L’attrazione dell’opposizione al decreto di liquidazione delle spese di giustizia nel modello del rito sommario comporta che il termine per la relativa proposizione sia quello di trenta giorni stabilito in generale per il riesame dei provvedimenti adottati in prima istanza nell’ambito di procedure riconducibili allo schema del rito sommario.
Lo ha affermato la Corte Costituzionale, con la sentenza numero 106 pubblicata il 12 maggio 2016. Spese di giustizia non c’è più un termine per opporsi alla liquidazione? La pronuncia in commento trae origine da due ordinanze di rimessione sostanzialmente identiche che hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 34, comma 17 modificativo dell’articolo 170 del d.P.R. numero 115/2002 e dell’articolo 15, comma 2 recante una nuova disciplina dell’opposizione a decreto di pagamento delle spese di giustizia , del d.lgs. numero 150/2011, nella parte in cui tali disposizioni hanno abrogato l’inciso, contenuto nel testo originario dell’articolo 170 del d.P.R. numero 115/2002, «entro venti giorni dall’avvenuta comunicazione», previsto per la proposizione dell’opposizione al decreto di liquidazione. Secondo i giudici a quibus , tale disciplina violerebbe, in primo luogo, l’articolo 76 Cost., in relazione alla norma di delega di cui all’articolo 54, commi 1 e 4, della l. numero 69/2009, in quanto la soppressione, da parte del legislatore delegato, del termine originariamente previsto per la proposizione della opposizione al decreto di liquidazione delle spese di giustizia eccederebbe dall’ambito della delega, circoscritta alla mera “riconduzione” dell’ iter processuale delle opposizioni ad un rito preesistente. In via subordinata, la disciplina censurata contrasterebbe, comunque, con l’articolo 3 Cost., in quanto darebbe luogo ad un’ingiustificata diversa disciplina della fattispecie della liquidazione dell’ausiliario del giudice rispetto ad ogni altra ipotesi di provvedimento emesso inaudita altera parte, per le quali è previsto il termine decadenziale di proposizione del ricorso con l’articolo 24 Cost., poiché il provvedimento avente ad oggetto la liquidazione dell’ausiliario del giudice, in mancanza di un termine, risulterebbe ricorribile sine die e con l’articolo 111, comma 7, Cost., in quanto la mancata previsione di un termine per la proposizione del ricorso sottrarrebbe la fattispecie in esame ad un equo vaglio giurisdizionale sulla base di primarie esigenze di certezza sui tempi del processo. La Consulta ricostruisce il quadro normativo. L’originaria formulazione dell’articolo 170 del d.P.R. numero 115/2002 Testo unico in materia di spese di giustizia prevedeva, al 1° comma, che, avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell’ausiliario del magistrato, il beneficiario e le parti processuali potessero proporre opposizione, «entro venti giorni dall’avvenuta comunicazione», al presidente dell’ufficio giudiziario competente. In attuazione della delega di cui all’articolo 54, commi 1 e 4, della l. numero 69/2009, il legislatore delegato, con il denunciato articolo 34, comma 17, del d.lgs. numero 150/2011, ha sostituito, come detto, il 1° comma dell’articolo 170 cit. ed abrogato i due commi successivi, con la conseguenza che, ora, tale disposizione prevede solamente che «Avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell’ausiliario del magistrato, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono porre opposizione» e che «L’opposizione è disciplinata dall’articolo 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, numero 150». Quest’ultima disposizione definisce l’ iter processuale delle opposizioni in esame, riconducendolo al rito sommario di cognizione. A sua volta, anche il citato articolo 15 non fa, però, alcuna menzione del termine perentorio originariamente previsto per la proposizione della opposizione da qui trae origine la lettura fornita dai giudici rimettenti secondo cui l’opposizione avverso il decreto di liquidazione del compenso dovuto all’ausiliario del giudice sarebbe ora proponibile sine die, restando, perciò, soggetta solo al termine ordinario di prescrizione, “irragionevolmente eccessivo”. Il decreto di liquidazione è opponibile entro 30 giorni. Secondo la Consulta, le ordinanze di rimessione poggiano su un’errata ricostruzione del quadro normativo vigente. In attuazione della delega contenuta nella l. numero 69/2009, il legislatore delegato, con il d.lgs. numero 150/2011, ha, come è noto, “ricondotto” varie tipologie di procedimenti a tre soli principali schemi di rito rispettivamente, il rito del lavoro, il rito ordinario