Competenza del giudice di domicilio del creditore solo per le obbligazioni liquide

Le obbligazioni pecuniarie da adempiersi al domicilio del creditore, secondo il disposto dell’articolo 1182, terzo comma, c.c. sono - sia agli effetti della mora ex re ai sensi dell’art. 1219, secondo comma, n. 3 c.c., sia della determinazione del forum destinatae solutionis ai sensi dell’art. 20 ultima parte c.p.c.- esclusivamente quelle liquide, delle quali cioè il titolo determini l’ammontare, oppure indichi i criteri per determinarlo senza lasciare alcun margine di scelta discrezionale, e i presupposti della liquidità sono accertati dal giudice, ai fini della competenza, allo stato degli atti secondo quanto dispone l’art. 38, ultimo comma c.p.c.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 17989 depositata il 13 settembre 2016 dirimono il contrasto esistente nella giurisprudenza di legittimità in materia di competenza territoriale nella particolare ipotesi di obbligazioni pecuniarie. Si discute del luogo di adempimento dell’obbligazione pecuniaria quale presupposto per il radicamento della competenza per territorio. Il fatto. La vicenda è quella di un calzaturificio avente sede in Toscana che, onde ottenere il pagamento di un servizio di studio e sviluppo di calzature, reso in favore di altra società avente sede nelle Marche, la conveniva in giudizio dinanzi al Giudice toscano chiedendo il pagamento del corrispettivo. La convenuta sollevava eccezione di competenza territoriale. Il Tribunale toscano si dichiarava incompetente sostenendo che il foro della convenuta fosse quello marchigiano sia applicando i principi generali in materia di foro dei convenuti e del luogo in cui è sorta l’obbligazione, sia anche con riferimento all’individuazione del foro competente per il pagamento di una somma di denaro. Peculiarmente specificava che ai sensi dell’articolo 1182, comma 3, c.c., l’adempimento delle obbligazioni presso il domicilio del creditore si prospettasse solo ove le stesse fossero originariamente relative al pagamento di una somma di denaro determinata nel suo specifico ammontare, laddove nel caso di specie nel contratto non era indicato alcun importo a titolo di corrispettivo. La decisione era impugnata con regolamento di competenza dall’attrice. Il ricorso era assegnato alle Sezioni Unite della Cassazione stante l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla questione se sia applicabile oppure no il principio di cui all’articolo 1182, comma 3, c.c. nella particolare ipotesi in cui l’importo dovuto a titolo di corrispettivo per l’obbligazione non sia già predeterminato bensì venga quantificato dall’attore con l’atto introduttivo del giudizio. La tesi più restrittiva. Sul punto esistono due distinti orientamenti. Il primo Cass. Civ. n. 22326/2007 ritiene che il principio di cui all’articolo 1182, comma 3, c.c. non sia applicabile in tutte quelle ipotesi in cui l’importo della prestazione o non sia per nulla determinato ovvero non sia facilmente determinabile secondo un semplice calcolo aritmetico sicché in queste ipotesi trova applicazione il quarto comma dell’art. 1182 c.c., conseguentemente l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio del debitore con tutto ciò che ne consegue in termini di radicamento della competenza per territorio. La tesi meno restrittiva. Il secondo orientamento Cass. Civ. 12455/2010 Cass. Civ. n. 10837/2011 , meno restrittivo, che invece sostiene l’applicazione dei criteri di cui all’articolo 1182, comma 3, c.c. anche a quelle ipotesi in cui l’importo del credito richiesto, sebbene determinato dall’attore, richieda una indagine più o meno complessa, attenendo questa fase esclusivamente al merito. In buona sostanza il contrasto si specifica nel modo di intendere il requisito della liquidità ai fini dell’individuazione del luogo di adempimento della prestazione. La composizione del contrastol’adesione alla tesi più rigida. La Cassazione nel comporre il contrasto conferma il criterio tradizionale e più restrittivo. Il ragionamento seguito dall’Organo di legittimità considera il concetto di obbligazione di cui all’articolo 1182, comma 3, c.c. non soltanto sotto il peculiare profilo di cui all’art. 20 c.p.c. bensì anche sotto il profilo della mora ex art. 1219 c.c., ed è proprio in virtù di questa duplice considerazione che approda a tale conclusione. I riflessi della scelta sulla mora del debitore. Specificano i Giudici di legittimità che la liquidità dell’obbligazione pecuniaria è anche requisito fondamentale ai fini di una valida costituzione in mora del debitore giacché, in caso contrario, il debitore sarebbe soggetto all’arbitrio del creditore che potrebbe sfruttare gli effetti della mora ancorché la prestazione non sia ancora possibile in quanto ancora incerta nel suo ammontare. Pertanto, onde evitare di esporre il debitore all’arbitrio del creditore si rende necessario che i criteri per la liquidazione dell’importo dovuto a titolo di corrispettivo rispecchino elementi oggettivi. Concludendo. La medesima necessità emerge anche in materia di obbligazioni pecuniarie, in tale ambito gli Ermellini stabiliscono che nelle previsioni di cui all’articolo 1182, comma 3, c.c. rientrano soltanto le obbligazioni pecuniarie liquide ovvero quelle il cui ammontare può essere determinato con un semplice calcolo aritmetico sempre che i criteri di applicazione risultino dal titolo originale. Diversamente, ove i criteri di scelta consentissero al creditore di esercitare una certa discrezionalità il credito non potrebbe considerarsi liquido, necessitando di un ulteriore titolo, con conseguenti ricadute anche in termini di determinazione della competenza che, quindi, non potrebbe validamente radicarsi nel luogo di domicilio del creditore. Nel caso di specie ed in applicazione del principio di diritto affermato, la decisione del Giudice di merito è stata ritenuta corretta giacché nel contratto alcun riferimento consentiva la determinazione del corrispettivo essendo peraltro privo di criteri per la sua determinazione.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 3 maggio – 13 settembre 2016, n. 17989 Presidente Rordorf – Relatore De Chiara Svolgimento del processo Il Calzaturificio Due Elle spa, con sede in – omissis , convenne davanti al Tribunale di Firenze nel cui circondario rientra Fucecchio la Trading Post s.r.l. di – omissis per il pagamento di 9.000 Euro più IVA quale corrispettivo di un servizio studio e sviluppo di due linee di calzature reso alla convenuta. Accogliendo l’eccezione di quest’ultima il giudice adito si è dichiarato incompetente in favore del Tribunale di Macerata, individuato sia quale foro del convenuto, sia quale foro in cui era sorta l’obbligazione, sia quale foro del pagamento della somma di danaro oggetto della causa. In particolare, quanto a quest’ultimo criterio di collegamento i primi due pacificamente radicando presso il tribunale marchigiano la competenza sulla domanda della società attrice , ha osservato che le obbligazioni pecuniarie si identificano anche ai fini di cui all’art. 1182, terzo comma, c.c., che ne prevede l’adempimento al domicilio del creditore esclusivamente in quelle sorte originariamente come tali, ossia aventi ad oggetto sin dalla loro costituzione la prestazione di una determinata somma di denaro con la conseguenza che nella specie non può farsi applicazione della predetta norma, non essendo indicato nel contratto l’importo del corrispettivo spettante all’attrice, onde il luogo di adempimento dell’obbligazione, rilevante agli effetti della determinazione del giudice competente ai sensi dell’art. 20, ult. parte, c.p.c., si identifica, ai sensi del quarto comma del richiamato art. 1182, nel domicilio della società debitrice. Il Calzaturificio Due Elle ha proposto ricorso per regolamento di competenza, cui non ha resistito l’intimata