Opera creata da più autori: chi nega la comunione deve provare che non c’è stata collaborazione

Quando si è in presenza di un’opera con pluralità di autori creata con il contributo indistinguibile ed inscindibile di più persone e quindi, di un caso di attribuzione del diritto di autore in comune a tutti i coautori deve trovare applicazione l’art 10, l. n. 633/1941 sul diritto d’autore. Secondo tale norma spetta a chi lo nega l’onere di provare la mancata collaborazione alla creazione dell’opera da parte di chi si definisce coautore.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 19220/16, depositata il 28 settembre. Il fatto. Un architetto conveniva innanzi al Tribunale territorialmente competente diversi professionisti perché venisse accertato il proprio diritto morale e materiale di coautore di un’opera vincitrice di un concorso. A sostegno della domanda l’attore sosteneva di essere contitolare della proprietà intellettuale del progetto in forza di una scrittura privata. I convenuti si costituivano nel giudizio opponendosi fermamente alla domanda che veniva rigettata dal Tribunale adito con sentenza. Tale decisione, impugnata dal ricorrente, veniva confermata anche dalla Corte d’appello investita della decisione. La Corte territoriale aderiva a quanto stabilito dal giudice di prime cure secondo il quale il bando di concorso in questione non valeva a dimostrare che l’architetto fosse coautore del progetto poiché il concorso era stato vinto da altri due professionisti che dovevano essere considerati, fino a prova contraria, autori dell’opera ai sensi dell’art. 8 della legge sul diritto di autore l. n. 633/1941 . Nella specie, evidenziava il Collegio, il ricorrente, non solo non aveva presentato l’elaborato, ma non risultava neppure indicato come autore, e neppure la scrittura privata dallo stesso rivendicata risultava utile a provare che egli avesse assolto all’onere della prova posto a suo carico. Contro tale sentenza il ricorrente proponeva ricorso per cassazione. Diritto d’autore. In particolare, il ricorrente denunciava, tra gli altri motivi, anche quello di violazione e falsa applicazione di norme di legge rimproverando al Collegio di merito di aver erroneamente applicato l’art. 8 piuttosto che la norma di cui all’art. 10 della legge sul diritto di autore, benchè si fosse in presenza di un’opera con pluralità di autori, creata con contributo indistinguibile e inscindibile di più persone e quindi, di un caso di attribuzione del diritto di autore in comune a tutti i coautori. Pertanto, ad avviso del ricorrente, non spettava di certo a lui di provare l’oggetto della collaborazione, ma alle altre parti di vincere la presunzione di pari contribuzione stabilita dalla summenzionata norma di cui all’art. 10. Gli Ermellini, hanno ritenuto fondato il predetto motivo di ricorso ed in particolare, essi hanno evidenziato che la scrittura privata invocata e prodotta in giudizio dal ricorrente, nonchè dallo stesso sottoscritta, attestava che egli era contitolare della proprietà intellettuale del progetto vincitore del concorso. Il mancato riconoscimento della comunione del diritto di autore da parte dei giudici dei precedenti gradi del giudizio era, pertanto, da considerarsi un errore cui porre rimedio. Onere di provare l’oggetto della collaborazione. I Giudici di legittimità concludono stabilendo che, nella specie, deve trovare applicazione l’art. 10 - non già l’art. 8 - della legge sul diritto di autore sulla scorta del quale non spetterà di certo all’attore provare l’oggetto della collaborazione, bensì alle controparti dar prova del contrario. La Corte ha dunque cassato la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviato ad altra sezione della Corte di appello la decisione di merito.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 giugno – 28 settembre 2016, n. 19220 Presidente Bucciante – Relatore Orilia Svolgimento del processo Con atto 21.12.1999 l’architetto A.F. convenne davanti al Tribunale di Brescia l’ing. G.F. , lo studio KR snc di Pi.Ma.Ne. , l’arch. M.A. , la Tekne spa e la SPS Studio Progetti Strutturali srl perché fosse accertato il proprio diritto morale e materiale di coautore del progetto vincitore del concorso indetto dalla Immobiliare Fiera di Brescia per la realizzazione di un polo espositivo unitario integrato, al quale aveva partecipato il raggruppamento temporaneo formato dai succitati professionisti e società nonché dallo stesso attore. Domandò inoltre il corrispettivo per l’opera svolta, sia a titolo di risarcimento danni, sia ad ogni altro titolo, compreso l’indebito arricchimento. A sostegno della domanda espose - che