Va cassata la sentenza che non prende posizione su tutti gli elementi rilevanti ai fini della decisione

Deve essere cassata per insufficiente motivazione la sentenza di appello decisa senza aver preso nella dovuta considerazione elementi e risultanze istruttorie determinanti ai fini della decisione della causa.

La Sez. III Civile della Cassazione sentenza n. 5620/2016, depositata il 22 marzo ha annullato la decisione di appello affetta da un vizio di motivazione. Il caso si riferisce ad una azione di responsabilità fatta valere da una banca contro un notaio e contro un Conservatore dei registri immobiliari. Il caso. Una banca stipulava, con rogito notarile, un contratto di frazionamento di mutuo con contestuale frazionamento di ipoteca, con il quale era stabilito che le singole unità immobiliari gravate da ipoteca per il complessivo ammontare di oltre Lire 1 miliardo e mezzo potessero essere liberate dietro versamento dell'importo minimo di Lire 74 milioni per ogni unità da liberare, ovvero a seguito del versamento, in unica soluzione, dell'intera somma poco fa menzionata. La banca veniva, poi, a conoscenza del fatto che, con richiesta di annotazione presentata dal notaio rogante al conservatore dei registri immobiliari, era stata operata la liberazione di tutte le unità immobiliari, senza il preventivo corrispondente versamento. Sicché risultava evidente l'errore del notaio e/o del conservatore, per avere, l'uno, predisposto la domanda di annotazione relativa a tutti i beni ipotecati e, l'altro, per non aver verificato che la domanda fosse supportata da documenti giustificativi comprovanti l'estinzione dell'intero debito. L’azione di danni contro il notaio e contro il conservatore. Sulle descritte basi la banca agiva contro il notaio e contro il conservatore dei registri immobiliari, chiedendo il risarcimento dei danni perché essa banca, pur essendo rimasta creditrice della somma di oltre Lire 400 milioni, non aveva potuto attivare l'azione espropriativa dei beni oggetto della garanzia per effetto della illegittima liberazione, seguita dalla vendita degli immobili ad opera della debitrice ed al fallimento di quest'ultima. Quanto all’avvenuto fallimento della debitrice, la banca non aveva inoltre potuto insinuarsi al passivo in via ipotecaria ma solo in via chirografaria, con evidente danno. Il Tribunale condannava in solido notaio e conservatore meglio il Ministero dell’economia e delle finanze, successore dell’Agenzia del territorio al risarcimento dei danni, quantificati nell’importo del credito degradato” da privilegiato e chirografario oltre Lire 400 milioni . La Corte d’appello mandava, invece, assolto il conservatore, condannando la banca alla restituzione di quanto nel mentre percepito, condannando altresì la banca alle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio la condanna del notaio veniva invece confermata. La decisone di appello veniva, quindi, impugnata sia dal notaio, in via principale, sia dalla banca, in via incidentale. Mancava la prova del danno? La Corte d’appello aveva accolto il gravame del Ministero conservatore in quanto la banca avrebbe fornito soltanto” la prova dell'intervenuto fallimento del proprio debitore, senza tuttavia allegare alcunché in ordine alla incapienza effettiva o altamente probabile quale credito degradato a chirografario per effetto della cancellazione di ipoteche. Secondo i giudici di secondo grado, inoltre, non vi erano elementi da cui ricavare l'effettivo danno fatto valere. Ma la banca ricorrente fa notare alla Suprema Corte che i giudici di merito hanno omesso di considerare, senza dare alcuna motivazione al riguardo, le prove fornite circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio la sussistenza e l’entità del danno , violando così le norme di diritto in materia di prove. Di elementi a sostegno della domanda di risarcimento danni ce ne erano invece parecchi. In particolare, secondo le censure fatte valere dalla banca, non sarebbe stata presa in considerazione della Corte d’appello una memoria istruttoria, l’estratto della sentenza di fallimento della società mutuataria e debitrice, l’estratto dello stato passivo dal quale si evincerebbe che il credito della banca è stato ammesso in semplice chirografo . Inoltre, non sarebbe stata data rilevanza al fatto che i convenuti notaio e conservatore , nel corso dell'intero giudizio, non avevano in alcun modo contestato il quantum richiesto a titolo di risarcimento del danno. Infine, non sarebbe stata valutata la mancata comparizione delle controparti all'udienza di trattazione, il che non avrebbe consentito di tentare la conciliazione, nonostante la presenza in quell'udienza di un procuratore della banca munito di apposita procura e dei relativi poteri. Neppure la richiesta di liquidazione in via equitativa era stata presa in esame dai giudici di appello. Inoltre, la banca ricorrente, da un lato ribadiva la sussistenza del danno ingiusto ad essa procurato dal notalo e dal conservatore per la dedotta degradazione del credito da ipotecario a semplice chirografario e degli elementi da cui ricavare l'effettivo danno, dall’altro lato lamentava, in aggiunta, che la Corte di merito non avrebbe provveduto alla liquidazione equitativa del danno, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2056 e 1226 c.c., e, senza fornire alcuna motivazione al riguardo, avrebbe ritenuto di disattendere l'operato del primo giudice che aveva, invece, liquidato equitativamente il danno. La decisione di appello, alquanto superficiale, merita di essere cassata. La banca si era limitata a fornire la prova dell’avvenuto fallimento del suo debitore? Non è così, per cui la Suprema Corte accoglie le censure sollevate dalla banca. Infatti, la Corte territoriale, con insufficiente motivazione, ha ritenuto che la banca abbia fornito esclusivamente la prova del fallimento del suo debitore senza allegare nulla in ordine alla propria incapienza effettiva o altamente probabile quale credito degradato a chirografario per effetto della cancellazione delle ipoteche, senza tenere segnatamente in alcun conto le risultanze istruttorie e processuali evidenziate dalla banca a sostegno del ricorso incidentale proposto e certamente determinanti ai fini della decisione della causa, anche con riferimento ad una eventuale liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., ove ne ricorrano i presupposti. La sentenza di appello è stata, quindi, cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 22 ottobre 2015 – 22 marzo 2016, n. 5620 Presidente Travaglino – Relatore Scrima Svolgimento del processo La Banca delle Marche S.p.A. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Ancona, il notaio Dott. L.C. e il Ministero delle Finanze per sentirli condannare in via solidale o alternativa, al risarcimento dei danni dalla stessa subiti, previo accertamento della responsabilità dei convenuti. Rappresentava l’attrice che, con atto a rogito di detto notaio, in data 12 settembre 1997, aveva stipulato con la Ing. Francolini Costruzioni Generali S.r.l. un contratto di frazionamento di mutuo con contestuale frazionamento di ipoteca, con il quale si era stabilito che le singole unità immobiliari gravate da ipoteca per il complessivo ammontare di L. 1.695.000.000 potessero essere liberate dietro versamento dell’importo minimo di L. 74.000.000 per ogni unità da liberare, ovvero a seguito di versamento in unica soluzione dell’intera somma sopra indicata. Deduceva l’attrice di essere venuta a conoscenza che, con richiesta di annotazione presentata dal predetto notaio al Conservatore dei registri immobiliari di Pesato il 15 novembre 1997, era stata operata la liberazione di tutte le unità immobiliari, senza il preventivo corrispondente versamento, sicché risultava evidente l’errore del notaio e/o del Conservatore, per avere, l’uno, predisposto la domanda di annotazione relativa a tutti i beni ipotecati e, l’altro, per non aver verificato che la domanda fosse supportata da documenti giustificativi comprovanti l’estinzione dell’intero debito. Sosteneva l’istituto di credito che, pur essendo rimasto creditore della somma di L. 437.581.509, non aveva potuto attivare razione espropriativa dei beni oggetto della garanzia per effetto della illegittima liberazione, seguita dalla vendita degli immobili ad opera della debitrice ed al fallimento di quest’ultima, e che quanto verificatosi aveva impedito l’insinuazione del suo credito in via ipotecaria. Il notaio si costituiva chiedendo il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti e sostenendo che unica responsabile era la Conservatoria, tenuta alla verifica della regolarità dei titoli e della conformità ad essi delle annotazioni che andava di seguire. Si costituiva anche il Ministero delle Finanze chiedendo il rigetto della domanda in quanto del tutto estraneo alla vicenda per essersi limitato ad eseguire le formalità richieste dal notaio sul presupposto che le condizioni di cui al rogito fossero state adempiute e verificate dal notaio. Il Tribunale adito, con sentenza del 20 aprile 2005 condannava in solido il L. e il Ministero dell’Economia e delle Finanze a corrispondere alla Banca delle Marche S.p.A. l’importo di Euro 225.992,20 oltre accessori. Avverso tale decisione il Ministero dell’Economia e delle Finanze nonché l’Agenzia del Territorio Direzione regionale proponevano appello. Il notaio L. proponeva a sua volta appello incidentale. La Banca delle Marche S.p.A. chiedeva il rigetto dell’appello principale e la declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale. La Corte di appello di Ancona, con sentenza del 5 ottobre 2012, in accoglimento dell’appello principale e in parziale riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda proposta dalla Banca delle Marche S.p.A. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze nonché dell’Agenzia del Territorio Direzione Regionale, condannava l’istituto di credito a restituire l’importo di euro 177.022,6 oltre interessi di legge dal versamento a saldo nonché alla rifusione, in favore del Ministero, delle spese del doppio grado del giudizio di merito, dichiarava inammissibile l’appello incidentale proposto da L.C. , confermando nei suoi riguardi la sentenza di primo grado, e condannava l’appellante incidentale a rifondere all’istituto di credito le spese di quel grado. Avverso la sentenza della Corte di merito il notaio L.C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, quale successore dell’Agenzia del Territorio, hanno resistito con controricorso contenente ricorso incidentale articolato in due motivi. La Banca delle Marche S.p.A. ha resistito al ricorso principale con controricorso contenente ricorso incidentale basato su due motivi e con distinto controricorso ha resistito al controricorso con ricorso incidentale delle Amministrazioni pubbliche. Il L. e la Banca delle Marche S.p.A. hanno depositato memorie. Motivi della decisione Ricorso principale. 1. Con l’unico motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 331, 332,334 e 343 c.p.c. . Il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver la Corte di merito ritenuto inammissibile l’impugnazione incidentale da lui proposta e non notificata alla banca costituitasi in appello dopo la scadenza del termine ultimo per l’impugnazione del notaio, in ragione della dichiarata scindibilità della causa. Il motivo è infondato, in applicazione dei principi affermati da ultimo da questa Corte con le sentenze n. 19584 del 27/08/2013, n. 1120 del 21/01/2014 e n. 15292 del 21/07/2015 v. anche Cass. 2/05/2011, a 9649, richiamata dalla Corte di merito e relativa ad un caso in cui, come quello all’esame, in causa scindibile, il ricorso incidentale non sia stato notificato nei termini nei confronti delle parti non ancora costituite nel giudizio di secondo grado . In particolare, con la prima delle sentenze richiamate è stato affermato che l’appello incidentale tardivo proposto da un coobbligato solidale al risarcimento del danno avverso la sentenza che ne afferma la responsabilità, con altri convenuti, nei confronti dell’attore e ne accerta anche la percentuale ascrivibile a ciascuno di loro, è inammissibile qualora il gravame principale sia stato instaurato da altri coobbligati al solo fine della rideterminazione delle colpe di ciascuno, sorgendo, in tal caso, l’interesse del primo ad impugnare direttamente per effetto di una tale pronuncia, e non come conseguenza del descritto gravame, in quanto il diverso contenuto economico da esso eventualmente derivante per la suddetta declaratoria di responsabilità costituisce una conseguenza di mero fatto, irrilevante, peraltro, nei confronti dell’attore, rispetto al quale, in ipotesi di pluralità di responsabili, è del tutto indifferente la graduazione delle rispettive colpe. Con la seconda sentenza sopra richiamata è stato affermato che le regole della impugnazione tardiva, in osservanza dell’art. 334 c.p.c. e in base al combinato disposto degli arti. 370 e 371 c.p.c., operano esclusivamente per l’impugnazione incidentale in senso stretto, e cioè proveniente dalla parte contro la quale è stata proposta l’impugnazione principale, solo alla quale è consentito presentare ricorso nelle forme e nei termini di quello incidentale, per l’interesse a contraddire e a presentare, contestualmente con il controricorso, l’eventuale ricorso incidentale anche tardivo. Invece, quando il ricorso di una parte abbia contenuto adesivo a quello principale, non trovano applicazione i termini e le forme del ricorso incidentale tardivo , dovendo invece osservarsi la disciplina dettata dall’art. 325 c.p.c. per il ricorso autonomo, cui è altrettanto soggetto qualsiasi ricorso successivo al primo, che abbia valenza d’impugnazione incidentale, qualora investa un capo della sentenza non impugnato con il ricorso principale o lo investa per motivi diversi da quelli fatti valere con il ricorso principale. Con la sentenza del 2/05/2011, n. 9649 questa Corte ha precisato che la norma dell’art. 343, primo comma, c.p.c., secondo cui l’appello incidentale si propone nella prima comparsa o, in mancanza di costituzione in cancelleria, nella prima udienza o in quelle previste dagli artt. 331 e 332 - senza che sia necessaria, quindi, la notifica dell’atto di impugnazione - è applicabile all’appello incidentale rivolto contro l’appellante principale o contro altra parte già costituita o che si costituisca prima del decorso dei termini d’impugnazione, ma non quando l’appello incidentale sia proposto nei confronti di parti non presenti nel giudizio di secondo grado. In tal caso, se l’impugnazione ha per oggetto una sentenza pronunciata in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti, il giudice deve assegnare all’appellante incidentale che abbia tempestivamente proposto l’impugnazione con la comparsa o in udienza, nei confronti dell’appellante principale il termine per integrare il contraddittorio nei confronti degli avversi litisconsorti necessari, a norma dell’art. 331 c.p.c. se, invece, l’impugnazione ha per oggetto una sentenza resa in cause scindibili, l’appellante incidentale deve provvedere ani notifica dell’impugnazione nei termini perentori di cui agli artt. 352 o 327 del codice di procedura civile. 