Esclusa la responsabilità del ""nudo ministro""

La responsabilità dell'appaltatore per i danni causati alla committente non può essere esclusa per il solo fatto che le operazioni fonte di danno non siano previste nel contratto e siano eseguite su mero ordine del committente, essendo, invece, necessario un evento capace di escludere la possibilità di controllo dell'appaltatore.

E’ quanto ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19378/16 depositata il 30 settembre. Il caso. Un’impresa di costruzioni stipulava una polizza assicurativa a copertura di eventi eventualmente verificatisi nei suoi cantieri. In un cantiere si incendiava il costoso mezzo di proprietà di un’altra ditta che l'impresa costruttrice aveva chiamato a lavorare sul posto. Il sinistro veniva effettivamente indennizzato dalla compagnia di assicurazione del veicolo che, successivamente, conveniva in giudizio l'impresa costruttrice, sostenendo che il danno era stato cagionato dai suoi dipendenti, chiedendo pertanto la restituzione delle somme erogate. L'impresa di costruzione respingeva l'addebito e chiamava in garanzia la compagnia di assicurazione con cui aveva attivato polizza a copertura della responsabilità civile. Il tribunale accoglieva la domanda attrice e quella di parte convenuta limitatamente alla chiamata in garanzia. La Corte d'appello riformava la decisione di primo grado, annullava la sentenza di condanna ed affermava che la compagnia di assicurazione non aveva dimostrato l'entità del danno, inoltre, l'attività umana che aveva generato il danno era stata materialmente compiuta da dipendenti della impresa di costruzione che, però, avevano operato quali meri nudi ministri , previa semplice richiesta e sotto la direzione del proprietario del veicolo incendiato. Parte soccombente ha proposto ricorso per cassazione. Il controllo del Giudice di legittimità. La S.C., nel respingere il motivo di impugnazione, ha ribadito che in sede di legittimità è deducibile esclusivamente l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, quindi, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l'anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e che attiene all'esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza , nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili , nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile Cass. Civ. n. 8053/2014 . Nudi ministri e responsabilità. L'espressione nudi ministri è utilizzata nella prassi per descrivere la condizione del committente che impone all'appaltatore indicazioni così stringenti da annullarne completamente la sua autonomia di operato. Detta costruzione, serve proprio ad individuare la fattispecie in cui il committente annulla l'autonomia dell'appaltatore, così escludendo anche la sua responsabilità per eventuali errori. Nel caso di specie, i Giudici di legittimità hanno cassato la sentenza impugnata e rilevato che, nel giudizio di merito la Corte aveva escluso la responsabilità in ragione dell'esistenza di una richiesta/incarico che gli operari della impresa di costruzione si erano limitati ad eseguire. Tale rilievo, afferma la cassazione, è insufficiente perché la responsabilità dell'appaltatore per i danni causati alla committente, non può essere esclusa per il solo fatto che le operazioni fonte di danno erano state richieste - fuori contratto - dalla committente. Anche per tali attività l'appaltatore è responsabile. Dunque, per escludere la responsabilità dell'appaltatore è necessario provare una condotta del committente capace di escludere la possibilità di controllo dell'appaltatore. D'altra parte, nel giudizio di merito, era emerso che gli operai del committente erano intervenuti per effettuare una riparazione funzionale all'esecuzione del contratto d'appalto anche se chiesta dal committente del veicolo danneggiato. Per tutte queste ragioni la sentenza è stata cassata e rinviata ad altro giudice di merito.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 23 febbraio – 30 settembre 2016, n. 19378 Presidente Amendola – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Nel 1994 la società Navale Assicurazioni s.p.a. che in seguito muterà ragione sociale in Unipol Assicurazioni s.p.a. d’ora innanzi, per brevità, la Unipol convenne dinanzi al Tribunale di Roma la società Alosa s.p.a. che in seguito muterà ragione sociale in Imprepar - Impregilo Partecipazioni s.p.a. d’ora innanzi, per brevità, la Imprepar , esponendo che - nel 1989, durante lavori di impermeabilizzazione nell’aeroporto di Fiumicino, prese fuoco un container di proprietà della società Alcatel indicata nella sentenza impugnata come Face Standard s.p.a. , ma la circostanza non è oggetto di contrasto tra le parti in questa sede , che custodiva costosi apparati elettronici - in adempimento dei propri obblighi contrattuali, la Unipol aveva indennizzato la Alcatel dei danni conseguiti all’incendio, surrogandosi nei diritti di questa verso i responsabili - la responsabilità dell’incendio andava ascritta ai dipendenti della Imprepar, cui la stessa Alcatel aveva appaltato varie opere di ristrutturazione. Chiese pertanto la condanna della Imprepar ex art. 1916 c.c. alla rifusione dell’indennizzo pagato alla Alcatel. 