà di prevedere nel contempo anche sanzioni penali - cd. sistema a doppio binario - in forza del quale, in caso di convergenza dei medesimi fatti, l’illecito penale concorre con il corrispondente illecito amministrativo, con conseguente cumulo delle rispettive sanzioni, in deroga al principio di specialità di cui all’articolo 9 della legge n. 689 del 1981. Il sistema del doppio binario è anche previsto dall’articolo 187-duodecies del TUF Rapporti tra procedimento penale e procedimento amministrativo e di opposizione , prevedendosi che il procedimento amministrativo di accertamento e il procedimento di opposizione di cui all’articolo 187-septies non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento dipende la relativa definizione . L’articolo 187 terdecies del TUF Esecuzione delle pene pecuniarie e delle sanzioni pecuniarie nel processo penale prevede, al comma 1, che quando per lo stesso fatto è stata applicata a carico del reo o dell’ente una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’articolo 187-septies la esazione della pena pecuniaria e della sanzione pecuniaria dipendente da reato è limitata alla parte eccedente quella riscossa dall’Autorità amministrativa . La medesima garanzia del principio ne bis in idem in ambito nazionale, è riconosciuta, ma solo in ambito penale, dall’articolo 649 c.p.p., rubricato Divieto di un secondo giudizio , il quale prescrive che L’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli artt. 69, comma 2, e 345 . 3. In tale contesto rileva questa Suprema Corte, sulla scorta della giurisprudenza comunitaria, che la mancata previsione nell’ordinamento nazionale dell’allargamento del principio ne bis in idem anche ai rapporti tra sanzione penale e amministrativa di natura penale appare non conforme ai principi unionali, non ritenendosi più ammissibile, in base ai principi sovranazionali la previsione del doppio binario e, quindi della cumulabilità tra sanzione penale e amministrativa, applicata in processi diversi, qualora quest’ultima abbia natura di sanzione penale. Si ritiene, quindi, che la celebrazione e la definizione del presente procedimento amministrativo possano rappresentare una violazione del divieto di bis in idem sancito dall’articolo 50 CDFUE Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge in forza della pronuncia della Corte Europea a Sentenza della Corte di giustizia Grande Sezione del 26/2/2013 nella causa C - 617/10, Aklagaren c. Hans Akelberg Fransson , secondo cui una combinazione di sanzioni amministrative e penali per le medesime violazioni in materia di obblighi dichiarativi sarebbe astrattamente compatibile con il principio del ne bis in idem sancito dall’articolo 4 del protocollo 7 CEDU e dal citato articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, salvo che la sanzione amministrativa non debba essere in concreto ritenuta di natura penale all’esito della valutazione rimessa al giudice nazionale. In sede di diritto internazionale pattizio, il principio del ne bis in idem , è sancito dall’articolo 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, rubricato Diritto di non essere giudicato o punito due volte , il quale, al comma 1, dispone che Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato , ed è riconosciuto dalle seguenti pronunce a sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Sez. II, del 4 marzo 2014 causa Grande Stevens ed altri c. Italia che afferma il principio del ne bis in idem alla luce dell’articolo 4, par. 1, del Protocollo n. 7 della CEDU, il quale vieta la duplicazione di giudizi penali e amministrativi e, conseguentemente, la doppia applicazione di sanzioni penali nei confronti dei medesimi soggetti e per i medesimi fatti oggetto di sentenza passata in giudicato. Ancorché nella indicata pronuncia si faccia riferimento, ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem tra condanna definitiva penale e amministrativa relativa ad una fattispecie analoga, ma non simile, in quanto, nella fattispecie oggetto di esame da parte della CEDU trattavasi di sentenza penale successiva a giudicato sulla sanzione amministrativa e non viceversa, come nel presente giudizio in cui si è esaurito prima il giudizio penale rispetto a quello amministrativo ancora sub iudice , appare evidente che il principio espresso dalla CEDU sia bidirezionale trovando applicazione sia nel caso di sanzione amministrativa precedente a quella penale sia nel caso inverso. In particolare, per quanto di interesse nel presente giudizio, la CEDU, nella citata sentenza, ha rilevato che a al fine di stabilire se i fatti su cui si è formato il giudicato sono da considerarsi i medesimi per i quali si procede in altro giudizio, occorre aver riguardo non al fatto inteso in senso giuridico, ossia alla fattispecie astratta descritta dagli artt. 187-ter e 185 TUF, ma