Cessione del credito in pendenza del processo esecutivo: il cessionario ha la facoltà di svolgere le attività processuali derivanti dalla cessione

In pendenza del processo esecutivo, la successione a titolo particolare nel diritto del creditore procedente non ha effetto sul rapporto processuale che, in virtù del principio stabilito dall'art. 111 c.p.c., dettato per il giudizio contenzioso ma applicabile anche al processo esecutivo, continua tra le parti originarie, con la conseguenza che l'alienante mantiene la sua legittimazione attiva conservando tale posizione anche nel caso di intervento del successore a titolo particolare, fino a quando non sia estromesso con il consenso delle altre parti.

A tale stregua, quando la cessione del credito avviene a processo esecutivo iniziato e, in accordo con il cessionario, è l'originario creditore a proseguirlo, da un canto, il debitore deve rivolgere le sue opposizioni contro la parte che procede d'altro canto, dovendo i principi evincibili dall'art. 111 c.p.c. essere adattati alle caratteristiche proprie del processo esecutivo per cui la soluzione di determinate questioni incidentali avviene anziché nell'ambito dello stesso processo in distinti giudizi di cognizione, quali quelli volti a decidere sulle questioni concernenti l'estinzione, le opposizioni esecutive e le controversie sulla distribuzione del ricavato , deve conseguentemente riconoscersi, ferma restando la prosecuzione del processo stesso tra le parti originarie, la possibilità per il cessionario di svolgere le attività processuali inerenti all'indicato subingresso nella qualità di soggetto passivo, e quindi anche la facoltà di intervenire, ai sensi dell'art. 111, comma 4, c.p.c., nel giudizio di cassazione pur non avendo spiegato intervento in primo grado, e pur essendo subentrato nella titolarità del diritto controverso prima che l'opposizione fosse proposta essendo all'epoca il processo esecutivo già iniziato . Con la sentenza n. 7780 del 20 aprile 2016, il S.C. chiarisce le modalità di applicazione dei principi di cui all’art. 111 c.p.c. in tema di successione del diritto controverso nell’ambito del processo esecutivo. Il caso. Con la sentenza in commento, il S.C. risolve la controversia azionata da un creditore intervenuto in un processo esecutivo nei confronti del cessionario del credito fatto valere dal creditore procedente. Il creditore intervenuto ha contestato, per il tramite della opposizione al piano di riparto e distribuzione, la legittimazione del cessionario, asserendo che il processo sarebbe dovuto proseguire, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., nei confronti del cedente, rilevando altresì un vizio nella costituzione del cessionario in giudizio, avvenuta solo in forma orale per la dichiarazione del procuratore. Il Tribunale rigetta la domanda, la cui decisione è impugnata in Cassazione, che decide nel senso della massima in epigrafe. Successione a titolo particolare nel diritto controverso la regola generale. Secondo i principi generali, nel caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso, il processo, in virtù del principio stabilito dall'art. 111 cod. proc. civ., continua tra le parti originarie, con la conseguenza che l'alienante mantiene la sua legittimazione attiva, conservando tale posizione anche nel caso di intervento, ai sensi del medesimo articolo 111, comma 3, c.p.c., del successore a titolo particolare, il quale ha legittimazione distinta e non sostitutiva, ma autonoma. Successione a titolo particolare nel processo esecutivo la posizione del subentrato. Analogamente a quanto illustrato in precedenza, quando il credito oggetto di esecuzione forzata sia stato ceduto nel corso del processo esecutivo, si verifica la successione a titolo particolare nel diritto del creditore procedente, la quale – per tale ragione - non ha effetto sul rapporto processuale che, in virtù del principio stabilito dall'art. 111 c.p.c., continua tra le parti originarie. Da tale principio, deriva la conseguenza che, ove il debitore esecutato abbia proposto opposizione all'esecuzione lamentando il difetto di legittimazione attiva del creditore procedente, ciò non si traduce nell'improcedibilità del processo