2. La Imprepar si costituì e, oltre a negare la propria responsabilità, chiamò in causa il proprio assicuratore della responsabilità civile, la RAS s.p.a. che in seguitò muterà ragione sociale in Allianz s.p.a. , chiedendo di essere garantita dalle pretese attoree in caso di accoglimento della domanda. 3. Il Tribunale di Roma con sentenza 20.5.2004 n. 16011 accolse sia la domanda principale, sia quella di garanzia. La sentenza venne appellata dalla Allianz, la quale contestò la sussistenza della responsabilità della propria assicurata Imprepar. La Corte d’appello Roma con sentenza 21.2.2013 n. 1049 accolse il gravarne e rigettò la domanda della Unipol. Ritenne la Corte d’appello che a i lavori causa del danno erano stati sì eseguiti da operai della Imprepar, ma esorbitando dai compiti loro appaltati dalla Alcatel, ed obbedendo ad una richiesta loro rivolta per le vie brevi da un dipendente della stessa Alcatel gli operai della Imprepar, pertanto, avevano agito quali nudi ministri sotto la direzione di persona dipendente dalla danneggiata, la quale non aveva dunque titolo per pretendere il risarcimento b in ogni caso, la Unipol non aveva validamente dimostrato l’ammontare del danno patito dalla sua assicurata Alcatel, e di conseguenza l’entità del diritto nel quale si era surrogata. 4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Unipol, con ricorso fondato su quattro motivi. Hanno resistito con controricorso la Imprepar che ha proposto ricorso incidentale condizionato e la Allianz, che ha depositato altresì memoria. Motivi della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c Lamenta la violazione degli artt. 115, 116 e 132 c.p.c Deduce, al riguardo, che la sentenza impugnata sarebbe incomprensibile ha richiamato le prove testimoniali prescindendo dal loro effettivo contenuto ed avrebbe adottato una motivazione solo apparente. Il senso complessivo della censura è che dalle prove raccolte emergeva come la scelta di eseguire i lavori che saranno la causa del danno non fu affatto imposta ai dipendenti Imprepar da un dipendente della Alcatel, ma fu iniziativa autonoma dei primi. 1.2. Il motivo è manifestamente inammissibile. Esso infatti sollecita da questa Corte una valutazione delle prove nuova e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito. Né la sentenza impugnata può dirsi nulla ex art. 1.32, comma 2, n. 4, c.p.c., ipotesi ricorrente solo quando la motivazione manchi del tutto anche come segno grafico, ovvero sia totalmente inintelligibile. 2. Il secondo motivo di ricorso. 2.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. nel testo modificato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134 . Deduce, al riguardo, che la circostanza dell’ingerenza del dipendente di Alcatel nei lavori eseguiti dalla Imprepar, ritenuta provata dalla Corte d’appello, era invece contraddetta dalle prove raccolte. 2.2. Anche questo motivo è manifestamente inammissibile. La sentenza d’appello impugnata in questa sede è stata depositata dopo l’11.9.2012. Al presente giudizio, di conseguenza, si applica il nuovo testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c Le Sezioni Unite di questa Corte, nel chiarire il senso della nuova norma, hanno stabilito che per effetto della riforma è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 . Nella motivazione della sentenza appena ricordata, inoltre, si precisa che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti . Nel caso di specie, invece, ciò di cui la Unipol si duole col secondo motivo di ricorso è proprio il modo in cui la Corte d’appello ha esaminato e valutato le prove raccolte richiesta, per quanto appena detto, non consentita in questa sede. 3. Il terzo motivo di ricorso. 3.1. Col terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c Lamenta, in particolare, la violazione dell’art. 1655 c.c Ricorda, al riguardo, come la Corte d’appello abbia ritenuto che la Alcatel e quindi il suo assicuratore danni, che le si era surrogato non potesse chiedere il risarcimento dei danni ad Imprepar, perché quel danno era stato causato dalla Alcatel a se stessa infatti l’operaio che mandò a fuoco il container, mentre cercava di impermeabilizzarlo, era stato chiamato ad eseguire quel lavoro da un dipendente Alcatel, ed aveva perciò agito quale nudus minister . Così decidendo - prosegue la ricorrente - la Corte d’appello ha violato l’art. 1655 c.c., perché non basta eseguire una lavorazione su incarico altrui per essere qualificato nudus minister . 