Ultrattività del rito: è il giudice a stabilire modi e forme della causa

Il giudice a quo ha un ruolo di primo piano nel determinare la natura della causa adottando un rito piuttosto che un altro, ne stabilisce l’ultrattività. Per cui le forme del rito scelto in origine, varranno anche per l’impugnazione o l’opposizione.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 10927/16, depositata il 26 maggio. La fattispecie. Il Presidente del Tribunale di Roma ingiungeva ad un uomo il pagamento di una somma di denaro a favore dei soci di una s.n.c. a titolo di indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, oltre a una somma giornaliera a titolo di penale, in relazione alla cessazione di un contratto di affitto d’azienda stipulato tra gli stessi. L’uomo non solo si opponeva ma chiedeva anche, in riconvenzionale, il risarcimento del danno dovuto alla perdita di valore dell’azienda a seguito della interruzione della sua gestione. Dopo la trasformazione del rito in quello speciale del lavoro, tali domande venivano ritenute inammissibili per tardività, essendo stato l’atto di opposizione sì notificato ma non depositato nei termini. L’uomo ricorre, quindi, in Cassazione. Principio di ultrattività del rito cosa comporta. Secondo il ricorrente, il fatto che il giudizio sia stato introdotto con le modalità proprie del rito ordinario comporta che anche l’opposizione debba essere ugualmente effettuata e proposta quindi con atto di citazione, non con ricorso, pur afferendo la controversia al rito del lavoro. I Supremi Giudici concordano circa l’applicazione del principio di ultrattività del rito ma lo intendono in modo diverso dal ricorrente. Occorre premettere che se la controversia richiede il rito del lavoro ma erroneamente non viene trattata secondo regola, l’impugnazione dovrà comunque essere proposta nei modi e nei termini previsti dalle norme ordinarie. Il giudice a quo , quindi, ha un ruolo di primo piano è lui che determina la natura della causa, adottando un rito piuttosto che un altro e stabilendone l’ultrattività. Per cui le forme del rito scelto, varranno anche per l’impugnazione o l’opposizione. Nel caso di specie, poiché il decreto ingiuntivo – pur afferendo crediti da lavoro – era stato emesso dal Presidente del Tribunale, era stata ritenuta rituale l’opposizione effettuata con atto di citazione. Ma quello stesso Presidente, in realtà, non si è pronunciato sulla tipologia del rito da adottare ecco perché l’opposizione andava proposta comunque con ricorso. Opposizione a decreto ingiuntivo come la comparsa di costituzione e risposta quando? Il ricorrente lamenta, inoltre, che non sia stata ammessa la domanda riconvenzionale contenuta nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo. Gli Ermellini respingono anche questa ulteriore doglianza, ricordando che nel rito del lavoro l’opposizione a decreto ingiuntivo deve avere il contenuto della memoria difensiva con cui il convenuto si costituisce in giudizio nel rito ordinario è risaputo che in tale atto, egli solleva le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, le domande riconvenzionali e indica i mezzi di prova e documentali per controbattere alla tesi sostenuta dall’attore nella citazione. In altre parole, l’opposizione deve contenere gli elementi tipici della comparsa di costituzione e risposta. Per tutti questi motivi, la Corte di Cassazione respinge il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 gennaio – 26 maggio 2016, n. 10927 Presidente Forte – Relatore De Chiara Svolgimento del processo Il Presidente del Tribunale di Roma, con decreto notificato il 16 aprile 2004, ingiunse al sig. A.C. il pagamento, in favore dei sigg. A.S., S.D. e A.D.S., di £ 18.222,50 a titolo di indennità per la perdita dell'avviamento commerciale e di € 50,00 giornalieri, a decorrere dal 1 ° gennaio 2004, a titolo di penale, in relazione alla cessazione di un contratto di affitto di azienda stipulato tra il C. stesso, quale conceden te, e la Miedo di A.S. & amp C. s.n.c., quale affittuaria, società cui erano subentrati gli