2. Il ricorso principale va pertanto rigettato. Ricorso incidentale Banca delle Marche S.p.A 3. Con il primo motivo si lamenta omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio . Assume la ricorrente che la Corte di merito ha ritenuto fondato il gravame proposto dal Ministero in quanto la banca avrebbe fornito soltanto la prova dell’intervenuto fallimento del proprio debitore, senza allegare alcunché in ordine alla incapienza effettiva o altamente probabile quale creditore degradato a chirografaro per effetto della cancellazione di ipoteche, con difetto di elementi da cui ricavare l’effettivo danno Lamenta la ricorrente che in tal modo la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare, senza dare al riguardo alcuna motivazione, le prove fornite circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, violando così le norme di diritto in materia di prove. In particolare la Banca delle Marche S.p.A. si duole che i Giudici del secondo grado non abbiano tenuto in considerazione la memoria istruttoria depositata il 13 gennaio 2003, l’estratto della sentenza di fallimento n. 5/2001 emessa dal Tribunale di Pesaro nei confronti della Ing. Francolini Costruzioni Generali S.r.l. e l’estratto dello stato passivo, dal quale si evincerebbe che il credito della banca è stato ammesso in semplice chirografo , né avrebbero dato rilevanza al fatto che entrambi i convenuti, nel corso dell’intero giudizio, non abbiano in alcun modo contestato il quantum da essa richiesto a titolo di risarcimento del danno, né avrebbero valutato la mancata comparizione delle controparti all’udienza di trattazione, il che avrebbe non consentito di tentare la conciliazione, nonostante la presenza in quell’udienza di un procuratore della banca munito di apposita procura e dei relativi poteri. 4. Con il secondo motivo, lamentando violazione o falsa applicazione di norme di diritto , la ricorrente, ribadendo la sussistenza, a suo avviso, del danno ingiusto ad essa procurato dal notaio e dal Conservatore, per la dedotta degradazione del suo credito da ipotecario a semplice chirografario e degli elementi da cui ricavare l’effettivo danno, lamenta che la Corte di merito non abbia provveduto alla liquidazione equitativa del danno, ai sensi del combinato disposto degli art. 2056 e 1226 cc., e, senza fornire alcuna motivazione al riguardo, ha ritenuto di disattendere l’operato del primo Giudice che aveva, invece, liquidato equitativamente il danno. 5. I motivi proposti dalla Banca delle Marche S.p.A., i quali per connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono entrambi fondati. Ed invero la Corte territoriale, con insufficiente motivazione, ha ritenuto che la banca abbia fornito esclusivamente la prova del fallimento del suo debitore senza allegare nulla in ordine alla propria incapienza effettiva o altamente probabile quale credito degradato a chirografario per effetto della cancellazione delle ipoteche, senza tenere, segnatamente, in alcun conto le risultanze istruttorie e processuali evidenziate dalla Banca delle Marche a sostegno del ricorso incidentale proposto e certamente determinanti ai fini della decisione della causa, anche con riferimento ad una eventuale liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., ove ne ricorrano i presupposti. 6. Il ricorso incidentale proposto dalla Banca delle Marche S.p.A. va, quindi, accolto. Ricorso incidentale del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate, nella dedotta qualità. 7. Alla luce di quanto sopra evidenziato, il ricorso incidentale proposto dagli indicati Ministero e Agenzia con il quale si lamenta, con il primo motivo, violazione falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza, e, con il secondo motivo, violazione e falsa applicazione degli arti. 2674, 2886, 2838 c.c. e del loro combinato disposto resta assorbito, trattandosi di questioni chiaramente assorbite dalla decisione impugnata, fondata, all’evidenza, sulla ragione ritenuta più liquida dai Giudici di appello e sulle quali provvederà la Corte di merito in sede di rinvio. 8. In conclusione, deve rigettarsi il ricorso principale, accogliersi il ricorso incidentale della Banca delle Marche S.p.a. e dichiararsi assorbito il ricorso incidentale proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nonché dall’Agenzia delle Entrate nella dedotta qualità la sentenza impugnata va cassata in relazione a quanto accolto e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione. P.Q.M. La Corte, pronunciando sui ricorsi, rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale della Banca delle Marche S.p.a., dichiara assorbito il ricorso incidentale proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nonché dall’Agenzia delle Entrate nella dedotta qualità cassa la sentenza impugnata in relazione a quanto accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione.