Obbligazioni assunte nell’interesse della famiglia e non adempiute: sì all’iscrizione di ipoteca sui beni del fondo patrimoniale

In materia di fondo patrimoniale, ai sensi del combinato disposto degli articolo 169 e 170 c.c. e dei principi costituzionali in tema di famiglia, i beni costituiti nel fondo, non potendo essere distolti dalla loro destinazione ai bisogni familiari, non possono costituire oggetto di iscrizione di ipoteca ad opera di terzi, qualunque clausola sia stata inserita nell'atto di costituzione circa le modalità di disposizione degli stessi in difformità da quanto stabilito dal citato art. 169 c.c. tuttavia, nel caso in cui i coniugi o uno di essi abbiano assunto obbligazioni nell'interesse della famiglia, qualora risultino inadempienti alle stesse, il creditore può procedere all'iscrizione d'ipoteca sui beni costituiti nel fondo, attesa la funzione di garanzia che essi assolvono per il creditore, in quanto correlati al soddisfacimento delle esigenze familiari.

Con la sentenza del 27 maggio 2016, n. 11029, il S.C. definisce i limiti entro i quali sia possibile, anche in presenza di un fondo patrimoniale, procedere con l’iscrizione di ipoteca a garanzia delle obbligazioni assunte dai coniugi nell’interesse della famiglia. Il caso. La vicenda decisa dalla sentenza in commento parte dalla opposizione ad un decreto ingiuntivo ottenuto da una banca, tra l’altro, per uno scoperto di conto corrente e saldo negativo di conto corrente. Il debitore contesta l’erroneità dell’importo per una serie di irregolarità derivanti dal rapporto bancario e, soprattutto, dal fatto che la banca abbia promosso l’azione in forza di ipoteca iscritta su beni facenti parte di un fondo patrimoniale. Se con riferimento alle eccezioni derivanti da irregolare gestione del contratto bancario i giudici di merito – e tale decisione viene confermata in Cassazione – ritengono la domanda tardivamente proposta e quindi, inammissibile, sul profilo della legittimità della iscrizione ipotecaria trova conferma il principio espresso dalla massima in commento, per il quale, in presenza di obbligazioni assunte nell’interesse della famiglia e non onorate, sui beni facenti parte del fondo patrimoniale è possibile promuovere azione esecutiva per il recupero di tali somme. Fondo patrimoniale modalità di costituzione. Secondo la previsione codicistica, il regime patrimoniale dei coniugi e qualsiasi convenzione matrimoniale dagli stessi conclusa, compresa la costituzione del fondo patrimoniale, deve essere stipulata in maniera solenne, opponibile ai terzi soltanto con l'annotazione formale a margine dell'atto di matrimonio. La costituzione del fondo patrimoniale, infatti, a norma dell'art. 167 c.c., è soggetta alle disposizioni dell'art. 162 c.c., circa le forme convenzioni matrimoniali, inclusa quella del 4° comma che ne condiziona l'opponibilità ai terzi, all'annotazione del relativo contratto a margine dell'atto di matrimonio. Fondo patrimoniale e provenienza dei beni dai coniugi o da un terzo. Va inoltre precisato che la natura di atto di liberalità della costituzione del fondo medesimo ricorre non soltanto quando a costituire il fondo sia un terzo o uno soltanto dei coniugi, ma anche quando entrambi i coniugi conferiscano al fondo beni già di loro proprietà, rinunciando essi in modo gratuito alle facoltà insite nel diritto di proprietà in favore della famiglia, mediante il vincolo di indisponibilità dei beni e la destinazione dei frutti ai soli bisogni familiari. Fondo patrimoniale quando può essere revocato. In ogni caso, va comunque ricordato che la costituzione di un fondo patrimoniale può essere ricompresa tra gli atti a titolo gratuito suscettibili di revocatoria fallimentare ai sensi dell'art. 64 l.fall., fatta salva la prova dell'esistenza, nella fattispecie, sia di una situazione oggettiva integrante gli elementi del dovere morale, sia della volontà del solvens di adempiere solo a questo dovere mediante l'atto liberale. La costituzione di un fondo patrimoniale, infatti, in quanto determinante un limite di disponibilità di taluni beni, vincolati per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, può essere dichiarata