esecutivo già iniziato, né preclude al cessionario la facoltà di intervenire nel processo medesimo Successione del diritto e cessione del credito. Il S.C. richiama, a sostegno della decisione assunto, l’orientamento giurisprudenziale per il quale la cessione delle attività e delle passività, delle aziende e dei rami d'azienda, dei beni e dei rapporti giuridici individuali in blocco, ai sensi dell'art. 90, secondo comma, del d.lgs. n. 386/1993, di un istituto di credito ad un altro istituto di credito determina una successione a titolo particolare, rispetto alla quale l'adempimento della formalità prevista dall'art. 58 dello stesso d.lgs. n. 385 - per cui la banca cessionaria dà notizia dell'avvenuta cessione con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - opera soltanto su un piano sostanziale. Ne consegue che, ai sensi dell'art. 111 c.p.c., applicabile - come visto - anche al processo esecutivo, permane in capo alla banca cedente la legittimazione attiva all'esecuzione forzata, pure nel caso di intervento del successore a titolo particolare, sino a quando l'anzidetta qualità di parte cessi per effetto della sua estromissione con il consenso delle altre parti. Successione del diritto controverso ed efficacia della sentenza. Se, come visto, costituisce principio pacifico che, in caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso, il processo prosegue fra le parti originarie, anche quando non vi sia estromissione del convenuto ai sensi dell'art. 111, terzo comma, c.p.c., la sentenza ha comunque effetto contro il successore a titolo particolare, il quale può intervenire o essere chiamato nel giudizio, divenendone parte a tutti gli effetti. Successione del diritto e costituzione in diritto. La sentenza, da ultimo, precisa che per la costituzione in giudizio del cessionario non è richiesta la forma scritta, ossia non è necessario il deposito di una memoria o di una ricorso apposito, essendo sufficiente la presenza del procuratore, munito di procura o prodotta successivamente che a ciò lo autorizzi. Successione e trasferimento di azienda quali conseguenze? In applicazione dei principi espressi in precedenza, si è osservato, in un interessante precedente di legittimità, che la società di capitali nella quale sia conferita l'azienda di una impresa individuale succede in tutti i rapporti attivi e passivi di quest'ultima. Da ciò consegue che la società nella quale sia confluita l'azienda di altra è soggetta all'esecuzione forzata fondata su un titolo giudiziale pronunciato nei confronti del conferente l'azienda, oltre ad essere legittimata a proporre opposizione all'esecuzione stessa.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 gennaio – 20 aprile 2016, n. 7780 Presidente Ambrosio – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1.- Con la sentenza, qui impugnata, pubblicata il 20 febbraio 2013, il Tribunale di Pavia ha rigettato l’opposizione agli atti esecutivi proposta, con ricorso del 5 luglio 2010, da Intesa Sanpaolo S.p.A. avverso l’ordinanza in data 10-15 giugno 2010, con la quale il giudice dell’esecuzione, dichiarando inammissibile l’eccezione oggetto di contestazione ex art. 512 cod. proc. civ., da parte del detto istituto di credito, aveva dichiarato esecutivo il progetto di distribuzione depositato dal professionista delegato il 10 febbraio 2010, nella procedura esecutiva n. 151/06 intrapresa dallo stesso istituto di credito ai danni di G.A. . Il progetto di distribuzione assegnava, tra l’altro, la somma, in contestazione, di Euro 411.086,86 ad UniCredit Banca S.p.A., creditrice ipotecaria intervenuta, e poi estromessa all’udienza del 4 giugno 2009 a seguito della cessione del proprio credito ad Aspra Finance S.p.A. intervenuta a mezzo di UniCredit Credit Management Bank S.p.A. . 1.1.- A seguito dell’opposizione, il giudice dell’esecuzione, con ordinanza resa nella fase sommaria, in data 22-23 settembre 2010, aveva sospeso l’esecuzione del progetto di graduazione e distribuzione per la parte contestata ed aveva fissato il termine di novanta giorni per l’introduzione del giudizio di merito. 1.2.