Il magistrato deve evitare di ingenerare anche il semplice “sospetto” di parzialità

L'art. 2, comma 1, lett. c , d.lgs. n. 109/2006 che sanziona la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge non richiede, sotto il profilo soggettivo, uno specifico intento trasgressivo, tantomeno finalizzato a favorire o danneggiare una delle parti, essendo sufficiente la consapevolezza nell'agente di quelle situazioni di fatto, in presenza delle quali l'ordinamento esige, al fine della tutela dell'immagine del singolo magistrato e dell'ordine di appartenenza nel suo complesso, che lo stesso non compia un determinato atto, versando in una situazione tale da ingenerare, se non il rischio, quantomeno il sospetto di parzialità di chi lo compie.

Le Sezioni Unite della Cassazione sentenza n. 10502/16, depositata il 20 maggio , hanno annullato con rinvio la decisione della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura con la quale magistrato incolpato era stato assolto dalle imputazioni disciplinari a lui addebitate. Il caso le contestazioni mosse al magistrato. Un magistrato veniva incolpato per aver, nell'esercizio delle funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso un Tribunale, violato l'obbligo di astensione nella trattazione di procedimenti penali nei quali era coinvolto, in veste di difensore, un avvocato con il quale il magistrato aveva un risalente legame di amicizia per aver violato le disposizioni organizzative e tabellari della Procura in ordine all'assegnazione a sé stesso di un procedimento in cui gli imputati avevano nominato proprio difensore il predetto avvocato per aver assunto le funzioni di amministratore di una società della quale oltre ad essere socio per il 95% delle quote risultava essere l'effettivo dominus. Ma la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura assolveva da ogni imputazione il magistrato. Contro tale decisione ricorreva il Ministero della Giustizia. Altra circostanza la sussistenza di un contratto di locazione non adeguatamente valutato. Era comunque emerso dalla istruttoria svolta che, quanto al denunciato intrattenimento di relazioni d'affari tra il magistrato incolpato e l’avvocato, era stato stipulato un contratto di locazione, della durata di cinque mesi, tra una società s.r.l. partecipata dall'incolpato e dalla propria sorella, e un’altra società sempre una s.r.l. , partecipata dall’abituale avvocato e dalla propria sorella. Ma la Sezione Disciplinare non aveva ravvisato in tale profilo, in assenza di specifici favoritismi nei confronti del legale, alcuna rilevanza disciplinare. La posizione delle SS.UU. va evitato di ingenerare anche il solo sospetto di parzialità. Secondo le Sezioni Unite, l'art. 2, comma primo, lettera c , del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 che sanziona la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge non richiede - sotto il profilo soggettivo – uno specifico intento trasgressivo, tantomeno finalizzato a favorire o danneggiare una delle parti, essendo sufficiente la consapevolezza nell'agente di quelle situazioni di fatto, in presenza delle quali l'ordinamento esige, al fine della tutela dell'immagine del singolo magistrato e dell'ordine di appartenenza nel suo complesso, che lo stesso non compia un determinato atto, versando in una situazione tale da ingenerare, se non il rischio, quantomeno il sospetto di parzialità di chi lo compie. L’elemento psicologico dell’illecito disciplinare. Ad integrare l'elemento psicologico dell'illecito non è quindi necessaria la coscienza dell'antigiuridicità del comportamento integrante la violazione del precetto, ma è sufficiente la conoscenza di quelle circostanze di fatto in presenza delle quali, in considerazione della ricorrenza dell'interesse proprio o di un proprio congiunto, sussista l'obbligo di astensione, nonché l'adozione, cosciente e volontaria, dell'atto medesimo, pur versandosi in quella situazione. Per questo motivo, in ragione delle circostanze di fatto emerse, le SS.UU. hanno ritenuto necessaria una ulteriore valutazione da parte della Sezione Disciplinare del CSM con riguardo alla effettiva sussistenza di un interesse personale del magistrato.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 19 aprile – 20 maggio 2016, numero 10502 Presidente Rordorf – Relatore Didone Ragioni di fatto e di diritto della decisione 1.- Il Ministero della Giustizia propone impugnazione avverso la sentenza della sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura con la quale il dott. M.M. , veniva assolto per insussistenza degli illeciti disciplinari rispettivamente A di cui agli artt. 1 e 2 comma 1 lett. c del d.lvo numero 109 del 2006 per aver violato, nell’esercizio delle funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa, l’obbligo di astensione nella trattazione di procedimenti penali nei quali era coinvolto,in veste di difensore, l’avv.to A.P. con il quale il magistrato aveva un risalente legame di amicizia B di cui agli artt. 1 e 2 comma 1 lett. n del d.lvo numero 109 del 2006 per aver violato, sempre nell’esercizio delle funzioni di cui al capo A , le disposizioni organizzative e tabellari della Procura in ordine all’assegnazione a sé stesso di un procedimento in cui gli imputati avevano nominato il suddetto l’avv.to A.P. C omissis D di cui agli artt. 1 e 3 comma 1 lett. d del d.lvo numero 109 del 2006 per avere, al di fuori dell’esercizio delle richiamate funzioni, assunto le funzioni di amministratore di una società della quale oltre ad essere socio per il 95% delle quote risultava essere l’effettivo dominus. La sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, nel decisum impugnato, rileva preliminarmente che l’inchiesta ministeriale scaturita da esposto anonimo, interrogazione parlamentare ed articoli pubblicati sulla stampa locale - esclude, relativamente alla ipotizzata relazione d’affari tra il dott. M. e l’avv.to A. e la supposta corsia preferenziale riservata all’avv.to A. , la ricorrenza di elementi concreti tali da convincere di uno sviamento dalle funzioni a fini particolari essendo emerso esclusivamente, quanto al denunciato intrattenimento di relazioni d’affari, la stipula di un contratto di locazione della durata di cinque mesi dal 30 maggio al 28 ottobre 2011 tra la società Panama srl, partecipata dall’incolpato e dalla propria sorella e la Geostudi srl partecipata dall’avv.to A. e dalla propria sorella e in relazione ai molteplici procedimenti trattati, che le determinazioni assunte erano state di segno opposto alle aspettative del nominato avvocato e che non vi era stato alcun conseguimento di vantaggi da parte di magistrati titolari d’indagine. Tanto premesso la predetta Sezione disciplinare, con riferimento al capo A dell’incolpazione, pone a base della decisione il rilievo fondante secondo il quale per i procedimenti risalenti ad epoca anteriore alla stipulazione del citato contratto di locazione, la violazione dell’obbligo di astensione era stata già esclusa dalla stessa Sezione con ordinanza numero 122 del 2012 in quanto il mero rapporto di amicizia tra il dott. M. e l’avv.to A. , interessato a vario titolo ai predetti procedimenti non era idoneo a determinare la sussistenza di un siffatto obbligo. Per i procedimenti penali iscritti successivamente alla stipula del contratto di locazione in parola, la Sezione disciplinare esclude, in base alle emergenze istruttorie ed ai rilievi svolti nella citata ordinanza numero 122 del 2012, la sussistenza della contestata violazione dell’obbligo di astensione non risultando alcun favoritismo nei confronti dell’avv.to A. , la consapevolezza dell’antigiuridicità della mancata astensione e l’interesse personale del dott. M. e tanto anche in considerazione del rilievo secondo cui la giurisprudenza disciplinare precedente alla sentenza numero 5701 del 2012 delle Sezioni Unite della Cassazione aveva escluso che la stipula di un contratto di locazione, come quello di specie, determinasse la configurabilità di un obbligo di astensione e comunque il contratto, sottolinea la Sezione disciplinare, era intervenuto tra due società aventi personalità giuridica autonoma. Né risulta, sempre secondo la Sezione disciplinare in parola, la prova dello svolgimento da parte dl dott. M. dell’attività di amministratore della società Panama srl e riscontri probatori tali da suffragare un intreccio d’interessi economici tra l’incolpato ed il citato avvocato. Tanto, a parere della Sezione disciplinare, determina altresì la infondatezza della incolpazione di cui al capo D . Relativamente all’addebito di cui al capo B - concernente la violazione delle disposizioni organizzative e tabellari della Procura in ordine all’assegnazione a sé stesso di un procedimento in cui gli imputati avevano nominato il suddetto avv.to Piero A. - l’organo disciplinare, precisato che il dott. M. al momento dell’autoassegnazione del procedimento non era a conoscenza che gli indagati sarebbero stati, poi, assistiti dall’avv.to A. , ne escludeva la sussistenza dell’incolpazione per essere emersa una prassi in base alla quale nei casi di urgenza, come quello di specie, il Sostituto procuratore che riceveva la comunicazione della notizia di reato e procedeva alla relativa iscrizione si autoassegnava il procedimento. L’impugnazione del Ministero della Giustizia si fonda su due motivi. Parte intimata non ha svolto attività difensiva ma, in prossimità dell’udienza, ha depositato procura speciale ai fini della partecipazione alla discussione. 