inefficace nei confronti dei creditori, attraverso l'azione revocatoria, ai sensi dell'art. 2901 c.c., la cui finzione è quella di limitare l'aggredibilità dei beni conferiti nel fondo, in presenza di specifiche condizioni, rendendo più incerta o difficile la soddisfazione del credito, riducendo la garanzia generale spettante ai creditori sul patrimonio dei costituendi, in violazione dell'art. 2740 c.c., che impone al debitore di rispondere con tutti i suoi beni dell'adempimento delle obbligazioni. Fondo patrimoniale ed iscrizione ipotecaria come e perché. La sentenza in commento affronta, come visto, la questione relativa all’ammissibilità dell’iscrizione di ipoteca sui beni del fondo patrimoniale. Al riguardo, richiamando il pregresso orientamento in materia, la Cassazione precisa che il criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l'esecuzione sui beni del fondo va ricercato, non già nella natura dell'obbligazione, contrattuale o extracontrattuale, ma nella relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia, sicché anche un debito di natura tributaria sorto per l'esercizio dell'attività imprenditoriale potrebbe ritenersi contratto per soddisfare tale finalità da ciò consegue che la costituzione di un fondo patrimoniale comporta che l'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia. L'art. 170 c.c., infatti, detta una regola applicabile anche all'iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui all'art. 77 del d.P.R. n. 602/1973, sicché l'esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, se il debito sia stato da loro contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero - nell'ipotesi contraria - purché il titolare del credito, per il quale l'esattore procede alla riscossione, non fosse a conoscenza di tale estraneità, dovendosi ritenere, diversamente, illegittima l'eventuale iscrizione comunque effettuata Fondo patrimoniale e contestazione dell’iscrizione di ipoteca l’onere probatorio. In tema di fondo patrimoniale, il coniuge o il terzo titolare del bene facente parte del fondo patrimoniale che agisca per contestare la legittimità dell'iscrizione ipotecaria perché avvenuta al di fuori delle condizioni di cui all'art. 170 c.c., ha l'onere di allegare i fatti costitutivi della dedotta illegittimità, primo tra tutti l'essere stato il debito del coniuge o del terzo, in relazione al quale si è proceduto ad iscrizione ipotecaria, contratto per un scopo estraneo ai bisogni della famiglia e che tale estraneità era conosciuta dal creditore che ha iscritto l'ipoteca. Quale giudice per le controversie sull’iscrizione di ipoteca? Secondo il più recente orientamento della Cassazione, le controversie aventi ad oggetto il provvedimento di iscrizione di ipoteca su immobili, cui l'Amministrazione finanziaria può ricorrere in sede di riscossione delle imposte sul reddito, ai sensi dell'art. 77 del d.P.R. n. 602/1973, appartengono alla giurisdizione del giudice tributario in ragione della natura tributaria dei crediti garantiti dall'ipoteca, senza che possa avere rilievo la destinazione dei beni a fondo patrimoniale.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 11 marzo – 27 maggio 2016, n. 11029 Presidente Nappi – Relatore Acierno Svolgimento del processo La Banca Popolare di Novara ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo in ordine a crediti vantati nei confronti della correntista V.M.C. relativi ad un saldo passivo di conto corrente, ad effetti accreditati salvo buon fine, tornati insoluti, ed ad un residuo mutuo chirografario. L’ingiunta in sede di opposizione ha dedotto la nullità della pattuizione relativa agli interessi anatocistici e l’ingiustificata segnalazione alla Centrale Rischi eseguita da altro istituto bancario nonché il mancato accreditamento di un bonifico. In via riconvenzionale ha richiesto il risarcimento dei danni per illegittima iscrizione d’ipoteca su beni costituiti in fondo patrimoniale. - Il giudice di primo grado ha rigettato l’opposizione rilevando che le questioni relative al rapporto dell’opponente con altra banca erano estranee al giudizio, non potendo accertarsi la fondatezza della segnalazione alla Centrale Rischi eseguita