Direttore lavori non responsabile per vizi progettuali se non aveva l’incarico di predisporre o verificare il progetto

Il direttore lavori esercita in luogo del committente quei medesimi poteri di controllo sull’attuazione dell’appalto che questi ritiene di non poter svolgere di persona. La connotazione precipuamente tecnica di tale obbligazione di sorveglianza lo obbliga a vigilare affinché l’opera sia eseguita in maniera conforme al progetto, al capitolato e alle regole della buona tecnica, ma non lo rende per ciò solo corresponsabile con l’appaltatore per i difetti dell’opera derivanti da vizi progettuali, salvo che egli sia stato espressamente incaricato dal committente di svolgere anche l’attività, aggiuntiva rispetto a quella costituente l’oggetto della sua normale prestazione, di verificare la fattibilità e l’esattezza tecnica del progetto.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18285/16, depositata il 19 settembre. Il caso. Gli assegnatari di un immobile citavano in giudizio la cooperativa edilizia venditrice dell’alloggio per il risarcimento di danni legati alla formazione di muffe e macchie di umidità. Nel resistere in giudizio la cooperativa chiamava in garanzia impropria l’impresa costruttrice e il geometra direttore lavori per essere dagli stessi garantita nel caso fossero stati accertati vizi di costruzione. In primo grado il Tribunale di Milano accoglieva la domanda principale dei danneggiati, condannava la cooperativa al risarcimento danni e l’impresa di costruzioni a manlevarla. La domanda di garanzia proposta nei confronti del direttore lavori veniva respinta. La Corte d’appello accoglieva invece tale pretesa nel giudizio di secondo grado. Proponevano allora ricorso in Cassazione gli eredi del direttore lavori. La decisione della Corte. I Giudici di secondo grado avevano rilevato la sussistenza della responsabilità del direttore lavori per i danni lamentati dagli acquirenti sulla base delle risultanze di una CTU svolta in giudizio. Secondo la perizia le muffe erano dovute a errori di progettazione degli scambi igrotermici tra l’ambiente interno e esterno e all’assenza di materiale isolante nella costruzione. Sulla scorta di simili risultanze i giudici confermavano la responsabilità dell’impresa di costruzioni per non aver rilevato e segnalato alla cooperativa simili errori di progettazione. Rilevavano altresì la responsabilità del direttore lavori per non aver sorvegliato affinché la realizzazione delle opere avvenisse senza errori costruttivi e per non aver riscontrato l’errore di progettazione. La censura principale mossa dal geometra nel ricorso in Cassazione si fonda sul fatto che la Corte d’appello aveva in realtà accolto un’interpretazione eccessiva ed errata della portata degli artt. 1669 e 2236 c.c. in tema di responsabilità del direttore lavori nominato dal committente. In questa ipotesi specifica infatti il direttore lavori non può essere tenuto a valutare la correttezza di un progetto edilizio realizzato da altri incaricati e alla stesura del quale non ha partecipato. Gli Ermellini condividono la tesi del ricorrente e accolgono il motivo di ricorso. Il direttore dei lavori. Infatti in tema di opere edilizie è possibile distinguere due tipologie” di direttore lavori. Esiste il direttore lavori per conto dell’appaltatore e quello per conto del committente. Il primo è un professionista che collabora direttamente con l’impresa costruttrice e provvede alla realizzazione del progetto edilizio e alla vigilanza sullo svolgimento e realizzazione dell’opera in modo non pericoloso per gli addetti ai lavori e per i terzi. Il secondo invece ha il compito di verificare la corrispondenza dell’opera al progetto edilizio e al capitolato d’appalto, nonché di controllare che i lavori vengano svolti a regola d’arte così Cass. 15124/2011 . In tale ipotesi il direttore lavori è, per così dire, la longa manus ” del committente ed esercita per conto di questi i poteri di controllo sull’attuazione dell’appalto che il committente non può svolgere di persona non avendo le conoscenze tecniche necessarie. Pertanto se il direttore lavori svolge tale attività non può essere tenuto responsabile con l’appaltatore per la difettosa esecuzione dell’opera Cass. 3051/80 essendo diverso e più limitato il suo ambito di responsabilità. Una cosa infatti è vigilare affinché l’opera sia realizzata secondo le regole tecniche dell’arte e sia conforme al progetto edilizio, altra cosa è sindacare sul progetto