Seduto sui gradini della piazzetta, gli agenti gli dicono che è vietato ma lui protesta: multato

Scenario è piazza dei Leoncini a Venezia. Il ‘Regolamento’ approvato dal consiglio comunale obbliga, in alcune zone, ad utilizzare gli appositi spazi previsti per sedersi, come le panchine. I due esponenti della Polizia urbana applicano alla lettera la norma e multano l’uomo. Inutili le sue proteste sulla mancata pubblicizzazione del divieto.

Modalità ‘relax totale’. Nessun pensiero ma solo voglia di godersi lo scenario. L’uomo, seduto sui gradini di piazzetta dei Leoncini a Venezia, a pochi passi da piazza San Marco, si sta gustando quel momento idilliaco, quasi da sogno. A riportarlo alla realtà sono due agenti della Polizia Urbana. Lui ha commesso una violazione, ‘Regolamento’ alla mano, sedendosi su quei gradini. E la sua decisione di non rimettersi in piedi e di trovare una panchina per riposare gli costa una multa da 50 euro Cassazione, sentenza n. 6994, sezione Sesta Civile, depositata l’11 aprile 2016 . Sui gradini. Contestazione chiarissima, quella messa ‘nero su bianco’ da due esponenti della Polizia urbana di Venezia l’uomo è stato trovato a sedersi sui gradini della piazzetta dei Leoncini – condotta vietata dal ‘Regolamento di Polizia urbana’ – e si è rifiuto di alzarsi , nonostante i ripetuti inviti degli agenti. Logica conseguenza la multa comminata all’uomo per un importo di 25 euro. Sanzione assolutamente legittima, secondo il giudice di pace. E dello stesso parere sono i giudici del Tribunale, che, anzi, portano a 50 euro la sanzione. Decisiva, e inequivocabile, la lettura dell’articolo 23 del ‘Regolamento di Polizia urbana’, approvato dal consiglio comunale di Venezia lì viene sancito che è proibito sedersi al di fuori degli spazi specificatamente a tale scopo adibiti” in alcune zone della città, come, ad esempio, piazza San Marco e piazzetta dei Leoncini. Multa. Pronte, e numerose, le contestazioni da parte dell’uomo. Egli, già poco propenso ad accettare la sanzione decisa dai poliziotti urbani, valuta come un abuso anche le valutazioni compiute dai giudici di merito. In primo luogo, l’uomo pone in evidenza il fatto che dal verbale non risulta che gli agenti lo abbiano informato, come doverosamente avrebbero dovuto fare sulla esistenza del divieto . E, in secondo luogo, egli si sofferma sulla condotta tenuta nei confronti della Polizia urbana, cioè il rifiuto di rilasciare le proprie generalità ha semplicemente manifestato , spiega, l’esigenza di potere leggere l’ordinanza istitutiva di tale divieto , alla luce della assenza di qualsivoglia avvertenza – cartello, insegna, manifesto – per il pubblico e, quindi, della mancanza di avvisi resi riconoscibili alla cittadinanza . Per chiudere il cerchio del proprio ragionamento, poi, l’uomo sottolinea anche la mancata indicazione, nel verbale di accertamento, della specifica ordinanza sindacale e le lacune addebitabili al Comune sulla necessaria doverosa diffusione della notizia, anche con media generalmente conoscibili fuori della città e con l’apposizione di cartelli indicanti il divieto su tutte le vie d’accesso al luogo oggetto del divieto . Tutte obiezioni, queste, teoricamente plausibili, ma che, secondo i Giudici della Cassazione, vengono smentite dalla ricostruzione della vicenda. In sostanza, contrariamente a quanto sostenuto dall’uomo, egli è stato informato sul contenuto del ‘Regolamento di polizia urbana’ e, nello specifico, sulla contestazione , ossia il divieto di utilizzare gli scalini della piazza per sedersi . A confermare questa consapevolezza, aggiungono i Giudici, proprio il fatto che l’uomo abbia messo in dubbio la norma, chiedendo di poter leggere il provvedimento e invocandone comunque la non conoscenza per mancata adeguata pubblicazione . Su quest’ultimo fronte, peraltro, va tenuto presente, aggiungono i Magistrati, che non è affatto necessaria una specifica procedura di pubblicità del provvedimento che riguarda il ‘Regolamento di Polizia urbana’, ben diverso dal ‘Codice della strada’ . Impossibile, quindi, pretendere una speciale cartellonistica per l’ applicazione della norma applicata all’uomo, che, una volta intervenuti i due agenti, era consapevole del divieto e avrebbe dovuto semplicemente allontanarsi . Tutto ciò rende evidente la punibilità per la violazione compiuta dall’uomo. Non più discutibile, perciò la legittimità della multa da 50 euro.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, sentenza 22 ottobre 2015 – 11 aprile 2016, n. 6994 Presidente Petitti – Relatore Parziale Svolgimento del processo 1. Così riassume la vicenda processuale la sentenza impugnata. Con ricorso depositato in data 17.5.2010 il signor F. S. proponeva appello avverso la sentenza ti. 294. 