- All’esito di questo giudizio - introdotto da Intesa Sanpaolo S.p.A. e nel quale si è costituita soltanto UniCredit Credit Management Bank S.p.A. - il Tribunale ha ritenuto valido l’intervento nel processo esecutivo di Aspra Finance S.p.A. contestato, invece, dall’opponente e, di conseguenza, ha ritenuto corretta l’assegnazione della somma in contestazione di E 411.086,86 ad Aspra Finance S.p.A., in qualità di cessionaria, con estromissione della cedente, così rigettando l’opposizione ha quindi corretto l’errore materiale contenuto nel progetto di distribuzione, nella parte in cui non contemplava Aspra Finance S.p.A. quale cessionaria del credito, originariamente in capo ad UniCredit Banca S.p.A. erroneamente indicata come assegnataria nel progetto di distribuzione opposto ha compensato le spese di lite. 2.- La sentenza è impugnata da Intesa Sanpaolo S.p.A., con due motivi di ricorso, illustrati da memoria. UniCredit Credit Management Bank S.p.A. la quale con atto di fusione specificato nel controricorso ha incorporato Aspra Finance S.p.A. resiste con controricorso. Gli altri intimati non si difendono. Motivi della decisione 1. - Col primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 499 cod. proc. civ., perché, secondo la ricorrente, l’intervento nel processo esecutivo di Aspra Finance S.p.A., all’udienza dinanzi al giudice dell’esecuzione del 4 giugno 2009, avrebbe dovuto essere considerato inesistente, in quanto effettuato oralmente, mediante dichiarazione del procuratore inserita nel verbale dell’udienza. Invece, il Tribunale l’ha reputato valido ed efficace, affermando - erroneamente, a detta di Intesa Sanpaolo S.p.A. - che l’intervento nel processo esecutivo possa essere fatto con ricorso, ma anche in forma orale all’udienza . La ricorrente sostiene che si sarebbe avuta la violazione dell’art. 499 cod. proc. civ., in quanto norma che regolamenta la modalità di ogni intervento nel processo esecutivo, e quindi anche quello effettuato ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ 1.1.- La resistente ribatte, nel merito, che è errato il richiamo dell’art. 499 cod. proc. civ. poiché questa norma disciplina l’intervento di un nuovo creditore che chiede di aggiungersi al creditore procedente ed a quelli già intervenuti per partecipare alla distribuzione del ricavato, mentre nel caso di specie ricorrerebbe la diversa fattispecie della successione a titolo particolare nel diritto controverso. 1.2.- La resistente formula, in rito, due eccezione di inammissibilità. Una, a carattere pregiudiziale perciò da esaminarsi in via prioritaria, pur se proposta come seconda alternativa , è configurata come eccezione di inammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi, perché tardivamente proposta con ricorso del 5 luglio 2010, pur avendo sostanzialmente ad oggetto l’intervento effettuato da Aspra Finance Spa all’udienza del 4 giugno 2009. Essa è infondata alla stregua del principio per il quale in materia di espropriazione forzata, la contestazione da parte del creditore procedente - o di quello intervenuto in base a titolo esecutivo, ovvero in forza dei presupposti processuali speciali di cui alla seconda parte del primo comma dell’art. 499, cod. proc. civ. - circa la ritualità, per carenza dei presupposti di ammissibilità, dell’intervento di altro creditore, non rientrante nelle categorie testè indicate, dà luogo, sempre che una lite siffatta non sia insorta in precedenza ad impulso di altri tra i soggetti del processo esecutivo, ad una controversia in sede distributiva non soggetta al termine ex art. 617 cod. proc. civ. così Cass. n. 7107/15, ma cfr. già Cass. n. 7556/11 . L’altra eccezione è svolta come eccezione di inammissibilità del primo motivo di ricorso per carenza di interesse, perché, essendo inscindibilmente correlati l’intervento nel processo del successore a titolo particolare, ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ., e l’estromissione del suo dante causa che non sarebbe configurabile ove l’intervento non vi sia stato , nel caso di specie si avrebbe che la dichiarazione di nullità dell’intervento di Aspra Finance S.p.A., in accoglimento dell’opposizione agli atti esecutivi proposta dalla società procedente, dovrebbe comportare comunque la revoca dell’estromissione di UniCredit Banca S.p.A., con attribuzione a quest’ultima, creditrice ipotecaria, della somma in contestazione. 