Negozio nullo? Se c’è danno la parte ne può richiedere il risarcimento

In tema di negozio giuridico, una volta che il giudice abbia accertato la sua nullità, dallo stesso non consegue alcun effetto giuridico, compreso quello apparentemente voluto dalle parti e volto alla modificazione del contenuto e dell’assetto di un precedente contratto stipulato tra le stesse parti. Da tanto consegue che è possibile richiedere il risarcimento dei danni anche separatamente dall’azione di risoluzione se tale richiesta viene proposta dalla parte che ne abbia l’interesse.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 4527/16, depositata l’8 marzo. Il fatto. La Corte di appello territorialmente competente, con sentenza non definitiva, accoglieva l’impugnazione di nullità del lodo arbitrale proposta dagli appellanti nei confronti di una srl, previa dichiarazione di nullità parziale di una scrittura privata sottoscritta dagli stessi soggetti, nella parte in cui questi avevano previsto, in sostituzione dell’oggetto originario del preliminare tra loro stipulato, la cessazione di due posti auto scoperti, in luogo di altrettanti garage interrati. Sempre la stessa Corte territoriale, con successiva sentenza definitiva, in accoglimento di una delle domande spiegate degli appellanti, condannava la società intimata al solo pagamento, in loro favore, di una somma di denaro a titolo di restituzione dell’anticipo del prezzo pattuito oltre agli interessi. Il giudice distrettuale con tale pronuncia aveva affermato che, dichiarata nulla la scrittura privata, novativa del preliminare e fonte dell’obbligazione di cessione in proprietà dei posti auto scoperti al posto dei due garage interrati per contrarietà a norme imperative, la domanda di risoluzione contrattuale doveva dichiararsi inammissibile e, comunque infondata, per carenza del vincolo contrattuale che era stato reciso con effetto retroattivo. Infine, non poteva pronunciarsi la condanna della società al risarcimento del danno, per inesigibilità di una prestazione divenuta impossibile, essendo praticabile solo la condanna della società alla restituzione del prezzo corrisposto anticipatamente, come risultante dalla scrittura privata. Avverso la sentenza gli appellanti hanno proposto ricorso per cassazione. Risarcimento danni. Nella caso di specie, gli Ermellini, hanno ritenuto fondate le doglianze dei ricorrenti sulla scorta della premessa che la sentenza non definitiva pronunciata dalla Corte territoriale che dichiarava nulla la scrittura novativa del patto originario, pur non avendo circoscritto in modo netto l’area del danno, ma indicato le voci che lo sostanziavano, rimandando alla CTU l’esatta quantificazione di esso, ha sicuramente – e per implicito – affermato l’esistenza di un danno da risarcire, a carico della società venditrice. Tale vincolo, nascente dal giudicato, è stato trascurato dal giudice distrettuale che ad esso avrebbe dovuto conformare la seconda parte della sua decisione. Infatti, nel caso di pronuncia di sentenza non definitiva e di prosecuzione del giudizio per l’ulteriore istruzione della controversia, il giudice resta da questa vincolato anche se non passata in giudicato sia in ordine alle questioni definite, sia per quelle da queste dipendenti, che debbono essere esaminate e decise sulla base dell’intervenuta pronuncia. Concludendo. I Giudici affermano, infine, che la sentenza in questione si pone in aperta violazione del principio giuridico fondamentale della retroattività della dichiarata nullità in quanto, nonostante abbia preso atto di tale accertamento, ha comunque ritenuto, da un lato che il negozio nullo non avesse alcun valore ed effetto da poter invocare da parte degli acquirenti ed odierni ricorrenti e, dall’altro, che – pur venendo meno – tale negozio dello stesso rimanesse fermo l’effetto novativo, che, invece, nella specie non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 2 febbraio – 8 marzo 2016, n. 4527 Presidente Forte – Relatore Genovese Svolgimento del processo 1. La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza non definitiva del 2011, passata in giudicato, ha accolto l’impugnazione di nullità del lodo arbitrale, proposta dai signori M.D. e P. nei confronti della Porta Giustizia srl, previa dichiarazione di nullità parziale della scrittura privata in data 10 luglio 2006, nella parte in cui aveva previsto, in sostituzione dell’oggetto originario del preliminare tra di loro stipulato, in data 8 aprile 2004, la cessione di due posti auto scoperti, in luogo di altrettanti garage interrati. 2. La Corte territoriale, con la successiva sentenza definitiva del 2012, in accoglimento della domanda dei M. , ha condannato la società intimata al pagamento, in loro favore, di una somma di denaro, a titolo di restituzione dell’anticipo del prezzo pattuito, con gli interessi. 2.1. Il giudice distrettuale, con tale pronuncia, ha affermato che, una volta dichiarata nulla la scrittura privata del 2006 novativa del preliminare del 2004 e fonte dell’obbligazione di cessione in proprietà dei posti auto scoperti in luogo dei due garage interrati , per contrarietà alle norme imperative, la domanda di risoluzione contrattuale doveva essere dichiarata inammissibile e, comunque infondata, per carenza del presupposto, costituito dalla persistenza del vincolo contrattuale che era stato reciso con effetto retroattivo. 2.2. Né, secondo la Corte, poteva dirsi sopravvissuto l’obbligo nascente dal preliminare, estintosi per effetto della novazione. 2.3. Infine, non poteva pronunciarsi la condanna della società, al risarcimento del danno, per l’inesigibilità di una prestazione divenuta impossibile, essendo praticabile solo la condanna della società alla restituzione del prezzo corrisposto anticipatamente, come risultante dalla scrittura privata, in uno con gli interessi legali. 3. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i signori M.D. e P. , con due mezzi, il primo dei quali articolato in quattro ulteriori doglianze, illustrate anche con memoria. 