Trading Post. Il ricorso è stato inizialmente esaminato in camera di consiglio dalla Sesta Sezione civile Sottosezione Seconda, davanti alla quale il P.M. ha concluso, ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c., per l’accoglimento dell’istanza di regolamento, identificandosi il forum destinatae solutionis con quello del domicilio del creditore tutte le volte che quest’ultimo chieda in giudizio, come nella specie, il pagamento di una somma di denaro determinata, senza che rilevi, ai fini della competenza territoriale, la maggiore o minore complessità dell’indagine sull’ammontare effettivo del credito. La Sesta Sezione ha promosso l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite avendo rilevato l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità sulla questione se sia applicabile l’art. 1182 c.c. comma terzo qualora nel contratto non risulti predeterminato l’importo del corrispettivo di una prestazione, ma tale importo venga autodeterminato dall’attore nell’atto con cui fa valere la propria pretesa creditoria . Motivi della decisione 1. Davanti a queste Sezioni Unite il ricorso è stato discusso in pubblica udienza ancorché, trattandosi di regolamento di competenza, sarebbe stata più corretta la trattazione in camera di consiglio. Tale irregolarità, tuttavia, non ha conseguenze sulla validità degli atti poiché la pubblica udienza assicura alle parti garanzie non certo minori del procedimento camerale. 2. Secondo l’ordinanza di rimessione della Sesta Sezione, il contrasto di giurisprudenza da dirimere attiene al concetto di obbligazione pecuniaria rilevante ai sensi dell’art. 1182, terzo comma, c.p.c. e sussiste tra a un primo orientamento per il quale l’ordinanza menziona Cass. 22326/2007 secondo cui, ove la somma di danaro oggetto dell’obbligazione debba essere ancora determinata dalle pani o, in loro sostituzione, liquidata dal giudice mediante indagini ed operazioni diverse dal semplice calcolo aritmetico, trova applicazione il quarto comma dell’art. 1182, secondo cui l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza b un secondo orientamento al quale vengono ricondotte Cass. 7674/2005, 12455/2010, 10837/2011, richiamate nel ricorso per regolamento e nella requisitoria scritta del P.M. secondo cui il forum destinatae solutionis previsto dal terzo comma dell’art. 1182 è applicabile in tutte le cause aventi ad oggetto una somma di denaro qualora l’attore abbia richiesto il pagamento di una somma determinata, non incidendo sulla individuazione della competenza territoriale la maggiore o minore complessità dell’indagine sull’ammontare effettivo del credito, che attiene esclusivamente alla successiva fase di merito. L’ordinanza evidenzia che, secondo quest’ultimo orientamento, è irrilevante che la prestazione richiesta non sia convenzionalmente prestabilita, essendo sufficiente che l’attore abbia agito per il pagamento di una somma da lui puntualmente indicata. Soggiunge che il contrasto ha talora trovato una via di fuga nel rilievo che ai fini della competenza occorre avere riguardo ai fatti per come prospettati dall’attore, prescindendo dalla fondatezza delle contestazioni sollevate del convenuto o comunque concernenti il merito della causa. 3. Può osservarsi anzitutto che il contrasto non riguarda la necessità del requisito della liquidità affinché un’obbligazione pecuniaria debba essere adempiuta al domicilio del creditore requisito in realtà non espressamente previsto dalla legge, tanto che in dottrina non è mancato chi ne ha ritenuto la natura puramente pretoria riguarda piuttosto il modo di intendere tale requisito. In effetti nella giurisprudenza di legittimità non è stato mai messo in discussione che obbligazioni pecuniarie portabili , ai sensi del terzo comma dell’art. 1182 cc., sono soltanto quelle liquide, essendo assolutamente consolidato il principio che detta disposizione si riferisce alle sole obbligazioni pecuniarie