3.2. Il motivo è fondato. Con l’espressione nudus minister , coniata dalla prassi, si designa l’ipotesi in cui il committente imponga all’appaltatore istruzioni così stringenti e vincolanti, da sopprimere ogni sua autonomia e libertà di scelta. La teorica del nudus minister è stata concepita per risolvere il problema della responsabilità del committente per i danni causati dall’appaltatore ai terzi. La regola, infatti, è che il committente non risponda dei danni causati a terzi dall’appaltatore, a causa della autonomia organizzativa e decisionale di quest’ultimo. A questa regola, tuttavia, secondo la suddetta teoria si fa eccezione giustappunto quando ricorra l’ipotesi dell’appaltatore nudus minister , giacché in questa evenienza è il committente a divenire quasi un autore mediato del danno. Appare dunque evidente come nel nostro caso sia fuori luogo il richiamo alla tematica del nudus minister compiuto dalla Corte d’appello. Qui, infatti, non si trattava di stabilire se Alcatel committente fosse o meno responsabile dei danni causati da Imprepar appaltatore a terzi. Si trattava, al contrario, di stabilire se Alcatel committente avesse diritto al risarcimento dei danni che Imprepar appaltatore le aveva causato per imperizia. Ed ovviamente l’appaltatore che causi un danno al committente non può essere esonerato da responsabilità per il solo fatto che abbia ricevuto l’incarico dal committente stesso altrimenti, a seguire il ragionamento della Corte d’appello, si perverrebbe all’assurdo che mai nessun committente potrebbe pretendere il risarcimento del danno da inadempimento dell’appaltatore, perché il secondo ha ricevuto necessariamente un incarico dal primo. Per escludere dunque la responsabilità dell’appaltatore Imprepar la Corte d’appello avrebbe dovuto accertare non se l’incarico di eseguire i lavori rivelatisi dannosi fu o meno impartito dalla Alcatel, ma se l’erronea tecnica di esecuzione dei lavori di impermeabilizzazione fu dalla Alcatel imposta alla Imprepar se il danno sia derivato dal lavoro in sé, piuttosto che dalla sua imperita esecuzione ed ancora se la dannosità dell’ordine eventualmente impartito dalla Alcatel potesse, con l’ordinaria diligenza, essere percepita dai destinatari di esso. 3.3. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, la quale nel riesaminare il caso si atterrà al seguente principio di diritto La responsabilità dell’appaltatore per i danni causati ai beni del committente nell’esecuzione dei lavori ordinatigli non può essere esclusa per il solo fatto che le operazioni fonte di danno fossero estranee all’oggetto dell’appalto, ed eseguite su ordine diretto d’un dipendente del committente. 4. Il quarto motivo di ricorso. 4.1. Col quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. nel testo modificato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134 . Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello, con autonoma ratio decidendi , ha rigettato la domanda di surrogazione anche perché non provato il quantum. Tuttavia la Corte d’appello ha adottato tale decisione ritenendo che l’attrice avesse depositato solo una quietanza e una perizia di parte, così trascurando di considerare che la Unipol aveva invece depositato molti altri documenti dimostrativi dell’entità del danno. 4.2. Il motivo è fondato. La Alcatel aveva dedotto in giudizio di avere subito un danno in conseguenza dell’imperita condotta dei dipendenti della Imprepar. Questo danno era consistito nella necessità di in parte riparare, ed in parte sostituire, un localizzatore ILS o Instrumental Landing System , ovvero un sofisticato strumento che agevola la manovra di atterraggio dei velivoli, guidandoli lungo una traiettoria virtuale. Pertanto i fatti storici dimostrativi dell’esistenza del danno erano rappresentati dalla circostanza che quel macchinario esistesse che fosse stato danneggiato che fosse stato speso del denaro per acquistare le parti di ricambio. La società Unipol ha dimostrato di avere prodotto in primo grado una perizia di parte allegata altresì al ricorso per cassazione cui erano allegati vari documenti, attestanti - l’elenco del materiale danneggiato - il prezzo d’acquisto del materiale danneggiato - il costo di riparazione del localizzatore - il costo d’acquisto delle parti sostituite. Le circostanze che il localizzatore esistesse, che fosse stato danneggiato, e che fosse stato speso del denaro per ripararlo costituivano dunque altrettanto fatti storici , ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., che la Corte d’appello avrebbe dovuto prendere in esame, al fine di stabilire se sussistesse o meno un danno risarcibile. 5. Il ricorso incidentale condizionato della Imprepar. 5.1. Col proprio ricorso incidentale la Imprepar chiede l’annullamento della sentenza impugnata, per avere questa escluso la domanda di manleva della Imprepar nei confronti di Allianz . 5.2. La doglianza non deve essere esaminata in questa sede infatti tutte le questioni attinenti il rapporto tra la Imprepar e la Allianz non sono state esaminate dal giudice d’appello, perché assorbite dal rigetto della domanda principale, e dovranno dunque essere esaminate ex novo dal giudice di rinvio. 6. Le spese. Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c. - accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione - rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.