10 pronunciata dal Giudice di Pace di Venezia, depositata in data 15.4.2010 nel procedimento dallo stesso proposto in opposizione avverso l'ordinanza - ingiunzione n. 2520107 emessa nei suoi con fronti in data 26.8.2009 dal Comune di Venezia e notificata in data 14.10.2009 per violazione dell'art. 23 del Regolamento di Polizia Urbana, poiché era stato trovato a sedersi e si era rifiutato di alzarsi dai gradini della Piazzetta dei Leonini in data 6.5.2007. Lamentava, al riguardo, che il Giudice di Pace canti al quale aveva proposto l'opposizione avesse confermato L’ordinanza stabilendo nel minimo edittale € 25,00 la sanzione irrogata. L'appellante riteneva nulla t, comunque, ingiusta la sentenza sotto i seguenti profili 1 nullità della sentenza per mancanza ed insufficienza della moti vati ione per non aver proceduto ad alcuna indicazione delle norme di legge e dei principi di diritto applicabili 2 Insussistenza dell'elemento soggettivo del preteso illecito - buona, fede dell'appellante 3 omessa e comunque erronea valutazione delle risultanze processuali. Lo stesso chiedeva, pertanto, in riforma della sentenza appellata, accoglimento dell'opposizione []. Nel costituirsi in giudizio, il Comune di Venezia contestava gli assunti attorti e chiedeva il rigetto dell'appello. Il Comune appellato proponeva, altresì, appello incidentale avverso la sentenza laddove, in violazione dell'ara. 16 L 689181 aveva ridotto la sanzione al minimo edittale e compensato le spese di lite nonostante la soccombenza dell'opponente”. 2. Il Tribunale di Venezia rigettava l'appello principale e accoglieva quella incidentale sulla immotivata riduzione della sanzione al minimo, determinandola in € 50,00. 3. Quanto al rigetto dell'appello principale, osservava il 'Tribunale che la sentenza impugnata, seppure con motivazione stringata, ha dato compiutamente conto delle ragioni per cari ha ritenuto la sussistenza della responsabilità in capo all'appellante in ordine alla violazione contestata e non pare afasia da nullità sotto tale profilo. Il Giudice di Pace ha infatti compiutamente dato atto che dalla documentazione allegata al ricorso risulta che lo S., all'invito della Polizia Municipale di alzarsi dal posto dove stava illegittimamente seduto siri gradini di Piazzetta dei Leonini si rifiatava di alzarsi pan. 2 sentenza . Le conclusioni del primo Giudice vanno confermate anche in questa sede posto che è pacifico che lo S., pur reso edotto della disciplina regolamentare dagli Agenti contestatori non solo ha rifiutato di rispettare l'obbligo imposto dall'ari 23 del Regolamento di Polizia Urbana, ma ha addirittura rifiutato di rilasciare le proprie generalità agli Agenti, tanto che è stato dichiarato responsabile del reato di erti all'art. 651 c.p con sentenza del 9.2.2010 di questo Tribunale v all. 3 fascicolo appellato . Per questo stesso motiva sussiste uriche l'elemento soggettivo della violazione in guanto lo S. era stato posto a conoscenza del divieto dagli Agenti intervenuti sul brago e ciononostante ha rifiatato di ottemperarvi giustificandosi con il fatto che altre persone erano sedute e che non gli era stata mostrata l'ordinanza, circostanze entrambe non idonee ad esimere lo S. dalla violazione attesi da liti lato la pacifica vigenza della disposizione e, dall'altro, l'irrilevanza del comportamento di temi . 4. Impugna tale decisione il ricorrente che formula due motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. Le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione 1. 1 motivi del ricorso. 1.1 - Coi primo motivo di ricorso si deduce Art. 360, n 5 c.p.c. - Omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio mancato esame del verbale di contestazione datato 06105/2007, mancato esame eco mancata valutazione del sito contenuto e di quanto ivi riportata . Sia il Giudice di primo grado che il Giudice di appello, secondo il ricorrente, non hanno affrontato ed esposto, neppure incidentalmente, il doveroso controllo della validità formale dell'impegnato verbale e nemmeno appurata la ricorrenza dei presupposti di fitto e diritto dell'infrazione contestata al sig S. . Rileva il ricorrente che non risultava dal verbale, né gli Agenti accertatori lo riferiscono di aver informato, come doverosamente avrebbero dovuto fare, il preteso trasgressore dell'esistenza del divieto, della portata dello stesso e delle moduli/a della sua applicazione . Ha errato il giudice d'appello nell'affermare che l'odierno ricorrente sarebbe stato edotto della disciplina regolamentare dogli agenti contestatori , posto tale circostanza è obiettivamente inesistente, non dimostrata e non ricavabile dalle allega. ioni offerte in comunicazione dalle parti . Il ricorrente legittimamente, aveva manifestato l'esigenza di poter leggere l'ordinanza istitutiva di tale divieto si aggiunga in assenza di qualsivoglia avvertenza - cartello, insegna, manifesto - esposti al pubblico e, dunque, nella completa assenta di avvisi resi conoscibili alla cittadinanza . Aggiunge che il verbale di contestatone di un'infrazione amministrativa deve inderogabilmente contenere -oltre alle generalità del contravventore e ai riferimenti di luogo e di tempo dell'accertamento - l'indicazione della norma che si ritiene violata ed altresì l'enunciazione del fatto passibile di sanzione . Rileva che il Giudice di Pace di Venezia ed il Tribunale successivamente adito non hanno rilevato la mancata indicazione, nel verbale di accertamento contestato dal sig. S., della specifica ordinanza sindacale eco della specifica limitazione contestata all'utente con ciò implicitamente affermando, in via del tutto apodittica, che tale particolare ed unica limitazione dovesse ritenersi conosciuta o, comunque, conoscibile imputando al ricorrente l'indebito ed illegittimo onere della prova della non conoscenza della stessa ordinanza . Sottolinea come il verbale contenesse solo una indicazione del fitto generica dell'illecito contestato. non essendovi precisata gli estremi data, numero ed il contenuto dell'ordinanza sindacale adottante il peculiare divieto di sedersi , in particolare relativamente all'ambito d'applicazione di essa quanto ai tempi ed ai luoghi giorno e sito della contestazione . Rileva che nessuno dei giudicanti ha stabilito se il Comune di Venezia avesse posto in essere quella doverosa diffusione della notizia, anche con media generalmente conoscibili fuori della città e/o con l'apposizione di cartelli indicatati il divieto su tutte le vie d accesso al luogo oggetto del divieto stesso. In difetto della qual prova, nota poteva e non può essere affermata la colpa e, quindi, la responsabilità dell'opponente . 1.2 - Col secondo motivo di ricorso si deduce Art 360, n. 3 c.p.c. - T Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in particolare delle norme e dei principi in tema di onere e di disponibilità delle prove e della interpretazione degli atti processuali, in relazione agli art t. 112 e 115 c.p nonché agli arti. 2697 c. c. ed agli arto. 7 e 50 del D.Lgs. 18108/2000 n. 267 . I giudici di merito hanno erroneamente posto a fondamento della loro decisione la circostanza, non risultante dagli atti, secondo cui gli agenti accertatori avevano esplicitato l'esistenza del divieto, così giungendo anche alla errata conclusione che il contravvenzionato ne fosse a conoscenza, così invertendo l'onere della prova. Doveva essere invece applicato il principio generale ricavabile dal Codice della Strada, secondo cui per potersi ritenere in capo agli automobilisti un dovere di comportamento di carattere derogatorio rispetto ai principi generali in tema di circolazione veicolare, è necessario il perfezionamento di una fattispecie complessa. costituita da un provvedimento della competente autorità impositiva dell'obbligo o del divieto e dalla pubblicizzazione di detto obbligo attraverso la corrispondente segnaletica predeterminata dalla legge . Osserva quindi che la mancanza di qualsiasi segnaletica e la lagnata del ricorrente in ordine alla mancata conoscenza del divieto avrebbero dovuto costituire motivo sufficiente ed autonoma ratio decidendi per l'accoglimento dell'opposizione del sig. S. . Rileva in fatto che il ria/ rettangolare posto nella stessa Piazzetta dei Leoncini, situato appaiamo nel c'entro, è sempre strato casato in guisa di panchina dai cittadini residenti e dai numerosi turisti indistintamente, in quanto mai era intralciato il normale transito dei passanti . 2. Il ricorso è infondato e va rigettato. I due motivi strettamente connessi possono essere trattati congiuntamente. Il giudice dell'appello, casi come il primo giudice, hanno chiarito le circostanze in fatto che hanno accompagnato la contestazione. della violazione ed hanno chiarito che il ricorrente era stato informato del contenuto dell'art. 23 del Regolamento di Polizia Urbana, pacificamente vigente, tanto che vi era stata una vivace contestazione sul punto da parte del ricorrente. Le circostanze di fatto esposte dai giudici di merito vengono ora genericamente smentite dal ricorrente con argomentazioni di sostanziale valenza revocatoria, inammissibili come tali in questa sede. In ogni caso, la contestazione mossa divieto di utilizzare gli scalini della piazza per sedersi stata perfettamente compresa dal ricorrente, che ha messo in dubbio la vigenza di tale norma, chiedendo di poter leggere il provvedimento e invocandone comunque la non conoscenza per mancata adeguata pubblicazione. Non era necessaria una specifica procedura di pubblicità del provvedimento, che riguarda il regolamento di Polizia urbana, ben diverso dal Codice della Strada, con conseguente inapplicabilità dei principi elaborati per quest'ultimo, e comunque non richiedendo la norma per la sua applicazione l'uso di una speciale cartellonistica. Una volta edotto del divieto esistente con invito ad allontanarsi, la buona fede invocata viene meno, come correttamente osservato dai giudici di merito. Così come irrilevante, ai fini che qui interessano, è la violazione della norma da parte di altri utenti, pure non sanzionati. 3. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, P.T.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 500,00 cinquecento curo per compensi e 100,00 cento curo per spese, oltre accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a duello dovuto por il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.