ed il rito sommario. E, quanto a quest’ultimo, ha fatto riferimento alla disciplina introdotta ex novo dall’articolo 51 della medesima legge di delega, con l’inserimento – nel corpus del codice di procedura civile, all’interno del Titolo I del suo Libro IV – di un Capo III bis rubricato “Del procedimento sommario di cognizione” , composto dagli articolo 702 bis , 702 ter e 702 quater . In particolare, quest’ultima disposizione prevede che il provvedimento adottato in prima istanza dal giudice monocratico si consolidi in giudicato se non è appellato «entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione». Orbene, l’articolo 15, comma 1, del d.lgs. numero 150/2011 dispone, appunto, che le opposizioni ai decreti in tema di spese di giustizia “sono regolate dal rito sommario” ciò presuppone che, nello schema base di tale modulo processuale, il decreto di liquidazione del compenso all’ausiliario debba considerarsi equiparato all’ordinanza del giudice monocratico, appellabile ex articolo 702 quater c.p.c L’attrazione dell’opposizione in esame nel modello del rito sommario di cognizione spiega, dunque, perché il termine per la correlativa proposizione non sia più quello speciale, di venti giorni, previsto nel testo originario dell’articolo 170 del d.P.R. numero 115/2002, bensì quello di trenta giorni stabilito ora in via generale per il riesame dei provvedimenti adottati in prima istanza nell’ambito di procedure riconducibili allo schema del rito sommario. Cade, così, la premessa su cui poggiano le ordinanze di rimessione secondo cui l’opposizione al decreto di liquidazione delle spese di giustizia − nel testo novellato dell’articolo 170 cit. − sarebbe stata sottratta a qualsiasi termine impugnatorio e resa proponibile sine die .
Corte Costituzionale, sentenza 6 aprile – 12 maggio 2016, numero 106 Presidente Grossi – Relatore Morelli Ritenuto in fatto 1.− Nel corso di una procedura di espropriazione immobiliare, in sede di ricorso per cassazione, proposto dalla creditrice espropriante avverso il provvedimento del Tribunale di Como , con il quale la sua opposizione al decreto di liquidazione del compenso all’ausiliario del giudice, era stata dichiarata inammissibile per inosservanza del termine perentorio di «venti giorni dalla avvenuta comunicazione» di cui all’articolo 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A , l’adita Corte di legittimità – premessane la rilevanza, in quanto la ricorrente eccepiva l’estraneità di quel termine al testo novellato applicabile ratione temporis del citato articolo 170 – ha sollevato, con l’ordinanza in epigrafe, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 34, comma 17 modificativo del predetto articolo 170 del d.P.R. numero 115 del 2002 , e dell’articolo 15, comma 2 recante nuova disciplina dell’opposizione a decreto di pagamento delle spese di giustizia , del decreto legislativo 1° settembre 2011, numero 150 Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, numero 69 , nella parte, appunto, in cui risulta, da dette disposizioni, «abrogato l’inciso contenuto nell’originario primo comma dell’articolo 170 d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, “entro venti giorni dall’avvenuta comunicazione”». Secondo la Corte rimettente, la normativa denunciata violerebbe, in primo luogo, l’articolo 76 della Costituzione, in relazione alla norma di delega di cui all’articolo 54, commi 1 e 4, della legge 18 giugno 2009, numero 69 Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile , in quanto la soppressione, da parte del legislatore delegato, del termine, originariamente previsto per la proposizione della opposizione al decreto di liquidazione delle spese di giustizia, «eccede certamente dall’ambito della delega, circoscritta com’è stata questa – nella specie – alla mera “riconduzione” di un rito preesistente ad altro». In via subordinata, contrasterebbe, comunque, con l’articolo 3 Cost., con il dar luogo ad una ingiustificata diversa disciplina della fattispecie della liquidazione dell’ausiliario del giudice rispetto ad ogni altra ipotesi di provvedimento emesso inaudita altera parte, per le quali è previsto il termine decadenziale di proposizione del ricorso con l’articolo 24 Cost., poiché il provvedimento avente ad oggetto la liquidazione dell’ausiliario del giudice, risulterebbe sine die ricorribile, in mancanza di un termine in proposito e con l’articolo 111, settimo comma, Cost., in quanto la mancata previsione di un termine per la proposizione del ricorso sottrarrebbe la fattispecie in esame ad un equo vaglio giurisdizionale sulla base di primarie esigenze di certezza sui tempi del processo. 