Ancora dubbi sulla parte onerata della mediazione nell'opposizione a decreto ingiuntivo

La sentenza del Tribunale di Vasto del 30 maggio 2016 torna nuovamente sul delicato e dibattuto tema relativo all'individuazione della parte onerata ad attivare la mediazione civile in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Il contrasto interpretativo. Un tema decisivo in quanto dalla soluzione della questione derivano conseguenze non indifferenti per le parti definitività del decreto ingiuntivo non opposto ovvero perdita definitiva di efficacia del decreto già ottenuto. Tutto nasce dalla norma dell'art. 5, comma 4, lett. a , secondo cui la condizione di procedibilità prevista dal comma 1- bis e, cioè, la mediazione obbligatoria non si applica nei procedimenti per ingiunzione, inclusa la fase di opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione . Il tema ricorrente è, quindi, quello di sapere che cosa accada dal punto di vista processuale una volta che il giudice dell'opposizione si sia pronunciato sulla provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto e nessuna delle parti abbia avviato la mediazione obbligatoria. Come noto su questo tema si sono registrate due opinioni contrastanti che individuano l'onerato rispettivamente nell'opponente come ritiene il Tribunale di Vasto e nell'opposto come, viceversa, ritengo assolutamente preferibile . La tesi della Cassazione. E così per il primo orientamento è l'opponente a decreto ingiuntivo che deve depositare la domanda di mediazione se non ottempera il decreto ingiuntivo diverrà definitivo e, se non ne lo era, diverrà esecutivo. Si tratta della soluzione fatta propria dalla Corte di Cassazione che con sentenza della terza sezione del 3 dicembre 2015, n. 24629 ha affermato che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, avente ad oggetto una controversia soggetta alla condizione di procedibilità della mediazione ai sensi del d.lgs. 28/2010, l'onere di attivare il procedimento di mediazione ricade sul debitore opponente . Per la Cassazione, l'art. 5, comma 1- bis, d.lgs. 28/2010 deve essere interpretato conformemente alla sua ratio di istituto deflattivo e, quindi, alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque dell'efficienza processuale . Ed allora, poiché attraverso il decreto ingiuntivo, l'attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell'efficienza processuale e della ragionevole durata del processo , l'onere della mediazione obbligatoria deve gravare sull'opponente perché è l'opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga . La natura del credito azionato. Il Tribunale di Vasto con questa sentenza, da una parte, si pone in continuità con il principio affermato dalla Corte di Cassazione e, dall'altro lato, contribuisce al dibattito arricchendolo di un'ulteriore argomentazione a sostegno di quell'orientamento. Ed infatti, per il Tribunale di Vasto la logica sottesa alla scelta legislativa di circoscrivere il perimetro applicativo della mediazione obbligatoria va rinvenuta nella volontà di differenziare i casi in cui la domanda, quand'anche relativa ad una delle materie indicate nell'art. 5, comma 1- bis , veicoli in giudizio un diritto di credito che abbia quelle caratteristiche tali da poter essere tutelato in via monitoria, dai casi in cui la stessa domanda riguardi un credito privo dei predetti requisiti, prevedendo una condizione di procedibilità solo per questi ultimi, ma non anche per i primi . Per il giudice, quelle caratteristiche del diritto di credito permangono inalterati per tutta la durata del giudizio di opposizione ed hanno già costituito oggetto di una cognizione sommaria esitata in una valutazione positiva da parte del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo . Ecco allora che la scelta di onerare l'opponente di attivare la mediazione assolve ad una funzione dissuasiva di opposizioni pretestuose . Per il Tribunale, quindi, - ma qui come vedremo c'è, a mio avviso, un corto circuito motivazionale - colui che ha interesse e motivi per contestare l'esistenza di un credito che - si badi bene – non è un credito qualsiasi ma è assistito dai particolari requisiti e presupposti