4. La società intimata non ha svolto difese. Motivi della decisione 1. Con il primo mezzo di cassazione, svolto con riferimento al rapporto tra accertamento della nullità, domanda di risoluzione e richiesta risarcitoria, i ricorrenti hanno articolato quattro profili di doglianza. 1.1. Con il primo nullità della sentenza per esaurimento della potestas iudicandi e violazione del giudicato interno ai sensi degli artt. 279, 324, 830 c.p.c. e 2909 c.c., in riferimento all’art. 360 n. 4 c.p.c. si lamenta la mancata osservanza del vincolo del giudicato interno, nascente dalla sentenza non definitiva n. 1459/11 della Corte territoriale, con la quale accertato l’inadempimento della società venditrice - era stato affermato che la medesima dovesse rispondere dei danni cagionati, non ostando la natura novativa dell’atto modificativo del preliminare del 2004. La Corte di cassazione dovrebbe rilevare, anche d’ufficio, la violazione del giudicato interno, nascente dalla sentenza non definitiva. 1.2. Con il secondo profilo violazione e falsa applicazione dei principi in tema di nullità degli atti novativi e transattivi ai sensi degli artt. 1230, 1418, 1419, 1421, 1423, 1424 e 1965 c.c., in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c. il ricorso si duole della mancata osservanza del principio a termini del quale la nullità della scrittura del 2006 comporterebbe l’inesistenza dell’effetto novativo e, quindi, la persistenza dell’obbligo di trasferimento del posto auto interrato. 1.3. Con il terzo violazione e falsa applicazione dei principi in materia di proponibilità delle domande di risarcimento per inadempimento ai sensi degli artt. 1218 e, 1453 c.c., in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c. si deduce la disattenzione dei principi di diritto che hanno affermato la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni anche separatamente dall’azione di risoluzione. 1.4. Con il quarto profilo nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 n. 4 c.p.c. si lamenta la mancata attenzione alla richiesta risarcitoria per violazione del patto inerente il trasferimento dei garage, senza che questa domanda fosse dipendente dalla risoluzione del contratto. 2. Con il secondo mezzo di cassazione, svolto con riferimento all’applicazione dei principi risarcitori violazione e falsa applicazione degli artt. 1337 e 2043 c.c., in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c. , si contesta la riferibilità del caso esaminato al principio posto dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 2248 del 2012, che concernerebbe un caso del tutto opposto a quello oggetto del presente giudizio. 2.1. Mentre in quella situazione il risarcimento era stato negato perché non era possibile ottenere il trasferimento di posti auto indipendentemente dal trasferimento delle unità immobiliari, nella specie era accaduto esattamente in contrario, in quanto i ricorrenti si dolevano del fatto che erano stati loro venduti alcuni appartamenti privi del posto auto, in violazione dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989, con la conseguente mancanza di abitabilità ed il deprezzamento del bene acquistato. 3. I due mezzi di ricorso il primo dei quali articolato negli anzidetti quattro profili devono essere esaminati congiuntamente, stante la loro evidente e stretta connessione. Essi vanno accolti, sulla base del ragionamento e delle precisazioni che seguono. 4. Anzitutto, va premesso che la sentenza non definitiva del 2011, pronunciata dalla stessa Corte territoriale a quo, che dichiarato nulla la scrittura novativa del primo patto, passata in giudicato, pur non avendo circoscritto in modo netto l’area del danno, ma indicato le voci che lo sostanzierebbero la riduzione dei valori degli immobili, le ripercussioni sull’abitabilità delle abitazioni, ecc. , rimandando alla disponenda CTU la esatta quantificazione di esso, ha sicuramente - e per implicito - affermato l’esistenza di un danno da risarcire, a carico della società venditrice. 4.1. Tale primo vincolo, nascente dal giudicato, è stato trascurato dal giudice distrettuale che ad esso avrebbe dovuto conformare la seconda parte della sua decisione. 4.2. Infatti, questa Corte Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18510 del 2004 ha affermato il principio secondo cui Nel caso di pronuncia di sentenza non definitiva ai sensi dell’art. 279, secondo e quarto comma cod. proc. civ. e di prosecuzione del giudizio per l’ulteriore istruzione della controversia, il giudice resta da questa vincolato anche se non passata in giudicato sia in ordine alle questioni definite, sia per quelle da queste dipendenti, che debbono essere esaminate e decise sulla base dell’intervenuta pronuncia . 5. Ma v’è assai di più, poiché la sentenza in questa sede impugnata contiene un grave errore di diritto. 5.1. Essa, infatti, ha violato il principio giuridico fondamentale della retroattività della dichiarata nullità in quanto, preso atto di tale accertamento, ha ritenuto, da un lato, che l’atto nullo non avesse alcun valore ed effetto da poter invocare, da parte degli acquirenti ed odierni ricorrenti e, da un altro, che - pur venendo meno - l’atto di esso rimanesse fermo l’effetto novativo. 5.2. Va a tal uopo riaffermato il principio di diritto secondo cui in tema di negozio giuridico, una volta che il giudice abbia accertato la sua nullità, dallo stesso non consegue alcun effetto giuridico, compreso quello apparentemente voluto dalle parti e volto alla modificazione del contenuto e dell’assetto di un precedente contratto stipulato tra le stesse parti. 6. Da tanto consegue l’assorbimento degli altri profili con i quali si chiede a questa Corte di affermare il principio di diritto secondo cui è possibile chiedere il risarcimento dei danni anche separatamente dall’azione di risoluzione e tale richiesta sarebbe stata comunque proposta dagli odierni ricorrenti. 7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione.