Estensione automatica della domanda nei confronti del terzo se unico “destinatario” delle pretese attoree

Nell’ipotesi in cui il terzo sia stato chiamato in causa dal convenuto come soggetto effettivamente e direttamente obbligato alla prestazione pretesa dall’attore, la domanda attrice si estende automaticamente ad esso, senza necessità di un’espressa istanza, dal momento che il giudizio verte sull’individuazione del responsabile sulla base di un rapporto – obbligazione ex illicito – oggettivamente unico.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 6623, depositata il 6 aprile 2016. Il caso. I proprietari di un appartamento in un condominio agivano dinanzi al giudice di pace nei confronti dei proprietari dell’unità soprastante per sentirli condannare al risarcimento di danni da infiltrazioni d’acqua. I convenuti si costituivano e chiamavano in giudizio il condominio sostenendo che lo stesso fosse l’unico responsabile dei danni lamentati dagli attori. Il condominio a propria volta chiamava in causa la compagnia di assicurazione. Il giudice di pace accoglieva la domanda degli attori condannando il solo condominio al risarcimento. Il Tribunale in appello riformava la sentenza spiegando che in realtà gli attori non avevano mai svolto domanda diretta nei confronti del condominio terzo chiamato. I danneggiati ricorrevano allora in Cassazione Estensione automatica della domanda nei confronti del terzo Un caso classico di beghe” condominiali offre alla Cassazione la possibilità di confermare il proprio indirizzo su un tema processuale importante. In buona sostanza il giudice di appello aveva riformato la sentenza di prime cure osservando che dal giudizio era emerso come unico responsabile il condominio terzo chiamato dai convenuti. Nei confronti dello stabile però gli attori non avevano svolto alcuna richiesta diretta e pertanto il giudice di pace aveva errato emanando una sentenza in favore degli attori su una domanda in realtà da loro non presentata. Il tema è comunque caldo” ed è stato ampiamente dibattuto in dottrina e giurisprudenza. Secondo alcuni infatti la chiamata non comporta un’automatica estensione della domanda poiché il convenuto potrebbe limitarsi a coinvolgere il terzo al solo fine di rendergli opponibile la sentenza pronunciata tra le parti originarie. Per la giurisprudenza l’estensione della domanda non opera quando il chiamante fa valere nei confronti del chiamato un rapporto diverso da quello dedotto in giudizio dall’attore così Cassazione 13374/2007 oppure quando il chiamato si costituisce affermando la propria qualità di titolare in luogo dell’attore del diritto da questi fatto valere. Così pure il principio dell’estensione automatica non opera quando il terzo viene evocato in giudizio come obbligato solidale o in garanzia propria od impropria, essendo in questo caso necessaria la formulazione di un’espressa ed autonoma domanda da parte dell’attore così Tribunale di Modena, 10.12.2012 . Nel caso di specie invece, secondo l’opinione prevalente, la domanda dell’attore si estende automaticamente al terzo chiamato dal convenuto senza un’espressa istanza in tal senso ove il convenuto affermi che il terzo è l’effettivo soggetto passivo del rapporto dedotto in giudizio dall’attore in tal senso Cassazione 5057/2010 Cassazione 1522/2006 Cassazione 13165/2007 . quando il terzo è l’effettivo soggetto passivo del rapporto dedotto in giudizio dall’attore. Così ha deciso infatti la Cassazione nell’ordinanza in commento osservando che il processo verteva sulla ricerca e individuazione dell’effettivo responsabile sulla base di un rapporto di fatto unico. In altre parole i convenuti non avevano invocato una garanzia propria o impropria nei confronti del condominio, ma avevano sostenuto che lo stabile era l’unico ed esclusivo responsabile dei danni patiti dall’attore e che quindi doveva essere considerato l’unico legittimato passivo rispetto alle pretese attoree. Di fatto i convenuti erano risultati estranei alle richieste avversarie. In questa ipotesi quindi la pretesa attorea doveva intendersi come automaticamente estesa nei confronti del soggetto risultato effettivo responsabile poiché il fine ultimo del giudizio era proprio la ricerca del soggetto a cui imputare i danni lamentati. Il giudice di pace pertanto aveva correttamente emesso nei confronti del condominio una pronuncia di condanna, anche se gli attori non avevano fatto espressa richiesta, senza per questo incorrere nel vizio di extrapetizione. La Cassazione accoglie dunque il ricorso e