stesso rilevandone eventuali vizi, carenze o inesattezze. Nello specifico, secondo la Cassazione, il direttore lavori del committente risponde dell’esattezza e della fattibilità del progetto solo se ed in quanto sia stato a ciò espressamente incaricato dal committente così come questi non è responsabile con l’appaltatore a meno che non lo riduca a mero nudus minister . Nel caso di specie però nessuna pattuizione in tal senso è emersa nei gradi di merito e pertanto il direttore lavori andava esente da responsabilità. La censura è quindi condivisa dalla Corte e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, la sentenza viene cassata in relazione al motivo accolto con conseguente rigetto delle domande di condanna svolte nei riguardi del direttore lavori.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 aprile – 19 settembre 2016, n. 18285 Presidente Matera – Relatore Manna Svolgimento del processo C.A.M. e M.W. , assegnatari di un alloggio della Cooperativa Edilizia Jonica a r.l., sito in omissis , per il quale avevano già corrisposto più dei due terzi del prezzo, lamentando difetti di costruzione dell’immobile che avevano determinato formazione di muffe e macchie di umidità agivano nei confronti di detta cooperativa affinché fosse condannata a eliminarli e a risarcire il danno sofferto. Nel resistere in giudizio la Cooperativa Edilizia Jonica a r.l. chiamava in garanzia impropria l’impresa costruttrice, Cospa s.r.l., e il direttore dei lavori, geom. P.A. . Costituendosi in giudizio, entrambi eccepivano la decadenza della cooperativa dalla garanzia e contestavano, nel merito, la loro responsabilità. Inoltre, la Cospa s.r.l., per l’ipotesi di soccombenza, chiedeva di essere manlevata dal P. . Con sentenza non definitiva n. 7309/02 l’adito Tribunale di Milano rigettava dette eccezioni preliminari e con sentenza definitiva n. 13000/05 condannava la cooperativa al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 47.000,00, la Cospa s.r.l. a tenere indenne la cooperativa, mentre rigettava le domande proposte dalla cooperativa e da detta società nei confronti del P. . Domande che la Corte d’appello di Milano, adita in via principale dalla Cospa s.r.l. e in via incidentale dalla Cooperativa Edificatrice Lombarda a r.l. nuova denominazione della Cooperativa Edilizia Jonica a r.l. accoglieva, invece, riformando in parte qua la sentenza di primo grado. Osservava la Corte territoriale, limitatamente a quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, che mentre il primo c.t.u. geom. Mu. nominato aveva concluso nel senso di una corretta tecnica costruttiva, il secondo c.t.u. ing. Co. aveva invece ascritto la formazione delle muffe e delle macchie di umidità ad un’errata valutazione in fase progettuale degli scambi igrotermici tra l’ambiente esterno e quello interno, e all’assenza di un corretto isolamento termico e/o alla totale assenza di materiale isolante nelle zone di discontinuità costruttiva, poiché nel calcolo di progetto dell’isolamento termico non era stato mai inserito uno strato di isolante termico, polistirene, polistirolo o lana di vetro. Ciò posto, alla responsabilità della società appaltatrice, che non aveva rilevato e segnalato alla cooperativa committente tali errori di progettazione, doveva aggiungersi in pari misura quella del direttore dei lavori, per non aver sorvegliato che le opere fossero realizzate senza difetti costruttivi e per non essersi reso conto dell’errore di progettazione. Pertanto, la Corte territoriale, pur avendo nella motivazione qualificato inammissibile, perché proposto con comparsa di costituzione tardiva, l’appello incidentale svolto dalla cooperativa anche per ottenere, in subordine, la condanna dei terzi chiamati a tenerla indenne della soccombenza verso i M. -C. , nel dispositivo della sentenza in accoglimento dell’appello proposto dichiarava e condannava P.A. , nella sua qualità di direttore dei lavori, a tenere indenne, in solido con Cospa s.r.l., la Cooperativa Edilizia Jonica, di tutto quanto dovrà corrispondere a titolo di risarcimento agli attori M. C. a titolo di risarcimento . Per la cassazione di tale sentenza R.T. e P.U. , quali eredi di P.A. , propongono ricorso, affidato a tre motivi. Resiste con controricorso la Cooperativa Edificatrice Lombarda a r.l. nuova denominazione della Cooperativa Edilizia Jonica a r.l. . Annamaria C. e M.W. e la Cospa s.r.l. sono rimasti intimati. Motivi della decisione 1. - Preliminarmente va esaminata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, che sarebbe stato notificato oltre il termine di cui all’art. 327 c.p.c. nel testo, applicabile ratione temporis , anteriore alle modifiche apportate dalla legge n. 69/09 . 1.1. - L’eccezione è infondata. Pubblicata il 25.11.2010, la sentenza d’appello doveva essere impugnata, considerato il periodo di sospensione feriale in allora vigente, pari a 46 gg., entro il 10.1.2012. Ed in tale data, infatti, il ricorso è stato inoltrato all’UNEP presso la Corte d’appello di Milano per la notifica. 2. - Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 1669 e 2236 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c Sostiene parte ricorrente che il principio di diritto richiamato nella sentenza impugnata, secondo cui il direttore dei lavori è tenuto a svolgere la sua attività per assicurare che l’opera sia realizzata in maniera conforme al capitolato e alle regole tecniche, è stato applicato oltre i suoi confini naturali. Affermare che il direttore dei lavori non progettista debba valutare anche la correttezza tecnica del progetto predisposto da altro professionista a ciò specificamente abilitato e incaricato, costituisce un’erronea interpretazione dell’art. 1669 c.c Infatti, il direttore dei lavori nominato dal committente è figura deputata alla sorveglianza delle opere conformemente a un progetto cui, però, egli resta estraneo e della cui correttezza non è chiamato a rispondere. Richiama, al riguardo Cass. n. 3051/80 sui compiti del direttore dei lavori e conclude che dei difetti dell’opera il direttore dei lavori può essere ritenuto responsabile solo per omessa vigilanza, non quando, come nello specifico, essi siano ascrivibili a un vizio di progettazione. 3. - Il secondo motivo lamenta il vizio d’insufficienza motivazionale, ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c. Dalla sentenza impugnata non emergerebbero i motivi in base ai quali la Corte d’appello ha deciso di discostarsi dalle valutazioni del giudice di primo grado. Pur richiamando le medesime valutazioni espresse dal c.t.u. e richiamate dal Tribunale, la Corte distrettuale è pervenuta a conclusioni del tutto diverse, senza esplicitare le ragioni del dissenso. 4. - Analogamente col terzo motivo è dedotta la contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c., lì dove la sentenza impugnata da un lato ha accolto e fatto proprie le conclusioni del c.t.u. sulla responsabilità dell’impresa appaltatrice e del progettista, e dall’altro, però, se ne è discostata quanto alla posizione del direttore dei lavori. 5. - Il primo motivo è fondato. Come esattamente sostiene parte ricorrente, questa Corte ha avuto modo di affermare che negli appalti di opere edilizie, la figura del direttore dei lavori per conto dell’appaltatore è diversa da quella del direttore dei lavori per conto del committente mentre il primo, quale collaboratore professionale dell’imprenditore, ha il dovere di provvedere, dal punto di vista tecnico, all’esecuzione dell’opera, organizzando e vigilando che essa si svolga in modo non pericoloso per gli addetti ai lavori ed i terzi, il secondo ha soltanto il compito di controllare la corrispondenza dell’opera al progetto, rispondendo dell’adempimento di tale obbligo solo verso il committente a norma dell’art. 2236 c.c., e, pertanto, ove abbia esercitato il compito suddetto, non può essere ritenuto responsabile con l’appaltatore dei danni derivati al committente dalla difettosa esecuzione dell’opera e dall’imprudente svolgimento dei lavori diretti al compimento di essa Cass. n. 3051/80 . Non sostiene, a ben leggere, cosa diversa Cass. n. 15124/01, secondo cui il direttore dei lavori è tenuto, in virtù delle competenze tecniche di cui deve essere in possesso per l’incarico affidatogli, ad una diligentia quam in concreto , da esplicare per l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, con la conseguenza che egli non si sottrae a responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente. Nell’un caso come nell’altro, e sia pure sotto diversi angoli visuali, i suddetti precedenti lasciano intendere la medesima conclusione, vale a dire che il direttore dei lavori per conto del committente non risponde insieme con l’appaltatore del risultato finale, costituito dall’opus oggetto dell’appalto, diverso e più limitato essendo il suo ambito di responsabilità. 5.1. - Lungo questa medesima linea argomentativa va ulteriormente ribadito - ai fini che qui rilevano - che il direttore dei lavori esercita in luogo del committente quei medesimi poteri di controllo sull’attuazione dell’appalto che questi ritiene di non poter svolgere di persona. La connotazione precipuamente tecnica di tale obbligazione di vigilanza non lo rende, però, corresponsabile della fattibilità dell’opera insieme con l’appaltatore, il quale soltanto ne risponde in base ai e nei limiti dei noti principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, anche quando il progetto da realizzare sia stato redatto da terzi cfr. ex multis, Cass. nn. 1981/16 e 12995/06 . Una cosa, infatti, è l’obbligo vigilare affinché l’opera sia realizzata in maniera conforme alle regole dell’arte, al progetto e al capitolato d’appalto altra è l’obbligo di rilevare le eventuali carenze o i possibili difetti da cui sia affetto lo stesso progetto. Attività, quest’ultima, non riferibile al direttore dei lavori così come non si riferisce al committente, essendone specificamente onerato il solo appaltatore. Con la differenza che mentre il committente si auto-responsabilizza solo se, edotto delle carenze o degli errori del progetto, ne richieda egualmente l’esecuzione, riducendo così l’appaltatore a proprio mero nudus minister , il direttore dei lavori risponde della fattibilità e dell’esattezza tecnica del progetto solo se ed in quanto sia stato espressamente incaricato dal committente di svolgere anche tale attività di verifica, aggiuntiva rispetto a quella costituente l’oggetto della sua normale prestazione professionale. Ne scaturisce il seguente principio di diritto il direttore dei lavori esercita in luogo del committente quei medesimi poteri di controllo sull’attuazione dell’appalto che questi ritiene di non poter svolgere di persona. La connotazione precipuamente tecnica di tale obbligazione di sorveglianza lo obbliga a vigilare affinché l’opera sia eseguita in maniera conforme al progetto, al capitolato e alle regole della buona tecnica, ma non lo rende per ciò solo corresponsabile con l’appaltatore per i difetti dell’opera derivanti da vizi progettuali, salvo egli sia stato espressamente incaricato dal committente di svolgere anche l’attività, aggiuntiva rispetto a quella costituente l’oggetto della sua normale prestazione, di verificare la fattibilità e l’esattezza tecnica del progetto . 5.2. - Nulla di tutto ciò è stato accertato o ad ogni modo dedotto nella presente controversia. La Corte d’appello, infatti, ritenuto che la causa esclusiva degli inconvenienti lamentati dagli attori dovesse ravvisarsi in un’erronea progettazione dell’isolamento termico, ha esteso in automatico al direttore dei lavori la medesima responsabilità dell’appaltatore per tali difetti del progetto, supponendo implicitamente che il primo ne dovesse rispondere al pari del secondo, sia pure in ragione del diverso rapporto contrattuale con la medesima cooperativa committente. Di qui la denunciata violazione del solo art. 2236 c.c 6. - L’accoglimento del suddetto motivo assorbe l’esame delle restanti censure, che nel criticare le basi logiche dell’accertamento operato in punto di fatto dalla Corte territoriale suppongono configurabile in astratto ciò che si è appena escluso. 7. - In conclusione, la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, rigettando la domanda di condanna di P.A. proposta dalla Cooperativa Edificatrice Lombarda a r.l. 8. - Le spese dei due gradi merito e del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della suddetta cooperativa. 8.1. - Per l’effetto espansivo interno della presente sentenza di cassazione art. 336, 1 comma c.p.c. è caducata anche la pronuncia di condanna del geom. P. alle spese in favore della Cospa s.r.l 8.2. - Nulla per le spese quanto alle altre parti, dovendosi limitare la relativa condanna alla sola Cooperativa, che ha provocato la chiamata in causa del geom. P.A. . P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda di condanna di P.A. proposta dalla Cooperativa Edificatrice Lombarda a r.1. condanna quest’ultima al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese dei due gradi merito e del presente giudizio di cassazione, che liquida per il primo grado in 4.000,00, di cui 2.000,00 per diritti, 1.800,00 per onorari ed il resto per esborsi, per il secondo grado in Euro 4.200,00, di cui 1.700,00 per diritti, 2.300,00 per onorari ed il resto per esborsi, e per il giudizio di cassazione in Euro 3.700,00, di cui 200,00 per esborsi, il tutto oltre spese forfettarie ed accessori di legge.