in forza di un accordo stilato il 16.7.1997 risultava anch’egli come coautore e che tuttavia, il G. , rappresentante del Gruppo, aveva cominciato ad emarginarlo relegandolo a mero collaboratore - che per dirimere le controversie insorte all’interno del gruppo, le parti siglarono in data 26.9.1997 una scrittura in cui si ribadiva il ruolo dell’A. , come contitolare della proprietà intellettuale del progetto, ma successivamente il G. e gli altri componenti del gruppo ripresero ad emarginarlo fino ad escluderlo omettendo di informarlo della stipula dell’accordo finale del 22.12.1997 - che per la sua rilevantissima attività, prima presso lo studio del G. e poi del Pi. , egli aveva percepito solo un acconto di lire 5.000.000, a fronte di un compenso a saldo di Lire 175.000.000 offertogli, tramite KR, dai componenti del gruppo. Si costituirono nel giudizio G. , M. e la Tekne, opponendosi alla domanda. Dopo avere richiamato le due fasi in cui si era snodata la vicenda concorsuale e progettuale , i convenuti rilevarono che alla prima fase, conclusasi con la vittoria del G. e del M. , l’attore aveva partecipato dell’incarico allo studio G. e alle società KR e Tekne, rilevarono che nessun lavoro era stato assegnato dall’ente fiera all’A. il quale non aveva accettato la proposta inviatagli dal gruppo il 21.10.1997, decidendo di andare a collaborare con lo studio Pi. , a cui pertanto avrebbe dovuto rivolgere le proprie pretese. Osservarono inoltre che il documento del 26.9.1997 nulla stabiliva in merito alla posizione dell’A. . La società KR, costituitasi anch’essa, evidenziò l’irrilevanza del ruolo e dell’attività svolta dall’attore nell’ambito della partecipazione al concorso e il suo comportamento finalizzato ad approfittare della situazione di tensione per spuntare una proposta al di sopra di ogni suo diritto o aspettativa. Osservò inoltre che nella domanda non era precisata la ragione della richiesta di condanna dei convenuti e che l’attore non aveva mai svolto attività all’interno dello studio, mentre il progetto, nella parte concettuale ed architettonica, era frutto dell’attività del Pi. . Analoga linea difensiva prospettò la società SPS, anch’essa costituitasi nel giudizio. Si costituirono inoltre i terzi chiamati Mi.Da. , P.S. , B.G. e Gu.Lu. contestando la legittimità dell’estensione del contraddittorio nei loro confronti e la fondatezza delle pretese avanzate dall’attore. 2 Con sentenza 27.3.2006 il Tribunale rigettò la domanda e tale decisione, impugnata dall’A. , venne confermata dalla Corte d’Appello di Brescia con sentenza 7.4.2011 sulla base delle seguenti argomentazioni per quanto ancora interessa in questa sede - come già affermato dal Tribunale, l’articolo 4 del bando di concorso non valeva a dimostrare che l’A. fosse coautore del progetto perché, essendo stato vinto il concorso dall’elaborato presentato dall’architetto M. e dall’ingegnere G. , soltanto costoro, fino a prova contraria, potevano essere considerati autori dell’opera ai sensi dell’art. 8 comma 3 legge n. 633/1941 - nel caso di specie l’architetto A. non solo non aveva presentato l’elaborato, ma non risultava indicato neppure COME autore, e neppure la scrittura privata del 26.9.1997 provava che l’A. fosse stato coautore del progetto, sicché l’appellante non aveva assolto all’onere della prova a suo carico - i capitoli di prova articolati dall’A. erano generici, mentre nessun rilievo avevano gli altri documenti richiamati, come le lettere dell’architetto Pi. del 13.1.1998 e 25.3.1998 e le proposte transattive non andate a buone fine inidonee, quindi, come riconoscimento di compensi e pertanto mancavano gli elementi per disporre una consulenza tecnica finalizzata alla quantificazione dei compensi o per procedere direttamente ad una liquidazione equitativa. 3 Contro tale sentenza, l’architetto A. ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi illustrati da memoria ex art. 378 cpc. Resistono con controricorso l’ing. G. , l’arch. M. e la Tcknc spa, nonché, con separato controricorso, la S.P.S. srl Studio Progetti Strutturali. Resistono altresì O.N.A. e Pi.Ma. , quali soci amministratori della KR Studio snc di Pi.Ma.Ne. , A.O. & amp C, deducendo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso nei confronti della predetta società. Le altre parti non hanno svolti attività difensiva in questa sede. Motivi della decisione Preliminarmente, va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione sollevata dalle controricorrenti O.N.A. e Pi.Ma. in base al rilievo che al momento della notificazione dello stesso la società già era stata cancellata dal registro delle Imprese e quindi