2.- Il primo motivo non merita di essere accolto, anche se i termini in cui è prospettato - pur se infondati - non lo rendono inammissibile per carenza di interesse, come eccepito dalla resistente. Infatti, nella prospettazione della ricorrente, ribadita nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., la revoca dell’ordine di esecutività del progetto di distribuzione per inesistenza/nullità dell’intervento di Aspra Finance S.p.A. non comporterebbe anche la revoca dell’estromissione della cedente UniCredit Banca S.p.A., che dovrebbe restare ferma, sicché il ricavato dalla vendita dovrebbe essere attribuito all’odierna ricorrente avente perciò interesse all’accoglimento delle sue conclusioni . Piuttosto, proprio queste conclusioni costituiscono la cartina di tornasole dell’infondatezza del ricorso. Esse verrebbero a determinare il paradossale effetto che la creditrice ipotecaria di primo e di secondo grado, destinataria dell’avviso ex art. 498 cod. proc. civ., perciò intervenuta nel processo esecutivo, verrebbe privata, a seguito della sua stessa richiesta di estromissione, del diritto di soddisfarsi sul ricavato del bene oggetto di garanzia, dopo che questa è venuta irrimediabilmente meno a seguito della vendita coattiva del bene pignorato. Resterebbe altresì insoddisfatto il creditore cessionario del diritto di credito garantito di ipoteca. 2.1.- La vicenda processuale merita, quindi, di essere considerata nella prospettiva di sistema delineata dalla resistente, che fa leva sul disposto dell’art. 111 cod. proc. civ Ed invero, in punto di fatto, non è in contestazione che UniCredit Banca S.p.A. frattanto incorporata in UniCredit S.p.A. abbia ceduto i crediti per i quali era intervenuta nel processo esecutivo ai danni di G.A. nascenti da due contratti di mutuo fondiario, con garanzia ipotecaria sul bene pignorato ad Aspra Finance S.p.A., ai sensi dell’art. 58 T.U.B Parimenti incontestato è quanto segue - all’udienza tenuta dal giudice dell’esecuzione il 4 giugno 2009, fissata per la sottoscrizione del decreto di trasferimento ed il versamento al creditore fondiario ai sensi dell’art. 41 TUB delle somme ricavate dalla vendita, il difensore di UniCredit S.p.A. rese nota la cessione, dando atto che copia dell’avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale era stato già trasmesso al professionista delegato - per come risulta dallo stralcio di verbale riportato in ricorso, lo stesso difensore . in forza di contratto di servicing stipulato da Aspra Finance e UCMB Spa già U.G.C. Banca , rappresentata e difesa dal medesimo procuratore giusta procura alle liti in atti, si costituisce nella presente procedura esecutiva facendo proprie tutte le ragioni di credito vantate dalla cessionaria e conseguentemente avendo pieno diritto all’incasso della somma a questa spettante detto difensore, alla medesima udienza, chiese che fosse disposta l’estromissione dalla procedura della cedente UniCredit S.p.A. con provvedimento reso all’udienza il giudice dell’esecuzione estromise quest’ultima e dispose il pagamento in favore di Aspra Finance S.p.A. ai sensi dell’art. 41 TUB - a seguito di contestazione di Intesa Sanpaolo S.p.A., svolta all’udienza del 15 aprile 2010, il giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 24 maggio 2010, richiese ed ottenne alla successiva udienza del 10 giugno 2010 la produzione in giudizio della procura generale alle liti in data 16 luglio 2003, che abilitava il difensore di UniCredit Credit Management Bank S.p.A Premesso che il ricorso non contiene contestazione alcuna che attenga a quest’ultima procura, la questione da dirimere, in diritto, è quella dell’interpretazione dell’art. 499, comma secondo, cod. proc. civ. e della sua applicabilità nel caso di intervento nel processo esecutivo di creditore cessionario del credito vantato verso l’esecutato dal cedente, che sia già regolarmente intervenuto nello stesso processo ai sensi dello stesso art. 499 cod. proc. civ 3.