dettati dall'art. 633 c.p.c. prima di far valere le proprie ragioni in sede giudiziale, avrà dunque l'onere di tentare l'esperimento della procedura di mediazione, come occasione privilegiata di cui il debitore può usufruire per comporre amichevolmente la controversia e cogliere una chance di soluzione del conflitto alternativa alla tutela giurisdizionale che intende chiedere . Il giudizio di opposizione ha ad oggetto il diritto fatto valere dall'opponente. Senonché, la tesi che pone l'onere della mediazione a parte opponente non mi convince appieno né mi convincono le motivazioni a sostegno le quali non sembrano neppure prendere in considerazione al fine magari di criticarli alcuni dati normativi che ritengo importanti quantomeno per il dibattito. Il primo dato sistematico importante è che la domanda oggetto del giudizio di opposizione e quindi il diritto oggetto del processo di opposizione è il diritto fatto valere in sede monitoria dal creditore procedente. Vi è soltanto una inversione formale delle parti processuali, ma tutto con riferimento all'oggetto del processo e dell'istruttoria resta come se la parentesi” sommaria non fosse esistita sul punto è sufficiente pensare all'onere della prova . Non vi è dubbio, poi, che il credito fatto valere in sede monitoria ha certe caratteristiche che, tuttavia, non credo possano essere qualificate sempre e comunque in termini di particolare attendibilità. Inoltre, il giudizio sommario che porta all'emanazione del decreto ingiuntivo è un giudizio per l'appunto sommario che mira a verificare l'esistenza dei presupposti previsti dalla legge con riferimento normalmente ai soli fatti costitutivi cognizione sommaria perché superficiale e limitata quanto all'oggetto a parte della fattispecie del diritto . Mi spiego con due esempi. Il primo il creditore chiede un decreto ingiuntivo sulla base di una cambiale con sottoscrizione falsa il giudice che emana il decreto ingiuntivo emette il decreto ingiuntivo e per di più munito, se ve ne sono i requisiti, della provvisoria esecutività. Il secondo il creditore agisce chiedendo tutela di un proprio credito sulla base di prove scritte ed il giudice emana il decreto ingiuntivo anche se, come si dimostrerà dopo, il debitore aveva estinto l'obbligazione onerando il debito. Ne deriva che la prova richiesta dagli articoli 633 c.p.c. e seguenti non valga sempre e comunque a ritenere che il creditore agisca con la via breve perché ha sempre in mano qualcosa che potrebbe rendere superfluo il processo civile . In altri e più chiari termini, con il ricorso per ingiunzione non siamo in presenza di un ricorso strutturato di default per far valere crediti già non contestati , bensì per far valere crediti ragionevolmente non contestabili . Come ha osservato il Tribunale di Firenze, non è vero come vorrebbe la Cassazione che il creditore che propone ricorso monitorio sceglie una linea deflativa egli, infatti, persegue l'interesse a munirsi, quanto prima, di un titolo esecutivo specularmente, il debitore, facendo opposizione, non intende precludere la via breve per percorrere la via lunga egli semmai esercita, nei tempi e nelle forme propri del procedimento di ingiunzione, il diritto inviolabile alla difesa in giudizio costituzionalmente garantito art. 24 Cost. . Del resto, non è detto che il creditore procedente abbia effettivamente ragione e che quindi la sua scelta di procedere con l'ingiunzione sia stata più veloce se l'opponente ha ragione, la scelta del creditore ha allungato” il processo con una fase inutile” magari dettata dalla speranza di ottenere una provvisoria esecutività altrimenti non ottenibile . La conciliazione in materia telefonica. A sostegno di questa tesi ricordo un ulteriore dato normativo a valenza sistematica e, cioè, il sistema della conciliazione obbligatoria in materia di telecomunicazioni, dove il previo tentativo di conciliazione è previsto anche per l'impresa ove il cliente abbia precedentemente contestato il diritto ad esempio attraverso un reclamo. Il principio è chiaro se è prevedibile una contestazione non c'è motivo per non far precedere la domanda giudiziaria dell'impresa dal tentativo di conciliazione. A ben vedere, la previsione normativa dell'art. 5, comma 4, d.lgs. 28/2010 è ragionevole se il creditore sceglie la strada del decreto ingiuntivo sul ragionevole presupposto che il debitore non promuoverà il giudizio di opposizione o magari lo promuoverà senza eccezioni fondate su prova scritta , l'esonero temporaneo risponde alla logica di consentire al creditore di ottenere un titolo esecutivo. Viceversa, laddove il creditore poteva ragionevolmente attendersi un'opposizione magari anche articolata , una volta superata la fase della decisione sull'esecutività del decreto ingiuntivo, non vi è ragione per spostare l'onere della mediazione al debitore opponente la domanda oggetto del processo di opposizione è la domanda del creditore attore in senso sostanziale. Funzione deflattiva di opposizioni pretestuose? Da ultimo, un cenno all'ulteriore argomentazione secondo cui onerare l'opponente dell'attivazione del procedimento di mediazione avrebbe come effetto quello di evitare opposizioni pretestuose. Orbene, l'affermazione del Tribunale sarebbe convincente se il legislatore avesse effettivamente previsto l'onere di attivare il procedimento di mediazione a a carico dell'opponente e, soprattutto, b prima del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Soltanto così si sarebbe potuto realizzare l'effetto deflattivo viceversa, a legislazione attuale, il giudizio di opposizione è già pendente e, quindi, l'effetto deflattivo, si potrà verificare dopo l'udienza fissata per la decisione sulla provvisoria esecutività. A tal fine e, cioè, al fine di ottenere l'effetto deflattivo , quindi, è del tutto irrilevante chi sia il soggetto che attiva la mediazione e, quindi, ancora ben potrebbe essere come è giusto che sia il creditore procedente come in tutti gli altri giudizi e più che altro in tutti gli altri giudizi che, magari, pur in presenza dei presupposti per ricorrere al decreto ingiuntivo sono stati veicolati in un giudizio ordinario . In conclusione, quindi, ritengo sempre preferibile per ragioni di coerenza sistematica onerare la parte creditrice opposta di attivare il procedimento di mediazione ritenendo, poi, che il richiamo alle conseguenze dell'inattività nel processo di opposizione a carico dell'opponente non valga a dimostrare la tesi contraria ed infatti, per essere così occorrerebbe prima di tutto dimostrare che l'onere di attivare la mediazione è onere dell'opposto il che, però, rappresenta ciò che occorre dimostrare .

Tribunale di Vasto, sentenza 30 maggio 2016 Giudice Pasquale Premesso in fatto che 1. Con decreto ingiuntivo n. 231/12 del 29/06/2012, il Tribunale di Vasto ingiungeva a di pagare, in favore di , la somma di € 6.000,00, oltre interessi e accessori di legge. 2. Con atto di citazione ritualmente notificato, i debitori ingiunti proponevano opposizione avverso il menzionato decreto, ai sensi dell’art. 645 c.p.c. 3. Nel corso del procedimento, con ordinanza del 13.07.2015, il giudice istruttore, ritenuto che la natura puramente documentale della causa suggerisse il ricorso a soluzioni amichevoli della lite, disponeva – ai sensi dell’art. 5, secondo comma, del D. Lgs. n. 28/10 – l’esperimento del procedimento di mediazione. Alla successiva udienza del 03.03.2016, le parti dichiaravano di non aver attivato la procedura di mediazione senza, peraltro, illustrare le motivazioni di tale decisione e chiedevano fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni. Ritenuto in diritto che 1. È pacifico che nessuna delle parti in causa ha attivato la procedura di mediazione, con ciò contravvenendo a quanto disposto dal giudice ai sensi dell’art. 5, secondo comma, D.Lgs. n. 28/10. Non vi è dubbio, pertanto, che l’inosservanza delle disposizioni dettate con l’ordinanza del 13.07.2015 abbia determinato la sopravvenuta carenza di una condizione di procedibilità della domanda, ponendo una questione pregiudiziale che assume valore dirimente rispetto allo scrutinio nel merito delle argomentazioni difensive delle parti. Trattandosi di una opposizione a decreto ingiuntivo, il tema che questo giudice è chiamato ad affrontare concerne l’individuazione della parte sulla quale grava l’onere di attivazione della procedura di mediazione e le ripercussioni della eventuale inottemperanza a tale onere sulla sorte del decreto ingiuntivo opposto. 2. Sul tema si contrappongono due diversi orientamenti giurisprudenziali. 2.1. Secondo un primo indirizzo, che ha ricevuto anche l’avallo di un pronunciamento della Corte di Cassazione cfr., Cass., 03.12.2015, n. 24629 , in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di avviare la procedura di mediazione delegata ai sensi dell’art. 5, comma 4, D.Lgs. n. 28/10 grava sulla parte opponente. La mancata attivazione della mediazione comporta la declaratoria di improcedibilità della opposizione e la definitività del decreto ingiuntivo opposto, che acquista l’incontrovertibilità tipica del giudicato cfr., ex plurimis, Trib. Prato, 18.07.2011 Trib. Rimini, 05.08.2014 Trib. Siena, 25.06.2012 Trib. Bologna, 20.01.2015 Trib. Firenze 30.10.2014 Trib. Firenze, 21.04.2015 Trib. Chieti, 08.09.2015, n. 492 . Tale interpretazione si fonda sull’assunto secondo il quale è l’opponente, e non l’opposto, ad avere interesse acchè proceda il giudizio di opposizione diretto alla rimozione di un atto giurisdizionale il decreto ingiuntivo suscettibile, altrimenti, di divenire definitivamente esecutivo è, dunque, l’opponente a dovere subire le conseguenze del mancato o tardivo esperimento del procedimento di mediazione delegata. Argomentando in senso contrario, si introdurrebbe una sorta di improcedibilità postuma della domanda monitoria e si finirebbe col porre in capo al creditore ingiungente l’onere di coltivare il giudizio di opposizione per garantirsi la salvaguardia del decreto opposto, con ciò sconfessando la natura stessa del giudizio di opposizione quale giudizio eventuale, rimesso alla libera scelta dell’ingiunto. La Suprema Corte, nell’unico precedente di legittimità allo stato noto, ha accreditato la tesi appena esposta, partendo dalla considerazione che la disposizione di cui all’art. 5 D.Lgs. n. 28/10 debba essere interpretata conformemente alla funzione deflattiva che il legislatore ha inteso attribuire all’istituto della mediazione e che mira a rendere il ricorso al processo la extrema ratio di tutela, cioè l’ultima possibilità dopo che tutte le altre sono risultate precluse. In tale prospettiva, l’onere di esperire il tentativo di mediazione deve logicamente allocarsi a carico della parte che ha interesse al processo, al fine di indurla a coltivare una soluzione alternativa della controversia che riconduca il ricorso alla tutela giurisdizionale nella descritta logica di residualità. 2.2. In base ad una seconda soluzione interpretativa, che valorizza il carattere unitario del giudizio di opposizione rispetto alla fase sommaria di richiesta e ottenimento del decreto e che ha trovato affermazione nella giurisprudenza di merito anche successivamente alla pronuncia della Corte di Cassazione cfr., ex plurimis, Trib. Firenze, ord. 17.01.2016 Trib. Busto Arsizio, 03.02.2016 , in caso di omesso esperimento del tentativo di mediazione, la declaratoria di improcedibilità avrebbe ad oggetto non l’opposizione, bensì la domanda sostanziale proposta in via monitoria. Ne consegue che l’onere di promuovere la mediazione sarebbe a carico del creditore opposto, atteso che questi riveste la natura di parte attrice titolare della pretesa azionata in giudizio e che la domanda giudiziale cui si riferisce l’art. 5 D.Lgs. n. 28/10 è la domanda monitoria e non già l'opposizione al decreto ingiuntivo emesso in accoglimento della stessa. In caso di inerzia del creditore, deve pertanto disporsi la revoca del decreto ingiuntivo, posto che il mancato perfezionamento della condizione di procedibilità della domanda monitoria e non dell’opposizione impedisce il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo. 3. Nella diversità delle opinioni espresse sul punto, ritiene questo giudice di condividere l’assunto dei sostenitori del primo orientamento interpretativo, per le ragioni di seguito illustrate. Nel disciplinare il procedimento di mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, il legislatore ha inteso escludere dall’ambito di operatività della norma dettata dall’art. 5, comma 1 bis, D. Lgs. n. 28/10 le ipotesi in cui la domanda venga introdotta nelle forme del procedimento monitorio. Premesso che allo speciale procedimento d’ingiunzione può essere fatto ricorso solo quando la domanda abbia ad oggetto un diritto di credito che, per la natura o per l’oggetto o per la particolare attendibilità della prova offerta, rende più semplice e più probabile il giudizio di accertamento sulla effettiva esistenza del diritto, la logica sottesa alla scelta legislativa di circoscrivere il perimetro applicativo della mediazione obbligatoria va rinvenuta nella volontà di differenziare i casi in cui la domanda, quand’anche relativa ad una delle materie elencate nell’art. 5, comma 1 bis, veicoli in giudizio un diritto di credito che abbia quelle caratteristiche tali da poter essere tutelato in via monitoria, dai casi in cui la stessa domanda riguardi un credito privo dei predetti requisiti, prevedendo una condizione di procedibilità solo per questi ultimi, ma non anche per i primi. Stando così le cose, non è pensabile che la ratio della descritta differenziazione normativa venga meno per il semplice fatto che il debitore ingiunto che ha interesse ad ottenere un accertamento giudiziale della insussistenza del credito vantato dalla controparte assuma l’iniziativa processuale tesa ad ottenere la caducazione del titolo nelle more conseguito dal creditore, facendo in tal modo scattare a posteriori una condizione di procedibilità a cui la domanda monitoria non era inizialmente assoggettata. Poiché per tutta la durata del giudizio di opposizione, e almeno fino a quando non interviene la sentenza che definisce il procedimento, permangono inalterati i peculiari requisiti del diritto di credito fatto valere in sede monitoria e che hanno già costituito oggetto di una cognizione sommaria, esitata in una valutazione positiva, da parte del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo , è corretto farne derivare la conseguenza che i presupposti che giustificano la decisione legislativa di escludere la condizione di procedibilità per la domanda monitoria continuino a sussistere anche nella fase di opposizione e, in particolare, anche dopo la pronuncia sulle istanze di concessione e/o sospensione della provvisoria esecuzione. Nel silenzio della norma, è, dunque, più logico pensare che la condizione di procedibilità non riguardi la domanda monitoria iniziale domanda in senso sostanziale avanzata dal creditore ingiungente, bensì l’opposizione domanda in senso formale formulata dal debitore ingiunto con la notifica dell’atto di citazione. Intesa in questo senso, la condizione di procedibilità assolve anche ad una funzione dissuasiva di opposizioni pretestuose. Colui che ha interesse e motivi per contestare l’esistenza di un credito che - si badi bene – non è un credito qualsiasi, ma è assistito dai particolari requisiti e presupposti dettati dall’art. 633 c.p.c. , prima di far valere le proprie ragioni in sede giudiziale, avrà – dunque – l’onere di tentare l’esperimento della procedura di mediazione, come occasione privilegiata di cui il debitore può usufruire per comporre amichevolmente la controversia e cogliere una chance di soluzione del conflitto alternativa alla tutela giurisdizionale che intende chiedere. In tal modo, si potrà, da un lato, disincentivare, in funzione deterrente, la prosecuzione di opposizioni strumentali e dilatorie e, dall’altro, si potrà, in funzione deflattiva, portare fuori dalla sede processuale controversie, altrimenti assoggettate alla disciplina del rito ordinario di cognizione, che possono risolversi con un accordo amichevole. La correttezza della tesi qui sostenuta è corroborata dalla considerazione che il processo ordinario sul quale il legislatore ha inteso intervenire in termini deflattivi e in cui si inserisce la condizione di procedibilità, si è instaurato non per iniziativa del creditore ingiungente il quale si è avvalso di una speciale procedura sommaria per procurarsi il titolo giudiziale del quale dispone , ma su impulso del debitore ingiunto, che non solo ha l’interesse a coltivare la fase di giudizio che ha egli stesso intrapreso, al fine di ottenere la caducazione