La qualifica di «addetto al ritiro» del portiere consegnatario della notifica della sentenza

Nell’ipotesi in cui il portiere di un condominio riceva la notifica della copia di un atto qualificandosi come addetto al ritiro , senza alcun riferimento alle funzioni connesse all’incarico afferente al portierato, ricorre la presunzione legale della qualità dichiarata.

In questo senso la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14933/16, depositata il 20 luglio. Il caso. La Corte d’appello di Roma riformava la sentenza di primo grado con cui il giudice aveva condannato una società al pagamento di una somma di denaro a titolo di restituzione di quanto già versatole da una federazione in sede di concordato preventivo. Vedendosi rigettata la domanda, muove ricorso per cassazione il liquidatore pro tempore della federazione. Resiste con controricorso la società, che eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per tardività, essendo intercorsi più di 4 mesi tra la notifica della sentenza e la notifica del ricorso. La consegna della notifica al portiere. La ricorrente, ex art. 372 c.p.c., ha depositato la documentazione che attesta la qualifica di portiere della persona che ha ricevuto la notifica della sentenza ad opera dell’ufficiale giudiziario, deducendo la mancata attestazione circa l’inutile tentativo di consegna a mani proprie per l’assenza del destinatario e delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente e tassativamente abilitate a ricevere l’atto . La resistente, poi, nella memoria ex art. 378 c.p.c. ribadisce l’eccezione evidenziando che il portiere aveva ricevuto l’atto qualificandosi addetto al ritiro . Per la S.C. è assorbente la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività. La presunzione legale. La notifica della sentenza mediante consegna a chi si sia qualificato addetto al ritiro , senza specificazione della veste di portiere, comporta l’applicazione nel caso concreto del principio giurisprudenziale espresso dalla sent. n. 18492/12 secondo cui nell’ipotesi in cui il portiere di un condominio riceva la notifica della copia di un atto qualificandosi come addetto al ritiro , senza alcun riferimento alle funzioni connesse all’incarico afferente al portierato, ricorre la presunzione legale della qualità dichiarata, che per essere vinta necessita di rigorosa prova contraria da parte del destinatario, in difetto della quale va applicato non il quarto, bensì il secondo comma dell’art. 139 c.p.c. Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi – di cui al primo comma -, l'ufficiale giudiziario consegna copia dell'atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace . La documentazione prodotta dalla ricorrente. Per quanto riguarda poi la documentazione prodotta dalla ricorrente relativa al rapporto di portierato, va ribadito il principio di cui alla sent. n 18897/09 non è – palesemente – sufficiente, al fine di vincere la presunzione detta sopra, né la circostanza che l’addetto alla ricezione eserciti, altresì, le funzioni di portiere dello stabile, né una dichiarazione scritta resa dal destinatario della notifica di non avere conferito alcun incarico quanto alla ricezione degli atti , trattandosi di dichiarazione proveniente dallo stesso soggetto avente interesse all’invalidazione della notifica , ed essendo necessaria la prova che il medesimo consegnatario non sia addetto ad alcun incarico per conto o nell’interesse del destinatario nell’ambito dello stesso stabile . La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 14 giugno – 20 luglio 2016, n. 14933 Presidente Nappi – Relatore Didone Ragioni di fatto e di diritto della decisione 1.- Il Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda proposta dalla Federazione Italiana dei Consorzi Agrari in concordato preventivo nei confronti della Esso Italiana s.p.a., ha condannato quest'ultima al pagamento, in favore dell'attrice, della complessiva somma di euro 3.365.520,30 a titolo di restituzione di quanto già versato alla Esso in sede di concordato preventivo, a saldo integrale del privilegio Iva e imposta di fabbricazione che, a seguito di una riconsiderazione dei principi e dei criteri applicati nei piani di riparto parziali operata di concerto con il giudice delegato ed alla conseguente riclassificazione dei crediti in base a tali riveduti criteri, era risultato insussistente per non essersi rinvenuto il carburante oggetto di garanzia nel patrimonio della Federazione dei Consorzi. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta dal liquidatore della procedura di concordato ritenendo irrilevante l'inesistenza dei beni gravati da privilegio speciale nel patrimonio della debitrice, sussistendo il privilegio - ai sensi del secondo comma dell'art. 2758 c.c. - indipendentemente dall'esistenza degli stessi. L'art. 54 l. fall. - ha aggiunto la corte di merito - è inapplicabile al concordato preventivo disciplinato dal testo previgente dell'art. 160 l. fall. Contro la sentenza della Corte di appello la Liquidazione Concordatizia dei Beni Ceduti dalla Federazione Italiana dei Consorzi Agrari ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste con controricorso la s.r.l. Esso Italiana, la quale ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità del ricorso per tardività, essendo stata la sentenza notificata il 21.12.2009 e il ricorso notificato il 22.3.2010. 1.1.- La ricorrente ha depositato ai sensi dell'art. 372 cod. proc. civ. documentazione attestante la qualifica di portiere della persona che ha ricevuto la notifica della sentenza ad opera dell'ufficiale giudiziario deducendo la mancata attestazione circa l'inutile tentativo di consegna a mani proprie per l'assenza del destinatario e delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente e tassativamente abilitate a ricevere l'atto. Nella memoria depositata ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ. la società resistente ribadisce l'eccezione evidenziando che il portiere aveva ricevuto l'atto qualificandosi addetto al ritiro . 2.- E' assorbente la fondatezza dell'eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività. Ciò che impedisce anche di esaminarne l'ammissibilità ai sensi dell'art. 360 bis cod. proc. civ., per essere la sentenza impugnata conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte v. per tutte Sez. 1, n. 12064/2013 . Invero, l'avvenuta notifica della sentenza mediante consegna a chi si sia qualificato addetto al ritiro senza alcuna specificazione della veste di portiere rende applicabile il principio giurisprudenziale secondo il quale nell'ipotesi in cui il portiere di un condominio riceva la notifica della copia di un atto qualificandosi come incaricato al ritiro , senza alcun riferimento alle funzioni connesse all'incarico afferente al portierato, ricorre la presunzione legale della qualità dichiarata, la quale per essere vinta abbisogna di rigorosa prova contraria da parte del destinatario, in difetto della quale deve applicarsi il secondo comma e non il quarto dell'art. 139 cod. proc. civ. Sez. 3, n. 18492/2012 . Quanto alla documentazione prodotta da parte ricorrente relativa al rapporto di portierato , va ribadito, di converso, con Sez. 3, n. 18897/2009, che non è - palesemente - sufficiente, al fine di vincere la presunzione detta sopra, né la circostanza che l'addetto alla ricezione eserciti, altresì, le funzioni di portiere dello stabile, né una dichiarazione scritta resa dal destinatario della notifica di non avere conferito alcun incarico quanto alla ricezione degli atti , trattandosi di dichiarazione proveniente dallo stesso soggetto avente interesse alla invalidazione della notifica in questo senso, ad esempio, Cass. 24 novembre 2005, n. 24798 , ed essendo necessaria la prova che il medesimo consegnatario non sia addetto ad alcun incarico per conto o nell'interesse del destinatario nell'ambito dello stesso stabile Sez. 6 - 3, n. 5220/2014 . Le spese del giudizio di legittimità - liquidate in dispositivo - seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 30.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori come per legge.