Conclude un contratto di affitto di azienda relativo all’immobile locatole: nessuna indennità

L’indennità di avviamento commerciale spetta a chi, al momento della scadenza locativa, sia nel concreto ed effettivo godimento del bene come conduttore, esercitando nello stesso quella attività commerciale al contatto con il pubblico che legittima il sorgere del credito indennitario.

Così la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 18346/16, depositata il 19 settembre. Il caso. La ricorrente chiedeva, ed otteneva anche, un decreto ingiuntivo nei confronti di una S.r.l. per omesso pagamento dell’indennità di avviamento commerciale in relazione all’immobile di proprietà della società detenuto dalla ricorrente in locazione commerciale. L’opposizione proposta dalla suddetta società veniva rigettata dal Tribunale di Barcellona P.G. ma accolta dalla Corte d’appello di Messina. La conduttrice ricorre allora per cassazione avverso quest’ultima decisione. Conclusione di un contratto d’affitto di azienda. La ricorrente denuncia, in primo luogo, la violazione, delle disposizioni di cui agli artt. 34 e 36 della l. n. 392/78 chiede poi la riforma della sentenza impugnata sotto il profilo delle spese di entrambi i giudizi. Deduce, inoltre, di aver concluso un contratto di affitto di azienda relativo all’immobile locatole dalla società, ma sostiene che esso era già cessato al momento della disdetta del contratto di locazione da lei ricevuta e, pertanto, solo lei possedeva la posizione giuridica di conduttore ragion per cui, a suo avviso, avrebbe dovuto percepire l’indennità di avviamento commerciale. Indennità di avviamento commerciale. La Corte d’appello non si è discostata dal principio di diritto secondo cui l’indennità di avviamento commerciale spetta a chi, al momento della scadenza locativa, sia nel concreto ed effettivo godimento del bene come conduttore, esercitando nello stesso quella attività commerciale al contatto con il pubblico che legittima il sorgere del credito indennitario . La Corte territoriale ha dunque accertato, sulla base del contratto di affitto di azienda tra la ricorrente e il terzo, che il contratto conteneva anche la cessione del rapporto di locazione, accettata dal cessionario locatore, e che, pertanto, sulla base del titolo costituito dal contratto di locazione, il terzo e non l’ingiungente sia stato l’unico, nel corso degli anni, a svolgere nei locali locati della S.r.l. l’attività commerciale in questione. Ha inoltre accertato che tale rapporto è proseguito anche dopo la cessazione dell’affitto di azienda ed ha escluso che la ricorrente sia rientrata in possesso dei locali. La Suprema Corte rigetta pertanto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 8 giugno – 19 settembre 2016, n. 18346 Presidente Amendola – Relatore Rubino Ragioni in fatto e in diritto della decisione E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione M. S. chiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti della Simeco s.r.l. per omesso pagamento della indennità di avviamento commerciale in relazione all'immobile di proprietà della Simeco da lei detenuto in locazione commerciale l'opposizione proposta dalla Simeco veniva rigettata in primo grado dal Tribunale di Barcellona P.G. ma accolta in appello dalla Corte d'Appello di Messina con la sentenza n. 726\2014 qui impugnata. M. S. propone due motivi di ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 726\2014, depositata dalla Corte d'Appello di Messina il 28.10.2014, cui resiste con controricorso la Simeco s.r.l. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato. La ricorrente denuncia con il primo motivo la violazione delle disposizioni di cui agli artt. 34 e 36 della legge n. 392 del 1978, e con il secondo motivo chiede la riforma della sentenza impugnata sotto il profilo delle spese di entrambi i gradi di giudizio. Deduce di aver concluso un contratto di affitto di azienda relativo all'immobile locatole dalla Simeco in favore di tale G., ma sostiene che esso era già cessato al momento della disdetta del contratto di locazione da lei ricevuta e pertanto sostiene che solo lei possedeva in quel momento la posizione giuridica di conduttore e pertanto le avrebbe dovuto esser riconosciuto il diritto a percepire l'indennità di avviamento commerciale. Il motivo appare infondato. La corte d'appello non si è discostata dal principio di diritto secondo il quale l'indennità di avviamento commerciale spetta a chi, al momento della scadenza locativa, sia nel concreto ed effettivo godimento del bene come conduttore, esercitando nello stesso quella attività commerciale al contatto con il pubblico che legittima il sorgere del credito indennitario. Essa ha accertato, sulla base dei contratto di affitto di azienda tra la M. e il G., che il contratto contenesse anche la cessione del rapporto di locazione, accettata dal cessionario locatore, e che pertanto sulla base del titolo costituito dal contratto di locazione, il G. e non l'ingiungente sia stato l'unico, nel corso degli anni, a svolgere nei locali locati dalla SOGECO l'attività commerciale di palestra. Ha inoltre accertato che il rapporto di locazione tra il G. e la controricorrente è proseguito anche dopo la cessazione dell'affitto di azienda con la M. ed ha escluso che questa sia rientrata in possesso dei locali ed abbia a sua volta intrapreso negli stessi una attività commerciale, nel breve tempo tra la cessazione dell'affitto e la cessazione del rapporto di locazione. In effetti, la principale censura della ricorrente la seconda si riferisce solo alla conseguente condanna alle spese non assume che i giudici di appello abbiano male individuato la normativa di riferimento né che una volta rettamente individuata la stessa l'abbiano applicata in modo erroneo alla fattispecie concreta, piuttosto appare volta a contestare la valutazione dei fatti da parte della corte di merito. Si propone pertanto la declaratoria di rigetto del ricorso . Le parti non hanno depositato memorie. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa. Il ricorso proposto va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. Infine, il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, pertanto deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Liquida le spese legali a carico della ricorrente in complessivi curo 5.000,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali. Ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater del d.p,r, n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.