Regolare un confine è diverso da reclamare un terreno

L’azione di regolamento di confine presuppone che l’incertezza, soggettiva od oggettiva, riguardi il confine tra i due fondi, non il diritto di proprietà degli stessi, anche se l’oggetto della controversia è la determinazione quantitativa delle rispettive proprietà.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 3559/16, depositata il 24 febbraio. Il caso. L’acquirente di un terreno conveniva in giudizio il vicino, a sua volta proprietario terriero, per sentirlo condannare al rilascio di mq. 238 di suolo del quali l’attore sosteneva essere divenuto proprietario grazie al recente atto di acquisto. L’azione veniva respinta dal Tribunale, il quale una volta qualificatala come rivendica, la rigettava in quanto sfornita di prova. Avverso la decisione della Corte di appello, che a sua volta confermava la definizione della domanda attrice come rivendica confermando così la sentenza del Tribunale, proponeva ricorso in Cassazione il soccombente. Il reclamante, in particolare, sosteneva che i giudici di merito di primo e secondo grado avessero errato nel ritenere che egli avesse voluto proporre una azione di rivendica, senza tener conto che egli viceversa, aveva inteso di fatto agire per ottenere il regolamento del confine. Occorre prima di tutto determinare esattamente ed in modo sostanziale e non solo formale la domanda presentata dall’attore. La Cassazione, intervenendo sul punto, accoglieva il predetto motivo di ricorso giudicando come l’attore avesse nei propri atti sostenuto che il confine non fosse tracciato esattamente, chiedendo quindi al Tribunale di provvedere in tal senso. Una volta determinata in tal modo, e quindi non come azione di rivendica, la domanda proposta, secondo la Cassazione il Tribunale avrebbe dovuto pertanto esaminarla nel merito e non respingerla ritenendola non provata. Per distinguere la domanda proposta dall’attore occorre distinguere tra conflitto tra fondi” e conflitto tra titoli”. Secondo la Cassazione, in altre parole, nel definire come domanda di regolamento confini quella proposta dall’attore, è sufficiente ricordare il carattere distintivo tra l’azione di rivendica, basata tra un ipotizzato contrasto tra i titoli di proprietà delle parti in causa, e azione di regolamento dei confini, ove viceversa non vengono contestati i titoli di proprietà ma solo ed esclusivamente si chiede l’attore di rientrare nella disponibilità di una parte di terreno che si ritiene propria. Nel caso di specie, l’attore aveva in effetti probabilmente mal formulato la propria richiesta, chiedendo il rilascio da parte del vicino di una parte del terreno, ma ciò non toglie che egli non basasse le proprie richieste sulla validità dei rispettivi titoli di acquisto, ma piuttosto l’esatta dimensione dei terreni che in tali titoli erano compresi. Il principio espresso dalla Corte appare perfettamente condivisibile sia dal punto di vista teorico, dato che è evidente che le due domande di regolamento confini sono del tutto differenti e vanno chiaramente distinte, e sia nella applicazione pratica fattane nel caso di specie, poiché è evidente che l’attore in realtà pur si ripete formulando in modo non efficace le proprie richieste non sostenesse che il proprio titolo di acquisto gli desse ragioni di richiedere una parte del terreno altrui, ma piuttosto che tale titolo comprendesse appunto parte del terreno contestato. Domanda di rivendicazione e domanda di regolamento confini il differente regime probatorio. La Corte infine, accoglieva il ricorso, una volta correttamente ri definita la domanda dell’attore, in quanto a differenza che per la domanda di rivendica, per la domanda di regolamento confine non è necessario, da parte dell’attore fornire la prova di essere proprietario in base ad un titolo della parte di terreno in contestazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile 2, sentenza 3 dicembre 2015 – 24 febbraio 2016, n. 3559 Presidente Petitti – Relatore Manna Svolgimento del processo e motivi della decisione I. Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell'art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380-bis e 375 c.p.c. 1. D.B.N. , avendo acquistato a misura un terreno adiacente ad altro, di proprietà di P.G. , conveniva quest'ultimo innanzi al Tribunale di Benevento per sentirlo condannare al rilascio di mq. 238 di suolo, assumendosene proprietario in virtù del proprio titolo di compravendita a misura. Nel resistere in giudizio, il convenuto opponeva di aver acquistato il suo fondo a corpo e non a misura, e che la domanda era ad ogni modo infondata, dovendo semmai l'attore far valere le proprie doglianze nei confronti del venditore. 1.1. Il Tribunale, qualificata l'azione come rivendica, rigettava la domanda in quanto sfornita di prova. 1.2. Esito analogo aveva il giudizio d'appello, conclusosi con sentenza emessa in data 19.2.2013, con la quale la Corte d'appello di Napoli rigettava l'impugnazione del D.B. . Osservava al riguardo la Corte territoriale che quest'ultimo, pur qualificando la propria domanda come regolamento di confini, aveva affermato che la superficie del fondo da lui posseduta in concreto era inferiore a quella indicata nel proprio titolo d'acquisto, e di conseguenza aveva denunciato il relativo sconfinamento da parte del convenuto. Pertanto, la Corte, riqualificata l'azione come rivendica, rilevava che l'attore non aveva fornito la c.d. prova diabolica della proprietà. 2. Per la cassazione di tale sentenza D.B.N. propone ricorso, affidato a due motivi. 2.1. Resiste con controricorso P.G. . 3. Col primo motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in contrasto con i principi enunciati da questa Corte, lamentando, in sostanza, che la sua azione sia stata qualificata come rivendica e non come regolamento di confini. Il secondo motivo espone errores in procedendo e violazione o falsa applicazione di norme in contrasto con i principi enunciati da questa Corte, errori consistenti nell'aver qualificato la domanda senza tener conto dell'aspetto soggettivo della pretesa, avendo voluto l'attore agire con l’ actio finium regundorum o ad ogni modo con un' actio negatoria . 4. Parte controricorrente eccepisce preliminarmente la nullità della procura e della notificazione del ricorso. La prima in quanto la firma della parte sarebbe stata autenticata dal solo av. Raffaele Aversano, che, dei due difensori, non è iscritto nell'albo degli avvocati abilitati al patrocinio innanzi alla Corte di cassazione. La seconda per l'incompetenza dell'ufficiale giudiziario addetto all'UNEP del Tribunale di Benevento. 4.1. Entrambe le eccezioni sono infondate. 4.1.1. La prima, perché in tema di procedimento per cassazione, con riferimento alla certificazione di autenticità della sottoscrizione che la parte appone nella procura speciale ad litem , rilasciata in calce o a margine del ricorso o controricorso , nel caso in cui tale certificazione sia compiuta da avvocato che non sia ammesso al patrocinio davanti alla S.C., ciò costituisce mera irregolarità allorché l'atto ricorso o controricorso sia firmato anche da altro avvocato iscritto nell'Albo speciale e indicato nella procura come codifensore. Tale irregolarità non comporta dunque la nullità della procura ad litem , sanabile per effetto della costituzione in giudizio del procuratore nominato, salvo che la controparte non contesti con specifiche argomentazioni l'autografia della firma di rilascio della procura Cass. n. 17103/06 e S.U. n. 10732/03 . Nella specie, la procura speciale in calce al ricorso è indirizzata ad entrambi gli avvocati Angelo Mazzone e Raffaele Aversano ed è autenticata anche dall'avv. Angelo Mazzone che lo stesso controricorrente ammette implicitamente essere iscritto all'albo speciale , a nulla rilevando che la relativa firma risulti preceduta da quella dell'avv. Raffaele Aversano. 4.1.2. La seconda perché l'incompetenza dell'ufficiale giudiziario che provvede alla notifica del ricorso ha carattere relativo ed è, pertanto, sanata retroattivamente per effetto della proposizione del controricorso cfr. Cass. nn. 15372/06, 637/03,2600/01 e 8748/96 . 5. I due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro contiguità logica, sono fondati. 5.1. L'azione di regolamento dei confini presuppone che l'incertezza, oggettiva o soggettiva, cada sul confine tra due fondi, non sul diritto di proprietà degli stessi, anche se oggetto di controversia è la determinazione quantitativa delle rispettive proprietà essa, pertanto, non muta natura, trasformandosi in azione di rivendica, nel caso in cui l'attore sostenga che il confine di fatto non sia quello esatto per essere stato parte del suo fondo usurpato dal vicino Cass. n. 15304/06 . La deduzione di un'usurpazione di suolo esprime una caratteristica incertezza soggettiva sul confine cfr. Cass. n. 4703/97 e 4095/68 , che vale a integrare quello che, per traslato, si suole definire come conflitto tra fondi, in contrapposizione con il conflitto fra titoli che contraddistingue, invece, l'azione di rivendica. Infatti, il criterio distintivo dell'azione di rivendica rispetto all'azione di regolamento dei confini risiede nell'esistenza nella prima, del contrasto fra i titoli di proprietà a fronte di un contrasto tra i fondi che caratterizza la seconda, mentre il volere, da parte attrice, rientrare nella disponibilità della zona di terreno contestata non si traduce necessariamente in una contestazione dei titoli di proprietà, ben potendo l'eliminazione dell'incertezza dei confini determinare l'effetto restitutorio, in ordine al quale la volontà dell'attore di rientrare nella disponibilità della porzione del terreno oggetto di controversia, agisce sul piano processuale al fine di consentire l'effettivo recupero del bene ove il regolamento di confini si realizzi in senso favorevole all'attore Cass. n. 15507/00 conformi, nn. 5899/01 e 4703/97 . In altri termini, il conflitto fra titoli ricorre allorché un medesimo bene, o una medesima sua porzione, abbia due distinte e contraddittorie provenienze, di talché l'una non possa essere valida quanto l'altra. E non si configura, pertanto, allorché sia in contestazione non la giusta provenienza del medesimo bene o di una sua porzione, ma la rispettiva estensione di beni diversi e tra loro contigui, nel qual caso si verte nella diversa ipotesi dell'azione di regolamento di confini. 5.1.1. Nello specifico, giova precisare che la possibile esistenza nei rispettivi contratti d'acquisto delle parti di dati quantitativi dissonanti tra loro è indipendente dal fatto che i relativi contratti di vendita fossero a corpo o a misura. Dette tipologie di vendita riguardano soltanto i rapporti tra ciascun venditore e ciascun acquirente, sicché nessuna delle odierne parti in causa può valersi in danno dell'altra del tipo di vendita stipulato col proprio autore. Il fatto che l'estensione del fondo dell'attore possa essere stata descritta nel suo titolo di provenienza con riferimento ad un numero di metri quadri incompatibile con le dimensioni attuali del confinante immobile del convenuto, giustifica l'incertezza soggettiva sul confine, ma non prova alcunché. Ciò chiarito, va ulteriormente osservato che le parti controvertono unicamente sull'estensione dei rispettivi fondi confinanti. Il fatto che per accertarne l'esatta dimensione occorra esaminare e interpretare anche ma non solo i rispettivi titoli non pone questi ultimi in conflitto giuridico fra loro. Così come, per i superiori principi di diritto, la circostanza che la domanda miri al rilascio della porzione immobiliare contesa non muta la natura dell'azione, che va qualificata come regolamento di confini e non già come rivendica. Con tutto quanto ne consegue in ordine all'onere della prova, che è ripartito ugualmente tra attore e convenuto, non operando il principio per cui actore non probante reus absolvitur giurisprudenza costante di questa Corte cfr. per tutte e da ultimo, Cass. n. 14993/12 . 6. Per le considerazioni svolte si propone la decisione del ricorso con le forme camerali, nei sensi di cui sopra, in base all'art. 375, n. 5 c.p.c. . II La Corte condivide la relazione, in relazione alla quale la memoria depositata dalla parte contro ricorrente non contiene argomentazioni tali da indurre una soluzione diversa. II.I. In particolare, è di tutta evidenza che la data 22.11.2012 di rilascio della procura apposta in calce al ricorso è frutto di un mero refuso, ove si consideri che tale procura reca espressa menzione del numero 666/2013 e della data 10.2.2013 della sentenza impugnata, numero e data di cui si vorrà concedere il ricorrente ed il suo difensore non potevano avere precognizione più di un anno prima. II.II. La firma apposta dalla parte ricorrente in calce alla procura, che incarica della difesa sia l'avv. Raffaele Aversano sia l'avv. Angelo Mazzone, è autenticata da entrambi i difensori, e dunque anche dal secondo, iscritto nell'albo speciale degli avvocati abilitati al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori. Ciò posto, non è dato di comprendere in virtù di quali norme o di quali precedenti di questa Corte l'antecedenza della firma per autentica dell'avvocato non iscritto inficerebbe la procura le sentenze richiamate nei primi tre righi della pag. 2 della memoria ex art. 380-bis, 2 comma c.p.c. di parte controricorrente non affermano affatto un tale principio . II.III. L'esposizione sommaria dei fatti contenuta nel ricorso, sebbene inframezzata dalla riproduzione integrale di vari atti del processo, è da giudicarsi sufficientemente sintetizzata nei suoi punti essenziali, in relazione al principio espresso da Cass. S.U. n. 4324/14 secondo cui non viola il principio di autosufficienza, avuto riguardo alla complessità della controversia, il ricorso per cassazione confezionato mediante inserimento di copie fotostatiche o scannerizzate di atti relativi al giudizio di merito, qualora la riproduzione integrale di essi sia preceduta da una chiara sintesi dei punti rilevanti per la risoluzione della questione dedotta . II.IV. Le restanti considerazioni svolte nella memoria o ripercorrono i fatti di causa o illustrano il merito della controversia, che ovviamente non può formare oggetto di valutazione in questa sede. III. Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, che nel decidere il merito si atterrà ai principi di diritto sopra espressi, provvedendo, altresì, sulle spese di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, che provvederà anche sulle spese di cassazione.