2.- Con il primo motivo il Ministero ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 51, comma 1, numero 3 cpc, 1 e 2 comma 1 lett. c del d.lgs numero 109 del 2006 nonché mancanza contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b ed e cpp. Sostiene il Ministero che la sentenza impugnata è errata nella parte in cui nega l’esistenza di un obbligo di astensione per il dott. M. nei procedimenti penali successivi alla stipula del contratto di locazione e laddove si afferma che tale eventuale inosservanza non avrebbe determinato alcun favore per l’avv. A. . In particolare sottolinea parte ricorrente, la Sezione disciplinare ha omesso di considerare che i rapporti tra l’avv.to A. ed il dott. M. erano connotati da risalente amicizia consistita in frequentazioni, amicali e scientifiche, nel tempo divenute via via più intense nonché da legami di natura economica accertati a partire dal 31 maggio 2011. Richiama, al riguardo il Ministero della giustizia l’ordinanza cautelare resa inter partes dalla Sezione disciplinare numero 114/2012 da cui si evince che il dott. M. si era astenuto a causa dell’amicizia con l’avv.to A. per la prima e sola volta il 27 febbraio 2008 dimostrando in tal modo di avere avuto la percezione da quel momento della doverosità dell’astensione. Né, aggiunge il Ministero ricorrente, è scriminante l’argomentazione, sia pure articolata ad abundantiam dalla Sezione disciplinare, secondo la quale solo a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite di cui alla sentenza numero 5701 del 2012 si è avuto un mutamento di giurisprudenza sulla sussistenza d’un interesse personale del magistrato parte di un contratto di locazione poiché, ai fini di cui trattasi, non è richiesto, assume il Ministero della Giustizia richiamando giurisprudenza di queste Sezioni Unite, uno specifico intento trasgressivo, ma è sufficiente la l’adozione cosciente e volontaria dell’atto. Del resto, assume il Ministero ricorrente, non è rilevante che il contratto di locazione sia stato stipulato da due società aventi personalità giuridica autonoma ovvero che non risulta l’esercizio da parte del dott. M. delle funzioni di amministratore di una delle società, ma è rilevante che per una di esse il dott. M. era socio al 95% e la Sezione disciplinare non spiega le ragioni per le quali la partecipazione ad una delle società non avrebbe potuto influire in alcun modo sulla configurabilità dell’interesse personale del magistrato. Relativamente ai procedimenti per i quali la Sezione disciplinare esclude favoritismi verso l’avv.to A. il Ministero ricorrente sottolinea che secondo giurisprudenza disciplinare e delle Sezioni Unite è inconferente ex art. 2, comma 1, lett. c del d.lvo numero 109 del 2006, contrariamente a quanto affermato in sentenza, il riferimento al tenore delle determinazioni assunte dal magistrato nei procedimenti indicati nella imputazione . 3.- Il motivo è fondato. Va premesso che non è impugnata la decisione disciplinare nella parte in cui ha escluso gli addebiti relativi al capo a in relazione ai procedimenti, risalenti ad epoca anteriore alla stipulazione del contratto fra le società riferibili all’incolpato e all’avv. A. , in relazione ai quali non era configurabile un obbligo di astensione a carico del dott. M. , in quanto il mero rapporto di amicizia tra lui e il predetto avvocato, interessato a vario titolo ai menzionati procedimenti, rapporto al quale risultavano estranei interessi di natura economica, non era idoneo a determinare la sussistenza di un siffatto obbligo. In relazione, pero, ai procedimenti successivi alla stipula del contratto di locazione tra le predette società, va ricordato che queste Sezioni Unite con riferimento al dovere di astensione hanno affermato e ribadito che l’art. 2, comma primo, lettera c , del d.lgs. 23 febbraio 2006, numero 109, consistente nella consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge non richiede - sotto il profilo soggettivo - uno specifico intento trasgressivo, tantomeno finalizzato a favorire o danneggiare una delle parti, essendo sufficiente la consapevolezza nell’agente di quelle situazioni di fatto, in presenza delle quali l’ordinamento esige, al fine della tutela dell’immagine del singolo magistrato e dell’ordine di appartenenza nel suo complesso, che lo stesso non compia un determinato atto, versando in una situazione tale da ingenerare, se non il rischio, quantomeno il sospetto di parzialità di chi lo compie con la conseguenza che ad integrare l’elemento psicologico dell’illecito non è necessaria