da terzi. La capitalizzazione degli interessi passivi era legittima in quanto successiva all’entrata in vigore della delibera CICR del 9/2/2000 e rispettosa del requisito della medesima cadenza temporale degli interessi attivi. L’usurarietà dei tassi d’interesse passivo era stata dedotta in una memoria dichiarata inammissibile già dal giudice istruttore in quanto depositata unitamente alla consulenza di parte nella quale si dava atto del superamento del tasso soglia nel termine ex art. 183, quinto comma, ratione temporis applicabile, senza che l’altra parte si fosse avvalsa della facoltà di dedurre. In ordine alla domanda riconvenzionale risarcitoria veniva affermato che non sussiste il divieto d’iscrivere ipoteca su beni costituiti in fondo patrimoniale e che, in mancanza della cancellazione d’ipoteca, la domanda doveva ritenersi carente d’interesse. La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado sulla base delle seguenti affermazioni - Sull’iscrizione ipotecaria sui beni del fondo patrimoniale è stata rilevata l’inammissibilità della censura per carenza d’interesse non essendo stata richiesta preventivamente la cancellazione d’ipoteca è stato affermato che l’iscrizione d’ipoteca sui beni costituiti in fondo patrimoniale non è vietata che alcuni beni sui quali è iscritta ipoteca non sono costituiti in fondo patrimoniale ed infine che il vincolo ai bisogni della famiglia non deve essere inteso in senso restrittivo, includendovi le più ampie e varie esigenze dirette al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia nonché al potenziamento delle capacità lavorative dei componenti con esclusione solo delle esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti speculativi. L’onere della prova dell’estraneità ai bisogni familiari spetta al debitore. Nella specie la connessione del debito garantito con la destinazione del fondo patrimoniale deriverebbe dal dedotto pregiudizio dell’iscrizione illegittima sul credito imprenditoriale. Peraltro il danno da illegittima iscrizione ipotecaria non può essere in re ipsa ma deve essere provato. - Il motivo fondato sulla continuità del precedente conto corrente n. 1068 ed il c/c. n. 3300 sub iudice ai fini dell’operatività del divieto di anatocismo, è del tutto nuovo, essendo stato introdotto tardivamente con memoria di replica ex art. 183, quinto comma, cod. proc. civ. e per tale ragione già ritenuto inammissibile dal giudice di primo grado - del pari tardiva la dedotta usurarietà dei tassi applicati in quanto prospettata per la prima volta solo con tale memoria, dopo che la consulente di parte aveva evidenziato tale profilo di nullità. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione V.M.C. . Ha resistito l’istituto bancario. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione Nel primo e secondo motivo prospettati come inscindibilmente connessi viene dedotta l’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria sui beni facenti parte del fondo patrimoniale con violazione degli artt. 167 e 170 cod. civ. oltre al vizio di motivazione in ordine all’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la quale nessuna norma vieta l’iscrizione ipotecaria sui beni del fondo patrimoniale. Il vincolo di destinazione rende, invece, la costituzione del fondo patrimoniale opponibile ai terzi ex art. 162 terzo comma cod. civ. Nella specie i crediti garantiti erano relativi a conti correnti bancari serventi l’attività imprenditoriale della V. . Non è stato, infine, esaminato il profilo di censura relativo alla genericità della domanda risarcitoria e alla sua influenza sull’accertamento della legittimità dell’ipoteca. La censura è inammissibile dal momento che non colpisce tutte le rationes decidendi contenute nella sentenza impugnata in ordine al profilo della validità/legittimità dell’iscrizione ipotecaria di beni facenti parte del fondo patrimoniale sui quali era stata iscritta ipoteca ed in particolare quella relativa alla nozione ampia della destinazione ai bisogni familiari secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità Cass.13622 del 2010 , all’interno della quale sono da includere i proventi delle attività lavorative. Nella specie, come sottolineato dalla Corte d’Appello è la stessa parte ricorrente a precisare che il saldo passivo del conto corrente o dei conti correnti in ordine al quale è stata iscritta ipoteca giudiziale è strumentale alla sua attività imprenditoriale. Ne deriva la diretta attinenza alla destinazione ai bisogni familiari e la sua aggredibilità da parte della banca creditrice. Anche la ratio relativa al non assolvimento dell’onus probandi incombente sul debitore in ordine all’estraneità del credito di terzi alla predetta destinazione ai bisogni familiari, ribadito anche di recente nella pronuncia n. 1652 del 2016, è rimasta del tutto priva di censura. La legittimità dell’iscrizione rende del tutto superfluo l’esame sull’esistenza del diritto al risarcimento del danno. Nel terzo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 163, 183, quinto comma ratione temporis applicabile e l’art. 345 cod. proc. civ. nonché l’art. 1421 cod. civ. e l’art. 117 T.U.B. e art. 2 l. n. 108 del 1996 per avere la Corte d’Appello rilevato erroneamente la tardività dell’eccezione di nullità dei tassi d’interesse applicati per violazione del divieto di anatocismo e di applicazione di tassi usurari con riferimento al conto corrente n. 1068, da ritenersi un unicum con il conto 3300 indicato nell’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo. La ricorrente evidenzia come la dedotta nullità possa essere, per consolidato orientamento di questa Corte, rilevata anche in grado d’appello per la prima volta con la conseguenza che sia il mancato collegamento tra i due conti che l’omessa rilevazione della nullità eccepita, sotto entrambi i profili costituiscono una palese violazione dell’art. 1421 cod. civ La censura è infondata. La ricorrente ritiene erroneamente che la rilevabilità d’ufficio della nullità relativa alla violazione del divieto di anatocismo o quella relativa al superamento del tasso soglia ex l. 108 del 1996 possa sanare anche la tardività dell’allegazione del fatto relativo al collegamento temporale e alla sostanziale mancanza di soluzione di continuità tra i due conti correnti. Il rilievo d’inammissibilità formulato dalla Corte d’Appello riguarda entrambi i profili l’allegazione del nuovo tema d’indagine relativo all’unicità dei due conti e la formulazione in iure dell’eccezione di nullità del tasso degli interessi passivi sia in ordine al divieto di anatocismo che di applicazione di tassi ex lege usurari. Tali profili sono del tutto autonomi e la rilevabilità officiosa del secondo non si estende al primo che ha, invece, ad oggetto un’autonoma tesi defensionale l’unicità dei conti fondata su un’allegazione del tutto nuova, estranea all’esposizione dei fatti contenuta nell’atto di citazione e non tempestivamente esplicata ex art. 183 secondo comma, nella sequenza procedimentale della prima udienza di trattazione. La definizione del thema decidendi risulta pertanto limitata al rapporto contrattuale definito dal conto corrente 3300 e alla formulazione delle conclusioni, contenuta nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado. L’allegazione della continuità temporale e della sostanziale unicità tra il rapporto contrattuale esaurito n. 1068 e quello esclusivamente dedotto nell’atto introduttivo non elimina la diversità dei due contratti ed il novum dell’allegazione in fatto ed in diritto. Deve, osservarsi infine, che la predetta allegazione è stata posta a base di entrambe le eccezioni di nullità, quella riguardante l’usura e quella riguardante il divieto di anatocismo. Nel quarto motivo viene dedotta la nullità degli interessi ultralegali percepiti sulla base di clausole uso piazza. La censura viene espressamente posta per la prima volta nel presente giudizio ed è subordinata al riconoscimento della continuità tra i due rapporti contrattuali di conto corrente già esclusa perché fondata su allegazione nuova ed inammissibile nell’esame del precedente motivo. In conclusione il ricorso deve essere respinto con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente il pagamento delle spese del presente procedimento da liquidarsi in Euro 6000 per compensi Euro 100 per compensi oltre accessori di legge.