- Questa Corte ha affermato che l’art. 111 cod. proc. civ. è norma applicabile al processo esecutivo, qualora si abbia, in pendenza di questo processo, una successione a titolo particolare nella titolarità della situazione attiva. Così, tra i precedenti più significativi, vanno segnalati Cass. n. 4985/2004 secondo cui In pendenza del processo esecutivo, la successione a titolo particolare nel diritto del creditore procedente non ha effetto sul rapporto processuale che, in virtù del principio stabilito dall’art. 111 cod. proc. civ., dettato per il giudizio contenzioso ma applicabile anche al processo esecutivo, continua tra le parti originarie, con la conseguenza che l’alienante mantiene la sua legittimazione attiva ad causam conservando tale posizione anche nel caso di intervento del successore a titolo particolare, fino a quando non sia estromesso con il consenso delle altre parti. A tale stregua, quando la cessione del credito avviene a processo esecutivo iniziato e, in accordo con il cessionario, è l’originario creditore a proseguirlo, da un canto, il debitore deve rivolgere le sue opposizioni contro la parte che procede d’altro canto, dovendo i principi evincibili dall’art. 111 cod. proc. civ. essere adattati alle caratteristiche proprie del processo esecutivo per cui la soluzione di determinate questioni incidentali avviene anziché nell’ambito dello stesso processo in distinti giudizi di cognizione, quali quelli volti a decidere sulle questioni concernenti l’estinzione, le opposizioni esecutive e le controversie sulla distribuzione del ricavato , deve conseguentemente riconoscersi, ferma restando la prosecuzione del processo stesso tra le parti originarie, la possibilità per il cessionario di svolgere le attività processuali inerenti all’indicato subingresso nella qualità di soggetto passivo, e quindi anche la facoltà di intervenire, ai sensi dell’art. 111, quarto Gomma, cod. proc. civ., nel giudizio di cassazione pur non avendo spiegato intervento in primo grado, e pur essendo subentrato nella titolarità del diritto controverso prima che l’opposizione fosse proposta essendo all’epoca il processo esecutivo già iniziato , nonché Cass. n. 14096/05, ord. n. 1552/11, n. 23992/11, n. 3643/13, n. 8936/13. Va qui ribadito che l’art. 111 cod. proc. civ. si applica all’espropriazione immobiliare quanto alla successione a titolo particolare nella posizione creditoria non anche quanto alla successione a titolo particolare nella posizione debitoria cfr. Cass. n. 8936/13 cit. , pur con gli adattamenti richiesti dalle caratteristiche del processo. In particolare, con riferimento alla cessione del credito, l’esecuzione in corso può proseguire su impulso o con l’intervento del cedente, ma il cessionario può intervenire nel processo, facendo valere il negozio di cessione, con estromissione del cedente. 3.1.- Quanto alla forma dell’intervento nel processo esecutivo, il legislatore ha espressamente previsto il ricorso. La giurisprudenza di legittimità, come rilevato dalla ricorrente, ha parimenti ritenuto necessario il ricorso, quindi la forma scritta, che presuppone altresì l’assistenza di un legale munito di procura alle liti Cass. n. 15184/03 ed ha perciò interpretato restrittivamente sia il testo originario dell’art. 499 cod. proc. civ. così Cass. n. 10818/93, ma cfr. anche Cass. n. 2506/10 , che il testo riformato dal d.l. n. 35 del 2005, convertito nella legge n. 80 del 2005, e modificato dall’art. 1, comma 3, lett. c della legge n. 263 del 2005 cfr. Cass. n. 22645/12, in motivazione e n. 3656/13, in motivazione . L’interpretazione letterale va qui confermata, anche in considerazione del fatto che l’onere della forma scritta è imposto, oltre che dall’esplicita menzione normativa del ricorso, anche dall’indicazione, fatta dall’art. 499, comma secondo, cod. proc. civ., degli elementi che il ricorso deve contenere, in linea di principio incompatibili con una mera dichiarazione orale di intervento, pur se inserita in un verbale di udienza. Per questo, si ritiene di dover correggere l’affermazione contraria contenuta nella sentenza impugnata e di dover quindi ribadire che ai sensi dell’art. 499, comma secondo, cod. proc. civ., nel testo sostituito dal d.l. n. 35 del 2005, convertito nella legge n. 80 del 2005, come modificato dalla legge n. 263 del 2005, l’intervento del creditore nel processo esecutivo deve essere