al fatto in senso storico-naturalistico, ossia alla fattispecie concreta oggetto dei due procedimenti, a prescindere dagli elementi costitutivi rispettivamente previsti dai menzionati articoli cfr anche Sergey Zolotukin contro Russia del 10 febbraio 2009 b il presupposto al quale è collegata l’efficacia preclusiva di un nuovo giudizio sullo stesso fatto storico è costituito dal passaggio in giudicato del provvedimento che definisce uno dei due procedimenti riconducibili alla materia penale c le sanzioni irrogate dalla Consob per la fattispecie di manipolazione del mercato di cui all’articolo 187-ter TUF, benché formalmente qualificate come amministrative dall’ordinamento italiano, debbono essere ricondotte alla materia penale agli effetti dell’articolo 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, e ciò in ragione sia della natura dell’illecito ossia della rilevanza dei beni protetti e della funzione anche deterrente della fattispecie in questione sia della natura e del grado dl severità delle sanzioni pecuniarie ed interdittive previste dalla legge e concretamente comminate ai ricorrenti. Appare chiaro l’orientamento dei giudici di Strasburgo di rimproverare agli organi giurisdizionali la mancata disapplicazione di un principio ne bis in idem che il legislatore nazionale ha introdotto in materia penale ma non nei rapporti tra sanzione amministrativa di natura penale e sanzione penale. Nella citata sentenza la Corte rammenta la sua consolidata giurisprudenza ai sensi della quale, al fine di stabilire la sussistenza di una accusa in materia penale , occorre tener presente tre criteri la qualificazione giuridica della misura in causa nel diritto nazionale, la natura stessa di quest’ultima, e la natura e il grado di severità della sanzione Engel e altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, § 82, serie A n. 22 . Questi criteri sono peraltro alternativi e non cumulativi affinché si possa parlare di accusa in materia penale ai sensi dell’articolo 6 § 1, è sufficiente che il reato in causa sia di natura penale rispetto alla Convenzione, o abbia esposto l’interessato a una sanzione che, per natura e livello di gravità, rientri in linea generale nell’ambito della materia penale . Ciò non impedisce di adottare un approccio cumulativo se l’analisi separata di ogni criterio non permette di arrivare ad una conclusione chiara in merito alla sussistenza di una accusa in materia penale Jussila c. Finlandia GC , n. 73053/01, § § 30 e 31, CEDU 2006-XIII, e Zaicevs c. Lettonia, n. 65022/01, § 31, CEDU 2007-IX estratti . Deve, alla luce del principio del ne bis in idem, considerarsi penale la sanzione che sia qualificata tale dalla norma che la prevede e in caso di sanzioni amministrative, si deve tener conto della natura della violazione o della natura, scopo e gravità della sanzione sul tema, CEDU sent. causa C-199/92 del 1999 Huls/Commissione 8 giugno 1976 Engel ed altri contro Paesi Bassi, serie A n. 22, par. 82 sentenza 21 febbraio 1984 Ozturk c. Germania, serie A n. 73, par.53 sentenza Lutz contro Germania, serie A n. 123, par. 54 b Sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, IV Sezione, del 20/5/2014 nella causa Nykanen contro Finlandia , secondo cui deve essere qualificata di natura penale sulla base dei notori Engel criteria la sovrattassa di 1.700 Euro applicata in sede amministrativa al ricorrente e divenuta definitiva prima dell’instaurazione del procedimento penale per frode fiscale, conclusosi con sentenza di condanna a pena detentiva c Sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, V Sezione, del 27/11/2014 nella causa Lucky Dev contro Svezia , che ha fornito l’interpretazione del concetto di stesso fatto same offence . Si precisa che l’articolo 4 del protocollo 7 non vieta la contemporanea apertura e svolgimento di procedimenti paralleli per lo stesso fatto, sanzionando soltanto la mancata interruzione degli altri nel momento in cui uno di essi è divenuto definitivo. L’articolo 4 del Protocollo n. 7 vieta, infatti, l’instaurazione di procedimenti consecutivi qualora il primo di essi sia già divenuto definitivo nel momento in cui prende abbrivio il secondo. Tale norma non preclude, invece, lo sviluppo di giudizi paralleli, tra loro concorrenti in questa situazione non si può, infatti, ritenere che l’imputato venga nuovamente processato per un reato per il quale era già stato assolto o condannato . va,invece, riscontrata la violazione del ne bis in idem laddove il secondo procedimento non venga interrotto in seguito alla definitiva conclusione del primo. d Sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo della Grande Camera del 10 febbraio 2009 nella causa Sergey Zolotukin contro Russia in cui si afferma che ciò che conta ai fini dell’applicazione del divieto del ne bis in idem convenzionale è l’identità del fatto, naturalisticamente inteso, al di là di eventuali diversità degli altri elementi costitutivi della fattispecie penale e di quella amministrativa per l’individuazione della stessa offesa same offence , cioè dell’identità del fatto, non occorre che si debbano equiparare le fattispecie penale e amministrativa astratte, ma occorra fare riferimento al fatto storico-naturalistico, a prescindere dagli altri elementi costitutivi delle fattispecie. Alla luce di tali principi nel caso di specie la condotta addebitata al R. è la stessa sia nel processo penale che in quello amministrativo. 4. Non sussistono, inoltre, dubbi, alla luce dei principi CEDU, ai fini della applicazione del principio del ne bis in idem , della natura sostanzialmente penale della sanzione amministrativa effettivamente comminata Euro 5.000.000 afflittiva e munita di funzione deterrente, caratteristiche che alla luce della sentenza Fransson della Corte di Giustizia devono essere apprezzate dal giudice nazionale. Specifica, peraltro, la Cedu, che il carattere penale di un procedimento è subordinato al grado di gravità della sanzione di cui è a priori passibile la persona interessata Engel ed altri sopra citata e non alla gravità della sanzione alla fine inflitta c.d. pena in concreto inflitta ancora sent Grande Stevens city. Sulla base delle argomentazioni sopra svolte, la obbligatorietà delle sanzioni amministrative, aventi natura afflittiva, nel sistema degli illeciti di market abuse è configgente col sistema del c.d. divieto del ne bis in idem, così come interpretato dal diritto unionale, allorché venga preliminarmente emessa una sanzione penale preclusiva alla comminatoria della sanzione amministrativa. Il principio del ne bis in idem sancito dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo Cedu , vieta tout court di sanzionare, in diversi processi, due volte lo stesso illecito, impedendo allo stato membro di comminare una violazione amministrativa di natura penale in presenza di comminatoria di una sanzione penale per gli stessi fatti, o viceversa la condanna ad una sanzione penale rende, quindi, illegittima la successiva sanzione amministrativa di natura penale per gli stessi fatti. La mancata previsione dell’allargamento del principio ne bis in idem anche ai rapporti tra sanzione penale e amministrativa di natura penale appare non conforme ai principi unionali, ritenendosi contraria ai principi sovranazionali sanciti dalla CEDU la previsione del doppio binario e, quindi della cumulabilità tra sanzione penale e amministrativa, applicata in processi diversi, qualora quest’ultima abbia natura di sanzione penale. Va sospeso il processo e rinviati gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’articolo 267 del vigente Trattato sul funzionamento dell’Unione, affinché chiarisca se a la previsione dell’articolo 50 CDFUE, interpretata alla luce dell’articolo 4 prot n. 7 CEDU e della relativa giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, osti alla possibilità di celebrare un procedimento amministrativo avente ad oggetto un fatto per cui il medesimo soggetto abbia riportato condanna penale irrevocabile, nei termini di cui in motivazione b se il giudice nazionale possa applicare direttamente i principi unionali in relazione al principio del ne bis in idem , in base all’ articolo 50 CDFUE, interpretato alla luce dell’articolo 4 prot. n. 7 CEDU,della relativa giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo e della normativa nazionale. P.Q.M. visto l’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione, Dispone il rinvio degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, formulando la seguente questione pregiudiziale di interpretazione del diritto dell’Unione a se la previsione dell’articolo 50 CDFUE, interpretato alla luce dell’articolo 4 prot. n. 7 CEDU, della relativa giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo e della normativa nazionale, osti alla possibilità di celebrare un procedimento amministrativo avente ad oggetto un fatto condotta illecita di manipolazione del mercato per cui il medesimo soggetto abbia riportato condanna penale irrevocabile b se il giudice nazionale possa applicare direttamente i principi unionali in relazione al principio del ne bis in idem , in base all’articolo 50 CDFUE, interpretato alla luce dell’articolo 4 prot. n. 7 CEDU,della relativa giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo e della normativa nazionale. Dispone la sospensione del procedimento fino alla pronuncia della Corte di Giustizia Manda alla Cancelleria per la trasmissione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea del presente provvedimento e degli atti di causa mediante plico raccomandato indirizzato alla Cancelleria della Corte di Giustizia Rue du Fort Niedergrunewald, L - 2925, Lussemburgo.