Decreto di espulsione, è sufficiente la traduzione in una delle lingue veicolari?

La Corte di Cassazione si esprime in tema di notifica del decreto di espulsione. In particolare, ricorda i casi di nullità della notifica e la necessità della traduzione del decreto stesso.

Così la S.C. con l’ordinanza n. 18268/16, depositata il 16 settembre. La vicenda. Il Giudice di Pace di Roma respingeva l’impugnazione avverso un decreto di espulsione emesso dal Prefetto ritenendo che la certificazione della conformità della copia notificata del decreto può essere effettuata da parte della Questura dove l’originale dell’atto è depositato e che il verbale della notifica, intestato ad altro soggetto, è stato sottoscritto al momento della ricezione da colui al quale era diretto, con sanatoria della predetta irregolarità. Infine, il decreto di espulsione era stato tradotto in lingua inglese, in conformità al disposto dell’art. 13, comma 7, d.lgs. n. 286/98 che prevede la possibilità per l’amministrazione di tradurre il decreto di espulsione in una delle lingue veicolari, qualora risulti impossibile reperire un interprete che traduca nella lingua del destinatario dell’espulsione. Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione il destinatario del decreto di espulsione. Espulsione. La S.C. ricorda un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale il provvedimento prefettizio di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato è nullo qualora ne venga consegnata all’espellendo una copia priva della necessaria attestazione di conformità all’originale. Inoltre, la mancata traduzione del decreto di espulsione nella lingua propria del destinatario determina la violazione dell’art. 13, comma 7, d.lgs. n. 286/98, con conseguente nullità non sanabile del provvedimento, anche in presenza dell’attestazione di indisponibilità del traduttore, qualora questa non sia sufficientemente motivata. Per tali motivi, l’ordinanza viene cassata e il provvedimento di espulsione annullato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 1 luglio – 16 settembre 2016, n. 18268 Presidente Ragonesi – Relatore Bisogni Rilevato che 1. Con ordinanza del 5/7 agosto 2015 il Giudice di pace di Roma ha respinto l'impugnazione avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Roma il 2 luglio 2015. Ha ritenuto che la certificazione della conformità della copia notificata del decreto prefettizio può essere effettuata, come avvenuto nella specie, da parte della Questura dove l'originale dell'atto è depositato che il verbale della notifica, pur essendo intestato ad altro soggetto, è stato sottoscritto, al momento della ricezione, dall'H., cui era effettivamente diretto, con conseguente sanatoria della predetta irregolarità che il decreto di espulsione era stato tradotto in lingua inglese, in conformità al disposto dell'art. 13 comma 7 del d.lgs. n. 286/1998 che prevede la possibilità per l’amministrazione di tradurre il decreto di espulsione in una delle lingue veicolari, nel caso sia impossibile reperire un interprete che provveda alla traduzione nella lingua conosciuta dal destinatario dell'espulsione. 2. Avverso detta ordinanza A. H. propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi di impugnazione con i quali lamenta che il documento impugnato è del tutto sprovvisto dell'attestazione del deposito dell'originale presso la Questura e si riporta alla giurisprudenza di legittimità in tema di traduzione del decreto di espulsione del tutto difforme dall'interpretazione dell'art. 13 comma 7 del d.lgs. n. 286/1998 seguita dal Giudice di Pace. 3. Si difende con controricorso il Ministero dell'Interno. Ritenuto che 4. Il ricorso è fondato. La giurisprudenza di legittimità è costante nell'affermare che il provvedimento prefettizio di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, è nullo qualora all'espellendo ne venga consegnata una mera copia priva della necessaria attestazione di conformità all'originale cfr. fra le più recenti Cass. civ. sezione VI-1 n. 13304 del 12 giugno 2014 . Così come è ormai consolidata la giurisprudenza secondo cui la mancata traduzione del decreto di espulsione nella lingua propria del destinatario determina la violazione dell'art. 13, comma 7, del d.lgs. n. 286 del 1998, con conseguente nullità non sanabile del provvedimento, anche in presenza dell'attestazione di indisponibilità del traduttore, qualora la stessa non sia sufficientemente motivata come nel caso in esame trattandosi di traduzione da effettuare nella lingua parlata da un numero consistente di cittadini del Bangladesh immigrati e residenti in Italia. 5. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in Camera di Consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio, per l'accoglimento del ricorso. La Corte condivide la relazione sopra riportata e pertanto ritiene che il ricorso debba essere accolto con conseguente cassazione del provvedimento impugnato e annullamento del decreto di espulsione e con condanna della parte intimata al pagamento delle spese del giudizio di merito e di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa l'ordinanza del Giudice di pace e annulla il provvedimento espulsivo. Condanna la parte intimata al pagamento delle spese del giudizio di merito liquidate in complessivi 1400 euro e del giudizio di cassazione liquidate in 2.600 euro, di cui 100 euro per spese.