Telefonata automatica a scopi commerciali: società censurata dal Garante

Necessario il consenso preventivo, specifico e informato del destinatario delle chiamate preregistrate. Nessuna prova, invece, in questo caso, dalla società sul ‘via libera’ della persona contattata, costretta a subire suo malgrado telefonate ripetute.

Squilla il telefono. Di corsa per rispondere, ma all’altro capo della linea non c’è nessuno solo una voce registrata che offre prodotti e servizi. Facile immaginare la rabbia e il fastidio. Soprattutto se non si è mai fornito il proprio consenso a questo tipo di comunicazioni. Su questo fronte, però, una piccola soddisfazione la società, responsabile della telefonata, è sanzionata dal ‘Garante per la privacy’ Cassazione, sentenza n. 10714/2016, Sezione Prima Civile, depositata il 24 maggio . Telefonate. Nessun dubbio per il ‘Garante’ evidente l’illecito trattamento dei dati personali del privato cittadino, destinatario, suo malgrado, di telefonate preregistrate con fine pubblicitario . Consequenziale la sanzione per la società che, operativa nel settore del telemarketing, non ha dimostrato di avere acquisito il consenso preventivo, specifico e informato delle persone poi raggiunte dalle chiamate automatiche a fini commerciali. Questa visione viene confermata, nonostante le obiezioni della società, dal Tribunale. Per i giudici, alla luce della maggiore invasività delle comunicazioni attuate con l’uso di sistemi automatizzati , l’invio di materiale pubblicitario o di comunicazioni commerciali può essere effettuato solo con il consenso della persona interessata . E il consenso , viene sottolineato, deve essere riferito a quella specifica comunicazione . Dati personali. Linea di pensiero, quella tracciata in Tribunale, condivisa ora dai magistrati della Cassazione. Indiscutibile il fatto che ci si trovi di fronte a comunicazioni commerciali preregistrate, cioè fatte con sistemi automatici di chiamata . Su questo fronte il trattamento dei dati personali delle persone contattate prevede dei limiti precisi per le società che operano nel telemarketing, richiedendo il consenso del destinatario della comunicazione. Ciò perché in caso di chiamate automatizzate finalizzate a veicolare messaggi pubblicitari , spiegano i giudici, manca la possibilità di interazione del destinatario col mittente . Evidente, di conseguenza, l’abuso compiuto dalla società censurata dal ‘Garante’. Anche, anzi soprattutto, perché essa non ha fornito la prova del consenso preventivo, specifico e informato del destinatario delle ripetute telefonate registrate.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 aprile – 24 maggio 2016, n. 10714 Presidente Forte – Relatore Terrusi Svolgimento del processo Il Garante per la protezione dei dati personali hinc solo Garante dichiara a illecito il trattamento dei dati di M.M., alla cui utenza erano state inviate telefonate preregistrate con fine pubblicitario. Di conseguenza vietava, in generale, alla responsabile Compagnia dei telefoni s.r.l., simile tipologia di trattamento o e non fosse risultata la pro a documentale di aver acquisito il consenso preventivo, specifico e informato dei soggetti interessati. Prescriveva infine l'adozione di misure per l'ottemperanza. La società propone a opposizione dinanzi al tribunale di Venezia, ai sensi dell'art. 152 del codice della privacy. Nella resistenza del Garante, il tribunale rigetta a l'opposizione e condanna a l'opponente alle spese di lite. Per quanto ancora di interesse, il tribunale motiva la decisione affermando che, per la maggiore invasività delle comunicazioni attuate con l'uso di sistemi automatizzati, l'invio di materiale pubblicitario o di comunicazioni commerciali poteva essere fatto solo con il consenso dell'interessato, da intendersi come consenso specifico riferito a quella specifica comunicazione che tale principio era operante anche in regime transitorio, dati in possesso del Garante erano sufficienti a sorreggere la misura, dal momento che in una lettera di risposta, a firma del legale rappresentante, la società si era detta in possesso di una propria banca dati anteriore al 2005 e a e a sostenuto la non necessità di una presenti a richiesta di consenso all'utilizzo dei dati per informazioni pubblicitarie essendo stata fornita all'utente idonea informativa . Avverso la sentenza, depositata il 14-11-2011 e non notificata, la società ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro moti i e illustrato pure da memoria. Il Garante ha replicato con controricorso dell'avvocatura dello Stato. Motivi della decisione I. - Col primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 130 del codice della privacy sul rilievo che essa società dispone a del consenso dell'utente, il quale consenso non doveva essere specifico in relazione alle singole chiamate benché si trattasse di chiamate automatizzate. Col