Se il documento proviene dalla parte che vuole giovarsene non costituisce prova in suo favore

Un documento proveniente dalla parte che vuole giovarsene non può costituire prova in favore della stessa né determina inversione dell’onere probatorio nel caso in cui la parte contro la quale è prodotto contesti il diritto, anche relativamente alla sua entità, oltreché alla sua esistenza.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 8290 depositata il 27 aprile 2016. Il fatto. Con atto di citazione l’attore proponeva appello tardivo innanzi alla Corte d’appello territoriale contro la sentenza pronunciata in primo grado che aveva dichiarato in favore della propria sorella l’usucapione della proprietà di un piccolo fabbricato urbano, nonché di alcuni terreni agricoli. A sostegno dell’ammissibilità dell’impugnazione tardiva eccepiva la nullità della notifica della citazione effettuata ai sensi dell’art. 143 c.p.c., in assenza dei requisiti extraformali di adozione di detto rito notificatorio, non essendo state svolte le opportune indagini presso l’AIRE Anagrafe degli italiani residenti all’estero , nonostante la stessa attrice avesse dichiarato che il fratello risiedeva all’estero. La Corte adita, in accoglimento dell’appello, dichiarava la nullità della sentenza e del processo di primo grado rimettendo le parti al primo giudice. Il Collegio territoriale osservava che la notifica della citazione di primo grado era senz’altro nulla perché effettuata senza svolgere le opportune indagini presso l’AIRE che avrebbero consentito di accertare la residenza straniera dell’attore. Rilevava, inoltre, che era stato provato anche il requisito della mancata conoscenza del processo in base ad una lettera con la quale l’attore aveva incaricato il proprio legale di occuparsi della situazione di uno degli immobili oggetto della domanda giudiziale proposta dalla sorella. Tale documento, non era stato oggetto di contestazione né circa la sua autenticità, né quanto alla data ivi indicata, essendosi l’appellato riferito soltanto alla data di decesso della sorella per trarre da ciò che l’appello era stato proposto decorso ben più di un anno dalla conoscenza del processo. Pertanto, osservava la Corte distrettuale, doveva ritenersi provato che prima della data riportata nella predetta lettera, l’appellante non aveva avuto nozione della pendenza della lite. Gli eredi della convenuta pertanto, proponevano ricorso per cassazione. Prova. Nella caso di specie, gli Ermellini, hanno ritenuto ammissibile l’unico motivo di doglianza formulato dai ricorrenti sulla scorta del quale gli stessi lamentavano violazione e falsa applicazione di diverse norme di legge per aver ritenuto il Collegio di merito che la lettera prodotta dall’appellante fosse prova idonea a dimostrare che quest’ultimo non avesse avuto conoscenza della lite prima della data riportata in tale lettera infrannuale prima della proposizione dell’appello . Nella specie, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, gli Ermellini osservavano che gli odierni ricorrenti nel costituirsi in giudizio avevano eccepito la tardività dell’appello osservando che tra la data del decesso della sorella e quella della notifica dell’atto di appello era decorso ben più di un anno. Concludendo. I Giudici concludono constatando che la difesa dell’appellato recava sicuramente in sé sia la contestazione espressa circa il diritto dell’appellante a proporre l’impugnazione tardiva sia la contestazione implicita che l’appellante avesse saputo del processo di primo grado non prima della data indicata nel documento di provenienza dello stesso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 4 febbraio – 27 aprile 2016, n. 8290 Presidente/Relatore Manna Svolgimento del processo Con citazione notificata il 12.12.2006 G.V. proponeva innanzi alla Corte d'appello di Napoli appello tardivo, ai sensi del secondo comma dell'art. 327 c.p.c., contro la sentenza pronunciata dal Pretore di Ariano Irpino il 15.6.1999, che aveva dichiarato in favore della sorella di lui, N. V., l'usucapione della proprietà di un piccolo fabbricato urbano posto in Sant'Angelo all'Esca nonché di alcuni terreni agricoli, ubicati in parte in detto comune e in parte in Taurasi. A sostegno dell'ammissibilità dell'impugnazione tardiva, la nullità della notifica della citazione effettuata ai sensi dell'ari. 143 c.p.c., in assenza dei requisiti extraformali di adozione di detto rito notificatorio, non essendo state svolte opportune indagini presso l'AIRE Anagrafe degli italiani residenti all'estero , nonostante la stessa attrice avesse dichiarato che G.V. risiedeva all'estero. Deduceva, inoltre, di aver rilasciato nel 1976 una procura generale proprio alla sorella, che pertanto non era legittimata al processo. Resisteva in giudizio il convenuto M. V., erede di N. V Con sentenza del 27.1.2011 la Corte adita, in accoglimento dell'appello, dichiarava la nullità della sentenza e del processo di primo grado rimettendo le parti al primo giudice. Osservava la Corte territoriale che la notifica della citazione di primo grado, avvenuta 1'8.8.1996, era senz'altro nulla perché effettuata ai sensi dell'art. 143 c.p.c. senza svolgere le opportune indagini presso l'AIRE istituita già nel 1990 , che avrebbero consentito di accertare che G.V. era residente in Argentina. Rilevava, quindi, che era stato provato anche il requisito della mancata conoscenza del processo, in base ad una lettera datata 13.4.2006 con la quale G.V. aveva incaricato l'avv. C.C. di occuparsi della situazione di uno dei beni immobili oggetto della domanda giudiziale proposta dalla sorella. Tale documento, proseguiva la Corte, non era stato oggetto di contestazione né circa la sua autenticità né quanto alla data ivi indicata, essendosi l'appellato riferito soltanto alla data di decesso di N. V., avvenuta il 24.12.2003, per trarre da ciò che l'appello era stato proposto decorso ben più di un anno dalla conoscenza del processo. Pertanto, osservava la Corte distrettuale, doveva ritenersi provato che prima del 13.4.2006 l'appellante non aveva avuto nozione della pendenza della lite. Infine, la Corte partenopea riteneva irrilevante, in senso opposto, l'avvenuta trascrizione della sentenza di usucapione, idonea a rendere opponibile ai terzi la pronuncia giudiziale ma non anche a fondare una presunzione di conoscenza del provvedimento stesso. Per la cassazione di detta sentenza M. V. propone ricorso, affidato ad un solo motivo. Con ordinanza interlocutoria è stata disposta la rinnovazione della notificazione del ricorso a G.V. effettuata la quale la causa è stata nuovamente rimessa in pubblica udienza. Motivi della decisione 1. - Con l'unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce la violazione degli artt. 113, 115, 116 e 327 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c., per aver la Corte territoriale ritenuto che la lettera datata 13.4.2006 fosse prova idonea a dimostrare che l'appellante non avesse avuto conoscenza della lite prima di tale data infrannuale rispetto alla proposizione dell'appello . Tale decisione, sostiene parte ricorrente, viola il principio secondo cui un documento proveniente dalla parte che intenda giovarsene non costituisce prova in favore della parte stessa, né determina un'inversione dell'onere della prova nel caso in cui la parte contro cui il documento è prodotto contesti il diritto. Nella specie, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, l'odierno ricorrente nel costituirsi in giudizio aveva eccepito la tardività dell'appello, osservando che tra la data del decesso di N. V. avvenuto il 24.12.2003 e quella della notifica dell'atto d'appello era decorso ben più di un anno. 2. - Il motivo è fondato. Premesso che residua in contestazione tra le parti unicamente il sub requisito della non conoscenza del processo per nullità della notifica della citazione art. 327, cpv. c.p.c. , va osservato che l'appellato ha contestato il fatto processuale dell'infrannualità, rispetto all'appello, dell'incarico dato dall'appellante all'avv. C.C., tant'è che nel far ciò lo ha retrodatato ad epoca successiva e prossima alla morte di N. V. 24.12.2003 . Tale difesa reca in sé sia la contestazione espressa del diritto dell'appellante a proporre l'impugnazione tardiva, sia la contestazione implicita - ma non per questo meno evidente - che l'appellante avesse saputo del processo di primo grado non prima del 13.4.2006. Controverso, dunque, uno dei due requisiti normativi della c.d. contumacia involontaria sull'altro, quello della nullità della notificazione, si è formato il giudicato interno , va ulteriormente rilevato che un documento proveniente dalla parte che voglia giovarsene non può costituire prova in favore della stessa né determina inversione dell'onere probatorio nel caso in cui la parte contro la quale è prodotto contesti il diritto, anche relativamente alla sua entità, oltreché alla sua esistenza cfr. Cass, nn. 5573197 e n. 9685/00 . 2.1. - Così diversamente ricostruito e valutato il fatto processuale, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, ai sensi dell'art. 382, 3° comma, seconda ipotesi, c.p.c., poiché il processo non poteva essere proseguito. 3. - Segue il regolamento delle spese d'appello e di cassazione, liquidate come in dispositivo, a carico della parte odierna intimata. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata senza rinvio e condanna G.V. al pagamento in favore di M. V. delle spese d'appello e di cassazione, rispettivamente liquidate in £ 2.000,00, di cui 1.700,00 per diritti e onorari, e in F 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali forfettarie ed accessori di legge.