la coscienza dell’antigiuridicità del comportamento integrante la violazione del precetto, ma è sufficiente la conoscenza di quelle circostanze di fatto in presenza delle quali, in considerazione della ricorrenza dell’interesse proprio o di un proprio congiunto, sussista l’obbligo di astensione, nonché l’adozione, cosciente e volontaria, dell’atto medesimo, pur versandosi in quella situazione Cass. S.U. numero 5942 del 2013, Cass. S.0 numero 21853 del 2012 e Cass. S.U. 11431 del 2010 . In particolare nella sentenza numero 5942 del 2013 cit. si è ritenuto, altresì, non necessario che il magistrato sia a conoscenza o condivida l’orientamento, ormai da tempo consolidato nella giurisprudenza, sia della sezione Disciplinare del C.S.M. sia delle Sezioni Unite ravvisante, ai fini della doverosità dell’astensione, l’integrazione del precetto di cui alla norma disciplinare mediante quello penale, di cui all’art. 323 cp. A minor ragione sono richiesti, non essendo la fattispecie tipica connotata da dolo specifico, l’espresso intento di favorire qualcuno, oppure di danneggiare le rispettive controparti, né, a fortiori, l’avveramento di siffatti eventi, costituendo questi ultimi un elemento oggettivo soltanto dell’illecito penale, dal quale quello disciplinare mutua, ai fini dell’integrazione del precetto, la sola condotta tipica. Ciò evidenziato, quanto alla violazione di legge denunciata dal ricorrente, appare altresì fondata la censura motivazionale nella parte in cui denuncia il rilievo della stipulazione del contratto di locazione, anche se le parti del rapporto erano costituite da due società aventi personalità giuridica autonoma, non essendo stata valorizzata la pur accertata intestazione del 95% delle quote di una di esse in capo all’incolpato, nonostante l’esclusione dell’esercizio da parte di quest’ultimo delle funzioni di amministratore della società medesima. Sì che appare necessaria una nuova valutazione della partecipazione ad una delle società del rapporto obbligatorio ai fini della configurabilità dell’interesse personale del magistrato. 4.- Con il secondo motivo il Ministero della Giustizia denuncia violazione e/o erronea applicazione degli artt. 51, comma 1, numero 3 cpc, 1 e 2 comma 2 lett. N d.lvo numero 109 del 2006 in relazione all’art. 606, comma 1, lett. E cpp. Sostiene il Ministero della Giustizia, con riferimento al capo B dell’incolpazione relativo alla violazione delle disposizioni organizzative e tabellari della Procura in ordine all’assegnazione a sé stesso da parte del dott. M. di un procedimento in cui gli imputati avevano nominato l’avv.to A.P. , che la motivazione della sentenza impugnata, nella quale viene esclusa l’incolpazione sul rilevo dell’esistenza di una prassi che autorizzava l’autoassegnazione in casi di urgenza, è censurabile perché per un verso si basa sulle dichiarazioni generiche del teste L. , e dall’altro non tiene conto delle affermazioni di segno opposto di altri testimoni. Né è risultato, prospetta il Ministero ricorrente, avallo alcuno da parte del Procuratore dell’autoassegnazione. Critica, poi, il Ministero ricorrente, il riferimento all’affermazione della Sezione disciplinare secondo la quale un solo episodio di violazione delle disposizioni interne purché privo del clamore esterno sarebbe disciplinarmente irrilevante. Allega, infine, il Ministero della Giustizia che la Sezione disciplinare non ha tenuto conto che l’incolpazione di cui trattasi, come emergente dalle ordinanze cautelari della stessa Sezione disciplinare, riguardava tre procedimenti e non uno. 5.- Osserva preliminarmente la Corte che in relazione al capo B dell’incolpazione le argomentazioni svolte dal Ministero ricorrente, attingendo, peraltro, da fonti probatorie non emergenti dal provvedimento impugnato, non sono tali da superare il vaglio di inammissibilità a fronte del disposto normativo per il quale l’illecito contestato ricorre nell’ipotesi di reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario o sui servizi organizzativi e informatici adottate dagli organi competenti , laddove la Sezione disciplinare ha escluso con motivazione esente da censure la gravità del fatto ed essendo limitata la contestazione ad un unico episodio, non potendosi, al fine dell’accertamento della reiterazione, fare riferimento ad episodi contestati in altro procedimento separato e sui quali non risulta vi sia stato accertamento da parte del giudice disciplinare. Pertanto, rigettato il secondo motivo e in accoglimento del primo, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Sezione disciplinare per nuovo esame. P.Q.M. La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura per nuovo esame.