secondo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 44, comma 1-bis, d.l. n. 207 del 2008, conv. in l. n. 14 del 2009 in quanto, in relazione ai vari stadi dell'evoluzione legislativa che, ex d.l. n. 135 del 2009, aveva comportato il passaggio dall'originario principio cd. di opt-in a quello cd. di opt-out, la sopra citata norma transitoria legittima a l'utilizzo dei dati raccolti prima del 1° agosto 2005 anche senza informati a e senza consenso dell'utente destinatario di comunicazioni commerciali. Col terzo motivo la ricorrente deduce l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione delle sentenza in ordine al profilo della presenti e acquisizione del consenso dell'interessato e delle adeguatezza dell'istruttoria svolta in sede amministrativa dal Garante. Infine col quarto motivo la ricorrente lamenta l'erroneità della condanna alle spese processuali e il vizio di motivazione sul corrispondente punto. II. - I primi due motivi, che per connessione possono essere trattati congiuntamene, sono infondati. Risulta dall'impugnata sentenza, ed è pacifico in causa, che il trattamento dei dati personali era avvenuto in relazione a comunicazioni commerciali preregistrate. Si tratta a cioè di comunicazioni fatte con sistema automatici di chiamata. Il codice della privacy, agli artt. 129 e 130, consente simile trattamento solo con il consenso dell’interessato. Tale consenso si impone anche dinanzi a quanto stabilito dal comma 3-bis dell'art. 130 aggiunto dall'art. 20-bis del d.l. 25-9-2009, n. 135, conv. in l. 20-11-2009, n. 166 , giacché - come di recente chiarito da questa corte v. recentissima Sez. 1^ n. 2196-16 - la norma che nell'ordinamento ha istituito il regime cd. di opt-out non si applica o e le telefonate siano state effettuate a scopo di marketing con sistemi automatici. Ciò si desume con assoluta nettezza dalla diretti a comunitaria 2002/58-CE, alla quale l'assetto normativo interno è conseguito, atteso che la soluzione opt-out opzione di esclusione , recepita dall'art. 130, comma 3 bis del codice, è stata i i ipotizzata, quanto alle legislazioni nazionali, art. 13, 3° comma solo con riferimento alle chiamate con operatore. Consegue che, in caso di chiamate automatizzate, la possibilità di veicolare messaggi pubblicitari suppone sempre il consenso specifico dell'interessato, in analogia di quel che accade per le comunicazione mediante fax, nelle quali parimenti manca la possibilità di interazione del destinatario col mittente v. Sez. 2^ n. 14326-14 . III. - Non giova l'insistito riferimento della ricorrente al regime transitorio dettato dall'art. 44, comma 1-bis, del d.l. n. 207 del 2008. La norma, inserita dall'articolo 1 della legge di conversione n. 14 del 2009 e successi amente modificata dall'articolo 20-bis, 3° comma, del d.l. n. 135 del 2009, testualmente pre ede che i dati personali presenti nelle banche dati costituite sulla base di elenchi telefonici pubblici formati prima del 1° agosto 2005 sono lecitamente utilizzabili per fini promozionali sino al termine di sei mesi successi i alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, anche in deroga agli articoli 13 e 23 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, dai soli titolari del trattamento che hanno provveduto a costituire dette banche dati prima del 1° agosto 2005 . Ma il riferimento - alla luce dei principi già detti - a associato al fatto che si discorra sempre di chiamate non automatizzate, id est di chiamate con operatore. III. - Il terzo moti o è inammissibile in quanto basato su un fatto - l'acquisizione del consenso del destinatario - che la sentenza ha motivatamente escluso. A tal riguardo la sentenza ha valutato gli elementi che erano stati evidenziati dalla stessa società a mezzo di lettera di risposta ai rilievi del Garante, costituiti dalla presenza del nominati o del destinatario in una propria banca dati quale fatto da cui do ersi desumere la non necessità di altro consenso. Trattasi di valutazione di pieno merito, congruente e logica, insindacabile in questa sede e rispetto alla quale l'attuale doglianza difetta di specificità. IV. - Pure inammissibile è il quarto moti o, che attinge la regolamentazione delle spese processuali. Le spese processuali sono state regolate secondo il criterio di soccombenza, e a tal riguardo il sindacato della corte è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa. Esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la valutazione dell'opportunità di operare una compensazione, in tutto o in parte v. in luogo di molte Sez. 3^ n. 406-08, Sez. 1^ n. 17145-09, Sez. 3^ 25270-09 . V. - Il ricorso è rigettato. La solo recente soluzione data dalla corte al problema interpretati o posto coi primi due moti i, in ogni caso successi a alla proposizione del ricorso, giustifica la compensazione delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.