derivanti da titolo convenzionale o giudiziale che ne abbia stabilito la misura, trovando altrimenti applicazione la regola di cui al quarto comma, per la quale la prestazione va eseguita al domicilio del debitore i precedenti sono numerosissimi, ci si limita a segnalarne alcuni Cass. 391/1966, 3422/1972, 2591/1997, 21000/2011 , precisandosi che la liquidità sussiste anche nel caso in cui l’ammontare del credito può essere determinato con un semplice calcolo aritmetico e senza indagini od operazioni ulteriori a Cass. 22326/2007, già richiamata nell’ordinanza di rimessione, si aggiungano, tra le altre, Cass. 3422/1971, 3538/1995, 3808/1999, 4511/2001, 10226/2001, 7021/2002, 9092/2004, 22306/2007 in base a quanto risulta dal titolo. Si è altresì precisato che sulla determinazione del forum destinatae solutionis a norma degli arti. 1182, terzo comma, c.c. e 20, seconda parte, c.p.c. non può influire l’eccezione del convenuto che neghi l’esistenza dell’obbligazione, perché il principio stabilito dall’art. 10 c.p.c. per la determinazione della competenza per valore secondo il quale il collegamento tra il giudice e la controversia è determinato in base alla domanda è una regola di portata generale e quindi applicabile anche ai criteri stabiliti per determinare la competenza territoriale per le cause relative a diritti di obbligazione, ai sensi dell’art. 20 c.p.c., sui quali perciò non influisce la fondatezza o meno della domanda Cass. 789/1998, 1877/1999, 8121/2003, 20177/2004, 8359/2005, 11400/2006 mentre l’unico limite alla rilevanza dei fatti allegati dall’attore ai fini della determinazione della competenza è l’eventuale prospettazione artificiosa, finalizzata a sottrarre la controversia al giudice precostituito per legge Cass. 10226/2001, 8189/2012 . Anche queste Sezioni Unite, allorché sono state chiamate a pronunciarsi sull’applicabilità del terzo ovvero del quarto comma dell’art. 1182 cc. al fine di individuare il forum destinatae solutionis quale criterio speciale di competenza giurisdizionale in materia contrattuale, a norma dell’art. 5, n. 1, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 e dell’art. 5, n. 1, del Regolamento CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000, hanno confermato la necessità del requisito della liquidità delle obbligazioni pecuniarie v. sentenze 9214/1987, 5899/1997 , nonché l’indifferenza delle contestazioni del convenuto circa la sussistenza dell’obbligazione dedotta in giudizio dall’attore, poiché anche la giurisdizione nei confronti dello straniero deve essere riscontrata in base alla domanda, indipendentemente da ogni questione circa il suo fondamento nel merito, non operando tale principio solo nel caso in cui la prospettazione della domanda sia artificiosamente finalizzata a sottrarre la controversia al giudice precostituito per legge ordinanza 6217/2006, sentenza 13900/2013 . Proprio la necessità di fare riferimento alla domanda, secondo la regola dettata dall’art. 10 c.p.c., è alla base dell’orientamento, richiamato dalla ricorrente e dal P.M., che considera sufficiente a integrare il requisito della liquidità dell’obbligazione, al fine di rendere quest’ultima portabile ai sensi dell’art. 1182, terzo comma, cc., la quantificazione della propria pretesa da parte dell’attore. Si legge in Cass. 7674/2005, che ha introdotto tale orientamento, cui si sono poi uniformare Cass. 12455/2010 e 10837/2011, citt. Occorre ricordare che, a norma dell’art. 10 c.p.c., il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda, e, più precisamente, per l’art. 14 primo comma, nelle cause relative a somme di danaro il valore si determina in base alla somma indicata dall’attore. Per esigenze di armonia ed omogeneità del sistema, la stessa regola deve valere, nei limiti del possibile, anche ai fini della competenza per territorio, nel senso che anche per questa dovrà tenersi conto non dell’effettiva realtà sostanziale sottostante alla domanda, ma del tenore di quest’ultima, indipendentemente dal suo maggiore o minore fondamento. E pertanto, nelle obbligazioni, come quella dedotta in giudizio, aventi ad oggetto una somma di denaro determinata, n’entrano nella previsione del terzo comma dell’art. 1182 c.c. quelle che siano come tali indicate dall’attore, mentre il diverso e successivo problema della effettiva sussistenza di esse attiene al merito vedansi, sul punto, Cass. 27 gennaio 1998 n. 789 5 marzo 1999 n. 1877 . Nella specie il giudice a quo avrebbe dovuto pertanto rivolgere la propria attenzione al contenuto dell’atto di citazione, e, poiché esso indicava, quale credito dell’attrice, una specifica somma di denaro asseritamente dovuta per effetto del rapporto contrattuale tra le parti , avrebbe dovuto riconoscere che trattavasi di una somma di ammontare già determinato e trarne le debite conseguenze in termini di competenza ”. Con il che la mera quantificazione della pretesa da parte dell’attore fa premio sull’intrinseca liquidità della stessa, la prospettazione della domanda nel processo prevale sulle caratteristiche sostanziali del diritto azionato. 4. Ritengono queste Sezioni Unite che il contrasto così determinatosi rispetto all’orientamento, in precedenza costante, che richiedeva la effettiva liquidità dell’obbligazione, in base al titolo, ai fini della qualificazione dell’obbligazione stessa come portabile, per gli effetti di cui al combinato disposto degli artt. 1182, terzo comma, cc. e 20 c.p.c., vada risolto confermando l’orientamento tradizionale. 4.1. Tra le obbligazioni pecuniarie, invero, quelle illiquide hanno una particolarità ai fini dell’adempimento del debitore è necessario un passaggio ulteriore, è necessario cioè un ulteriore titolo, convenzionale o giudiziale. Questa particolarità non è indifferente rispetto alla disciplina di tale categoria di obbligazioni. Si consideri che la nozione di obbligazione portabile, di cui all’art. 1182, terzo comma, c.c., rileva non soltanto ai fini dell’individuazione del forum destinatae solulionis contemplato dall’art. 20, seconda parte, c.p.c., ma anche ai fini del prodursi della mora ex re ai sensi dell’art. 1219, secondo comma, n. 3, c.c., che esclude la necessità della costituzione in mora quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore , come appunto stabilito per le obbligazioni pecuniarie dall’art. 1182, terzo comma, cit La giurisprudenza di questa Corte nega che la mora ex re si verifichi anche per le obbligazioni pecuniarie illiquide Cass. 535/1999, 9092/2004 . Se tra le obbligazioni pecuniarie portabili contemplate da tale disposizione rientrassero quelle illiquide, la mora e con essa la responsabilità ai sensi dell’art. 1224 c.c. scatterebbe automaticamente anche a carico del debitore la cui prestazione non sia in concreto possibile perché l’ammontare della sua prestazione è ancora incerto il che sarebbe ingiustificato, nonché contrario al sistema, il quale esclude la responsabilità del debitore la cui prestazione sia impossibile per causa a lui non imputabile art. 1218 c.c. . L’interpretazione restrittiva della nozione di obbligazione portabile è inoltre coerente anche con il favor debaoris che ispira la regola generale di cui al n. 4 dell’art. 1182, comma secondo, cit Le indicate esigenze di protezione del debitore, che sono a fondamento dell’interpretazione restrittiva dell’art. 1182, terzo comma, c.c., richiedono evidentemente che la liquidità del credito sia ancorata a dati oggettivi, mentre sarebbero frustrate se essa si facesse coincidere con la pura e semplice precisazione, da parte dell’attore, della somma di denaro dedotta in giudizio, pur in mancanza di indicazioni nel titolo, come sostenuto da Cass. 7674/2005, cit., e dagli altri precedenti che vi si richiamano discostandosi dall’orientamento tradizionale. In tal modo, infatti, non il dato oggettivo della liquidità del credito radicherebbe la controversia presso il forum creditoris , bensì il mero arbitrio del creditore stesso, il quale scelga di indicare una determinata somma come oggetto della sua domanda giudiziale, con conseguente lesione anche del principio costituzionale del giudice naturale. Va dunque ribadito che rientrano nella previsione di cui all’art. 1182, terzo comma, c.c. esclusivamente le obbligazioni pecuniarie liquide, il cui ammontare, cioè, sia determinato direttamente dal titolo ovvero possa essere determinato in base ad esso con un semplice calcolo aritmetico. 4.2. Peraltro il riferimento di alcuni precedenti di legittimità sopra richiamati al capoverso del p.3 alla non necessità di indagini ulteriori ai fini della liquidazione del credito, quale requisito di liquidità dello stesso, ha determinato il prodursi di qualche equivoco, di cui vi è traccia nella requisitoria scritta del P.M. davanti alla Sesta Sezione, nella quale non a caso viene sottolineata l’irrilevanza, ai fini della determinazione della competenza territoriale ai sensi dell’art. 20, ultima parte, c.p.c., della maggiore o minore complessità dell’indagine sull’ammontare effettivo del credito, la quale attiene esclusivamente alla successiva fase di merito . Si impone, pertanto, una puntualizzazione. Liquidità, come si è visto, significa che la somma dovuta risulta dal titolo e dunque non è necessario, per determinarla, un ulteriore titolo negoziale o giudiziale. L’ammontare della somma dovuta potrà risultare direttamente dal titolo originario, che la precisi, oppure solo indirettamente dallo stesso, allorché questo indichi il criterio o i criteri applicando i quali tale somma va determinata cfr. Cass. 19958/2005 . Deve trattarsi, però, di criteri stringenti, tali, cioè, che la somma risultante dalla loro applicazione sia necessariamente una ed una soltanto questo è ciò che si intende affermare, nella giurisprudenza di questa Corte, allorché si ammette una liquidità scaturente da semplici operazioni aritmetiche. Se, infatti, il risultato dell’applicazione dei predetti criteri non fosse obbligato, residuando un margine di scelta discrezionale, il credito non potrebbe dirsi liquido, perché quel margine di discrezionalità non potrebbe essere superato se non mediante un ulteriore titolo convenzionale o giudiziale . Dovendo, inoltre, la liquidità del credito essere effettiva, il principio che la competenza va determinata in base alla domanda non può essere esteso sino al punto di consentire all’attore di dare dei fatti una qualificazione giuridica diversa da quella prevista dalla legge, o di allegare fatti ad esempio un contratto che indichi l’ammontare del credito privi di riscontro probatorio. Resta fermo, ovviamente, che tali fatti sono accertati dal giudice, ai soli fini della competenza, allo stato degli atti secondo la regola di cui all’art. 38, ultimo comma, c.p.c 4.3. Può in conclusione enunciarsi il seguente principio di diritto Le obbligazioni pecuniarie da adempiersi al domicilio del creditore, secondo il disposto dell’art. 1182, terzo comma, cc., sono agli effetti sia della mora ex n ai sensi dell’ari 1219, comma secondo, n. 3, c.c., sia della determinazione del forum destinatae solutionis ai sensi dell’art. 20, ultima parte, c.p.c. esclusivamente quelle liquide, delle quali, cioè, il titolo determini l’ammontare, oppure indichi i criteri per determinarlo senza lasciare alcun margine di scelta discrezionale, e i presupposti della liquidità sono accertati dal giudice, ai fini della competenza, allo stato degli atti secondo quanto dispone l’art. 38, ultimo comma, c.p.c. . 5. Tanto premesso, l’istanza di regolamento deve essere respinta, atteso che dalla ricorrente non viene neppure dedotto che nel contratto fosse indicato l’ammontare del credito dell’attrice o i criteri per determinarlo. In mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17,1. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.