effettuato, con l’assistenza di un legale munito di procura alle liti, mediante deposito di ricorso contenente l’indicazione del credito e del relativo titolo, la domanda di partecipazione alla distribuzione della somma ricavata e gli altri elementi indicati dal detto articolo pertanto non può produrre gli effetti dell’intervento la dichiarazione orale con cui un creditore manifesti la sua intenzione di intervenire nel processo esecutivo, pur se inserita nel processo verbale di un’udienza tenuta dal giudice dell’esecuzione. Questo principio non trova smentita nel già citato precedente di cui a Cass. n. 22645/12, col quale si è affermato che, per richiedere, in sede esecutiva, i ratei di credito successivi a quelli quantificati nel precetto, e basati sul medesimo titolo, non è necessario, per il creditore, intimare un ulteriore precetto, potendo tener luogo di un formale atto di intervento, ove tanto non leda i diritti del debitore o di altri eventuali creditori, la menzione di detti ratei nella cd. nota di precisazione del credito, depositata ai fini dell’ordinanza determinativa delle somme necessarie per la conversione. In primo luogo, va rilevato che la motivazione della sentenza dà conto del fatto che comunque la c.d. nota di precisazione del credito era stata presentata mediante la spendita di procura già rilasciata al difensore e che la stessa nota, redatta per iscritto, era stata depositata e resa nota alle parti in secondo luogo, va sottolineato che il precedente è riferito ad un’ipotesi del tutto peculiare, in quanto relativa a crediti nascenti dal titolo esecutivo già posto a base del pignoramento e/o di un precedente regolare intervento. 4.- Al fine di decidere se il principio di diritto enunciato regoli anche l’intervento del cessionario del credito, ai sensi del terzo comma dell’art. 111 cod. proc. civ., occorre chiedersi se a questo intervento sia applicabile non solo la forma, ma anche la disciplina dell’intervento dei creditori nel processo esecutivo. Limitando l’esame all’espropriazione immobiliare, si osserva che la disciplina è dettata dall’art. 499 cod. proc. civ., nonché dagli artt. 564 e seg. cod. proc. civ., e prevede, oltre che la forma, anche i tempi dell’intervento ed i differenti poteri che spettano ai creditori intervenuti, a seconda che l’intervento sia tempestivo o tardivo, basato su titolo esecutivo o non titolato. Allora la risposta all’interrogativo di cui sopra non può che essere negativa, sotto tutti gli aspetti. Il cessionario del credito subentra in un processo esecutivo nel quale il cedente ha già assunto la qualità di pignorante o di creditore intervenuto perché, in questa seconda eventualità, ha già svolto un intervento ai sensi dell’art. 499 cod. proc. civ. . La posizione processuale del cessionario subentrante non può che essere riferita alla posizione già ricoperta dal cedente, sia quanto all’identificazione del credito e del titolo di esso, che quanto alla domanda di partecipazione alla distribuzione del ricavato ed all’eventuale facoltà di provocare atti dell’espropriazione ai sensi dei già menzionati artt. 563 e seg. cod. proc. civ. . Ne consegue che se il cessionario che interviene nel processo esecutivo, ai sensi del terzo comma dell’art. 111 cod. proc. civ., è svincolato dall’onere dell’osservanza dei tempi dell’intervento, nulla osta a che lo sia anche dall’onere di forma imposto dall’art. 499, comma secondo, cod. proc. civ. Quest’ultimo, infatti, in tanto si giustifica in quanto si intenda ampliare l’oggetto dell’esecuzione individuale ad un credito nei confronti del debitore esecutato che non ne faccia ancora parte anche se titolari siano creditori già presenti, ma in forza di altro titolo esecutivo cfr. Cass. n. 3656/13 . 