2.− In altro procedimento di opposizione a decreto di liquidazione del compenso spettante ad un ausiliario del giudice, il Tribunale ordinario di Bergamo ha, a sua volta, sollevato, con l’ordinanza in epigrafe, questione – sostanzialmente identica a quella prospettata in via principale dalla Corte di cassazione – di legittimità costituzionale «dell’articolo 34, comma 17, del d.lgs. 150 del 2011, per contrasto con l’articolo 76 Cost. in relazione all’articolo 54, comma 4, della l. 69 del 2009, nella parte in cui, sostituendo il comma 1 dell’articolo 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, ha soppresso il termine di venti giorni dall’avvenuta comunicazione previsto dall’originaria versione della norma sostituita». 3.− Nei due giudizi innanzi a questa Corte – che possono riunirsi per l’identità della norma denunciata sulla base della medesima censura di eccesso di delega – non vi è stata costituzione di parti, né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri. Considerato in diritto 1.− La Corte di cassazione e il Tribunale ordinario di Bergamo, nei due giudizi come sopra riuniti, sollevano la medesima questione di legittimità costituzionale dell’articolo 34, comma 17 – cui la Corte di cassazione affianca l’articolo 15, comma 2 – del decreto legislativo 1° settembre 2011, numero 150 Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, numero 69 , per contrasto con l’articolo 76 della Costituzione, in relazione alla norma di delega di cui all’articolo 54, comma 4 – cui la Corte di cassazione premette il comma 1– della legge 18 giugno 2009, numero 69 Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile , nella parte in cui la denunciata normativa, sostituendo l’articolo 170, comma 1, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A , ha soppresso il termine di «venti giorni dall’avvenuta comunicazione», previsto per la proposizione dell’opposizione al decreto di liquidazione delle spese di giustizia, nel testo della disposizione sostituita. 1.1.− Il testo originario dell’articolo 170 prevedeva, infatti, al comma 1, che «Avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell’ausiliario del magistrato [] il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione, entro venti giorni dall’avvenuta comunicazione, al presidente dell’ufficio giudiziario competente». In attuazione della delega di cui ai primi quattro commi dell’articolo 54 della legge numero 69 del 2009, il legislatore delegato ha, per quanto qui rileva, con il denunciato articolo 34, comma 17, del d.lgs. numero 150 del 2011, sostituito, come detto, il primo comma dell’articolo 170 ed abrogato i due suoi commi successivi, sicché effettivamente esso, ora, solamente prevede che «Avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell’ausiliario del magistrato, [] il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono porre opposizione» e che «L’opposizione è disciplinata dall’articolo 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, numero 150». Quest’ultima disposizione definisce l’iter processuale delle opposizioni in esame, stabilendo che esse «sono regolate dal rito sommario di cognizione [] Il ricorso è proposto al capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato [] Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente [ ] L’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa [] Il presidente può chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione [] L’ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile.» A sua volta, anche il predetto articolo 15 non fa, però, menzione alcuna del termine perentorio originariamente previsto per la proposizione della opposizione di che trattasi. Da ciò il sospetto di violazione dell’articolo 76 Cost., riferito alla denunciata normativa delegata, la quale – con il “sopprimere” il termine di cui sopra, «coessenziale alla certezza del diritto e quindi alla funzione stessa del processo» – avrebbe ecceduto dagli obiettivi, di “coordinamento”, fissati dal legislatore delegante del 2009. 1.2.− Nella prospettazione comune ad entrambi i rimettenti, la questione, così sollevata, muove, dunque, dalla premessa che – in conseguenza dell’intervenuta sostituzione dell’articolo 170 del d.P.R. numero 115 del 2002 ad opera dell’articolo 34, comma 17, del d.lgs. numero 150 del 2011 – l’opposizione avverso il decreto di liquidazione del compenso dovuto all’ausiliario del giudice sia ora proponibile “sine die” e resti, perciò, soggetta solo al termine ordinario di prescrizione, «irragionevolmente eccessivo». 1.3.− Una tale premessa evidenzia, però, una non completa ricognizione del quadro normativo di riferimento. 1.3.1.− In attuazione della delega di cui al comma 1 dell’articolo 54 della legge numero 69 del 2009 – la quale demandava al Governo di adottare uno o più decreti legislativi «in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione che rientrano nell’ambito della giurisdizione ordinaria e che sono regolati dalla legislazione speciale» – il legislatore delegato, con il d.lgs. numero 150 del 2011, ha, come è noto, “ricondotto” varie tipologie di procedimenti a tre soli principali schemi di rito rispettivamente, il cosiddetto rito del lavoro, il rito ordinario ed il rito sommario. E, quanto a quest’ultimo, ha fatto riferimento alla disciplina introdotta ex novo dall’articolo 51 della medesima legge di delega, con l’inserimento – nel corpus del codice di procedura civile, all’interno del Titolo I del suo Libro IV – di un Capo III-bis rubricato «Del procedimento sommario di cognizione» , composto dagli articolo 702-bis Forma della domanda – Costituzione delle parti , 702-ter Procedimento e 702-quater Appello . In particolare, l’articolo 702-quater prevede che il provvedimento adottato in prima istanza dal giudice monocratico si consolidi in giudicato se non è appellato «entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione». 1.3.2.− Orbene, l’articolo 15, comma 1, del d.lgs. numero 150 del 2011 dispone, appunto, che le opposizioni ai decreti in tema di spese di giustizia «sono regolate dal rito sommario». Ciò presuppone che, nello schema base di tale modulo processuale, il decreto di liquidazione del compenso all’ausiliario – emesso dal giudice che lo ha nominato ed opponibile ex articolo 15, comma 2, del predetto decreto legislativo innanzi al capo dell’ufficio cui appartiene quel magistrato – debba, di conseguenza, considerarsi equiparato all’ordinanza del giudice monocratico, appellabile ex articolo 702-quater cod. proc. civ. Pertanto, il termine, di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione del provvedimento, di cui al citato articolo 702-quater cod. proc. civ., deve ritenersi parimenti riferito, sia all’opposizione avverso il decreto sulle spese di giustizia, sia all’appello avverso l’ordinanza di cui all’articolo 702-ter dello stesso codice, per esigenze di omogeneità del rito, al quale i due sia pur diversi comparati procedimenti sono ricondotti. 1.3.3.− L’attrazione dell’opposizione in esame nel modello del rito sommario di cognizione spiega, dunque, perché il termine per la correlativa proposizione non sia più quello speciale, di venti giorni, previsto nel testo originario dell’articolo 170 del d.P.R. numero 115 del 2002, bensì quello di trenta giorni stabilito ora in via generale per il riesame dei provvedimenti adottati in prima istanza nell’ambito di procedure riconducibili allo schema del rito sommario. 1.3.4.− Cade, così, la premessa che l’opposizione al decreto di liquidazione delle spese di giustizia − nel testo del predetto articolo 170, come novellato dall’impugnato articolo 34, comma 17, del d.lgs. numero 150 del 2011 − sia stata sottratta a qualsiasi termine impugnatorio e resa proponibile sine die. E ciò conduce ad escludere che abbia alcun fondamento il dubbio di violazione dell’articolo 76 Cost., riferito, in ragione di quella errata premessa, ai denunciati articolo 34, comma 17, e 15, comma 2, del d.lgs. numero 150 del 2011. 2.− In quanto argomentata sulla base della medesima errata premessa di cui sopra, risulta priva di consistenza anche la questione di legittimità costituzionale della suddetta normativa delegata, come sollevata, in via subordinata, dalla Corte di cassazione, in riferimento agli articolo 3, 24 e 111, settimo comma, Cost. Per questi motivi La Corte Costituzionale riuniti i giudizi, 1 dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli articolo 34, comma 17, e 15, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, numero 150 Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, numero 69 , sollevata, in riferimento all’articolo 76 della Costituzione – in relazione all’articolo 54, commi 1 e 4, della legge numero 69 del 2009 – ed agli articolo 3, 24 e 111, settimo comma, Cost., dalla Corte di cassazione, con l’ordinanza in epigrafe indicata 2 dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 34, comma 17, del d.lgs. numero 150 del 2011, sollevata in riferimento all’articolo 76 Cost., in relazione all’articolo 54, comma 4, della legge numero 69 del 2009, dal Tribunale ordinario di Bergamo, con l’ordinanza in epigrafe indicata.