cassa la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 15 gennaio – 6 aprile 2016, n. 6623 Presidente Petitti – Relatore Manna Svolgimento del processo e motivi della decisione I. - Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell'art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 38d-bis e 375 c.p.c. 1. - M.P.e L.F., proprietari di un appartamento sito nel condominio Vicolo San Pancrazio, 11, Druento TO , convenivano in giudizio innanzi al giudice di pace di Torino C.B. e G.D.M., proprietari dell'appartamento soprastante, per sentirli condannare al risarcimento di danni da infiltrazioni d'acqua piovana. Nel resistere in giudizio i convenuti chiamavano in causa il condominio Vicolo San Pancrazio, 11, cui attribuivano la responsabilità dell'evento dannoso. Il condominio si costituiva e a sua volta chiamava in garanzia la Reale Mutua Assicurazioni s.p.a., che pure resisteva in giudizio. Il giudice di pace accoglieva la domanda condannando il condominio al risarcimento del danno in favore degli attori. 1.1. - Tale sentenza era riformata dal Tribunale di Torino, adito dal condominio. Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, il Tribunale riteneva che gli attori avevano sempre e solo richiesto anche dopo la chiamata in causa del condominio la condanna dei convenuti al risarcimento, sicché la condanna ai danni direttamente nei confronti del condominio era stata pronunciata senza vi fosse domanda in tal senso da parte degli attori. 2. - Per la cassazione di detta sentenza M.P. e L.F. propongono ricorso, affidata a un solo motivo. 2.1. - Nessuna delle parti intimate ha svolto attività difensiva. 3. - Preliminarmente si rileva che dagli atti in possesso di questo consigliere relatore non risulta l'avviso di ricevimento della notificazione effettuata al condominio Vicolo San Pancrazio a mezzo del servizio postale. 4. - Con l'unico motivo di ricorso è dedotto il vizio di .motivazione e la violazione o falsa applicazione dell'art. 106 c.p.c., in quanto il giudice d'appello non ha applicato il principio dell'estensione automatica della domanda della parte attrice al terzo chiamato, nella specie il condominio, che è stato indicato dai convenuti quale soggetto responsabile dei danni. 5. - Il motivo è fondato. Nell'ipotesi in cui il terzo sia stata chiamato in causa dal convenuto come soggetto effettivamente e direttamente obbligato alla prestazione pretesa dall'attore, la domanda attrice si estende automaticamente ad esso, senza necessità di un'espressa istanza, dal momento che il giudizio verte sull'individuazione del responsabile sulla base di un rapporto - obbligazione ex illicito - oggettivamente unico Cass. nn. 5057110, 1522106, 4145103 e 11371/02 . Nella specie, al di là della formula adottata nell'istanza, la chiamata in causa del condominio, da parte dei convenuti, indica in quest'ultimo il soggetto responsabile dei danni, cui la causa deve, pertanto, ritenersi comune. Ne consegue che, non trattandosi di chiamata in garanzia, né propria né impropria, la domanda attorea deve ritenersi estesa di diritto al condominio. 6. - Per le ragioni su estese, si propone la decisione del ricorso con le forme camerali, nei sensi di cui sopra, in base all'art. 375, n. 5 c.p.c. . 11. - Rilevato che è stato depositato l'avviso di ricevimento della notifica del ricorso a mezzo del servizio postale, attestante l'esito positivo della notifica stessa, la Corte condivide la relazione, rispetto alla quale non é stata depositata memoria. La soluzione accolta, infatti, risulta conforme -- quanto all'ammissibilità del ricorso - anche al recente arresto di S.U. n. 25774115, in base alla quale la sentenza, con cui il giudice d'appello riforma o annulla la decisione di primo grado e rimette la causa al giudice a quo ex artt. 353 o 354 c.p.c., è immediatamente impugnabile con ricorso per cassazione, trattandosi di sentenza definitiva, che non ricade nel divieto, dettato dall'art. 360, comma 3, c.p.c., di separata impugnazione in cassazione delle sentenze non definitive su mere questioni, per tali intendendosi solo quelle su questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito che non chiudono il processo dinanzi al giudice che le ha pronunciate. IV. - Pertanto, in accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Torino, in persona di diverso magistrato, che esaminerà il gravame nel merito e provvederà sulle spese di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Torino, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese di cassazione.