intimanti a seguito del suo anticipato scioglimento. Con atto di citazione notificato il 25 maggio 2004 il sig. C. propose opposizione, contestando le pre tese avversarie e chiedendo, in via riconvenzionale, il risarcimento del danno, pari ad € 22.000,00, per la perdita di valore dell'azienda conseguita all'interruzione della sua gestione. Il Tribunale, dopo aver disposto la trasformazione del rito in rito speciale del lavoro, trattandosi di controversia locatizia, dichiarò inammissibile l'opposizione - e con essa anche la domanda riconven zionale - per tardività, dato che entro i 40 giorni dalla notifica del decreto l'atto di opposizione era stato bensì notificato, ma non anche depositato in can celleria, essendo il deposito avvenuto soltanto il 3 giugno 2004. La Corte d'appello di Roma, adita con gravame del soccombente, ha confermato la decisione del primo giudice. Il sig. C. ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di censura, illustrati anche con memoria. Gli intimati si sono difesi con controricorso. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione degli artt. 641 e 645 c.p.c., si censura la statuizione di tardività dell'opposizione invocando il principio di c.d. ultrattività del rito, per il quale, introdotto il giudizio con le modalità del rito ordina rio essendo la prima fase del procedimento monitorio, ad avviso del ricorrente, indifferente alla natura del diritto azionato anche l'opposizione doveva seguire con le stesse modalità, e dunque essere proposta con atto di citazione, non con ricorso, pur trattandosi di controversia soggetta per materia al rito del lavoro. 1.1. - Il motivo è infondato. Per giurisprudenza da lungo tempo consolidata, l'opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di lavoro - o anche di locazione, per il rinvio di cui all'art. 447 bis c.p.c. - e dunque soggetta allo spe ciale rito ad essa riservato, deve essere proposta con ricorso e, ove proposta erroneamente con citazione, questa può produrre gli effetti del ricorso solo se sia depositata in cancelleria entro il termine di cui all'art. 641 c.p.c., non essendo sufficiente che entro tale data sia stata comunque notificata alla contropar te cfr., tra i numerosissimi precedenti, Cass. 797/2013, 8014/2009, 4867/1993, 6018/1983, 4010/1979 . Questa Corte ha anche affermato, in ossequio al principio di ultrattività del rito, invocato dal ricor rente, che alla controversia riguardante un rapporto soggetto al rito del lavoro, che erroneamente non sia stata trattata con detto rito, sono comunque applicabi li le regole ordinarie in ordine ai termini e ai modi per la proposizione dell'impugnazione, atteso che il rito adottato dal giudice a quo assume una funzione e nunciativa della natura della stessa, indipendentemente dall'esattezza della relativa valutazione, e costituisce per le parti criterio di riferimento Cass. 15272/2014, 12290/2011, 2529/2009, 6523/2002, 10978/2001, 5184/2004, 13970/2004, le ultime tre rese a sezioni unite . Tale principio è stato applicato anche nell'ambito del processo monitorio, affermandosi conse guentemente la ritualità di un'opposizione proposta cori atto di citazione depositato oltre il quarantesimo giorno, in quanto il decreto ingiuntivo era stato emes so - seppur erroneamente, trattandosi di crediti di la voro - dal presidente del tribunale e non dal giudice del lavoro il che costituiva chiaro indizio dell'adozione del rito ordinario Cass. 22738/2010 . E', dunque, l'enunciazione della natura della cau sa da parte del giudice a quo, attraverso l'adozione di un certo rito, che determina la c.d. ultrattività di quest'ultimo, ossia l'adozione delle sue forme anche per l'impugnazione o l'opposizione. Tale enunciazione, però, è del tutto mancata nel caso in esame nessun si gnificativo indizio, invero, viene indicato dell'adozione, da parte del Presidente del Tribunale che ha emesso il decreto ingiuntivo, del rito ordinario in luogo del rito del lavoro, imposto dalla natura del diritto controverso onde non resta che fare applica zione della regola per la quale l'opposizione va propo sta mediante ricorso, con tutto ciò che ne consegue. Né vale al ricorrente richiamare, in contrario, Cass. 15720/2006 - cui può aggiungersi, peraltro, Cass. 10206/2001 - che sembrano collegare la necessità dell'introduzione del giudizio mediante citazione alla natura stessa - ritenuta in sé ordinaria - del rito monitorio, a prescindere qualsiasi enunciazione da par te del giudice si tratta infatti di precedenti isola ti, che finiscono col porsi in aperto contrasto con il più che consolidato orientamento, di cui si è detto all'inizio, che impone invece la forma del ricorso per l'opposizione a decreto ingiuntivo in materia lavori stiva, oltre che di precedenti nei quali, peraltro, erano presenti anche indizi dell'adozione in concreto del rito ordinario, consistenti nell'emissione del de creto da parte del presidente del tribunale o del giu dice di pace invece che del giudice del lavoro. 2. - Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione, si lamenta che la Corte d'appello abbia apoditticamente affermato l'inammissibilità anche della domanda riconvenzionale contenuta nell'atto di opposi zione al decreto ingiuntivo. 2.1. - Neanche questo motivo che configura in re altà una censura di error in procedendo, piuttosto che di vizio di motivazione, la quale ultima sarebbe inam missibile per difetto di incidenza su un accertamento in tatto può essere accolto. Nel rito del lavoro l'atto di opposizione a decre to ingiuntivo proposto dall'opponente che però ha la veste sostanziale di convenuto deve avere il contenuto della memoria difensiva ai sensi dell'art. 416 c.p.c. e quindi l'opponente deve compiere tutte le attività ivi previste, a pena di decadenza pertanto egli è tenuto a proporre con l'opposizione le eccezioni processuali e di merito, non rilevabili d'ufficio, e le domande ri convenzionali, oltre a indicare i mezzi di prova e pro durre i documenti, non dissimilmente da quanto è previsto per ogni convenuto nel rito del lavoro Cass. 1458/2005, 13467/2003, 3115/1998 . Il ricorrente richiama in senso contrario Cass. 9442/2010, che, in fattispecie di opposizione a decreto ingiuntivo in materia locatizia, ha effettivamente fat to applicazione del diverso principio secondo cui l'inammissibilità dell'opposizione avverso il decreto ingiuntivo non osta a che l'opposizione medesima produ ca gli effetti di un ordinario atto di citazione, nel concorso dei requisiti previsti dagli artt. 163 e 163 bis c.p.c., con riguardo alle domande che essa conten ga, autonome e distinte rispetto alla richiesta di an nullamento e revoca del decreto cfr. per tutte, Cass. Sez. Un. 2387/1982 . L'applicazione di tale principio, però, non era appropriata, poiché esso era stato affer mato da questa Corte con riferimento al rito ordinario anteriore alla modifica dell'art. 166, secondo comma, c.p.c. introdotta con l'art. 3 d.l. 21 giugno 1995, n. 238, reiterato con l'art. 3 d.l. 9 agosto 1995, n. 347, nonché con l'art. 3 d.l. 18 ottobre 1995, n. 432, cony. dalla 1. 20 dicembre 1995, n. 534 rito che all'epoca non prevedeva la necessità prevista esclusi vamente per il rito speciale del lavoro di proporre la domanda riconvenzionale, a pena di decandenza, nella comparsa di risposta. Né, ancora, vale al ricorrente richiamare quei precedenti in cui è stato affermato che l'inammissibilità o improcedibilità dell'opposizione non preclude la possibilità di riproporre la domanda riconvenzionale in un successivo, distinto giudizio cfr. Cass. 11602/2002, 1928/1981, 6355/1980, 185/1974 . La declaratoria di inammissibilità assunta nella specie dai giudici a quibus si riferisce infatti esclusivamente al presente processo e non pregiudica la riproposizione della domanda in un futuro, nuovo giudi zio. 3. - Il ricorso va in conclusione respinto, con condanna del ricorrente alle spese processuali, liqui date come in disopositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorren te alle spese processuali, liquidate in € 2.200,00, di cui € 2.000,00 per compensi di avvocato, oltre spese forfetarie e accessori di legge.