del titolo giudiziale in possesso della controparte, ma ha anche l’onere di far proseguire il giudizio, per evitare che questo si estingui per inattività delle parti e che, quindi, in applicazione dell’art. 653 c.p.c., il decreto ingiuntivo, che non ne sia già munito, acquisti efficacia esecutiva. Il principio che, in altri termini, il legislatore ha voluto affermare è quello secondo cui l’onere di attivare la procedura di mediazione, sanzionato a pena di improcedibilità, deve gravare sulla parte processuale che, con la propria iniziativa, ha provocato l’instaurazione del processo assoggettato alle regole del rito ordinario di cognizione. Nel procedimento monitorio, tale parte si identifica nel debitore opponente, che – quantunque convenuto in senso sostanziale – risulta essere attore in senso formale, per avere introdotto la fase del giudizio ordinario successiva a quella monitoria e, come tale, è titolare dell’onere di rivolgersi preventivamente al mediatore. In caso di inottemperanza a detto onere, sarà dunque proprio l’opponente a subire le conseguenze della propria inerzia, sia sotto il profilo della declaratoria di improcedibilità della domanda formulata con l’atto di opposizione, sia della conseguente acquisizione di definitiva esecutività del decreto ingiuntivo opposto. La tesi qui sostenuta non solo è coerente – come innanzi già chiarito – con le finalità deflattive sottese alla normativa sulla mediazione civile e commerciale, dal momento che incoraggia la desistenza dell’opponente e l’abbandono della lite eventualmente promossa, ma ha, altresì, il pregio di evitare le illogiche conseguenze dell’impostazione avversaria, che – nell’affermare l’improcedibilità della domanda monitoria e la necessaria revoca del decreto ingiuntivo – produce come effetto quello di cancellare attività procedurali che il creditore opposto si troverà a dovere riproporre, con ulteriori dispendio di tempo e di risorse pubbliche. Coerentemente con tale ultima considerazione, è condivisibile l’affermazione di una parte della giurisprudenza di merito cfr., Trib. Rimini, ord. 05.08.2014 secondo cui ritenere, al contrario, che la mancata instaurazione del procedimento di mediazione conduca alla revoca del decreto ingiuntivo importerebbe un risultato eccentrico” rispetto alle regole processuali proprie del rito, in quanto si porrebbe in capo all’ingiungente opposto l’onere di coltivare il giudizio di opposizione per garantirsi la salvaguardia del decreto opposto, in contrasto con l’impostazione inequivoca del giudizio di opposizione come giudizio eventuale rimesso alla libera scelta dell’ingiunto”. 4. Sulla scorta delle osservazioni finora esposte, deve concludersi che, nel caso di specie, l’onere dell’esperimento della mediazione delegata da questo giudice spettasse a , in qualità di debitori ingiunti e successivamente opponenti. L’inerzia serbata nell’attivazione della procedura si ripercuote in danno della procedibilità della domanda veicolata dall’atto di citazione introduttivo della presente fase di opposizione, con la conseguenza che – per effetto della declaratoria di improcedibilità della opposizione – il decreto ingiuntivo opposto deve essere dichiarato definitivamente esecutivo. 5. Quanto al regime delle spese processuali, l’assoluta novità della questione, l’assenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità sul punto e la natura meramente processuale delle ragioni di reiezione della domanda, costituiscono eccezionali motivi che giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Vasto, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda definitivamente pronunciando sulla opposizione proposta da nei confronti di , disattesa ogni diversa richiesta, eccezione o conclusione, così provvede DICHIARA improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo in epigrafe indicata DICHIARA definitivamente esecutivo il decreto ingiuntivo n. 231/12 , emesso dal Tribunale di Vasto il 29/06/2012 nei confronti di e in favore di DICHIARA interamente compensate tra le parti le spese di lite MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza DISPONE che la presente sentenza sia allegata al verbale di udienza.