aveva perso la legittimazione giuridica. Produce a tal fine certificazione notarile attestante appunto che lo scioglimento e la cancellazione erano stati convenuti con atto autenticato in data 29.11.2011. L’eccezione è infondata. Come affermato dalle sezioni unite, la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che a la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 cod. proc. civ., e idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace b il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione - ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale - in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace c è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330, primo comma, cod. proc. civ., senza che rilevi la conoscenza aliunde di uno degli eventi previsti dall’art. 299 cod. proc. civ da parte del notificante v. Sez. U, Sentenza n. 15295 del 04/07/2014 Rv. 631467 . Nel caso di specie, lo scioglimento della società KR Studio snc con contestuale cancellazione dal registro delle Imprese in data 29.11.2011 successiva quindi al deposito della sentenza di appello avvenuto il 7.4.2011 non risulta notificato alle altre parti e dunque, in applicazione del citato principio, è ammissibile la notificazione del ricorso eseguita a mezzo del servizio postale presso il difensore costituito che ebbe a ritirare il relativo plico v. relata di notifica . 1 bis Passando adesso all’esame dei motivi di ricorso, con il primo di essi il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, violazione degli artt. 3, 7, 10, 8 comma 1 della legge n. 633/1941 e 2728 cc. Premessa una sintesi del contenuto delle suddette disposizioni della legge sul diritto d’autore ed un richiamo dottrinario sulla classificazione delle opere con più autori, il ricorrente rimprovera alla Corte d’Appello di non avere fatto applicazione dell’art. 10 della legge n. 633/1941 benché si fosse in presenza di un’opera con pluralità di autori creata con contributo indistinguibile e inscindibile di più persone e quindi di un caso di attribuzione del diritto di autore in comune a tutti i coautori. Ad avviso del ricorrente, non spettava a lui di provare l’oggetto della collaborazione ma alle altre parti di vincere la presunzione di pari contribuzione stabilita dalla dall’art. 10. Si duole poi del mancato rilievo dato al contenuto della dichiarazione del 26.9.2007, delle due lettere 13.1 e 27.3.1998 a firma dell’arch. Pi. e de disciplinare di incarico 12.11.1997. 2 Con il secondo motivo l’architetto A. lamenta, ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 4 cpc, violazione degli artt. 163 e 339 e ss cpc in relazione all’art. 2233 cc. Osserva che, contrariamente a quanto rilevato dalla Corte d’Appello a pag. 16 mancata specificazione di un altro titolo, diverso da quello di coautore, su cui fondare le pretese di corrispettivo , egli nel proprio atto di appello, richiamando la scrittura del 26.9.1997, aveva comunque invocato il compenso quanto meno a titolo di collaboratore alla realizzazione del progetto reputa poi irrilevante il fatto di essere passato nel corso dell’opera dallo studio G. al gruppo KR. Si duole ancora una volta della svalutazione data dalla Corte alla citata scrittura 26.9.1997 e alle due lettere del 1998. 3. Con il terzo motivo si denunzia violazione dell’art. 1226 cc in relazione all’art. 10 della L.A. nonché degli artt. 61 e 191 e segg. cpc. Richiamando la dichiarazione del 26.9.1997 e le lettere dell’arch. Pi. , il ricorrente ritiene fuori discussione la sua partecipazione all’elaborazione del progetto e la sua collaborazione successiva, criticando la sentenza laddove ha ritenuto irrilevanti tali documenti perché non danno conto delle attività da lui svolto ritiene inoltre fuori discussione l’esistenza di proposte transattive di elevato importo e rimprovera ai giudici di merito di avere escluso la sussistenza delle condizioni per operare una valutazione equitativa delle competenze osservando che la natura unitaria del progetto non può essere motivo per l’esclusione di una CTU sull’incidenza percentuale della attività svolta nella realizzazione dell’opus inscindibile, in presenza di una precisa descrizione dell’operato presente in un documento proveniente dalla controparte lettera 13.1.1998 arch. Pi. . 4. Con il quarto ed ultimo motivo l’A. lamenta infine la violazione degli artt. 2233 cc, nonché 1 e 4 della Costituzione e 61 e 191 cpc. Secondo il ricorrente, quand’anche l’attività svolta non fosse disciplinata dalla legge sul diritto d’autore, la sua attiva partecipazione alla realizzazione del progetto e alle fasi successive, accertate dalla sentenza impugnata, avrebbe dovuto essere retribuita a norma dell’art. 2233 cc previo parere obbligatorio dell’associazione professionale di appartenenza, sicché la Corte d’Appello doveva chiedere un parere al. Consiglio dell’Ordine sulla rilevanza del contributo alla progettazione preliminare descritto nella più volte ricordata lettera dell’arch. Pi. in data 13.1.1998. 5 Il primo motivo di ricorso è fondato. L’arch. A. aveva invocato la scrittura del 26.9.1997 firmata dai vari partecipanti al raggruppamento, in cui si dichiarava testualmente che la proprietà intellettuale del progetto vincitore del concorso di idee per il nuovo polo unitario ed integrato di Brescia appartiene al gruppo di professionisti di cui faceva parte anche lui v. contenuto del documento riportato nel ricorso a pagg. 13 e ss . Aveva quindi chiesto espressamente dichiararsi che egli è coautore, unitamente, ai convenuti, del progetto vincitore del concorso indetto dalla Immobiliare Fiera di Brescia spa e che pertanto è titolare del diritto morale e materiale di autore v. conclusioni rassegnate nell’atto di appello e trascritte nella sentenza impugnata . Una tale impostazione difensiva lascia chiaramente intendere quale fosse il nucleo della censura il mancato riconoscimento della comunione del diritto di autore con riferimento al progetto vincitore del concorso di idee. È allora evidente il richiamo, implicito, alla norma dell’art. 10 della legge 633/1941 il. cui primo comma così dispone l’opera è stata creata con il contributo indistinguibile ed inscindibile di più persone, diritto di autore appartiene in comune a tutti i coautori . I giudici di merito hanno invece focalizzato la loro attenzione sul fatto che il bando di concorso del 14.2.1996 fu vinto dall’elaborato presentato dall’architetto M. e dall’ing. barbari v. sentenza impugnata pag. 12 e, sulla scorta di tale accertamento, hanno applicato l’articolo 8 comma 1 della legge n. 633/1941 a norma del quale è reputato autore dell’opera, salvo prova contraria chi è in essa indicato come tale . Hanno quindi respinto la domanda ritenendo mancante la prova contraria a dire della Corte bresciana, la suddetta scrittura non prova che l’A. era coautore dell’elaborato perché la dichiarazione non fornisce affatto la prova che costui ne fosse coautore . Inoltre, fa carico allo stesso di non avere dimostrato in cosa fosse consistito il prodotto della sua attività, precisando che il documento si occupa di ruoli e responsabilità nelle fasi successive del progetto, ritenute prive di interesse. Un tale percorso argomentativo si rivela giuridicamente errato per quattro ordini di motivi a perché non considera adeguatamente il fatto che l’articolo 8 della legge n. 633/3941 si limita a porre solo una presunzione di paternità dell’opera fondata, appunto, sulla indicazione o annunciazione come autore di un determinato soggetto , presunzione pienamente superabile dalla prova contraria b perché - differenziando senza alcuna spiegazione la figura di proprietario intellettuale di un’opera da quella di coautore della stessa non indica neppure quale altro significato possa attribuirsi ad una dichiarazione tra i diretti interessati che attribuisce anche all’A. la proprietà intellettuale del progetto c perché pretende, nonostante l’appellante abbia prodotto un atto di riconoscimento della comproprietà intellettuale dell’opera anche in suo favore, che il medesimo debba farsi carico di un ulteriore onere, quello di provare anche la specifica attività da lui posta in essere in concreto d perché, del tutto inspiegabilmente, non si confronta con l’altra disposizione, il successivo articolo 10 che la tesi difensiva aveva sostanzialmente invocato laddove aveva chiesto il riconoscimento del diritto di coautore unitamente ai convenuti. Il significato della scrittura privata del 1997, e soprattutto la parte iniziale concernente l’attribuzione della proprietà intellettuale, unitamente allo scopo perseguito dalle parti nella sua redazione, avrebbe meritato adeguato approfondimento, sia per verificare il superamento della presunzione dettata dall’art. 8 sia per verificare l’applicabilità in concreto dell’art. 10. Per rimediare a tali criticità, si rende pertanto necessaria la cassazione della sentenza impugnata per nuovo esame sulla questione della proprietà intellettuale del progetto vincitore del concorso previa corretta individuazione della normativa applicabile e del riparto dell’onere probatorio, con conseguente assorbimento degli altri motivi. Il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d’Appello di Brescia, provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Brescia.