Appello inammissibile? In difetto di comunicazione e notifica si ricorre in Cassazione entro sei mesi

Poiché l’art. 348-ter, terzo comma, c.p.c. prevede che, una volta dichiarato inammissibile l’appello con l’ordinanza di cui al primo comma della stessa norma, può essere proposto ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado stabilisce poi che il termine per il ricorso per cassazione decorre dalla comunicazione atto della cancelleria o, se anteriore, dalla notificazione atto ad istanza di parte . Orbene, deve ritenersi che il riferimento a detto termine evochi quello indicato dal secondo comma dell’art. 325 c.p.c. termine c.d. breve di sessanta giorni , restando così esclusa la possibilità di intendere la successiva previsione dell’applicabilità dell’art. 327 c.p.c. e, quindi, del suo primo comma, come significativa della volontà del legislatore di far decorrere dai detti eventi il termine c.d. lungo colà previsto, che pertanto, resta applicabile allorquando non sia avvenuta né la comunicazione né la notificazione.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 8476 depositata il 29 aprile 2016. Il fatto. Il ricorrente, successivamente alla declaratoria da parte della Corte territoriale adita dell’inammissibilità dell’appello proposto avverso la sentenza emessa in primo grado inter partes , proponeva ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 348- ter , terzo comma, cc.p.c Nella caso di specie, gli Ermellini, hanno ritenuto manifestamente inammissibile il ricorso in quanto sia nell’intestazione che in seguito, parte ricorrente ometteva di allegare che l’ordinanza della Corte di appello non gli sarebbe mai stata comunicata. In particolare, i giudici osservano che ai sensi del terzo comma, dell’art. 348- ter c.p.c. il termine per l’impugnazione riferito alla sentenza di primo grado, decorre dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione, e quindi, in difetto sia dell’una che dell’altra formalità la stessa norma prevede l’operatività del c. d. termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c. ossia 6 mesi . Ne consegue che, chi esercita il diritto di ricorrere per cassazione, se è avvenuta la comunicazione dell’ordinanza, deve rispettare il termine di sessanta giorni da essa. Solo per il caso che la controparte abbia notificato la sentenza prima della comunicazione il termine de quo decorre dalla notificazione. Lo stesso decorso si verifica se la cancelleria ometta del tutto la comunicazione. Infine, ove risulti del tutto omessa la comunicazione e manchi anche la notificazione, allora in quest’ultimo caso opera il termie lungo di cui all’art. 327 c.p.c Concludendo. Sulla scorta della predetta disciplina è possibile affermare che chi esercita il diritto di ricorrere in Cassazione per proporre impugnazione ai sensi dell’art. 348- ter , terzo comma, c.p.c. per dimostrare la sua tempestività qualora il ricorso venga proposto oltre il termine dei sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, potendo la comunicazione avvenire fino dallo stesso giorno della pubblicazione, è tenuto ad allegare se la comunicazione sia mancata al momento in cui notifica il ricorso, che essa non è avvenuta e, gradatamente, che non è avvenuta la notificazione e che, pertanto, propone il ricorso fruendo del c. d. termine lungo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 9 marzo – 29 aprile 2016, n. 8476 Presidente Armano – Relatore Frasca Fatto e diritto Ritenuto quanto segue p.1. B.G. , nella qualità, quale coniuge, di erede legittimo di C.D. , ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 348-ter, terzo comma, c.p.c. contro l’Impresa Edile A.M. e N.C. e avverso la sentenza n. 274 del 2011, emessa in primo grado inter partes dal Tribunale di Verona. Il ricorso è stato proposto dopo la declaratoria, da parte della Corte di Appello di Venezia, con ordinanza ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c. del 16 aprile 2013, dell’inammissibilità dell’appello proposto dal ricorrente avverso la suddetta sentenza di primo grado. p.2. Al ricorso ha resistito con controricorso il N. , mentre non hanno svolto attività difensiva gli altri intimati. p.3. Prestandosi il ricorso ad essere trattato ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. è stata redatta relazione ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione agli avvocati delle parti costituite unitamente al decreto di fissazione dell’odierna adunanza. Parte ricorrente ha depositato memoria. Considerato quanto segue p.1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. che, per mero errore materiale, indicava la data di deposito dell’ordinanza della corte territoriale nel 19 luglio 2013 sono state svolte le seguenti considerazioni p.3. Il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c, in quanto appare manifestamente inammissibile. Queste le ragioni. p.3.1. Sia nell’intestazione del ricorso, sia successivamente parte ricorrente non ha allegato che l’ordinanza della Corte d’Appello non gli sarebbe stata comunicata. Ora, il terzo comma dell’art. 348-ter c.p.c. prevede che il termine per l’impugnazione, riferito alla sentenza di primo grado, decorre dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore e, quindi, per il caso di mancanza dell’una e dell’altra formalità, prevede l’operatività del c.d. termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c Ne segue che chi esercita il diritto di ricorrere in cassazione, se è avvenuta la comunicazione dell’ordinanza deve rispettare il termine di sessanta giorni da essa, posto che l’art. 348-ter, terzo comma, secondo inciso, quando allude al termine per proporre ricorso per cassazione, allude a quello di cui al secondo comma dell’art. 325 c.p.c. Solo per il caso che la controparte abbia notificato la sentenza prima della comunicazione che l’art. 133 c.p.c. assoggetta ad un termine di cinque giorni e ciò anche nel testo applicabile alla controversia notifichi, il termine de quo decorre dalla notificazione. Lo stesso decorso si verifica se la cancelleria ometta del tutto la comunicazione. In fine, solo qualora risulti omessa la comunicazione e manchi anche la notificazione, opera il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c Questa essendo la disciplina dettata dal legislatore chi esercita il diritto di ricorrere in Cassazione a norma dell’art. 348-ter, terzo comma, c.p.c., per dimostrare la sua tempestività, qualora proponga il ricorso oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, potendo la comunicazione avvenire fino dallo stesso giorno della pubblicazione, è tenuto ad allegare, se la comunicazione sia mancata al momento in cui notifica il ricorso, che essa non è avvenuta e, gradatamente, che non è avvenuta la notificazione e che, pertanto, propone il ricorso fruendo del c.d. termine lungo. Nella specie la ricorrente non ha allegato che l’ordinanza non le sarebbe stata comunicata ed ha notificato il ricorso nel dicembre del 2013, cioè ben oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, che, al lordo della sospensione dei termini per il periodo feriale del 2014, venivano scadere il 15 giugno 2013. In tale situazione non essendo stata allegata la mancata comunicazione l’impugnazione non appare tempestiva già sulla base della sola lettura del ricorso, giacché, essendo la comunicazione possibile dalla data della pubblicazione, la mancata allegazione del se e quando essa sia avvenuta rende il ricorso nella sua attività assertiva carente dell’allegazione della sua tempestività. p.3.2. Peraltro, dalla stessa copia dell’ordinanza e da quanto allegato anche nel controricorso dal resistente emerge che l’ordinanza della Corte d’appello palermitana venne comunicata a mezzo PEC lo stesso giorno della sua pubblicazione, onde la mancanza di dimostrazione della tempestività del ricorso, emergente dalla segnalata carenza di allegazione del ricorso la quale di per sé sola avrebbe giustificato l’inammissibilità, salvo dimostrazione nella fissanda camera di consiglio dell’ipotetica mancanza di comunicazione , risulta anche conclamata. p.3.3. Per mera completezza si deve anche aggiungere che l’esposizione del fatto del ricorso risulta assolutamente carente, non essendosi indicate le ragioni dell’appello e, dunque, non potendosi neppure comprendere se le questioni ora sollevate contro la sentenza di primo grado con esse erano state al giudice d’appello devolute si vedano in termini Cass. ord. nn. 8940, 8941, 8942 e 8943 del 2014 . p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali parte ricorrente muove rilievi che non appaiono in alcun modo idonei a superarle. Essi si sostanziano nell’assunto che il terzo comma dell’art. 348-ter c.p.c., quando allude al termine per impugnare riferendolo alla comunicazione avrebbe voluto individuare tale termine, in quanto non previsto dalle norme generali sui termini c.d. brevi per l’impugnazione, nel termine c.d. lungo ora di sei mesi, di cui all’art. 327, primo comma, c.p.c La prospettazione della parte ricorrente è priva di fondamento questa Corte ha già affermato il principio di diritto secondo cui Poiché l’art. 348-ter, terzo comma, c.p.c., nel prevedere che, una volta dichiarato inammissibile l’appello con l’ordinanza di cui al primo comma della stessa norma, può essere proposto ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado, stabilisce poi che il termine per il ricorso per cassazione decorre dalla comunicazione atto della cancelleria o, se anteriore, dalla notificazione atto ad istanza di parte , deve ritenersi che il riferimento a detto termine evochi quello indicato dal secondo comma dell’art. 325 c.p.c., restando così esclusa la possibilità di intendere la successiva previsione dell’applicabilità dell’art. 327 c.p.c. e, quindi, del suo primo comma, come significativa della volontà del legislatore di far decorrete dai detti eventi il termine c.d. lungo colà previsto, che, pertanto, resta applicabile solo allorquando non sia avvenuta né la comunicazione né la notificazione . Cass. ord. n. 25115 del 2015. Alle motivazioni di tale decisione è sufficiente rinviare. p.3. Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile. p.4. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del d.m. n. 55 del 2014, tenendo conto che il valore della controversia è quello emergente dalla somma risarcitoria che era stata chiesta con l’atto introduttivo, come ha evidenziato nella sua nota spese parte resistente cioè di Euro 100.000,00 . p.5. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione ai resistenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.624,98, di cui 24,98 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.