4.1. - Affrontando la questione da un altro punto di vista, va escluso che tra gli adattamenti che la peculiarità del processo esecutivo impone alla disciplina dell’art. 111 cod. proc. civ. vi sia quello di richiedere la forma del ricorso, per subentrare in quel processo del quale sia già parte il dante causa dell’interveniente. Va invece affermato che è necessaria la manifestazione della volontà di intervenire nel processo esecutivo nella qualità di cessionario, ed in luogo del cedente, dando atto degli estremi del negozio di cessione, ed avvalendosi dell’assistenza di un difensore munito di procura alle liti. La sentenza impugnata, quindi, pur necessitando della correzione di cui sopra ai sensi dell’art. 384, ult. co., cod. proc. civ., è conforme a diritto nel dispositivo. Questo è infatti coerente con il principio per cui quando la cessione del credito avviene a processo esecutivo iniziato ed il cessionario del credito intenda esercitare la facoltà di intervenire, ai sensi dell’art. 111, terzo comma, cod. proc. civ. applicabile anche al processo esecutivo , ai fini. di questo intervento, non è necessario il deposito di un nuovo ricorso, contenente gli elementi previsti dal secondo comma dell’art. 499 cod. proc. civ., ma è sufficiente che il cessionario manifesti la sua volontà di subentrare in luogo del cedente, dando prova del negozio di cessione ed avvalendosi dell’assistenza di un difensore munito di procura alle liti, con modalità idonee a non ledere i diritti del debitore o degli altri creditori. Quest’ultima evenienza si è verificata nel caso di specie, in cui non è nemmeno contestato che l’istituto di credito procedente, qui ricorrente, fosse presente all’udienza in cui si è avuto l’intervento in contestazione, così come non è contestato che il procuratore ad litem , che rese la dichiarazione, fosse munito, già allora, di valida procura notarile, pur se prodotta successivamente. Il primo motivo di ricorso va perciò rigettato. 5.- Col secondo motivo di ricorso si deduce falsa applicazione dell’art. 287 cod. proc. civ., al fine di censurare la correzione, disposta dal Tribunale, del progetto di distribuzione nella parte in cui non contempla Aspra Finance quale cessionaria del credito originariamente in capo ad Unicredit spa oggi per cessione ad Unicredit Credit Management Bank spa ” . La ricorrente sostiene che il Tribunale non avrebbe potuto provvedere in tale senso perché - il progetto di distribuzione, predisposto dal professionista delegato, non rientra tra gli atti correggibili ex art. 287 cod. proc. civ. - il progetto di distribuzione non avrebbe potuto essere corretto senza che fosse stata previamente revocata o riformata l’ordinanza del giudice dell’esecuzione del 10 giugno 2010, che l’aveva reso esecutivo - non si sarebbe trattato di un errore materiale del professionista delegato, perché il progetto venne redatto sulla base di una nota di precisazione del credito trasmessagli dal legale di UniCredit Banca S.p.A., nell’interesse di quest’ultima, e dopo che la cessione era stata già pubblicata sulla G.U., e perché il progetto di distribuzione non contiene alcun riferimento ad Aspra Finance S.p.A 5.1.- Il motivo è manifestamente infondato. Il progetto di distribuzione, pur se predisposto da un professionista delegato, agendo questi quale ausiliario del giudice, è atto riconducibile al giudice dell’esecuzione, così come il provvedimento che lo approva. Pertanto, nella specie si è trattato della correzione di un errore materiale di un atto esecutivo. L’atto esecutivo è correggibile dallo stesso giudice che l’ha emesso. Tuttavia, la regola desumibile dagli artt. 287 e seg. cod. proc. civ. è nel senso che, ove alla correzione di un errore materiale non provveda il giudice che l’ha commesso, può certamente provvedervi il giudice dell’impugnazione, essendo allo scopo sufficiente una mera istanza di correzione dell’errore materiale rivolta al giudice del gravame cfr. Cass. n. 7706/03, n. 19284/14 . Traendo le debite conseguenze dalla disciplina anzidetta, ritenuta applicabile al processo esecutivo così Cass. n. 7399/92 cfr., anche Cass. ord. n. 1891/15 , va affermato che nel caso in cui sia viziato da errore materiale un atto del processo esecutivo contro il quale sia stata proposta opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., alla sua correzione può procedere anche il giudice del giudizio di merito sull’opposizione. Questo è quanto è accaduto nel caso di specie. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della resistente, nell’importo complessivo di Euro 8.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma l quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.